Pubblicato da TerraRossa Edizioni arriva in libreria dal 15 Aprile il libro di Ezio Sinigaglia, scrittore per lettori stravaganti, come siamo noi, sudditi del Regno della Litweb.
Nel risvolto di copertina la casa editrice traccia una descrizione del lettore ideale per questo libro: "chi rinnega ogni pregiudizio, chi ha un'indole romantica o beffarda, chi non ha paura di ridere da solo mentre legge" dice anche altro di questo lettore ideale, nostalgico dei grandi affreschi narrativi del Novecento, ed in questa descrizione moltissimi di noi si ritroveranno.
Ascoltare Ezio Sinigaglia nel raccontare le sue traversie per pubblicare e distribuire più di trent'anni fa Il Pantarei è già una goduria che vorremmo vedere romanzata, ora dal cassetto di Ezio spunta questo giocoso atto teatrale, questa commedia che riporterebbe alle commedie antiche, alla Mandragola, sul licenzioso divertito degli inganni, con spunti di Terenzio, con rimandi plautini. Tutto un ricordo di antichi giochi letterari, fifty-fifty, appunto.
Già il significato del titolo ci dice su quale registro ci troviamo, non certo quello scolastico! Il soprannome che viene dato a Fifì, uomo amato dalla voce narrante, significa colui che per metà si concede e per metà si nega, ed è in questo gioco che vengono a svolgersi i fili delle azioni, i legami degli avvenimenti in una villa in Versilia, insieme ad altri personaggi "pittoreschi"
I personaggi principali con i loro nomi e soprannomi vengono presentati nelle prime pagine del romanzo, a parte, proprio come se ci fosse un maggiordomo alla porta del palazzo, o del romanzo, ed elencasse a voce alta gli invitati alla festa. Una festa danzante. Gli invitati hanno ognuno un particolare, una loro unicità, una stranezza.
Anche i capitoli in cui è suddiviso il libro, il testo teatrale, hanno titoli di una piacevolezza irridente, ed io me li ripeto e ve li ripeto per giocare con voi: L'eresia monofifita, L'idea Conerotica e il secondo genio in casa Freud, Sonatina facile, Sciadè Sulapì, Verboten.
Sciadè Sulapì è il vero e proprio motivo musicale del romanzo. Lo suona al pianoforte la madre del narratore. Logicamente io non ho idea di chi sia ma mi accorgo che è la musica della vita. "C'erano ospiti, quella sera. Accadeva di rado. Mia madre era molto socievole, mio padre assai poco. Gli ospiti rappresentavano il prevalere, raro, sporadico, della volontà materna su quella paterna. Perciò, quando c'erano ospiti, c'era musica."
"Entrò, liquida più che mai. Una musica d'acqua. Lieve, scrosciante, terribile. Mi trascinò via con sé. Subito. Senza respiro" e qui non posso ricopiare tutte le pagine da pagina 164 a pagina 169 per farvi sentire la musica, perché il libro riesce in varie magie, oltre a divertire vi farà sentire il pianoforte suonare, vi farà sentire la musica della meravigliosa esecuzione milanese di Sciadè Sulapì. "Suonò meravigliosamente, quella notte. Per me, per Fifì, per Calimero. Trascinò via ogni cosa. Fino alla foce. Sono risciacqui che a volte si rendono necessari. Eliminano le scorie, dissolvono i miraggi. Morriamo tutti, è opportuno ricordarlo. Morriamo tutti, e ben più di tre volte: a poco a poco, diventa un'abitudine"
Sciadè Sulapì suona per tutti noi, noi lettori del Regno della Litweb, suona per chi ancora sente suonare una musica nel romanzo in lettura.
Ippolita Luzzo
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