mercoledì 10 giugno 2015

Domenico Marcella intervista con ZeroNoveCinque


Enzo Biagi, Oriana e Domenico. Interviste che si fanno.
Intervista: [calco dell'inglese  interview, che a sua volta ricalca il francese entrevue, derivato  di s'entrevoir «vedersi o incontrarsi brevemente» (cfr. l'ital. intravedersi)].
 conversazione, scambio di domande e risposte tra un giornalista e una persona le cui dichiarazioni e opinioni sono destinate a essere diffuse .
Dopo aver guardato Treccani e Garzanti riprendo in mano ZeroNoveCinque di Domenico Marcella, contenta io di leggere un libro di Interviste a donne catanesi, ognuna di loro regina nel proprio mondo.
Rita Botto: Il canto, ragione esistenziale “La modernità ha tentato di sotterrare e insonorizzare tutto. Io torno indietro, senza paura, per riscoprire e riappropriarmi anche dei motivi e delle melodie che mi attraversano, procurandomi un’incontenibile felicità” Il canto sempre. Dall’infanzia. Dallo Zecchino d’oro alla maturità.
Marella  Ferrera: Opulenza e barocco. Stilista: il mio modus operandi sulla poesia del riciclo e sulla possibilità di rileggere per dare un nuovo corso alle cose». l’elaborazione degli abiti perle dee Dèmetra e Kore – gli Acroliti di Morgantina, risalenti al quinto secolo avanti Cristo – tornate in Sicilia dagli Stati uniti ed esposte al Museo Archeologico di Aidone: «Ho ricevuto l’incarico dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Enna.
Laura Mancuso: “Volo dunque esisto” Dopo essersi capovolta in maniera brutale, la vita di Laura ha  riconquistato un verso sereno grazie alla nascita della Fondazione D’Arrigo, liberamente ispirata alla nobile vocazione di Angelo D’Arrigo, suo marito: «Voglio continuare a volare con le donne di tutto il mondo, portarle su con me – belle, brutte, interessanti o meno, schiave o no, giovani o vecchie – per dare sfogo alla rabbia appesa a un aquilone, raccontandole in un documentario.
 Sono tante le donne intervistate da Domenico con garbo ed attenzione. Con educazione. Si sente leggendo la raccolta che Domenico ha affetto e stima, rispetto e quasi venerazione. Atteggiamento ormai raro, purtroppo in disuso in questi tempi diseducati e aggressivi.
Domenico, giornalista della scuola vera, di un tempo che ricorda Biagi, ritorna al compito inusuale del guardarsi intorno per cercare positività ed esempi, per usare la scrittura, non per far scoop e pettegolezzi, ma dare a tutti la conoscenza che un altro modo di essere esiste.
Le donne da lui incontrate sono tutte capaci di sovvertire destini segnati da un luogo, da famiglie, da studi, oppure da un corpo che fragile e ammalato sta, eppure sono donne che hanno la grande ricchezza di amare fortemente una loro particolarità e di farla vivere. Il volo, il canto, la recitazione, la regia, la poesia, la moda, l’archeologia, la cucina, il ricamo e via via i talenti che ognun o di noi ha
Domenico porge il suo ascolto, il suo sguardo e annota ammirato: Paola Maugeri- quell’Audrey Hepburn di La mia vita a impatto zero la sostenibilità fra le mura domestiche e in Las Vegans Pacifica rivoluzione vegana. -  Alice Valenti  Il carretto è passato-  Antonella  Leonardi- una valigia piena di sogni… la moda
E via via fino a Carmen Consoli, la Cantantessa felice che diverrà amica di Domenico, grazie alla scrittura, al grande amore di dire, al foglio amato. Prendendo  appunti  Domenico ci consegna l’anima della poesia di Angela Bonanno: La poesia in dialetto e un romanzo Antologia della malata felice: «Conoscevo bene la malattia, e si può sconfiggere con una buonissima dose di ironia e con la forza delle parole. Non serve fuggire, nascondersi, vergognarsi perché la malattia  è – prima di tutto – un’opportunità di guarigione». La felicità è invece un’educazione,  il dolore  ci dà il privilegio di scoprire mondi dall’assoluta bellezza. Senza il dolore sarebbe tutto inesplorabile». Ed ancora  Donatella Finocchiaro regista: Ognuno di noi è il risultato delle esperienze vissute.
Parlerò di tutte giorno 19, ora voglio chiudere con questa frase di Donatella Finocchiaro che ben rappresenta come legga io e diventi poi amica dei miei amici giornalisti: “Mi metto a letto e i personaggi cominciano a visitarmi perché vogliono raccontarsi”
Un caro abbraccio a tutte voi e a Domenico, aspettandovi






sabato 6 giugno 2015

Daniele D'Antonio- La pecora verde

Daniele D’Antonio- La pecora verde

La fantasia è una fotografia
La realtà fatta di pomodorini, pere e pecore, associazioni libere per volare via dal noia.
Simboli e significati restano uguali, nella religione, in politica, sulle poesie, quel che cambia è la rappresentazione. Sorprendente. Assolutamente geniale, per sorridere insieme.

