domenica 18 gennaio 2015
Trashed- Trash-Spazzaturismo ambientale
Moplen! Negli anni sessanta. Leggero,
resistente, inconfondibile
indistruttibile,
"La signora guardi bene che sia fatto di Moplen."
Zuppa Campbell's una opera d'arte americana
Contenitore non biodegradabile.
Dal 1996, ma anche prima, l'allarme non è mai ascoltato.
Un mare di spazzatura galleggia nell'Oceano Pacifico.
Le mosche volano sul giardino inglese in un giro turistico per campi e per valli, odorosi di rifiuti.
La natura era attrezzata per costruire distruggendo, l'uomo ha creato l'eterno indistruttibile.
Il film inizia con una prefazione di tre ragazzi, intenti, lo dico affettuosamente e stimandoli, a vuotare il mare con un secchiello.
Auguro ai loro progetti sempre altri consensi ma...
Al di Là delle meraviglie di uomini come Terzani, ci sta l'abiezione della società capitalistica.
Vangelis, musicista, accompagna le immagini con sigle di OOOCCCH non riciclabile, Occhi su particelle che vivono dentro di noi.
Viaggiamo dunque, dal Libano, Beirut , Siria, il Medioriente, La Turchia, La Grecia, La Calabria, Viaggiamo.
Inghilterra, Pechino, Vietnam.
Fra termovalorizzatori e montagne di rifiuti, Viaggiamo un turismo pornografico sullo scempio dei nostri corpi, del nostro cibo, della nostra aria. Avvelenata.
Terra, Acqua, Avvelenata.
Una guerra condotta in nome del progresso.
Poveri noi, schiavi di un sistema che possiamo denunciare ma non chiudere, non impedirgli di nuocere.
Una guerra persa.
Non può partire dal basso una ribellione che comporterebbe una riconversione su altri gesti, altre modalità, che dovrebbero essere imposti per legge.
Sulla mafia degli imballaggi, sulla mafia che controlla i rifiuti e lo stoccaggio, libri e libri, articoli di giornale... denunce.
Un fiume di denunce
Ed un fiume di spazzatura, allegramente scende dalla zona di Sant'Antonio al Santuario, Reggio Calabria, ai primi giorni del 2015, andando verso il mare che lo accoglierà.
Una tristezza infinita in un gelo di anima senza speranza
Diossina forever
Nel Fumo denso e nero di tutte le volte che hanno acceso i miei vicini, con tutto l'amore che posso. http://trollipp.blogspot.it/2012/09/un-fumo-denso-e-nero.html
venerdì 16 gennaio 2015
Uccisione Uccisione. A morte A morte
Prima strofa
Sorridendo e scherzosa
sono per uccisione web
sono per condanna a morte web
della cretineria più cretina che ci sia.
Seconda strofa
Uccisione ed espulsione
dal regno web
di tutti i finti giornalisti che giocano con ali,
palpitanti, di pittori che imbrattano tele,
di vari blogger anelanti all'abbraccio eterno,
di ogni scrittore che polvere vuol diventare
Terza strofa
editto di punizione con relativo esilio
nei campi da arare e nel grano da crescere
nelle miniere profonde dove affondare la cultura
che loro si portano in bocca.
Quarta strofa consuntiva
Uccisione Uccisione Web
Siamo per la censura contro ogni cultura usata
per dar fuoco alle sciocche ed inutili menti.
Siamo contro il tormento di vedere che
sia premiata la sciocca e vana supponenza.
Editto web dal regno della Litweb
Ridendo di voi e di me che lo scrivo.
Io mi condanno senza nessuna assoluzione
a non leggervi mai,
nemmeno per sbaglio.
martedì 13 gennaio 2015
Scrivere nel paese di Migni Mogni
"Antonio Ficara era il suo nome, ma tutti lo conoscevano per Migni Mogni. O, anche, per ‘Ntonariallu Puzzuazu, perché questa parola (puzzuazu) – più che una parola era un’articolazione vocale che gli usciva dalla bocca con un significato incomprensibile.
Il nomignolo Migni Mogni gli derivava dai suoni indistinti e sconnessi che emetteva, non potendo articolare bene le parole. Unico figlio maschio, terzo di quattro figli, era nato nel 1908 in una famiglia povera, ma onesta; il padre Giuseppe Ficara, originario della provincia di Reggio Calabria, si era trasferito e viveva a Nicastro." da uno stralcio di G. Sestito
Meglio non scrivere.
