venerdì 7 febbraio 2025

Inverness di Monica Pareschi


 Inverness, una raccolta di racconti che Monica Pareschi pubblica per Polidoro nella collana diretta da Orazio Labbate nell'ottobre 2024 mi giunge ed io la leggo con una commossa partecipazione e veramente lusingata di poter avere la possibilità di parlare sia di una bravissima scrittrice quanto di una apprezzata traduttrice. 
Lei pubblica questi racconti a distanza da dieci anni dal primo suo lavoro e cosa siano i racconti per lei lo faccio dire all'autrice,  in questa intervista di Valentina Barengo Monica confessa:"  i racconti sono più gestibili, non richiedono la metodicità di scrittura di un romanzo. La scrittura di un racconto può essere episodica, durare qualche giorno, o anche anni quando certi nodi non si risolvono, ma non richiede l’impegno costante ed esclusivo di un certo numero di ore al giorno. I racconti sopportano di essere abbandonati, anzi, a volte i mesi di “non scrittura” sono funzionali per capire dove si sta andando, per trovare l’elemento che fa tornare i conti. Il bello dei racconti – o perlomeno i miei funzionano così – è che si può partire senza sapere dove si sta andando, lo si scopre man mano; a volte, come dicevo, grazie a lunghe soste. Il racconto è un viaggio particolarmente avventuroso, che richiede la disponibilità dell’autore (e del lettore!) a lasciarsi sorprendere dall’esito, che a volte è del tutto imprevisto. Il racconto, per come la vedo io, si gioca tutto sull’effetto di mistero che producono i non detti, gli spazi bianchi, le lacune del testo." e ancora "La scrittura è un’attività ordinatrice, crea nessi, porta senso dentro un caos apparentemente irriducibile. E dare senso al caos – perlomeno di tipo estetico – mi pare la funzione più evidente e forse anche più utile della scrittura."


 Eccomi con la sua scrittura e con i  suoi otto racconti, uno più intrigante dell'altro, sui Baci di Munch, o la percezione dell'amore mi sono ritrovata a pensare come la protagonista, oppure credo che l'autrice eserciti un tale grado di convincimento da farci immedesimare e poi Fiori è un amore che finisce che è finito ma ancora non si è detto che è finito e allora i gesti si ripetono fiacchi e stanchi, ripetitivi, e Troppo amore uccide tra "il ghigno e il singhiozzo" e "I Gabbiani" mi ha precipitato nel film Gli Uccelli di Hitchcock e a guardare con sospetto il grasso piccione che ogni mattina fa la sua passeggiata sul parapetto del balcone della camera da letto. Nella tristezza della vecchiaia con Mors tua vita mea e la vita scivola mentre Gheri non sembra voglia accettarne i segnali. 

E poi Inverness che dà il titolo ai racconti. Inverness è un viaggio, una destinazione, ma anche un immaginario sostantivo inglese, l’“invernitudine” che caratterizza lo sguardo dell’autrice e il destino gramo di noi tutti. La storia di un'amicizia nata dove nascono le amicizie,  tra i banchi di scuola, la storia delle nostre assemblee, dei nostri cortei, delle manifestazioni in cui si gridava "Lotta dura senza paura" e “Ce n'est qu'un début”e poi le cariche e poi i viaggi con l'autostop. Il malessere dell'adolescenza, il malessere di crescere, il malessere di non conoscersi, di non accettarsi, i medici, le pillole, il corpo curato come una cosa e non come essere senziente. C'è tutto in questo viaggio di Monica, un viaggio con una amica verso questo paese pieno di sole e di luce ghiacciata, azzurra. Viaggiando con Monica abbiamo accanto la grande letteratura che ci interroga, che ci spaventa e ci rimprovera delle nostre disattenzioni.   

 Poi ciò che conta è lo stile, è il ritmo, il suono di questi racconti, una scrittura unica, nel senso proprio della creazione pura. La purezza dello scritto è ciò che tiene fermi alla lettura e Monica Pareschi la possiede e per questo noi la amiamo nel Regno della Litweb 

Ippolita Luzzo 


 Monica Pareschi vive a Milano e dove da oltre vent'anni traduce e lavora come editor di narrativa per le maggiori case editrici autori di lingua inglese tra gli altri i racconti di Kevin Barry per Adelphi, Doris Lessing, James Ballard, Bernard Malamud, Willa Cather, Shirley Jackson, Charlotte Brontë, Alice McDermott, Hisham Matar, Mark Haddon, James Hogg, Paul Auster, Muriel Spark. È autrice di È di vetro quest'aria (Italic 2014, Premio Renato Fucini). Insegna traduzione all'Università Cattolica di Brescia. Nel 2020 ha vinto il Premio Gregor von Rezzori per la traduzione di Cime tempestose, pubblicata da Einaudi nel 2019


