giovedì 13 novembre 2014

AA.VV.Racconti Toscani- Silvio Simi-Gli occhi azzurri del buratto




 Leggo prima tutta la storia del buratto. Con fotografie. Prima però sono andata alla posta, ormai sono amica di posta e postini. Gentilissimo lui mi consegna due plichi. Ed io apro subito questo racconto, facente parte di AA.VV Racconti Toscani. Gli occhi azzurri del buratto. Fa che la molla funzioni. Mi trovo immersa in lettura coinvolgente e decido di voler immagine del buratto. Della giostra

 Lo leggo e prendo appunti.
Nello sfogliare Il libro mi soffermo e leggo Gli attimi perfetti di Lucilla Gattini. Le perfezioni provvisorie, gli attimi perfetti. Lei racconta “ Il burattino conserva un posto defilato, involucro pesto e muto a ricordare il percorso, le amputazioni volute e subite, una catalessi vicino al non esistere. Tra le pieghe del caso”
 Mi sembra non un caso. Già prima, appena fatta lettura, avevo intuito la perfezione. Alla rilettura ne sono convinta. Il racconto di Silvio Simi racconta la storia di un buratto. Un saracino, re delle Indie, re di un regno esistente quanto la Litweb. Lui non nota la sua diversità ma quella altrui, in una immagine di eterna giovinezza e con il culto della sua estraneità, che lasciò nel mondo di quel regno che non era il suo. Fa che la molla funziona, pensava il buratto, protagonista di una integrazione impossibile in una società che lo relega a fare il buratto finché piaccia la sfida, il gioco. In un racconto che anima e invera, in corpo un burattino disarticolato e vivente a molla, con il vivere di tanti saracini nei nostri paesi, altrettanti sconosciuti.

Una gara vissuta in geometrie perfette. La piazza del Vasari in discesa. Due vertici di un quadrato messi a rombo al centro della piazza a segnare i punti cardinali. Centro dell'universo un buco nero. Punto finito come l'infinito. L'alba sulla piazza arriva tardi. Una immagine curva che sogna di coprire l'universo.
Continuo a scrivere febbrilmente a memoria come faccio quando qualcosa mi carica lentamente come i due che caricano il buratto e lo armano della forza di vivere. Quella resistenza che è l'unico ostacolo ad una forza. La forza dello scrivere, del leggere amando il testo. Una scrittura che mantiene il tempo del lettore, lo lega empatico al destino del buratto che diviene il suo destino. Un punto doppio per lo scrittore per aver dimostrato il suo coraggio, la sua bravura a quel lettore che in cuor suo dice ho vinto io perché la molla ha retto e si rigioca
“Tutta colpa della resina” di Marco Tondi
Il caso che gira e rigira bellamente le nostre vite che fanno come il buratto, si caricano a molla ogni qual volta un entusiasmo li spinge nel centro di piazza Vasari.
Ho sfogliato i quaranta racconti, di varia composizione, con curiosità ed ho apprezzato di alcuni la compostezza e la pulizia, il rispetto verso il racconto di per sé. Raccontare è una regola. Interessare il lettore.
Da lettrice disordinata e viscerale mi sono subito innamorata del personaggio del buratto, del modo come tutti i suoi momenti sembrassero i miei, lui re delle Indie ed io regina di un regno che non esiste, ho scritto sotto ipnosi e non mi pento perché uno scritto sia vivo deve trascinare chi lo legge nel mondo onirico della somiglianza.
Così ieri sera io ho fatto la Giostra del Saracino in piazza Vasari da dove manco dagli anni ottanta quando assaggiai i crostini al fegato d’oca a casa di Lea D’Ippolito.  Arezzo così.

mercoledì 12 novembre 2014

Non Sgarbi ma Opere di Bene-Beltempo di Saverio Pazzano







Nella sala della Provincia di Reggio Calabria, alle 17 di venerdì 14 novembre 2014,l’antropologo e scrittore Vito Teti e la giornalista e scrittrice Paola Bottero presenteranno il nuovo romanzo di Saverio Pazzano, Beltempo, pubblicato nella collana di narrativa di sabbiarossaED, Storie.
Storie di naufragi
Naufragio alla vita
Si naufraga in guerre insensate e carneficine

