giovedì 12 febbraio 2015

Sono un padrone povero

Alla cantata di “ Sono un ragazzo padre” di Jannacci
Sono un padrone povero questa è la verità
Stamattina ho appena pagato un rimanente dei contributi INPS, per miei operai che giammai andarono nei campi. Sapete com’è la favola qui? Se hai un pezzo di terra devi assumere cognati, compari e comare, un proletariato di nullafacenti che ritrovi sul tuo groppone ad urlare scomposti se azzardi a licenziare. Si fecero assumere per poter figliare e prender sussidio, si fecero assumere per prendere poi la disoccupazione, senza nemmeno un grazie. Una pretesa forte, la loro.
Stamattina mi sono svegliata e Oh bella ciao O bella ciao
La Melanide, società che si occupa di riscossione tributi, mette balzelli su pezzi di terra che non producono niente. Ma che importa? Vuole la tassa sul macinato, sul non macinato, finanche la tassa sulla gramigna. 

Sono un padrone povero chiedo la carità
io sono un peccatore per questa società.
Sono un padrone povero non so più dove andare
ho chiesto anche in comune, non mi lasciano entrare
ho chiesto anche in questura, non mi lasciano entrare
ho chiesto anche alle suore, non mi lasciano entrare
ho chiesto anche a mio figlio, m'ha detto: "Vai....
Sei un padrone povero  chiedi la carità




domenica 8 febbraio 2015

Parlo e scrivo BENE. Carmine




Prendo Appunti.
6 Febbraio 2015. Nella sala polivalente del Sistema Bibliotecario di Lamezia Terme, Carmine Torchia presenta la genesi del suo cd, BENE.
Un luogo a me caro questo. Qui, insieme alla professoressa De Sensi Sestito, io parlai di Emily Dickinson incrociandola ai  versi di Ines Pugliese, in una freddissima e piovosa sera d’inverno del 2009. Uguale è il tempo stasera. Freddo e piovoso, dentro però è estate.
Carmine è con noi, dopo averlo aspettato da questa estate. Lo avevamo sentito al  concerto a Cropani con Peppe Voltarelli,  e avevamo  riportato le sue poesiemusica  in macchina e loro ci hanno guidato BENE.
Meridiano o meridione, il nuovo album, che Carmine farà, tratterà dei poeti calabresi: Franco Costabile, Dario Galli, Michele Pane.
Segnali, approdi di un viaggio, di spostamenti, da Sersale a Milano, e poi di nuovo a Sersale dai nonni, e di nuovo su, a Cinisello Balsamo, da Roberta, da Mimmo, da Peppe Fortugno e la sua chitarra.
 Da Mimmo che ha studiato architettura e che spiegherà che musica ed architettura in comune ritmo hanno.
Anche la scrittura, aggiungo io.
Racconti i tatuaggi di Gigi Marino, lo spazio senza tempo, le registrazioni da lui, il suo basso elettrico, Enzo Jannacci che cantavate insieme.
Nell’amore o ci credi oppure no. Una religione. In tutte le cose che noi facciamo, Carmine, o ci crediamo oppure no, con lo stesso identico rispetto verso ciò che amiamo.
Continuo a prendere appunti per nessun giornale, continuo a prendere appunti per una mia voglia di esserci, di vivere, di far mio un tuo pensiero, di appartenere allo stesso mondo.
Quel mondo che ci fa credere nel sogno di scambi, di strade che si aprono solo nel sonno. Un lungo sonno.
Li vedi venire, infatti i tuoi amici di Sersale, nel sogno, Daniele, Giuseppe, Francesca, Pasquale…
Ma dove è finito il mondo? Stai cantando, quando arriva Maria Antonietta Sacco, e tu ricordi il convegno sulla astronomia con Franco Pacini e lui che viene a ringraziarti per tua canzone di apertura, L’Astronomo.
Chi è estraneo al tuo mondo ti può dare un punto di vista che non avevi mai immaginato, ti sta dicendo Pacini, salutandoti.
Ma che ne so, Ma che ne so… riprendi a cantare.
Ti applaudiamo felici, ti chiediamo di continuare e tu e tu ci regali i garofani.
Sei tu a lanciarci i fiori…
Sonno di garofani  da una suggestione di Franco Costabile
 quando ai balconi
c'è un sonno di garofani,
due stelle bizantine
s'affittano una stanza

Con affetto, Ippolita



lunedì 2 febbraio 2015

Fuori post



Fuori post

Breve storia della mia vita da non giornalista

Dalla Rubrica La Regina con Stile su Scirocconews solo due post

“Che torni a fare al sud” e “Oltre il pregiudizio universale”

Sulla Masnada “Dove Ritorniamo”

Su Prospektiva “ Donne senza orgasmo” e su Comunità Nomadi non mi ricordo quale post.

Poi decido di creare rubrica su un giornale web e vado in redazione.