Nel 2020, per la sua traduzione di Wuthering Heights, ha vinto il Premio InternazionaleVon Rezzori e il Premio Letteraria  e  nel 2023 il Premio Fondazione Capalbio per la traduzione di Piccole cose da nulla di Claire Keegan).
 Attualmente è impegnata in una nuova traduzione di Wuthering Heights per i Classici Einaudi. Suoi racconti e interventi sono apparsi su diverse testate. Tiene corsi e seminari di traduzione letteraria e editing in diverse università. Ha inoltre ricevuto una menzione speciale al Premio Arturo Loria 2014, ed è stata finalista al Premio Bergamo 2015. Vive a Milano con suo figlio

Da dopo l’estate  del 2024 sono ben cinque i libri tradotti: Quando ormai era tardi di Claire Keegan, Christopher e quelli come lui di Isherwood, Una nuova vita di Tom Crewe, Elizabeth di Ken Greenhall e La roccia bianca di Anna Hope 

sabato 1 febbraio 2025

Fabrizio Coscia Esercizi d'ammirazione


Esercizi d'ammirazione o piuttosto il racconto autobiografico di un'ossessione, narrato attraverso le vite degli altri. Fabrizio Coscia ci ha abituato a libri come Soli Eravamo, come La bellezza che resta, libri amatissimi dove lui racconta la vita di grandi autori, di grandi artisti da lui, da tutti noi, ammirati. In questa nuova opera letteraria ammiriamo con Fabrizio chi pratica l'arte ma nello stesso tempo è in lotta con il mondo intero per la sua sopravvivenza. Un mondo piccolissimo e ristretto fatto da quei quattro o cinque che dovrebbero sostenere l'artista e invece lo dileggiano. "La sopravvivenza in un mondo che gli rimane estraneo e in cui vive come perenne esilio" scrive Fabrizio nell'introduzione di Suicidi Imperfetti

 Si possono leggere uno alla volta, così come alcuni di questi capitoli sono apparsi negli articoli pubblicati su Pangea. Si possono leggere seguendo i nomi degli artisti ricordati da Fabrizio Coscia nell’indice: David Foster Wallace il primo e per ultima Marina Cvetaeva, scorrendo dall’America alla Russia, scorrendo l’infelicità individuale e l’infelicità collettiva, la grande sofferenza di Cesare Pavese, di Francesca Woodmann.

Attraverso loro, i protagonisti del libro, passano le epoche storiche di ingiustizia e soprusi, la fine dei genitori di Paul Celan, il padre morì in un campo di concentramento, la madre con un colpo di pistola in un campo ucraino. Ogni capitolo ripercorre la vita di artisti “nell’asfittico spazio del destino” per dirla con un verso di una mia amica poetessa. Per ora ne ho letto quattro e intanto ammiro sempre la scrittura di Fabrizio nel suo raccontare amandoli questi autori di un amore smisurato.

Sono scrittori, poeti, attrici come Marilyn Monroe e Jean Seberg, fotografi come Francesca Woodmann o pittori come Rothko, sono artisti esuli, estranei, pur nel successo internazionale.

Porto con me il libro di Fabrizio, tutti i libri di Fabrizio, come amici cari, come un discorso ininterrotto fatto con lui in persona un solo istante, pochi minuti al binario due o tre della Stazione di Lamezia Terme ormai parecchi anni fa. Il dialogo continua e continua l'ammirazione verso i suoi libri, verso la sua persona sempre amatissima nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo


Fabrizio Coscia (Napoli, 1967) è docente, editorialista e critico teatrale del quotidiano «Il Mattino». Ha pubblicato la raccolta di saggi narrativi Soli eravamo e altre storie (ad est dell’equatore, 2015, tradotta in tedesco), La bellezza che resta (Melville Edizioni, 2017, finalista premio Brancati), Dipingere l’invisibile. Sulle tracce di Francis Bacon (Sillabe, 2018), I sentieri delle Ninfe. Nei dintorni del discorso amoroso (Exòrma, 2019), Lo scrivano di Nietzsche (Mattioli 1885, 2019). Per questa collana, che dirige, è autore del volume Nella notte il cane (2021).


martedì 28 gennaio 2025

Codice Canalini amatissimo


 "Questa era la mia vendetta contro il sistema: prendere gli scarti dei colossi, e farli diventare stelle. Gli scarti, sì, quegli scarti alla riscossa di cui aveva parlato Tondelli a proposito degli under 25. Ma oggi l'intera editoria si rivolge ai giovani esordienti, gli scarti editoriali non sono più loro. Gli scarti oggi sono gli over 65, gli anziani senza mappe sul presente di cui nessuno sa più cosa farsene.