ALLEGRIA DI NAUFRAGI

E subito riprende
Il viaggio
Come
Dopo il naufragio
Un superstite
Lupo di mare.
Si naufraga in mare aperto scappando dalla miseria di dittatture e colonialismo schiavistico e infelice
Si naufraga nelle periferie desolate delle nostre citta sporche di sacchi neri abbandonati vicini cassonetti stracolmi.
Si naufraga nel terribile esercizio di un vivere solipsistico, nel rarefatto degli affetti invisibili, delle parentele sconosciute, dei vicini di casa che non esistono più.
Si naufraga sperando che aggrappati a quella zattera potremmo un giorno approdare.
Con l’attesa
In un mio post “La vita è un giorno” parlando sul film I LIVE RADIO ROCK scrivo
Nella straorzante virata che fa la tua barca puoi sempre contare su zattere e natanti che accorrono in aiuto nella procella-
Il mare freddo del nord, le onde radio, la voce e il suono.
vibra su tutto l'esaltazione e l'entusiasmo di essere vivi
ed eterna è la sconfinata allegria di testarsi capaci di cotante osare.
dall'alto del pennone si ha la vertigine che ti fa tuffare giù, a capofitto, e il conte ed il re, si ritrovano amici.
Una sfida a noi stessi, alla piaggeria, al monotono e arido formular  editti, una sfida al Regno Unito d'Inghilterra, ai burocrati e alle carte.
ci salverà la musica...
i film, 
la poesia di Calogero 

Ed il naufragar m’è dolce in questo mare
Auguro a tutti noi, naufraghi di un passato, avendo perso borse, documenti, fotografie, conti correnti, portafogli, telefonini, avendo perso paesi, amicizie, contatti, avendo perso tutto, noi sempre  naufraghi ogni giorno dignitosi e propositivi, auguro Beltempo per tutti

martedì 11 novembre 2014

Vite tagliate- Il carcere e la cuccia



Il carcere e la cuccia

Quelle unioni chiamate matrimonio

La bugia come finzione in due

La vedo palpabile sul viso di una lei, che ingurgitando corna su corna, manifeste, coram populo,

 diventa malvagità e malizia nei confronti di altra donna, solitaria e sorridente.
Ucciderebbe l’altra, la sporcherebbe, per il solo motivo che l’altra le ricorda quello che lei non saprebbe mai essere. Libera.

Carcere e cuccia i matrimoni di molti, per esseri infelici e teatranti, un tirare a campare con obblighi e appuntamenti.  I vostri raduni ai matrimoni altrui, della zia, della cugina, del vostro mondo mondano. I battesimi e le comunioni, le feste di laurea, i compleanni, poi la sfilata forse ci sta.

Al braccio portate un vostro ninnolo, marito o moglie, per l’occasione, lui intanto sacramenta oppure occhieggia, l’altra vorrebbe essere lontana da lì.

Chissà perché poi si chiami tutto questo-Stare insieme-

Vite tagliate- scrive Maria Gabriella De Santis, vite bugiarde, che tradiscono certo perché è umano tradire, nessuno può stare per sempre immobile  su un sentimento che è movimento, su un desiderio che padroni non ha.

Vite tagliate con un coltello che mozzi la testa e il pensiero, che scolleghi per sempre il vero dal falso, che uccida quella fiducia che in noi sta.

Carcere e cuccia diventa una casa, dovere e peso sono i figli, da coccolare e da torturare, per fare scontare proprio ai più piccoli di esser la causa della prigionia.

Vite tagliate vissute osservando con  vera malvagità chi si ritaglia in solitudine un vero momento di libertà. Quella verità che il tradimento mai vi darà.

giovedì 6 novembre 2014

Le vite degli altri- da Bodei a me



Natale 2010
Le vite degli altri.