Gentilmente accolta, decidiamo titolo della stanza, alla maniera di Montanelli. Si chiamerà Lo Stile della Litweb. Il regno della litweb

Mentre mi avvio ai saluti mi viene rivolta la testuale domanda:- Ti piace paperino?-

Era questa una rubrica, tenuta dalla direttrice, suppongo,  dal titolo- Paperino- che si prefiggeva di divertire con ironia mentre in realtà era di una noia mortale.

Avrei potuto star zitta, glissare sulla domanda, prendere alla lontana paperino e paperina, invece rispondo secca:- No-

Mi immergo poi sul significato della parola ironia, sull’originalità del dettaglio da mettere in luce, sullo stantio da evitare come peste, sui luoghi comuni di coppia che non fanno più ridere, ma mettono una greve tristezza.

Mentre continuo, non mi accorgo che, l’altra, tenta una difesa di cotanto giornalismo puro, non mi accorgo di essere in casa di  autori disneyani e non cerco scappatoie, felice di aver detto la mia su paperino.

Nessuna risposta ebbi più dal giornale, nessuna rubrica ci fu, onta che fu punita con ostracismo dall'ordine dei tesserati.
Dal paperino ai tanti paperino che sul giornale leggiamo, notizione su cose insignificanti, più sono insignificanti i fatti più sono altisonanti i titoli. 
Preferisco stare fuori post e regnare nel mondo della Litweb 

venerdì 30 gennaio 2015

Una storia, due storie, tre storie. Fatti, non storia

... Leggo, su facebook,  la cotale confessare due storie, avute su facebook, e mi trattengo dall'intervenire, non sia mai anche costei mi possa segnalare quale disturbatrice dell'ordine universale circa incontri deviati in storia.
 
Leggo e sento, ricordandomi uno studente, un certo Onorio, che riferiva di storie finite con tizia, caia e sempronia, ed io mi domandavo:- Ma che storie sono? Questa non è storia.-
Sono fatti, avvenimenti, incontri, fugaci, non storia.
-Non avete avuto storia e storie su facebook- mi vien voglia da dire.
Una mia amica mi contraddice, raccontandomi di una sua vicina, rimasta vedova, che iniziò a mettere foto di lei, foto di lei, foto di lei, finchè non si sposò. Dopo tante storie.
Molti infatti cambiano corso di frequentazioni qui su facebook, e diventa una storia, una, che ha un suo iter e delle conseguenze.
Per esserci storia bisogna infatti rintracciare le fonti e t le concatenazioni di avvenimenti
Tutta la storia è una conseguenza
Rimanendo nell'enunciato sbagliato dell'aver avuto tre o dieci storie, potrei suggerire di usare il termine incontro. Ho incontrato... e poi non mi sono incontrata più.
 Questo sarebbe il riassunto delle tante storie che leggo quassù su facebook per semplice diletto.
Da lettrice retrograda e conservatrice io credo ancora nella storia di coloro che fanno la storia
una storia

mercoledì 28 gennaio 2015

Cerco un gesto, un gesto naturale- Gaber sono io? O lui é me?

 

Scritti da Gaber e Sandro Luporini

Omaggio ad un grande album

 

 

Far finta di essere sani è un album di Giorgio Gaber pubblicato nel 1973.

 

 

Storia della mia vita scribante. A pezzi

Gennareniello, una commedia di Eduardo De Filippo, si recitava quella sera a Napoli, nel sottoscala di un dopolavoro ferroviario, dicentesi teatro off, con pubblico, alcuni  in vestaglia e ciabatte,  altri in sontuosi tailleur di velluto nero e calze ramificanti, con  rose,  su splendide dècolletè nere. 
 Pubblico indigeno ed esterno, venuto per l'occasione.
 Un trionfo.
Io, ogni tanto mi svegliavo, e, fra  sonno e dormiveglia, la rivelazione.
Come dice Flaiano, nello Spettatore addormentato, sono questi i momenti che squarciano il velo fra noi e il testo, fra noi e noi.
Gennareniello, sul palco, con in mano un foglio, stava seducendo, a suo modo, una donna, leggendo un suo scritto.
Ve lo leggo?- diceva, dopo aver preso da una tasca il foglio  e senza aspettare leggeva, amando quello che leggeva, senza curarsi se la malcapitata volesse o meno sentire quel suo canto dell'anima.
L'ingenuità del personaggio sarà facile oggetto di scherno da altri più scafati e lo scritto sarà motivo di ridicolo, non già di stima.
Ridendo amaramente e scherzosa, io, sveglia, promettevo alla mia amica che mai più avrei estratto dalla borsa un foglio ed avrei letto, a conoscenti e non, quello che avevo scritto la mattina.
Ridemmo molto, infatti, io della mia scoperta, lei del suo elegante tailleur, tutte e due capitate in una confusione di termini.
 Lei si era vestita per andare a teatro, e non nel  sottoscala, io, in quel sottoscala, avevo capito cosa succede se ci prendiamo troppo di una passione.
Scivoliamo nel ridicolo.
Così chiusi per sempre l'esperienza del foglio.
                                                                            Ippolita Luzzo




domenica 25 gennaio 2015

Giorno della memoria- Patrick Modiano



Patrick Modiano- Se perdo te non perdo te

Dora Bruder

Scomparsa due volte. 31 dicembre 1941 e morta ad Auschwitz nel 1944

Modiano racconta l’orrore raccontando se stesso, il suo rapporto vuoto con genitore, il suo essere solo con la sua scrittura, i suoi occhi che vedono oltre le carte, la burocrazia, il numero.



