martedì 13 gennaio 2015

Biografia a modo mio- Nerina Guzzi



UNITER-LAMEZIA TERME
 



Nerina  per me      28 ottobre 2011

"E poi…

Snocciolerò i miei giorni,Signore,

ad uno ad uno come grani di rosario"




Quando lei scrisse questa poesia  si trovava in ospedale, in un lettino ad attendere l’esito di un esame,così mi disse.

Era la mattina del trenta maggio 2007 e lei, alzatasi dalla poltrona dove fino a quel momento mi aveva intrattenuto sui figli, sul mare, sulla scomparsa improvvisa del suo amato in un estate lontana,- un attimo e lui non vide più il sole-,andò a rovistare un cassetto, prese questo libro e mi scrisse… Ad Ippolita…per suggellare un’amicizia che nasce.

Lo racconto solo per dire  com’è possibile attraversare una vita, degli anni, e ritrovarsi un’amica distante nel tempo, nell’esperienza, nelle vicende.

Non ci eravamo mai conosciute, io proprio non sapevo nulla di lei, lei lo stesso, ma quando io, spinta dalla curiosità, per averla sentita parlare più volte al nostro corso di filosofia, mi presentai alla sua porta con un foglio in mano, lei mi accettò, prese a parlare, ed ogni mattina quella stranezza divenne la nostra consuetudine, quasi ogni mattina finché non partì per Falerna, sulla sua terrazza protesa nel mare.

Poi sì, continuammo a vederci, conobbi Angiolina Oliveti, una sua cara amica, conobbi più storie,e fu allora che lei mi parlò dell’Uniter, di come fosse bella  e libera questa associazione, di quanto fosse speciale poter ancora continuare i suoi studi e poi farli ascoltare  ad amiche ad amici ai soci tutti.

Aspettava sorpresa  che  le dicessi il motivo per cui io andassi a trovarla ed alla fine un bel giorno mi 
disse:- Ho capito che cosa tu vuoi da me!Non vuoi proprio niente  se non il piacere di parlare con me.-
E mentre diceva rideva  perché sapeva che aveva scoperto la verità.

Io lessi a lei quel che allora scrivevo, lei li chiamò bozzetti, mi disse di non buttarli, ma io proprio non l’ascoltai e un giorno strappai  tutto di quel che a lei era piaciuto.

 Rimase il ricordo di quella stima, che mi dà coraggio solo ora a non buttare, a conservare, a leggere così per il piacere di farlo  quel che  mi viene e si scrive da solo.

Ora chiamo collage, frammenti, bozzetti, anche questo mio dire di lei, di lei che porto nel cuore come una guida.

Se posso  se voglio che lei sia con noi  ho  bisogno veramente di poco – Una  sua qualità, molto rara, direi, di sapere ascoltare, di sapere accettare, di  essere pronta al nuovo, al diverso, di vedere nell’altro l’amico e di tendere la mano, la sua  attenzione, la sua accoglienza, il farmi sentire a mio agio perfetto.
 Il suo ritornare sempre sui suoi affetti, sui  tanti nipoti, sui tanti ricordi. 
Ho poi conosciuto  le figlie, con una ho trascorso un’ora  speciale, davvero, perché si parlava di lei , dei tanti paesi  dove aveva insegnato, di quel crotonese a dorso di un mulo. Proprio come nel feudalesimo!

Di quella statale famigerata, la 106, di Botricello, un paese, si fa per dire, con una serie di case, come i filari di un vigneto.

...

Di quelle giornate ho tutto presente, compreso il profumo del pranzo in cucina.

Un giorno leggemmo insieme  un racconto, premio  Chatwin 2004, sezione narrativa: Il ragazzo che non voleva  viaggiare di Leonardo Soresi.

In questo racconto il protagonista si trova nel deserto, nel Sahara marocchino con la guerba, l’otre in pelle per l’acqua con un piccolo foro.
 Solo, senza acqua, pensa che morirà. Sicuramente. Ma questo pensiero non lo impaurisce, ha solo il rimpianto per tutto  quello che non riuscirà a vedere.

Perché lui ha imparato che vivere è un viaggio senza mappa e né bussola, in cui solo la paura e la prudenza  ti fanno smarrire.
 Lui ha  imparato  che non bisogna diventare schiavi delle nostre abitudini, in case sicure in cui la vita ha cessato però di abitare.

