domenica 4 gennaio 2015

Tiziana Sferruggia, una ballata sulle tavole della piazza Grande






La signora Rosetta di Tiziana Sferruggia.
 Nata elegante: «C’è chi nasce bella, c’è chi nasce intelligente, e io elegante sono nata». Nella Litweb
Così approda sul mio pc La Signora Rosetta, protagonista indiscussa del racconto,- e chi potrebbe discutere con lei?-
Una storia cantata come su una piazza di un tempo.
“Il cantastorie è una figura della letteratura orale, un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica,  sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei. Le storie narrate entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità.

I cantastorie accompagnavano la "Cantata" con uno strumento.
Si aiutavano con un cartellone su cui veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietti volanti, su cui era descritta la vicenda.” Da wikipedia, più o meno.
Mi sembra quasi di vedere Tiziana, con bacchetta in mano, indicare le tavole del dramma di una esistenza ‘ngumata, un cervellino esilarante se non fosse terribilmente esistente.
Nelle scene  ho visto parecchie donne di mia conoscenza, fra parenti e affini, sorridendo di loro.
Ridicolo sarebbe infatti quel vivere proteso ad un unico e monotono progetto, un freddo salto di status fra statue sociali, imbalsamate.
 Tutto raccontato con Stile ridente, appunto.
 Linguaggio fabulista come se narrasse  mia nonna da giovane. 
Mi diverte. Vi propongo alcuni spezzoni:
 Il caro buon don Vito una volta: «Cara Rosetta, il sapiente Salomone ha detto che “Il sapere porta con sé il dolore e la ragione è fonte di tormento”», ma lei non aveva creduto, ma lei non aveva capito. Ora credeva, ora capiva.
 Una ballata. La prosa scivola in poesia  mentre la  cantastorie di paese scende  al secondo quadro. Indica infatti il passaggio di stato.
 In versi

“Adesso erano una famiglia finalmente normale, potevano litigare, sputarsi in faccia tutta l’acredine, tutto il livore che erano stati sempre prudentemente taciuti, smistati altrove, dimenticati, ma comunque sempre sotto traccia, striscianti, se solo si scavava un po’ nella polvere”
La storia si snoda seguendo la famiglia tradizionale amata e difesa dalle Sentinelle in piedi nei loro raduni silenziosi in lettura.
Manderemo loro questo libro, segnalato con menzione speciale al Premio Calvino. Bravo Calvino.
Pomeriggio di domenica quattro gennaio 2015  passato con Rosetta che ora, trovatasi un fidanzato, mi ha lasciato cenare da sola, vero Tiziana?
 Io non ci credo che queste donne possano mai soggiacere all’imperium dei sensi! 

Ahah«Rosetta mia, un pocu, un pocu, anchi magari un’anticchia, antipaticulidda, sempri lo sei stata! Pareva sempri chi sintèvi fetu, da comu ti muvèvi, scutènnuti tutta, allargannu li narici e trattinennu lu respiru. Nessunu lu sapi ‘ffari, sulu tu, sulu tu, figghia mia» detto da mamma sua! Verità fu.