“Ci vuole tempo per riportare alla luce ciò che è stato cancellato. Sussistono tracce in alcuni registri e si ignora dove siano nascosti, quali custodi veglino su di essi e se quei custodi accetteranno di mostrarli. Può anche darsi che ne abbiano semplicemente dimenticato l’esistenza."



Si dice che i luoghi serbano una lieve impronta delle persone che li hanno abitati. Impronta, segno incavato o in rilievo. Per Dora Bruder e genitori, Modiano dice: incavato.

“Ignorerò per sempre come passava le giornate, dove si nascondeva, in compagnia di chi si trovava durante l’inverno della sua prima fuga…

È il suo segreto. Povero e prezioso segreto che i carnefici, le ordinanze, le autorità d’occupazione, il Deposito, le caserme, i campi, la Storia, il tempo – tutto ciò che insozza e involge – non sono riusciti a rubarle.”

Nella storia dell’intolleranza e delle faide sociali, inutili, senza senso , ma tremendamente sanguinose e feroci bisogna ricordare una semplice frase.

Del libro di Jean Genet “ Il miracolo della rosa” Modiano cita questa“ Quel bambino mi faceva capire che la vera sostanza dell’argot parigino è una mesta tenerezza” riferita ora ai bambini che nascono in Italia da nazionalità diversa e parlano italiano essendo stranieri, riferito a Dora, a tutti i bimbi ebrei, polacchi oppure palestinesi, che parlavano e parlano con l’accento parigino usando termini di argot di cui Genet sente mesta tenerezza.

Tenerezza nel ricordare.

Dopo la catastrofe dello sterminio, dei campi di concentramento, delle divisioni fra razze, dei forni, degli esperimenti, del collettivo partecipare a riti di pulizia etnica, dopo…

Tutto cancellato nella Parigi disegnata dallo scrittore, i quartieri, i luoghi della scomparsa di Dora, delle retate, dello smistamento.

“ Mi sono detto che nessuno ricorda più niente. Dietro il muro si stendeva una no man’s land, una zona di vuoto e di oblio…

Eppure sotto quella spessa coltre di amnesia si sentiva qualcosa, di quando in quando, un’eco lontano, soffocata, anche se nessuno sarebbe stato in grado di dire cosa, con precisione.

Era come trovarsi all’orlo di un campo magnetico, senza pendolo per captarne le onde.”

Tutto resta fra le strade come un sussurro.

La solitudine permette di ascoltare il fruscio dei suoni, delle parole di chi non c’è più, la solitudine permette a sconosciuti di invadere i nostri pensieri e dialogare con noi, oltre il tempo, oltre il sensibile, con un respiro.

Da cosa scappava Dora, si chiede Modiano, parlando di lui, lui è Dora.

Che cosa ci induce a scappare, oppure a nasconderci? Vediamo cosa scrive Modiano: “ Sembra però che ciò che ci spinge a fuggire  d’improvviso sia un giorno di grigiore e di freddo che ci fa provare una solitudine ancora più acuta è la sensazione di una morsa che si chiude”

Ora Modiano dice una cosa che dico io, che diciamo tanti:” Come molti altri prima di me, credo nelle coincidenze e talvolta a un dono di veggenza nei romanzieri… e la parola dono non è il termine giusto, dal momento che suggerisce una sorta di superiorità. No, si tratta di qualcosa che fa parte del mestiere: gli sforzi di immaginazione, necessari a questo mestiere, il bisogno di fissare la mente su piccoli particolari…” questa tensione può suscitare fugaci intuizioni concernenti fatti passati o futuri, come scrive il dizionario alla voce < Veggenza>

E questo pomeriggio di domenica, siamo di nuovo in inverno, il 25 gennaio del 2015, passato con Dora Bruder, con Modiano, in una commozione di simili, di appartenenza a fughe solitarie, di appartenere ai disegni della storia che ci chiedono sempre una azione, ignorando noi il fine.

Un libro grande nel suo essere vuoto di fatti e sull’abisso dove molti parteciparono per annientare categorie, etnie, linguaggi, famiglie.

Un orrore così grande che ci regalò altri settanta anni di pace. Terrorizzati.

Riusciremo ancora a preservarci? L’augurio che mi faccio e che si saranno fatti al Nobel consegnandolo nelle mani di Modiano.