Finalista al Premio Strega 2021 La casa delle madri di Daniele Petruccioli arriva oggi e ho cominciato a leggerlo nella casa di mia madre. Nella stessa casa quindi del romanzo. Leggendolo mi viene in mente Dora Bruder di Patrick Modiano
“Ci vuole tempo per riportare alla luce ciò che è stato cancellato. Sussistono tracce in alcuni registri e si ignora dove siano nascosti, quali custodi veglino su di essi e se quei custodi accetteranno di mostrarli. Può anche darsi che ne abbiano semplicemente dimenticato l’esistenza."
Si dice che i luoghi serbano una lieve impronta delle persone che li hanno abitati. Impronta, segno incavato o in rilievo.
Per Dora Bruder e genitori, Modiano dice: incavato.
Mi è sembrato di risentire l’eco di Modiano, anche lui parla di impronta, ciò che lasciamo nelle case e nei luoghi dove abitiamo. Una sopravvivenza che in effetti io credo sia una elaborazione di energie ancora da scoprire. Il fatto di essere io molto vicina alla tematica del libro me lo fa ancora più caro, fin dal fratello gemello con gravi difficoltà alla casa che viene poi svuotata. Le grandi case di famiglie patriarcali ormai scomparse non hanno più ragione di esistere ora che le famiglie sono composte da due o al massimo tre componenti ed intanto avanzano le famiglie mononucleari, un solo individuo in famiglia con sé stesso.
Leggo a mia madre di 97 anni l'incipit del libro e mi fermo "La casa è vuota. Le camere spoglie, le porte aperte, le finestre spalancate. I mobili non ci sono più, sono stati portati via da tempo. "
"Le ombre cominciano a risvegliarsi nei minuti di chiarore incerto che precedono l'alba prima dell'arrivo degli operai: si allungano, si rincorrono sui pavimenti grigi e polverosi che si susseguono identici di stanza in stanza" mi fermo su "Il senso di sventramento generale"
Restiamo così quando ve ne andate, mi ritorna in testa, e poi ricordo che questo è il titolo di un altro libro bellissimo di TerraRossa Edizione, il libro di Cristò, che mi ritorna in testa, come se le ombre della casa delle madri ormai parlassero e ci dicessero questa frase.
Tutto cambia, la grande casa viene frazionata, "in questo modo la schiera di spiriti da cui la casa era abitata si è ritrovata frazionata anch'essa"
"Poi tutto verrà tutto verrà buttato" e mi accorgo che copierei interi passi ricordando qui allo status delle rovine anche Lucrezio nel "De rerum natura"
Il ritmo del romanzo è poetico, sembrano versi i periodi, sembra che la casa sia la storia di tutti che, incessante, dice che tutto cambia, e "qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure" mi risento in testa cantare Rimmel di De Gregori.
In un crescendo che si amplifica, Daniele Petruccioli, partendo dalla grande casa del notaio, racconta la storia degli ultimi cinquanta anni, l'Italia ancora paesana, il grande assetto feudale quasi, e il logorio del tempo che consuma e spoglia le case, le persone, e l'arrivo del tempo globale e senza identità, un fuori dal tempo.
Fuori dal tempo ma non dallo spazio, ombre e corpi si incontrano "Ascoltano i vivi e i morti senza capire le parole di nessuno ma assimilando la voce di tutti"
Un libro prezioso che ci riconcilia con la letteratura, con la storia, con noi stessi alle prese con le nostre ristrutturazioni.
Un pezzo augurale affinché il libro possa essere moltissimo letto, a prescindere se rientrerà nella cinquina al Premio Strega, cosa che io mi auguro tanto nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo
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