Chi torna da un lungo viaggio ha nei suoi occhi la scintilla dei vent’anni, della curiosità, gli altri guidano macchine  sempre più grandi  in orizzonti sempre più ristretti lui si sposta a piedi, ma il mondo è diventato la sua casa. Gli altri vogliono aggiungere anni alla vita, lui aggiunge vita agli anni che gli sono stati dati. Mi sembra che sia il motto di questa associazione-Aggiungere vita agli anni-

Questo ci dicevamo noi due, al di là dell’età diversa, questo era il nostro pensiero, profondo, convinto che veramente fosse possibile attraversare questo nostro mare con grande slancio, con estremo entusiasmo, non arroccandoci, non invidiando, non facendo la lotta per avere di più. Ed io poi leggevo commossa la sua poesia, la sapevo a memoria, come facevamo una volta,ed il mare, il nostro mare con onde leggere andava e veniva, come fa ogni giorno il mare del nostro vivere, il mare di tutti, il nostro respiro.

"Mare

E ti ritrovo ancora

 immenso immoto

intenso intatto

insondabile e vivo…

 E mi ritrovi ancora

Sopravvissuta silenziosa

Lieve esausta

Sorpresa smarrita…

Ci ritroviamo

 Stanchi e antichi

A scandire il ritmo della vita

Con lo stupore di esserci ancora

Una vita cominciata

In un remoto mattino

Di creazione

E gemente ancora

In un tramonto d’estate che inonda di luce."

Erano a mare Nerina e i suoi sei figli, il primo di diciannove anni e l’ultima di dieci anni a Botricello, il marito segretario comunale ogni sette anni cambiava sede per servizio, quell’anno, il 1975,  lei torna da sola, lui era improvvisamente scomparso, in un istante, lei era al suo fianco, lui non era più accanto a lei.
 Quante volte, tante volte lei mi ha raccontato questo attimo che a me sembra di vederla nel suo sgomento.

"Ti sento vicino

Ci siamo soltanto noi due

E il nostro ricordo stasera:

io seduta a sognare ai margini del mondo

a rinnovarti promesse d’amore;

tu,il volto chino sull’abisso della vita

ad ascoltare con muta e dolente pazienza

il canto della caducità

le pagine scritte nella solitudine del cuore."


Ma lei doveva essere forte per lei per i figli. Insegnò a San Pietro lametino, a Lamezia, alla Pietro Ardito e poi dal 1980 all’istituto tecnico Valentino De Fazio, dove, nel suo ruolo di collaboratrice e vicepreside,  smussò, mediò ogni possibile asperità fra dirigenza e corpo docente con delicatezza e saggezza.

Spirito libero, liberissimo, le piaceva  avere sempre il suo personalissimo punto di vista, per questo ogni gruppo, ogni associazione le stava stretta, scemava il suo impegno quando si vedeva catalogata,usata, quando non era consono al suo sentire, così mi diceva ed io capivo benissimo, perché è il mio stesso sentire. Me lo ha confermato anche Rosa, la figlia, con la quale ho parlato della sua mamma in quel  caldo pomeriggio di fine estate. Un’ora  piacevolissima e magica con le note di una musica lontana, del papà di Nerina compositore, del figlio Massimo, che non conosco, ma che suona con lo stesso amore di suo nonno. Finimmo con una parola.
  Sapienza, ecco cosa ha amato mia mamma- mi disse Rosa, nel salutarmi- la Sapienza.
 Ed io non posso che fare mia la stessa asserzione, la sapienza che ci permette di essere umili e di riconoscere in noi e nell’altro le tante cose che abbiamo da dare, le tante altre che ancora dobbiamo capire, perché la sapienza, ci direbbe Nerina  è   un dono divino, la luce che il  nostro intelletto  accende per poter vedere chiaro  dappertutto. 
 Concludo rassicurandovi che il ragazzo del racconto  non morirà nel deserto perché dopo una duna troverà una pozza d’acqua, ed ho scoperto anch’’io  infine -il motivo per il quale sono andata e riandata tanti giorni -avevo trovato in lei la mia acqua per abbeverarmi, perché era questo Nerina per me.





                                                                                                                         Ippolita a Nerina

UNITER -18 novembre 2011-  Ippolita Luzzo

domenica 11 gennaio 2015

La Licenza di Lo Monaco- Non è vero ma ci credo



La licenza di Lo Monaco- Non è vero ma ci credo


Ieri sera al Politeama di Catanzaro, noi sul palcoscenico, nel laterale riservato alla stampa, e nello stesso tempo nel testo recitato.