La Sacra Famiglia in iconografia classica: San Giuseppe e Maria, in un delizioso presepe ortofrutticolo, sono genuflessi su un bambinello, due pere su  un pomodorino illuminato da un raggio di sole. Una luce bianca. Zucchero o sale raffinato?
La letteratura diviene quadro pop art e leggiamo  questa poesia in versi così:
 

 Tomatosophy.

"A questa immagine, come a tutte le altre di quel lavoro, è associato un testo, che in questo caso è la poesia di Quasimodo "Alle fronde dei salici"

 E anche in questa immagine, i miei pomodorini rappresentano un popolo inerme, testimone di ciò che accade, ma sempre spettatore mai protagonista della scena."
Il pomodoro per illustrare il Quarto Stato di Pellizza Da Volpedo.
 

Nella sua ricerca continua Daniele denuncia l'omologazione di modelli sempre uguali propinati da un televisivo e da un mondo dell'arte decisamente in mano a pochi, in una continua emarginazione di chi offre ariosità e diversità. Tutto in poltiglia, schiacciato e fatto in salsa, neppure saporita, sembra ai suoi, ed anche ai miei occhi, il mondo artistico e letterario, tutto un mercato. Nel caso del letterario vengono venduti, dopo aver commissionato, libri poltiglia, in arte sembra uguale e unica forma permessa sembra sia quella che nasce in strada. Per strada e On The Road dunque, di nuovo come Gli Impressionisti, come i nuovi fermenti nacquero sempre e solo nella strada. 

Consapevoli che solo una bella curiosità sia il motore di ogni azione umana, lui non ci sta a far parte del gregge e invita tutti ad aver sguardo che sia ancora di proprietà degli occhi che mettono a fuoco. Fuori Schema. Fuori sistema.


Riflettiamo, questo il suo invito continuo. Non intruppiamoci in masse convinte davanti un qualsiasi avvenimento sponsorizzato da Alta Cultura, mai come ora la parola cultura viene usata a sproposito, non intruppiamoci e voltiamoci indietro,  di lato, guardiamo in alto e non sempre per terra. Ci sorprenderemo di quanta sia vasta la fantasia prima di essere noi passati al setaccio. Se poi la salsa dovremmo fare, almeno che sia una nostra salsa, e che ci dia ancora una volta il gusto di assaporare.

giovedì 4 giugno 2015

La Bruzzone e la Medea


Chi è L’assassino?- Medea- direbbe la Bruzzone e ne farebbe cento puntate di Porta a Porta
Non conosco la Bruzzone, non vedo programmi televisivi e men che meno questo genere di programmi imperniati sulla tragedia che dalla Grecia giunse alle nostre coste, senza un demiurgo che ci possa salvare.
Domani andrò a sentire, per la prima volta, chi è l’assassino e mi domanderò chi è l’assassino della cultura, della politica, della tragedia e del teatro.
Chi è l’assassino delle vite spiaggiate su un televisivo continuo, ribattente, immediato, che riproduce su scale e plastici scene dei delitti a scelta.
Non tutti i delitti infatti raggiungono lo schermo e l’attenzione di criminologhe preparate e psicologi indaganti turbine mentis.
Si sceglie il delitto passionale, così  erano detti un tempo i delitti nell’ambito familiare, si sceglie Medea, oppure Egisto, lo zio o il cugino, l’amante o il figlio e si va avanti nello svolgimento di una trama senza luce.
Così mi riferiscono.
Io conosco solo, poco e male, le tragedie greche, e sono andata a vedere la Medea di Seneca, tragedia che per la prima volta è rappresentata al teatro greco di Siracusa.
Una Medea che elabora e rielabora i suoi gesti, l’assassinio del fratello, dello zio, di Pelia, fatto a pezzi e bollito, e  riporta in superficie tutti i gesti fatti per aiutare Giasone, per consentire al vello d’oro di spostarsi dalla Colchide alla Grecia in un cammino da sponda a sponda.
Una Medea che vive e si interroga sul sale del Mediterraneo, un mare sempre più salato, nella ballata del mare salato di Corto Maltese, rimestando il suo baule, cambiando vestiti, e intanto viene  sballottata di mano in mano in giravolte concentriche dal coro in scena.
Una Medea che uccide sulla spiaggia salata i due bambini e poi va avanti ed indietro a chiedersi, a negare di averlo fatto, a parlare come se non lo avesse fatto, in un dialogo con sé stessa, un cammino interiore lunghissimo, dilatato. Come se il finale non ci dovesse essere. Epilogo aperto nell’interiore nudo di un gesto fermo. Senza moviola per tornare indietro.
Col coro  arrivano i secchi pieni di sale, suppongo, che seppelliranno Medea in posizione fetale, facendo ritornare alle origini il male che nacque con noi umani.
Chi è L’assassino?  Nella straziante storia di un vivere e convivere fra idealità e prassi, fra banalità e filosofia, gli stoici sceglievano la distanza e il suicidio, a volte.
Così sono  la distanza e la  capacità di mantenersi sereni davanti a qualsiasi cataclisma che  ci daranno la tranquillità dell’animo per affrontare ingiustizie e continui tentativi di manipolazioni della mente umana, dice Seneca, affidando a Medea il compito di ricordarci a quali nefaste conseguenze giunga un pensiero ossessivo.
Nel labirinto della mente e nel tunnel della rappresentazione riportiamo la scena scelta dal regista e gli abiti evocanti un totalitarismo vicino. Una storia che studiata va, dal personale che politico è.