Stare a guardare i migni mogni che dalle loro cassette, predellini e sedie, con microfoni in mano, si alternano a vendere l'acqua miracolosa della cultura locale, che ti farà bella, bellissima e giovane, giovanissima, potente.
Andiamo felici ad applaudire i geni locali che giammai contraddire potrai.
Andiamo al festival delle culture policistiche ed esantematiche, dei migni mogni che mai scavalcherai.
Applaudi o stai zitto. Vincono loro.
In ogni paesotto, grande o piccino, in ogni contrada li vedi arrivare, con la fanfara del connazionale, del proprio compare, del tira a campare.
Capisco ora un caro ingegnere, non più con noi, che non usciva da casa e, allontanatosi da questo ciarlare, scriveva bellissime mail a persone lontane.
Nessuna cura ci sarà per questo urbanesimo della nuova arringa, in mano ai giochi dell'inconcludenza.
Le aringhe, le arringhe, le stringhe e il suo universo diventano baci, carezze, abbracci, amore e amicizia in solidaria malinconia. Tutta acqua che tira al loro mulino.
Un mulino bianco e i vari Indoratori spennellano chiara d'albume sui loro biscotti, infornano e donano con mani paffute ai loro inneggianti lettori e lettrici il cibo eterno della cretineria.
Scrivere nel paese di Migni Mogni, con tutto il rispetto per l'uomo che, soprannominato così, giammai scrisse nemmeno una O, non avendo lui, almeno lui solo, l'alterigia di lasciare traccia nel suo passare.
Eppure di lui ancora si parla
senza che abbia mai scritto niente, lui, il migliore di tanti migni mogni universali.
Biografia a modo mio- Nerina Guzzi
UNITER-LAMEZIA TERME
Nerina per me
28 ottobre 2011
"E poi…
Snocciolerò
i miei giorni,Signore,
ad uno ad
uno come grani di rosario"
Quando lei
scrisse questa poesia si trovava in
ospedale, in un lettino ad attendere l’esito di un esame,così mi disse.
Era la
mattina del trenta maggio 2007 e lei, alzatasi dalla poltrona dove fino a quel
momento mi aveva intrattenuto sui figli, sul mare, sulla scomparsa improvvisa
del suo amato in un estate lontana,- un attimo e lui non vide più il sole-,andò
a rovistare un cassetto, prese questo libro e mi scrisse… Ad Ippolita…per
suggellare un’amicizia che nasce.
Lo racconto
solo per dire com’è possibile
attraversare una vita, degli anni, e ritrovarsi un’amica distante nel tempo,
nell’esperienza, nelle vicende.
Non ci
eravamo mai conosciute, io proprio non sapevo nulla di lei, lei lo stesso, ma
quando io, spinta dalla curiosità, per averla sentita parlare più volte al
nostro corso di filosofia, mi presentai alla sua porta con un foglio in mano, lei mi accettò, prese a parlare, ed ogni mattina quella stranezza divenne la
nostra consuetudine, quasi ogni mattina finché non partì per Falerna, sulla sua
terrazza protesa nel mare.
Poi sì, continuammo
a vederci, conobbi Angiolina Oliveti, una sua cara amica, conobbi più storie,e
fu allora che lei mi parlò dell’Uniter, di come fosse bella e libera questa associazione, di quanto fosse
speciale poter ancora continuare i suoi studi e poi farli ascoltare ad amiche ad amici ai soci tutti.
Aspettava
sorpresa che le dicessi il motivo per cui io andassi a
trovarla ed alla fine un bel giorno mi
disse:- Ho capito che cosa tu vuoi da me!Non vuoi proprio niente se non il piacere di parlare con me.-
E mentre diceva rideva perché sapeva che aveva scoperto la verità.
disse:- Ho capito che cosa tu vuoi da me!Non vuoi proprio niente se non il piacere di parlare con me.-
E mentre diceva rideva perché sapeva che aveva scoperto la verità.
Io lessi a
lei quel che allora scrivevo, lei li chiamò bozzetti, mi disse di non buttarli, ma io proprio non l’ascoltai e un giorno strappai tutto di quel che a lei era piaciuto.
Rimase il
ricordo di quella stima, che mi dà coraggio solo ora a non buttare, a
conservare, a leggere così per il piacere di farlo quel che
mi viene e si scrive da solo.