Io, da osservatrice esterna, ascoltavo i nomi che Sebastiano intercalava fra una battuta e un’altra del testo di De Filippo, agitando una fotografia di Ennio Stranieri su un favoloso Enrico IV recitato dall’attore a Lamezia.

I nomi di amici presenti in platea, di Giovanna Villella, che si occupa, da anni,  di teatro, e che ieri sera, con guida esperta, ci aveva permesso la trasferta, si mescolavano con le frasi del testo, creando quel teatro nel teatro che rende viva ed unica una rappresentazione.

Sul testo e sulla commedia non ho nulla da dire, mi sembrano temi corrosi dal tempo, situazioni e ambienti ormai spariti, essendosi liquefatta la piccola borghesia familiare che sorreggeva simili momenti

Interessante invece il tessuto di rimandi e riferimenti, la storia del teatro napoletano e non,  attraverso i tic, le frasi, i gesti che Sebastiano fa ricordando Totò, Tina Pica, Vittorio Gassman- che consiglia ad Alessandro di lasciar perdere che non è cosa sua-, ed infine lo stesso Peppino De Filippo, così straordinariamente riportato da sembrare lui stesso, Lo Monaco, Peppino. Gli somigliava pure.

A fine spettacolo Lo Monaco ha salutato e fermato  gli spettatori, che stavano andando via, impartendo una splendida lezione di affetto. La vicinanza di cui si ha bisogno per essere felici del lavoro fatto. Il motivo  per cui ci si alza e andiamo a teatro, il senso delle cose che ci fanno comunità. Lo pensa veramente, lui, che da grande interprete della stagione classica a Siracusa, è stato l’Edipo Re.

 Un Grande attore sotto il segno della vergine

giovedì 8 gennaio 2015

Bernard Maris- Economista

Coincidenze
Bernard Maris nel regno della Litweb

  " Fac­ciamo un sogno: quando l’economia e gli eco­no­mi­sti saranno scom­parsi, o saranno stati quanto meno rele­gati in “secondo piano”, saranno scom­parsi anche il lavoro senza senso, la ser­vitù volon­ta­ria e lo sfrut­ta­mento degli esseri umani. Allora sarà il regno dell’arte, del tempo oggetto di libera scelta, della libertà. Chi sognava tutto que­sto? Key­nes, il più grande degli economisti.
“Dob­biamo sma­sche­rare instan­ca­bil­mente i rap­porti di potere che si celano sotto le “evi­denze” eco­no­mi­che, rifiu­tare tutte le false leggi“


Ber­nard Maris

mercoledì 7 gennaio 2015

Casa di riposo Tamburelli ospita Melodie di Giancarlo Paola



Mamma son tanto felice- Il dono di Giancarlo Paola
Cantano in  coro, sottovoce, gli anziani della Casa di riposo Tamburelli sulle note suonate da Giancarlo Paola,  tenore,  oggi  pomeriggio qui in visita dono.
Sua nonna è stata ospite della struttura ed ora non c’è più, ma lui, il nipote, fa questo bellissimo regalo ai tanti ospiti che lo ascoltano felici.
Nella casa trovo due amici. Il professore Porchia, grande interprete della canzone francese e ottimo pianista, e un quasi coetaneo che ha scelto, di sua volontà, di vivere sotto le carezze e le cura di Antonello Coclite, direttore  della Casa.
Tre, il nome del  cane,  il nume titolare del luogo, gira indisturbato fra corridoi e sale, e ragazze e giovani, alcuni volontari, altri impiegati, vegliano sul concerto, pronti a dare una mano a tutti.
Il caminetto acceso, i festoni lungo le pareti, ricordano le festività appena trascorse, così il canto di Giancarlo che ora attacca O surdatu innammurato mi fa scorrere le immagini della guerra, della strage appena compiuta al giornale Charlie Hebdo nel cuore di Parigi, della canzone che Anna Magnani canta al fronte della prima  guerra mondiale nel film “ La Sciantosa”, scorrono le immagini di un pomeriggio che ingloba fatti e anni, inclementi, a volte. Anni difficili.
Dopo aver fatto risentire "Reginella"
Antonello ricorda ora gli anni della nostra adolescenza,  lontanissimi.
Ce n’est q’un début, continuons le combat
Gli studenti di un tempo andato.
La lotta dura senza paura ora è contro gli acciacchi, le difficoltà, le malattie che purtroppo la vecchiaia infligge sui corpi.
Nella lotta contro il tempo che tutto deteriora, unica arma è il sorriso, la tolleranza , la disponibilità ad accettare i colpi senza incattivirsi, con la serenità del saggio.
Nel dono, che facciamo come testimonianza di nostre fragile vita, ci sia la pace e l’affetto che Giancarlo canta con “ Mamma son tanto felice perché ritorno da te” Il bene universale.