Mi piace cominciare con la testimonianza di Giulio Milani che nel 2009 esce con la raccolta "Over Age. Apocalittici e disappropriati" grazie alla quale scopre autori come Roberto Pusiol, Elio Lanteri. 

Mi piace cominciare con "Scenità" il primo volume di un progetto visionario di Canalini, sempre nel 2009, con collaborazioni come i Wu Ming, Fabrizio Gatti, Vanni Santoni. Mi piace cominciare con la visionaria vita di Massimo Canalini nella letteratura, vivendo idee, facendole vivere, vivendo nei libri. Mi piace cominciare col 2009 perché è un anno importante anche per me che dopo una vita di onorato silenzio scopro i siti letterari, Neteditor, La Recherche, ed inizio a scrivere sul computer dopo aver strappato tutti i fogli scritti in precedenza. Bannata da Neteditor nel 2012 Bruno Corino mi apre il blog Il regno della Litweb e da lì condivido lo stesso slancio di chi fa editoria, di chi scrive, di chi ama i libri. 

Tutto si trasforma velocemente in quegli anni, Giulio Milani racconta con entusiasmo travolgente, con un ritmo avvolgente, sembra un ballo, gli anni dal 2009 al 2013 e fa nascere Transeuropa e poi il TRanseuropa Discovery Tour! Un vero e proprio camper che partirà il 2017 ad Agosto, con incontri in piazza, in biblioteca, con i libri dietro, con le figlie e fra momenti di panico poi risolti e viaggio folle si va si va perché la letteratura è ricerca. 

Guardo con immensa tristezza la fotografia della libreria "La pecora elettrica" di Centocelle, due volte bruciata e chiusa nel 2020, dove Giulio Milani tiene un laboratorio di scrittura e mi sembra sempre inane il nostro resistere a questi vorticosi cambi di significato impressi sulle nostre esistenze, dal libro al cinema, all'arte, alla musica. 

Noi spettatori ci ribelliamo, resistiamo, e Giulio Milani inventa, inventa un nuovo regime letterario, "La realtà possibile"- 

Massimo Canalini vedeva in questi ultimi decenni una immersione nella paraletteratura, una letteratura senza passato e senza complessità, libri senza forma, una indifferenza stilistica segno dei tempi. Tempi senza coraggio, tempi ignavi, dico io dal mio luogo di periferia dove guardo la critica letteraria adulante il fenomeno di mercato, dove vedo blogger farsi carriere televisive e giornalistiche sul plauso conforme. 


Massimo Canalini pubblica per Cattedrale Libri sulla traccia antica di il Lavoro Editoriale, un ritorno alle origini perché si deve sempre tornare indietro per prendere la rincorsa, come gli atleti ed intanto io mi porto dietro dappertutto questo libro amatissimo, la nostra Cattedrale di Carta 

“Scrivere non è altro che un tradimento. Pensi di avvicinarti a ciò che ami - una persona, un’idea, un sentimento - e invece bang, lo imprigioni, lo blocchi su carta neanche fosse una farfalla infilzata da uno spillo. L’amore, la passione, l’emozione? Morti, stecchiti. Fissi per sempre su quella pagina gelida. Vuoi raccontare qualcosa? Bene, preparati ad ammazzarlo, perché scrivere è spesso il bacio della morte. La scrittura è uno strumento letale: ti promette vita eterna, ma in realtà spegne la fiamma nel momento stesso in cui la racconti”

Su “Fenomelogia dell’abbandono” Pier Vittorio Tondelli in conferenza ad Ancona nel 1982 invitato da Canalini, Mangani, Montanari. “Parlare di una cosa significa molte volte farla morire” La differenza fra noi la fa proprio il gusto che ci fa scegliere alcune letture invece di altre. Da sempre. Scegliamo cosa leggere e nello stesso tempo scegliamo chi essere. Stare qui per me ha un significato di scelta, scelgo di volta in volta cosa sia per me più vicino al mio vivere e mi ritrovo poi vicini di letture, di stima e di ammirazione persone come Canalini, il visionario editore, ma molto altro, raccontato da Giulio Milani. 