Ora chiamo
collage, frammenti, bozzetti, anche questo mio dire di lei, di lei che porto
nel cuore come una guida.
Se
posso se voglio che lei sia con noi ho bisogno veramente di poco – Una sua qualità, molto rara, direi, di sapere
ascoltare, di sapere accettare, di
essere pronta al nuovo, al diverso, di vedere nell’altro l’amico e di
tendere la mano, la sua attenzione, la
sua accoglienza, il farmi sentire a mio agio perfetto.
Il suo ritornare sempre sui suoi affetti, sui tanti nipoti, sui tanti ricordi.
Ho poi conosciuto le figlie, con una ho trascorso un’ora speciale, davvero, perché si parlava di lei , dei tanti paesi dove aveva insegnato, di quel crotonese a dorso di un mulo. Proprio come nel feudalesimo!
Il suo ritornare sempre sui suoi affetti, sui tanti nipoti, sui tanti ricordi.
Ho poi conosciuto le figlie, con una ho trascorso un’ora speciale, davvero, perché si parlava di lei , dei tanti paesi dove aveva insegnato, di quel crotonese a dorso di un mulo. Proprio come nel feudalesimo!
Di quella
statale famigerata, la 106, di Botricello, un paese, si fa per dire, con una
serie di case, come i filari di un vigneto.
...
Di quelle
giornate ho tutto presente, compreso il profumo del pranzo in cucina.
Un giorno
leggemmo insieme un racconto, premio Chatwin 2004, sezione narrativa: Il
ragazzo che non voleva viaggiare di
Leonardo Soresi.
In questo
racconto il protagonista si trova nel deserto, nel Sahara marocchino con la
guerba, l’otre in pelle per l’acqua con un piccolo foro.
Solo, senza acqua, pensa che morirà. Sicuramente. Ma questo pensiero non lo impaurisce, ha solo il rimpianto per tutto quello che non riuscirà a vedere.
Solo, senza acqua, pensa che morirà. Sicuramente. Ma questo pensiero non lo impaurisce, ha solo il rimpianto per tutto quello che non riuscirà a vedere.
Perché lui
ha imparato che vivere è un viaggio senza mappa e né bussola, in cui solo la
paura e la prudenza ti fanno smarrire.
Lui ha imparato che non bisogna diventare schiavi delle nostre abitudini, in case sicure in cui la vita ha cessato però di abitare.
Lui ha imparato che non bisogna diventare schiavi delle nostre abitudini, in case sicure in cui la vita ha cessato però di abitare.
Chi torna da
un lungo viaggio ha nei suoi occhi la scintilla dei vent’anni, della
curiosità, gli altri guidano macchine
sempre più grandi in orizzonti
sempre più ristretti lui si sposta a piedi, ma il mondo è diventato la sua casa.
Gli altri vogliono aggiungere anni alla vita, lui aggiunge vita agli anni che
gli sono stati dati. Mi sembra che sia il motto di questa
associazione-Aggiungere vita agli anni-
Questo ci
dicevamo noi due, al di là dell’età diversa, questo era il nostro pensiero, profondo, convinto che veramente fosse possibile attraversare questo nostro
mare con grande slancio, con estremo entusiasmo, non arroccandoci, non
invidiando, non facendo la lotta per avere di più. Ed io poi leggevo commossa
la sua poesia, la sapevo a memoria, come facevamo una volta,ed il mare, il
nostro mare con onde leggere andava e veniva, come fa ogni giorno il mare del
nostro vivere, il mare di tutti, il nostro respiro.
"Mare
E ti ritrovo
ancora
immenso immoto
intenso
intatto
insondabile
e vivo…
E mi ritrovi ancora
Sopravvissuta
silenziosa
Lieve
esausta
Sorpresa smarrita…
Ci
ritroviamo
Stanchi e antichi
A scandire
il ritmo della vita
Con lo
stupore di esserci ancora
Una vita
cominciata
In un remoto
mattino
Di creazione
E gemente
ancora
In un
tramonto d’estate che inonda di luce."
Erano a mare
Nerina e i suoi sei figli, il primo di diciannove anni e l’ultima di dieci anni
a Botricello, il marito segretario comunale ogni sette anni cambiava sede per
servizio, quell’anno, il 1975, lei torna da sola, lui era improvvisamente
scomparso, in un istante, lei era al suo fianco, lui non era più accanto a lei.