domenica 4 gennaio 2015

Tiziana Sferruggia, una ballata sulle tavole della piazza Grande






La signora Rosetta di Tiziana Sferruggia.
 Nata elegante: «C’è chi nasce bella, c’è chi nasce intelligente, e io elegante sono nata». Nella Litweb
Così approda sul mio pc La Signora Rosetta, protagonista indiscussa del racconto,- e chi potrebbe discutere con lei?-
Una storia cantata come su una piazza di un tempo.
“Il cantastorie è una figura della letteratura orale, un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica,  sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei. Le storie narrate entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità.

I cantastorie accompagnavano la "Cantata" con uno strumento.
Si aiutavano con un cartellone su cui veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietti volanti, su cui era descritta la vicenda.” Da wikipedia, più o meno.
Mi sembra quasi di vedere Tiziana, con bacchetta in mano, indicare le tavole del dramma di una esistenza ‘ngumata, un cervellino esilarante se non fosse terribilmente esistente.
Nelle scene  ho visto parecchie donne di mia conoscenza, fra parenti e affini, sorridendo di loro.
Ridicolo sarebbe infatti quel vivere proteso ad un unico e monotono progetto, un freddo salto di status fra statue sociali, imbalsamate.
 Tutto raccontato con Stile ridente, appunto.
 Linguaggio fabulista come se narrasse  mia nonna da giovane. 
Mi diverte. Vi propongo alcuni spezzoni:
 Il caro buon don Vito una volta: «Cara Rosetta, il sapiente Salomone ha detto che “Il sapere porta con sé il dolore e la ragione è fonte di tormento”», ma lei non aveva creduto, ma lei non aveva capito. Ora credeva, ora capiva.
 Una ballata. La prosa scivola in poesia  mentre la  cantastorie di paese scende  al secondo quadro. Indica infatti il passaggio di stato.
 In versi

“Adesso erano una famiglia finalmente normale, potevano litigare, sputarsi in faccia tutta l’acredine, tutto il livore che erano stati sempre prudentemente taciuti, smistati altrove, dimenticati, ma comunque sempre sotto traccia, striscianti, se solo si scavava un po’ nella polvere”
La storia si snoda seguendo la famiglia tradizionale amata e difesa dalle Sentinelle in piedi nei loro raduni silenziosi in lettura.
Manderemo loro questo libro, segnalato con menzione speciale al Premio Calvino. Bravo Calvino.
Pomeriggio di domenica quattro gennaio 2015  passato con Rosetta che ora, trovatasi un fidanzato, mi ha lasciato cenare da sola, vero Tiziana?
 Io non ci credo che queste donne possano mai soggiacere all’imperium dei sensi! 

Ahah«Rosetta mia, un pocu, un pocu, anchi magari un’anticchia, antipaticulidda, sempri lo sei stata! Pareva sempri chi sintèvi fetu, da comu ti muvèvi, scutènnuti tutta, allargannu li narici e trattinennu lu respiru. Nessunu lu sapi ‘ffari, sulu tu, sulu tu, figghia mia» detto da mamma sua! Verità fu.