Un racconto vivente, pagine vive di avvenimenti risalenti agli anni ottanta e di cui io devo proprio riprendere ancora i giorni e gli anni, anni in cui Canalini, mio coetaneo, trovava la strada di una editoria libera da pregiudizi. 

Giulio Milani diventerà il suo discepolo, quasi,  prediletto e daranno vita a Transeuropa, con libri veri. Faccio sempre la distinzione fra libri veri, creati con passione, e libri oggetto, libri falsi, anche carucci, bellini, che vendono moltissimo ma falsi. Falsi perché non liberatori, non liberano un bel niente. Basterà invece leggere una pagina di Codice Canalini per sentirsi liberi, per capire cosa sia Il lavoro editoriale, per capire cosa è stata la storia dell’editoria, per capire come sia stato possibile vivere e scrivere pur nelle maglie delle strettoie del commercio. Fra chi crea e chi vende ci dovrebbe essere quella fiducia che vediamo vitale nelle pagine di questo libro che ci commuove per la sua testimonianza viva. Grazie moltissime a chi come Giulio continua a tenere in vita la voglia di resistere.

Ippolita Luzzo 


lunedì 6 gennaio 2025

Mia Madre: Un secolo di mamma

 

Mia madre. Un secolo di mamma.


 Rita Levi Montalcini, Franca Valeri, Rachele mia madre

“La vecchiaia si può programmare, scrive Franca Valeri. A parte la conclusione. È una preparazione che comincia presto.” Da giovani, dico io. “La mia testa è come una piazza” continua Franca Valeri e uno spazio immenso e sconosciuto è la curiosità e poi immaginare ed è ciò che univa Franca Valeri alla mia mamma. Rimanere giovani essendo curiosi. Ogni periodo ha un suo aspetto che deve vestire prima di imporre la sua verità umana. E nei tanti personaggi si rivede l’attrice chiamando poi i suoi amici settantenni giovani. I libri che ho regalato a mia madre La vacanza dei superstiti di Franca Valeri, l’asso nella manica a brandelli di Rita Levi Montalcini e con lei diciamo che “la vecchiaia non debba essere vissuta nella memoria del tempo passato, ma nel programmare la propria attività per il tempo che rimane, sia questo un giorno, un mese o anni, nella speranza di poter realizzare progetti che negli anni giovanili non era stato possibile attuare” 

 Rita Levi Montalcini da lei amatissima

Mamma dall’Epifania è diventata altro da noi, da noi lasciati qui in balia del tempo. Lei senza tempo sta e a febbraio di questo anno per noi viventi avrebbe compiuto 100 anni. Cento anni un soffio e via.

«La vita è un soffio», mi disse lei pochi giorni prima lasciarci senza mai perdere la lucidità con la quale aveva letto gli avvenimenti epocali, la fine del mondo; di questi nostri anni di trasformazione, senza mai perdere la lucidità con la quale aveva sempre letto i rapporti familiari e di buon vicinato, l’aridità negli affetti, la dissoluzione di ogni famiglia, il vuoto nelle strade.

 X agosto era la poesia di Pascoli recitata tante di quelle volte nell’agosto del 2023, Ritornava una rondine al tetto e con tutta la poesia a memoria lei ci accompagnava.

Ne scrivo come testimonianza, come ciò che appartiene a me nella sfera personale, ma anche come ciò che appartiene a tutti nel far parte di una storia universale di affetti e ricordi.

 

La storia

 

Quando mamma aveva dodici anni era il 1936: lei ricordava la miseria, i bambini, scalzi d’inverno, vestiti con pantaloni aperti dietro affinché con facilità, afferrati i lembi della stoffa, potessero aprirli e fare la cacca per strada. Era appena arrivata la prima lampadina nelle case, in pochissime case, e lei si sentiva nel meraviglioso mondo della luce e guardava il prodigio di poter accendere e spegnere la luce. Qualche tempo prima, quando ancora non c’era la luce, nel buio delle prime ore del mattino mia nonna confuse il caffè con i chicchi da dare alle galline e quando si accorse dell’errore, per salvarle, prese una forbice e le operò ricucendole dopo aver svuotato il gozzo. La nonna, come nelle fiabe, con il ricavato della vendita delle uova riuscì a farsi un forno e durante la guerra mia mamma da una finestrella regalava il pane, restando spesso lei senza pane. Mia nonna le diceva che a loro bastava il profumo mentre tutti gli altri non avevano nemmeno quello. Mia nonna si privava per dare agli altri mentre ora, impunemente, vedo la miseria spirituale sbandierata come vessillo di grande idealità. Anche allora come ora una guerra è in atto.