sabato 3 gennaio 2015

La Samarcanda di Dara



Vivere, vivere, vivere ancora- La Samarcanda di Dara
Samarcanda - Crocevia di culture.
Girifalco, oh oh  cavallo oh oh
Comincia con un uomo che cade da un asino La Storia.
Coincidenza volle che ci fossi anche io.
E se la vita non ha sogni io li ho e te li do… così Lucio Dalla in Piazza Grande.
Domenico Dara a Lamezia Terme incontra i suoi lettori nella libreria di Savina, che ringrazio.
Breve Trattato sulle coincidenze, il romanzo di Domenico, Nutrimenti Editrice, farà di Girifalco il luogo dell’immaginario, il personaggio vivente, un paese postino.
Inizia così la nostra avventura.
Dalle rovine e dallo sciupio della polvere del sud, che sia distruzione di luoghi, di ricordi, di archivi, nasce la trama, apparentemente casuale, delle coincidenze che stupiscono. Si narra così. O mutos deloi , cominciavano così gli apologhi, le favole di Esopo, Si racconta che...
La Narrazione. Una istanza, la prepotente voglia di dare un senso alla vita di uomini, luoghi e affetti. Un apologo che trasmetta un insegnamento morale, un dovere, un impegno, spostando i fatti in altri luoghi, in altri tempi, per osservarli meglio.
Un compito da svolgere.
Narrare con un linguaggio credibile che parli a tutti, quello dello stupore, della possibilità che si incroci un giorno la coincidenza, e che tutti saremo chiamati  a riconoscerla, ad essere responsabili, a decidere se accettarla o volgere il capo e non vederla .
Un miracolo del quotidiano. L’attimo che si dilata e trasforma il dopo che non sarà mai più uguale a prima.
La coincidenza è una risposta ad una domanda forte, mi sta dicendo Domenico Dara, in un dialogo affollato, fra me, lui, i libri, e la conoscenza che supponiamo per qualche minima parte simile.
Nel dialogo muto e attento fra noi, lettori, e lo scrittore, attraverso i suoi personaggi, gli incastri delle storie, il testo e l’ipertesto, il contesto, i modelli di riferimento si affollano, si spingono e si rincorrono, chiacchierando, in una complessità euforica.
La solitudine vinta con un foglio, con la certezza di stare in una relazione animata, come nelle antiche religioni animistiche in cui tutto vive e intercetta l’altro nel trascendente viaggio verticale che eleva noi tutti dalle azioni usuali.
Questo l’incontro che ho partecipato ieri, incontro che è  complemento oggetto fra soggetti attivi.
Trattatistica scorretta la mia, perdonami Domenico.
 Simile a quella del signore che, ieri sera, mi chiedeva se fosse un tuo conoscente quel postino che ti raccontò di tutte quelle lettere che apriva e manometteva il testo.
Ecco, a proposito, chi ti ha raccontato tutte queste storie? Hai avuto uno zio postino a Girifalco?
A Girifalco verremo tutti, ormai, a spedire le nostre mail, le nostre lettere, consegnandole nelle mani del tuo postino, senza affrancarle, nel sogno di una Samarcanda che ci porterà.
Ippolita Luzzo 

ps. Dal 2015 ad oggi, io preveggente, tutti a Girifalco mattina del 30 Dicembre 2017 

  

giovedì 1 gennaio 2015

Arcobaleno di visi- Bin Laden a capodanno

Arcobaleno di pace, armonia e fratellanza.
 Insieme possiamo stare senza odiarci senza farci del male. Siamo tutti figli di una stessa madre, la madre terra, respiriamo la stessa aria e viviamo sotto lo stesso cielo.
Questo il significato del murales, progetto della casa dello studente di Firenze, di un anno che non so, progetto al quale collaborò Massimiliano Lo Russo con i suoi Imbavagliati. Se guardate, fra tanti visi, li scorgerete. Tanta umanità diversa in un luogo rinascimentale,  i portici laterali, i palazzi, palazzo Strozzi?, e fra i ragazzi, fra i visi, anche visi di extraterrestri e un coniglio. Chi sarà?
Dopo molti anni. A casa di Massi
Capodanno 2015
Anche nelle peggiori offese che mi sono state fatte non ho mai pensato a vendicarmi, a fargliela pagare. Mi sono sempre arrovellata su come avrei potuto spiegare all'altro o all'altra quanto fosse stato offensivo. Spiegare ogni cosa. Fiduciosa, ora mica tanto, che, spiegando e spiegando, comprensione ci sarebbe stata. Credo sia caratteristica del segno. Lo scrivo colpita dal dipinto fra dipinti, fra tanti, coloratissimi uomini e donne, amici di Massimiliano, nel mondo di Massi, un Bin Laden coloratissimo, di cui nessuno parla più. Nessuna analisi su campagna mediatica e militare, su campi di addestramento per fomentare odio e violenza, vendetta e distruzione e non comprensione. Una carneficina incomprensibile. La vendetta è tremenda vendetta verso chi la pratica, verso chi vive di pensieri malevoli.
 Non so se sia vero quello che  hanno detto di Bin Laden, credo che ci siano state molte bugie, ora Bin Laden è un dipinto arancio, fra tanti, nell'arcobaleno di visi che vi manderò dalla stanza di Massi.
 Dopo la pioggia il sereno. Sempre. Che peccato quindi le tante distruzioni! Di affetti, di amicizie, di giorni non vissuti! Un Capodanno fra l'arancione, lo stato mentale della meditazione, e gli imbavagliati di Massi. Fra il silenzio e l'allegria, perché i suoi dipinti non sono tristi, vivono colorati per le scale e per le stanze  di casa sua, anche essa coloratissima. 