sabato 3 gennaio 2015

La Samarcanda di Dara



Vivere, vivere, vivere ancora- La Samarcanda di Dara
Samarcanda - Crocevia di culture.
Girifalco, oh oh  cavallo oh oh
Comincia con un uomo che cade da un asino La Storia.
Coincidenza volle che ci fossi anche io.
E se la vita non ha sogni io li ho e te li do… così Lucio Dalla in Piazza Grande.
Domenico Dara a Lamezia Terme incontra i suoi lettori nella libreria di Savina, che ringrazio.
Breve Trattato sulle coincidenze, il romanzo di Domenico, Nutrimenti Editrice, farà di Girifalco il luogo dell’immaginario, il personaggio vivente, un paese postino.
Inizia così la nostra avventura.
Dalle rovine e dallo sciupio della polvere del sud, che sia distruzione di luoghi, di ricordi, di archivi, nasce la trama, apparentemente casuale, delle coincidenze che stupiscono. Si narra così. O mutos deloi , cominciavano così gli apologhi, le favole di Esopo, Si racconta che...
La Narrazione. Una istanza, la prepotente voglia di dare un senso alla vita di uomini, luoghi e affetti. Un apologo che trasmetta un insegnamento morale, un dovere, un impegno, spostando i fatti in altri luoghi, in altri tempi, per osservarli meglio.
Un compito da svolgere.
Narrare con un linguaggio credibile che parli a tutti, quello dello stupore, della possibilità che si incroci un giorno la coincidenza, e che tutti saremo chiamati  a riconoscerla, ad essere responsabili, a decidere se accettarla o volgere il capo e non vederla .
Un miracolo del quotidiano. L’attimo che si dilata e trasforma il dopo che non sarà mai più uguale a prima.
La coincidenza è una risposta ad una domanda forte, mi sta dicendo Domenico Dara, in un dialogo affollato, fra me, lui, i libri, e la conoscenza che supponiamo per qualche minima parte simile.
Nel dialogo muto e attento fra noi, lettori, e lo scrittore, attraverso i suoi personaggi, gli incastri delle storie, il testo e l’ipertesto, il contesto, i modelli di riferimento si affollano, si spingono e si rincorrono, chiacchierando, in una complessità euforica.
La solitudine vinta con un foglio, con la certezza di stare in una relazione animata, come nelle antiche religioni animistiche in cui tutto vive e intercetta l’altro nel trascendente viaggio verticale che eleva noi tutti dalle azioni usuali.
Questo l’incontro che ho partecipato ieri, incontro che è  complemento oggetto fra soggetti attivi.
Trattatistica scorretta la mia, perdonami Domenico.
 Simile a quella del signore che, ieri sera, mi chiedeva se fosse un tuo conoscente quel postino che ti raccontò di tutte quelle lettere che apriva e manometteva il testo.
Ecco, a proposito, chi ti ha raccontato tutte queste storie? Hai avuto uno zio postino a Girifalco?
A Girifalco verremo tutti, ormai, a spedire le nostre mail, le nostre lettere, consegnandole nelle mani del tuo postino, senza affrancarle, nel sogno di una Samarcanda che ci porterà.
Ippolita Luzzo 

ps. Dal 2015 ad oggi, io preveggente, tutti a Girifalco mattina del 30 Dicembre 2017 

  

giovedì 1 gennaio 2015

Arcobaleno di visi- Bin Laden a capodanno

Arcobaleno di pace, armonia e fratellanza.
 Insieme possiamo stare senza odiarci senza farci del male. Siamo tutti figli di una stessa madre, la madre terra, respiriamo la stessa aria e viviamo sotto lo stesso cielo.
Questo il significato del murales, progetto della casa dello studente di Firenze, di un anno che non so, progetto al quale collaborò Massimiliano Lo Russo con i suoi Imbavagliati. Se guardate, fra tanti visi, li scorgerete. Tanta umanità diversa in un luogo rinascimentale,  i portici laterali, i palazzi, palazzo Strozzi?, e fra i ragazzi, fra i visi, anche visi di extraterrestri e un coniglio. Chi sarà?
Dopo molti anni. A casa di Massi
Capodanno 2015
Anche nelle peggiori offese che mi sono state fatte non ho mai pensato a vendicarmi, a fargliela pagare. Mi sono sempre arrovellata su come avrei potuto spiegare all'altro o all'altra quanto fosse stato offensivo. Spiegare ogni cosa. Fiduciosa, ora mica tanto, che, spiegando e spiegando, comprensione ci sarebbe stata. Credo sia caratteristica del segno. Lo scrivo colpita dal dipinto fra dipinti, fra tanti, coloratissimi uomini e donne, amici di Massimiliano, nel mondo di Massi, un Bin Laden coloratissimo, di cui nessuno parla più. Nessuna analisi su campagna mediatica e militare, su campi di addestramento per fomentare odio e violenza, vendetta e distruzione e non comprensione. Una carneficina incomprensibile. La vendetta è tremenda vendetta verso chi la pratica, verso chi vive di pensieri malevoli.
 Non so se sia vero quello che  hanno detto di Bin Laden, credo che ci siano state molte bugie, ora Bin Laden è un dipinto arancio, fra tanti, nell'arcobaleno di visi che vi manderò dalla stanza di Massi.
 Dopo la pioggia il sereno. Sempre. Che peccato quindi le tante distruzioni! Di affetti, di amicizie, di giorni non vissuti! Un Capodanno fra l'arancione, lo stato mentale della meditazione, e gli imbavagliati di Massi. Fra il silenzio e l'allegria, perché i suoi dipinti non sono tristi, vivono colorati per le scale e per le stanze  di casa sua, anche essa coloratissima.