La liberazione e la purificazione sia con noi, abitanti di anni sciocchi e televisivi. Da Medea a noi, il sale di spiagge senza luce

venerdì 29 maggio 2015

La prostituzione culturale e la malafede

Essere in malafede... dalla  Treccani: [consapevolezza della propria slealtà e della propria intenzione di ingannare: essere in m.] ≈ disonestà, slealtà. ‖ doppiezza, insincerità, ipocrisia, falsità. 
Deve essere questo il comportamento diffuso nel mondo e in ogni ambiente, pur piccino che esso sia.
La malafede, comportamento per il quale si osanni il qualsivoglia prodotto di infima qualità e si tralasci il bel romanzo, il bravo scrittore o scrittrice, se non fa parte del proprio Hortus Conclusus.
La malafede, comportamento con il quale si spellano le mani ad applaudire sconcezze autentiche, e si disertano ottime presentazioni e ottimi artisti.
La malafede del popolino cultural cantando, raggiunge responsabilità civile di abiezione negli insegnanti di lettere e filosofia, che, invece di mettere un freno, accolgono qualsiasi idiozia e non riprendono alunni poco dotati.
Ho già, stamane, detto come simile fare danneggi pensieri, come l'amore fatto venalmente, così la cultura viene prostituita a far da gratificazione a vite significanti solo a chi le vive.
Tutte le vite sono un romanzo? Embè?

giovedì 28 maggio 2015

Dal Salone del libro di Torino al Maggio dei libri

“Maschere di vetro e polvere” dal Salone del Libro di Torino
Al Palazzo Nicotera  Michele Falco editore parla del libro di Jesa Aroma con attenzione ed affettuosità.
Libro da lui letto in Agosto, riletto e pubblicato, libro che lui ha voluto con copertina rifrangente uno specchio in cui tutti possiamo guardarci, e poi con due piedi nudi sul pavimento. A piedi nudi nel parco, mi ricordano subito quella deliziosa commedia americana.
Jesa Aroma è scrittrice di suo, dai tanti libri letti, dal segno che abbiamo in comune, il segno delle persone analitiche e razionali, ed insieme fortemente viscerali, con in testa un cammino dignitoso, anche a costo di scelte difficili.
Le difficoltà, a noi della Vergine, non ci abbattono, anzi ci esaltano, nel tentativo di dare il meglio in una sfida continua di dignità e senso.
Così Jesa decide di essere scrittrice e non solo avvocato, e nello stesso tempo di trasfondere tutti i suoi studi in temi assolutamente intimi e nascosti, in ua interiorità troppo spesso violata e mortificata alla quale nessuna denuncia può rendere giustizia.
Il tema del libro sembrerebbe da donne in cerca di guai, donne sottomesse e schiaffeggiate, donne picchiate… invece il coro da tragedia ci informa quanto il cammino verso donne rispettate parta sempre dalle stesse donne, parta sempre dal credere in sé stessi.
Nessuna legge può aiutare se, se tutte e tutti, non facciamo un cammino di ricostruzione- identità nella morsa di necessità e costrizione.
Potenza della scrittura vera, stasera. Mine Vaganti siamo.  Il brano del celebre film “Mine vaganti”  diretto da Ferzan Özpetek dove  il protagonista confessa come mai lui scriva:
" perché non sono bravo a parlare. a volte, quando mi fate una domanda, vorrei quasi chiedervi di aspettare un attimo: prenderei un foglio, una penna e scriverei la risposta, così forse mi capireste meglio" 

Commossa di aver partecipato ad incontro vero, ascolto la voce di Januaria, cantante di strada, e figlia di Jana, cantare una canzone scritta dalla sua mamma in un momento complesso in cui solo scrivendo le cose si possono dire e musicare.