mercoledì 31 dicembre 2014

2015 Giornalista



Il saluto  dell’Annunciazione- Il Lavoro
Al tavolo e ai tavoli
Alla mensa dell’ultima cena
Nel declino del capitalismo, occhi aperti, spalancati, orecchie pronte e bocche cucite, decifrando tutte le mistificazioni…
Sembra quasi in codice, questo mio augurio, nel tempo difficile che non premia il merito, la bravura, la professionalità.
Asservire l’altro, sembra sia l’imperativo di questo sociale e politico, imbruttito e imbrattato.

La camera del lavoro con i tavoli del lavoro.
 Sedie del lavoro e stoviglie del lavoro.
Portate del lavoro. Pietanze, voglio dire. 
Ai tanti commensali che mangiano con gusto i loro stessi teoremi, i piani contrattuali, gli articoli da azzerare. Mangiano le sigle, sempre più spirituali, mangiano le piattaforme e gli ordini professionali. Il lavoro deve essere snello, non professionale, bisogna cambiare spesso di quadro e di cornice. Non devi saper far niente, se femmina sculettare, mettere tacco 15 ed essere carina, se maschio avere muscoli, solo per estetica, non devi avere etica, ma dire sempre sì.
All’alba fredda di un divenire, che sia un anno oppure una era, che sia  un giovane  compleanno, proviamo ancora con le parole a scardinar tante menzogne. Diamo valore a comunicazione che sia però informazione, diamo valore ai tanti perché che aspettano da sempre risposte vere.
Diamo valore a quella fiducia che si dà sempre alle cose serie, come quel noto carosello su provole, formaggi e latticini vari, " La fiducia è una cosa seria"- è la fiducia che sta alla base dei nostri rapporti, del nostro civile.
Rispolveriamo parola -Civile- che tanto ricorda la civiltà e seppelliamo parola cultura ormai infognata nella ortodossia.
Questo possiamo noi dire ora, con tutto il rammarico di consegnare una mappa senza più punti di orientamento a  chi oggi compie gli anni, una mappa che possa però servire a raggiungere quel porto, non sicuro, che sicurezza non è il destino dell’uomo, ma almeno un lavoro, un lavoro vero, dignitoso e remunerato, libero, e non servile.
E con gli editti che abbiamo fatto per tutto un anno sulle parole, bistrattate, usate e mistificate, sulle parole fastidiose, buttate al vento della conversazione come un orpello con cui farsi belli, con tutti gli editti contro le reti ed i materassi che dir si voglia, contro i tavoli e le tavolate che tanto piacciono ai convitati, ci auguriamo che questo sia l’anno dei non invitati al pranzo del re.
Un augurio caro a te, che resti sempre un giornalista vero.
Noi ti auguriamo che  possa fare la professione per cui ha tanto studiato ed i suoi genitori  investito, credendoci. Ed é il Credere l'altra parola cha sta di base ad un vivere sano.  

2014 L'anno di Alessandro Bozzo- Giornalista



L’anno di Alessandro Bozzo- Giornalista
Quando una negazione afferma e dà coraggio.
Alessandro si è ucciso nel marzo del 2013, lasciando i suoi scritti, il suo malessere, ed il suo je accuse verso un giornalismo troppo cattivo. Editori che impongono cosa scrivere, denunce e minacce, precarietà nei contratti lavorativi.
Un vero inferno.
Da tutto questo lui è andato via, ritornando nei suoi amici e colleghi, nei suoi splendidi familiari, in Don Tommaso Scicchitano.
L’anno di Alessandro Bozzo Il 2014
Sacro fuoco- Storie di libertà di stampa, Il libro che viene presentato un po’ dovunque in Calabria, contiene articoli di giornalisti bravi  che continueranno a fare il lavoro di giornalisti con necessità e ragione, come diceva Leucippo, nel V Secolo. Il libro parla di Alessandro, delle cose che a lui piacevano, il tennis, il Canada, non essere un santino da mostrare come garante.