Quante volte, tante volte lei mi ha raccontato questo attimo che a me sembra di vederla nel suo sgomento.
Quante volte, tante volte lei mi ha raccontato questo attimo che a me sembra di vederla nel suo sgomento.
"Ti sento
vicino
Ci siamo
soltanto noi due
E il nostro
ricordo stasera:
io seduta a
sognare ai margini del mondo
a rinnovarti
promesse d’amore;
tu,il volto
chino sull’abisso della vita
ad ascoltare
con muta e dolente pazienza
il canto
della caducità
le pagine
scritte nella solitudine del cuore."
…
Ma lei
doveva essere forte per lei per i figli. Insegnò a San Pietro lametino, a
Lamezia, alla Pietro Ardito e poi dal 1980 all’istituto tecnico Valentino De Fazio, dove, nel suo ruolo di collaboratrice e vicepreside, smussò, mediò ogni possibile asperità fra
dirigenza e corpo docente con delicatezza e saggezza.
Spirito
libero, liberissimo, le piaceva avere
sempre il suo personalissimo punto di vista, per questo ogni gruppo, ogni
associazione le stava stretta, scemava il suo impegno quando si vedeva
catalogata,usata, quando non era consono al suo sentire, così mi diceva ed io
capivo benissimo, perché è il mio stesso sentire. Me lo ha confermato anche
Rosa, la figlia, con la quale ho parlato della sua mamma in quel caldo pomeriggio di fine estate. Un’ora piacevolissima e magica con le note di una
musica lontana, del papà di Nerina compositore, del figlio Massimo, che non
conosco, ma che suona con lo stesso
amore di suo nonno. Finimmo con una parola.
Sapienza, ecco cosa ha amato mia mamma- mi disse Rosa, nel salutarmi- la Sapienza.
Ed io non posso che fare mia la stessa asserzione, la sapienza che ci permette di essere umili e di riconoscere in noi e nell’altro le tante cose che abbiamo da dare, le tante altre che ancora dobbiamo capire, perché la sapienza, ci direbbe Nerina è un dono divino, la luce che il nostro intelletto accende per poter vedere chiaro dappertutto.
Concludo rassicurandovi che il ragazzo del racconto non morirà nel deserto perché dopo una duna troverà una pozza d’acqua, ed ho scoperto anch’’io infine -il motivo per il quale sono andata e riandata tanti giorni -avevo trovato in lei la mia acqua per abbeverarmi, perché era questo Nerina per me.
Sapienza, ecco cosa ha amato mia mamma- mi disse Rosa, nel salutarmi- la Sapienza.
Ed io non posso che fare mia la stessa asserzione, la sapienza che ci permette di essere umili e di riconoscere in noi e nell’altro le tante cose che abbiamo da dare, le tante altre che ancora dobbiamo capire, perché la sapienza, ci direbbe Nerina è un dono divino, la luce che il nostro intelletto accende per poter vedere chiaro dappertutto.
Concludo rassicurandovi che il ragazzo del racconto non morirà nel deserto perché dopo una duna troverà una pozza d’acqua, ed ho scoperto anch’’io infine -il motivo per il quale sono andata e riandata tanti giorni -avevo trovato in lei la mia acqua per abbeverarmi, perché era questo Nerina per me.
Ippolita a Nerina
UNITER -18
novembre 2011-
Ippolita Luzzo
domenica 11 gennaio 2015
La Licenza di Lo Monaco- Non è vero ma ci credo
Ieri sera al
Politeama di Catanzaro, noi sul palcoscenico, nel laterale riservato alla
stampa, e nello stesso tempo nel testo recitato.
Io, da
osservatrice esterna, ascoltavo i nomi che Sebastiano intercalava fra una
battuta e un’altra del testo di De Filippo, agitando una fotografia di Ennio
Stranieri su un favoloso Enrico IV recitato dall’attore a Lamezia.
I nomi di
amici presenti in platea, di Giovanna Villella, che si occupa, da anni, di teatro, e che ieri sera, con guida esperta,
ci aveva permesso la trasferta, si mescolavano con le frasi del testo, creando
quel teatro nel teatro che rende viva ed unica una rappresentazione.