Musica e parole stasera hanno sorpreso stasera  un Palazzo Nicotera ed un Maggio dei libri donando un momento di verità                                                                                                                                   Ippolita Luzzo

martedì 26 maggio 2015

Da James Senese a Syndone- Suoni Del Sud Festival




Verranno con un pulmino da Torino, per la prima volta a Lamezia, per la prima volta in Calabria, la progband, il gruppo rock, progrock, con voce solista Riccardo Ruggeri, una delle voci più belle nella musica italiana- sta dicendo Tommaso Colloca alla conferenza stampa, tenuta nella Libreria Tavella, ieri sera.
Con lui Peppino Serratore, socio attivo dell'associazione Suoni Del Sud Festival, organizzatore con Marcello Nicotera e Tommaso della straordinaria tre giorni. 30-31 Maggio e 1 Giugno 2015.
Lamezia che c'è.
 Nella seconda giornata Richard Sinclair con la sua band è lo stile, unico, dal suono morbido e suadente, una voce e uno strumento, il basso, un solo suono. 
 Prima  nella formazione dei Caravan e poi dei Camel, Richard abita da anni in Puglia, in un trullo, amando la nostra terra ed i suoi colori. Un uomo coerente con stile unico. Nessun successo planetario e monetario può dare maggiore soddisfazione della coerenza con  noi stessi- dal vangelo di Richard, ed anche di Rodriguez, altro straordinario protagonista di un film che amo: Sugar Man.
I soldi servono e non servono, si può aggirare il chiedere favori, si possono eludere le istituzioni se una grande volontà si mette in moto e si fa vera. 
Certo Mangiafave, presente alla conferenza,  rappresentante del progetto Gedeone all'abbazia di Corazzo, può elogiare, e noi con lui, la sensibilità degli amministratori di Carlopoli, sicuramente, ma conta sempre in tutto questo voler fare, positivo, il dare la mano, lo spartirsi conoscenze ed opportunità.
Felicità dunque partecipare, felicità che, dalla Litweb, suona e batte con chitarre  e batterie, con organo e vibrafono, con tastiere che posseggono solo i tasti neri di un computer, cantando e ricordandovi di andare a sentire. 

lunedì 25 maggio 2015

Punt e Mes- Mario Panarello alla mostra di Antonio Pujia Veneziano





"Nel 1960 Armando Testa crea un  manifesto PuntMes 

Un punto di amaro  e mezzo di dolce, capovolgendo la formula: sintetico, essenziale, il manifesto è esemplare dello stile maturo del grande grafico torinese, orientato nella direzione della massima efficacia comunicativa:
Nel vasto spazio bianco del foglio, la sfera e la semisfera impongono con forza all'occhio dello spettatore, grazie al tono rosso acceso,  il colore del liquore, e al rilievo tridimensionale che assumono attraverso il gioco delle ombreggiature:
La nitidezza formale del manifesto risente delle contemporanee ricerche astratte di matrice concettuale."
Un Punto di dolce quindi vermut corretto con mezza china, amara, sembra la formula dell'equilibrio nel gusto.

Un punto di storia e mezzo d'artista, al contrario, come Armando Testa. La storia è l'amaro.



