La Camera
Chiara
Da Barthes « La
società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che
minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda »
Dalla
follia del quotidiano fotografare, fotografarsi, postare piatti, torte, bimbi, costumi, seni, cosce, mare, cielo, dalla
follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite, dalla
follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui, di
occhio che scatta,
ne usciremo mai?
Silvia
Pujia e Federica Longo provano a far conoscere un’opera, una soltanto, nell’unicità
che dilata, impressiona e prolunga il tempo dell’apprendimento.
Si impara
e si vede se tempo tu hai, il tempo dell’attesa.
L’artista
Luigi Cipparrone, con la fotografia stenopeica, tecnica che utilizza uno
stretto foro come obiettivo, riprende il principio della camera oscura.
Le camere
oscure, chiare, le camere che delimitano, scelgono, profondità o
superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o immobile, tutte le
camere della nostra percezione che poi ci fanno credere quello che ci appare
vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo foro, stretto o un
obiettivo con zoom.
Così la
fotografia di Luigi al ristorante con gli amici ha tempi lunghissimi, più di un’ora
di esposizione, ed in quest’ora sola ti vorrei, gli amici hanno mangiato,
fumato, chiacchierato e sono andati via, lasciando soltanto una nuvola, una
impronta nella pellicola o in digitale, Come nella canzone Albergo ad ore i due
corpi lasciati nel letto, immobili.
Solo una
nuvola resterà del movimento, e le nuvole vagano, e noi guardiamo gli oggetti
fermi e capaci ancora di essere usati di essere testimoni di un mondo che
esiste nella rappresentazione di un interiore che un solo foro ha, quello della
pazienza di saper aspettare.
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