Il film narra la vicenda di un uomo che monitora, segue, spia, ascolta la vita di un altro, per lavoro ed inavvertitamente la sua vita, il suo modo di pensare, cambia impercettibilmente. L’uomo spiato avrà salva la vita dalla sua spia, l’uomo che spia vedrà, per una omissione, la sua carriera  stroncata.
Il bene trova sempre vie imperscrutabili per affermarsi.
Il bene, la coscienza di non aver infamato un uomo giusto, credo che avranno reso la spia fiera e orgogliosa di essere uomo. Lo credo. Non si può stare accanto al bene senza esserne un po' presi, bisogna essere proprio dei malvagi. 
Dal film alla vita.
Le vite degli  altri ci scorrono davanti senza spessore, non tridimensionali, piatte, omologate.
Le vite degli altri come nel film, palpitano e soffrono, con affetti, con sentimenti, hanno cultura, lettura, silenzio e musica. Gli altri, nelle loro case, dipingono, che bei colori che imprimono sulla tela! Fiori, paesaggi, volti, dipingono a loro volta sensazioni degli altri. Se ci fermiamo a cogliere uno sguardo, se ascoltiamo una parola, se vediamo un gesto, percepiamo una intensità oltre il frasario quotidiano. Le vite degli altri vengono nei salotti  eleganti, pettinati, sorridenti, la padrona di casa affabile, accogliente, poi ti siedi, leggi, con un’emozione mai provata, e le guardi, quelle vite, mentre loro guardano la tua. Bellissimo e pericoloso può essere tutto ciò, perché nel duplice sguardo puoi invece di comprendere giudicare, oppure puoi gratificarti di una umana consapevolezza dello stesso destino.
E’ la trasformazione. E’ bastato un commento, una parola, e la riflessione nasce da sola e ti ritrovi a pensare che tutto non è come sembra, che inaspettatamente basta girare il libro e un altro racconto era lì e tu avevi cercato tanto proprio quello, quello che era  il suo risvolto. La vita dell'altro, degli altri.



domenica 2 novembre 2014

Frontiera di Pina Majone Mauro.-Miscellanea a cura di Ippolita Luzzo



Frontiera di Pina Majone                                    
Miscellanea a cura  di Ippolita Luzzo



Per lungo tempo appagati e felici          pag121

Bagnammo nel miele il pane dell’esilio

Oggi però remiamo all'incontrario

Nel mare della nostra indifferenza

Per ritornare dove abbiamo lasciato

Appese al muro le nostre chitarre


Non è ricca la pesca ma stasera            pag122

Dopo una mensa odorosa di mare

Possiamo riaprire le finestre

Ad una notte da reinventare

Ad un mattino che s’indora di sole

Mentre io comincio con l’intitolare

Al vostro ritorno l’ultimo mio canto


Solo tornando s’impara a non partire                 

Ognuno ha il suo tempo e la sua storia     pag33

Ma noi del sud non nascemmo vincenti


Se la storia non ignora se stessa               pag34

Mai più saliremo sui treni dell’esilio
...                                  

Il ritorno è un circuito della mente              pag73

Che ripassa per vie dimenticate

E s’incatena al canto notturno

Di chi grida al cielo sottovoce

Un nome mai scordato che si perde


Mare via di sale  per anime in fuga      pag159

Dal proprio nome  dalla propria fame 
...  

Bentornati alla casa alla foce               pag74

Bentornati al fiume della vita 
...           



Torniamo insieme meglio se siamo in tanti  pag145

Al mare alla casa al campo che lasciammo          


Nell'asfittico spazio del destino   pag185



Ritorno cavalcando la speranza   pag230



Mare unico celeste paradiso  pag231

In questo sud oscuro come l’inferno



Mare solcato dagli scafi insanguinati



Là dove il fato sbarrò la tua strada

Là io ti attendo in anima e dolore pag 231
anima che non sa dove cercarsi pag 232