Sul testo e
sulla commedia non ho nulla da dire, mi sembrano temi corrosi dal tempo,
situazioni e ambienti ormai spariti, essendosi liquefatta la piccola borghesia
familiare che sorreggeva simili momenti
Interessante
invece il tessuto di rimandi e riferimenti, la storia del teatro napoletano e
non, attraverso i tic, le frasi, i gesti
che Sebastiano fa ricordando Totò, Tina Pica, Vittorio Gassman- che consiglia ad
Alessandro di lasciar perdere che non è cosa sua-, ed infine lo stesso Peppino
De Filippo, così straordinariamente riportato da sembrare lui stesso, Lo
Monaco, Peppino. Gli somigliava pure.
A fine
spettacolo Lo Monaco ha salutato e fermato gli spettatori, che stavano andando via,
impartendo una splendida lezione di affetto. La vicinanza di cui si ha bisogno
per essere felici del lavoro fatto. Il motivo
per cui ci si alza e andiamo a teatro, il senso delle cose che ci fanno
comunità. Lo pensa veramente, lui, che da grande interprete della stagione
classica a Siracusa, è stato l’Edipo Re.
Un Grande attore sotto il segno della vergine
giovedì 8 gennaio 2015
Bernard Maris- Economista
Coincidenze
Bernard Maris nel regno della Litweb
" Facciamo un sogno: quando l’economia e gli economisti saranno scomparsi, o saranno stati quanto meno relegati in “secondo piano”, saranno scomparsi anche il lavoro senza senso, la servitù volontaria e lo sfruttamento degli esseri umani. Allora sarà il regno dell’arte, del tempo oggetto di libera scelta, della libertà. Chi sognava tutto questo? Keynes, il più grande degli economisti.
Bernard Maris nel regno della Litweb
" Facciamo un sogno: quando l’economia e gli economisti saranno scomparsi, o saranno stati quanto meno relegati in “secondo piano”, saranno scomparsi anche il lavoro senza senso, la servitù volontaria e lo sfruttamento degli esseri umani. Allora sarà il regno dell’arte, del tempo oggetto di libera scelta, della libertà. Chi sognava tutto questo? Keynes, il più grande degli economisti.
“Dobbiamo smascherare instancabilmente i rapporti di potere che si celano sotto le “evidenze” economiche, rifiutare tutte le false leggi“
Bernard Maris
mercoledì 7 gennaio 2015
Casa di riposo Tamburelli ospita Melodie di Giancarlo Paola
Mamma son tanto felice- Il dono di Giancarlo Paola
Cantano in coro,
sottovoce, gli anziani della Casa di riposo Tamburelli sulle note suonate da Giancarlo
Paola, tenore, oggi
pomeriggio qui in visita dono.
Sua nonna è stata ospite della struttura ed ora non c’è più,
ma lui, il nipote, fa questo bellissimo regalo ai tanti ospiti che lo ascoltano
felici.
Nella casa trovo due amici. Il professore Porchia, grande
interprete della canzone francese e ottimo pianista, e un quasi coetaneo che ha
scelto, di sua volontà, di vivere sotto le carezze e le cura di Antonello
Coclite, direttore della Casa.
Tre, il nome del cane, il nume
titolare del luogo, gira indisturbato fra corridoi e sale, e ragazze e giovani,
alcuni volontari, altri impiegati, vegliano sul concerto, pronti a dare una
mano a tutti.
Il caminetto acceso, i festoni lungo le pareti, ricordano le
festività appena trascorse, così il canto di Giancarlo che ora attacca O
surdatu innammurato mi fa scorrere le immagini della guerra, della strage
appena compiuta al giornale Charlie Hebdo nel cuore di Parigi, della canzone
che Anna Magnani canta al fronte della prima
guerra mondiale nel film “ La Sciantosa”, scorrono le immagini di un
pomeriggio che ingloba fatti e anni, inclementi, a volte. Anni difficili.
Dopo aver fatto risentire "Reginella"
Antonello ricorda ora gli anni della nostra
adolescenza, lontanissimi.
Ce n’est q’un
début, continuons le combat
Gli studenti di un tempo andato.
La lotta dura senza paura ora è contro gli acciacchi, le
difficoltà, le malattie che purtroppo la vecchiaia infligge sui corpi.
Nella lotta contro il tempo che tutto deteriora, unica arma
è il sorriso, la tolleranza , la disponibilità ad accettare i colpi senza
incattivirsi, con la serenità del saggio.
Nel dono, che facciamo come testimonianza di nostre fragile
vita, ci sia la pace e l’affetto che Giancarlo canta con “ Mamma son tanto
felice perché ritorno da te” Il bene universale.
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