Vado a memoria eppure emozionata del coraggio che hanno i suoi amici. Fondano questa estate La Alessandro Editori S.R.L. e creano un giornale, a colori, cartaceo, un quotidiano, La Provincia di Cosenza, ricordando, nel primo articolo dell’editoriale di Francesco Graziadio, Derrida, l’inerme.

Colui che non ha mezzi finanziari, di ricatto, coercitivi per imporre le sue ragioni. Colui che non può difendersi con le armi usuali dell’insulto, dello sporcare, dello sputo. Colui che ha solo principi e onestà, dignità e consapevolezza e sa  che non bisogna accettare per forza di adeguarsi e che anche il rifiuto è lotta.
Sa tutto questo Alessandro, lo sa, e stamattina da lassù mi manda, sorridendo, il suo anno, per tutti noi che lo amiamo.

martedì 30 dicembre 2014

Libiam nei lieti calici- Giancarlo Paola







Giancarlo Paola- Melodie e racconti a Palazzo Nicotera
“Se il mio nome saper voi bramate” di Rossini
Inizia serata alla Biblioteca di Lamezia Terme, con una sorpresa, almeno per me. Sono venuta per presentazione, condotta da Salvatore D’Elia,  di un libro di Claudio Metallo, " Come una foglia al vento" e ascolto, prima,  una  piacevole voce cantare questa romanza.
Bravo- penso fra me. Giancarlo ripone educatamente chitarra e aspetta. Giovanissimo, Giancarlo è tenore,   conseguito diploma in canto nel 2013.
Modi garbati, e misurati, insieme fanciullo, perché felice. 
Felice di stare a suonare e cantare e recitare per noi, per i suoi cari, ho visto la nonna, per tutti noi che l’abbiamo applaudito, chiedendo contenti ancora un altro, dopo " La donna é mobile" " A Spuntunera" e " Mattinata".
E lui ha intonato” Libiamo ne' lieti calici” il  brindisi in tempo di valzer del primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi
Ed è sentendo questa aria, cantata da Maria Callas, che scrivo questi miei appunti su una bellissima serata in biblioteca. Una delle più sorprendenti.
Giancarlo non è solo un bravo tenore, ma anche un fine dicitore, ha letto con voce pulita e con partecipazione, a volte ironica, a volte incuriosita, i racconti di Saverio Strati, ”Gianni e la zappa”,” Il Prete e la pioggia”, “ Il contadino e le fate” racconti scelti da lui, per dirci che nessuno deve scordare le sue origini, nessuno si mette d’accordo per un benessere generale e nessuno è felice se non si accontenta e non smette di chiedere.
Adesso ascolto ”Libiam dai lieti calici” cantata da Pavarotti, Carreras e Domingo e auguro a questo ragazzo  una carriera luminosa come l’entusiasmo  e l’amore che ha lui verso il canto.


“Se il mio nome saper voi bramate”
Solo alla fine so che lui è figlio di Elio, un carissimo uomo, anch’esso entusiasta e sempre sorridente, presenza solare nella  nostra adolescenza lontana e idealmente fiduciosa di poter creare  giustizia e  parità.
La fiducia non ci ha lasciato, malgrado ora sappiamo che non siamo noi a forgiare gli avvenimenti… però crederci non ci abbondonerà.
Credere in sé stessi è già una fortuna immensa, coltivare le passioni e i doni che abbiamo ricevuto sarà l’impegno di una vita.
Libiam nei lieti calici e brindando all’anno che verrà auguriamo a tutti i ragazzi,  qui presenti,  un avvenire di sole.