 Al castello ducale di Corigliano Calabro Mario Panarello presenta la  mostra di Antonio Pujia Veneziano. Segni_Tempo_Spazio a cura dello storico dell'arte Alessandro Masi.
πάντα ῥεῖ  Tutto scorre.
Panta rei-  il tempo scorre e non passa mai. Essere e divenire nella concezione orientale ed occidentale. Il mutare esterno e l'immutabile interiore. I Punti, Le linee, I tracciati, i confini, del nostro passaggio che immobile sta. Un Punto e mezzo, a seconda, a volte più amaro, a volte più dolce.
Il viaggio verso Corigliano, luogo dove si terrà la mostra, è un lungo indagare sulle ragioni per cui il nostro sud sia fermo, non sappia usare i beni che ha, anzi li sciupi e li danneggi. Mario, storico dell’arte, ci sta raccontando come alcuni beni vengano falsificati e manomessi nelle chiese  da sacrestani, ed io ricordo il bidello della mia scuola intento in un restauro non autorizzato. Danneggiare sembra  sia molto più facile che conservare, rispettare. Il viaggio procede con l’immagine del dipinto di una madonna, che, decapitata dalla sua testa originaria, verrà trovata dallo storico con la testa di un altro dipinto, in un collage che genera  disarticolazione di elementi spazi temporali. Una distonia che impedisce il movimento. Fermo quindi il sud, come il dipinto alla Frankestein, incubi e mostri in sovrapposizione. Anche quando giungono a pioggia i contributi europei, oppure da Roma, peggio sarà, perché tale ricchezza verrà impiegata per spartire e comprare favori rovinando ulteriormente, in restauri alla qualunquemente quel che vivacchia di un passato.
Il viaggio si interroga sul compito dell'artista e siamo ora nel Castello di Corigliano, dove al primo piano  si tiene la mostra e la presidentessa della Dante Alighieri  ci informa che il Salone degli Specchi  è stato scelto come simbolo calabro all'Expo.
Nel mondo, dunque. Da tanta periferia.
Appunti presi mentre  Mario Panarello  racconta i quadri di Antonio,  esposti in quattro sale del castello: Il segno- La materia- La forma- I concetti.
Seguendo un percorso a ritroso l’artista con un gesto raggiunge equilibrio nella realizzazione delle opere, un gesto meditato, con  coerenza.
Il valore del segno è nel gesto che traccia su carta  su tela con pennelli e pastelli la forza che sta nel significato.
Nel valore semantico dei segni l’arte si condensa nello spazio della rappresentazione. Se valgono le cose, i punti, le linee, i colori, se valgono sono. Da sala in sala, nella seconda sala il doppio, l’ambivalenza, il cerchio, il segno perfetto.
Nella terza sala la natura, la forma circolare della terra, la terracotta, piccoli rami, luce lunare, aria e acqua. Aria dipinta.
Nella quarta sala la luce sublimata. Oro e bianco stemperato, tutto l’oro dell’estasi con tutto il biancore della luce ottenuto piegando e ripiegando la  tela in una pittura scultura. Attraverso le pieghe quasi del Bernini nella Transverberazione di santa Teresa d'Avila.
Dall'estasi al benessere, Antonio Pujia, nel prendere la parola, con molta semplicità, ci informa che lui dipinge per star bene, per dar forma cioè ad un benessere fatto di tanti riferimenti in un dialogo continuo con tanti, prima e dopo, con poesia e filosofia.
 Henry Michaux sulla via dei segni, il libro scelto da Saverio Tavano per dialogare con le tele e le carte di Antonio Pujia Veneziano, risponde a quel punto e mezzo di Armando Testa, al gesto e al colore per dire no, all'avventura del voler dire sì,  a sbuffi e spruzzi che son punti fermi nell'immaginario dell'umanità.
Nel punto amaro di  storia di sconfitte, di denominazioni, il gusto dolce dell'artista che prova a far bello un suo mondo interiore. 
Nel punt e mes di interiore ed esteriore, di segni e cancellazioni, l'equilibrio mutevole dell'avventura artistica.
 
E mentre il Castello di Terranova teatro del settecento si sgretola, sgretolando ogni esteriorità, nel ritornare alla finestra della storia, fermi nel tempo, segni nello spazio gli artisti tracciano perché se noi  siamo vivi un motivo è 


Luzzo Ippolita




 “ANTONIO PUJIA VENEZIANO
“SEGNI_TEMPO_SPAZIO”
a cura di Alessandro Masi
CASTELLO DUCALE DI CORIGLIANO CALABRO
Dal 23 Maggio al 26 Giugno 2015
Inaugurazione 23 Maggio 2015 Ore 18.00
Sabato 23 Maggio 2015 alle ore 18:00 sarà inaugurata, presso il Castello Ducale di Corigliano Calabro, la mostra personale dell’artista Antonio PUJIA VENEZIANO dal titolo “SEGNI_TEMPO_SPAZIO”, curata dallo storico dell’arte Alessandro Masi.
L’evento, promosso dalla Società Dante Alighieri - Comitato di Cosenza in collaborazione con le Associazioni Culturali EuropArte ed Aleph Arte, e organizzato dall’Associazione White Castle, vanta anche i prestigiosi patrocini culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Turismo – Polo Museale Regionale della Calabria e del Comune di Corigliano Calabro.”