 

Mia madre, da bambina, alla scuola elementare, si lavava il grembiule poi lo appendeva ad una frasca e lo infornava per asciugarlo. «Lei mi detta e io scrivo. Poi rileggo a voce alta per avere la sua approvazione». D’inverno, dunque, asciugava l’unico grembiule che aveva grazie al forno a legna di sua madre che faceva il pane per rivenderlo.

A scuola era molto brava a leggere il tedesco e il suo professore sempre le diceva «Leggi, Gigliotti» e lei era molto fiera di ciò.

 

15 maggio 2016

 

Mia mamma continua a sognare la scuola. L'altra notte ha sognato di stare con la nipote ed di chiedere a lei la giustificazione per andare a scuola dopo una assenza. Nel sogno la nipote le diceva: «Nonna, puoi andare senza, che ti serve giustificarti?».  Mia mamma allora argomentava che già un’ altra volta si era presentata a scuola senza giustificazione: questa volta doveva portarla, quindi le chiedeva di firmarla. Alla nipote. Ascoltavo quel sogno di mia mamma, che ha frequentato fino al quarto anno dell'istituto magistrale senza poi diplomarsi, ancora non so perché, e passò tutta la vita a rimpiangere la scuola dove sarebbe stata felice come insegnante.

Intanto arriva il 1974 e mamma va a votare per il divorzio, felice che le donne abbiano la possibilità di divorziare. Vedeva l’approvazione della legge sul divorzio come un atto di grande civiltà ed era attenta a tutte le esigenze delle donne, sapeva quanto fosse importante l’indipendenza economica che, a suo vedere, avrebbe consentito alle donne maggiore autonomia.

Leggeva i giornali, La Domenica del Corriere ed era una estimatrice di Susanna Agnelli. Era come tutte noi innamorate di Lady Diana.

Parliamo con la mia mamma di Lady Diana e lei mi risponde: «Quando uno ti vuol male c’è poco da fare». In realtà, il proverbio era: Per chi ti vuole male anche con cento sottane la carne ti pare. Su Carlo e Camilla dice che sono una coppia affiatata, e poi non posso riferire altro. Io non ho responsabilità penale su ciò che afferma mamma e lei ridendo mi risponde: «Ma io posso dire tutto. Ho cento anni». Rivendicando il diritto di parrasia afferma che il re Carlo è uno scimmio anche se pur sempre il re istituzionale di una monarchia costituzionale e la regina consorte lo è a sua volta perché è la moglie del re.

 

Alcuni stralci di conversazione 

10 ottobre 2023 “Queste lacrime sono inutili” mi dice lucida e ragionevole mia madre dopo un suo pianto bloccato sul nascere. 

31 ottobre 2023 “Ricordo tutto, anche le più piccole cose. Sì sì l’infinito, il gerundio, i verbi, gli articoli, tutti. Loro invece non ricordano niente. Ricordo i miei compagni di scuola. La Torrisi mia compagna di banco, la figlia del preside, bell’uomo, il preside Torrisi” e qui mamma mi dice i nomi dei suoi compagni di scuola! E mi recita X Agosto di Pascoli. 100 anni in poesia

16 settembre 23 Mia madre ora:- Quanta forza! Ed ora sono una canna - ed io di rimando:- Canne al vento Grazia Deledda- 

28 settembre 2020 E oggi mia madre mi fa:- Ora che sei qui raccontiamoci delle storie - e sulla narrazione dei fatti vicini e lontani si trascorre il pomeriggio dei “cunti” 

14 novembre 2021: Il tempo si è arrotolato sulle domeniche e da domenica a domenica sembra non ci siano più i giorni infrasettimanali. Scomparsi. Esistono solo queste tremende domeniche in cui mia madre, con la sua estrema lucidità, asserisce che il mondo si è capovolto, che non esiste più nessuno, non esistono i vicini di casa, i parenti, le visite di cortesia. È sparito tutto e ci resta solo da pregare, lei continua a dire, assertiva. La domenica è il giorno di libertà delle signore che vengono ad accudirla! Certo ci siamo io e mia sorella ma ma sempre poche siamo! Uno squallore! Ora anche Argo abbaia nelle scale. 

16 novembre 2018 Mia madre spolvera ogni oggetto di casa e oggi la trovo alle prese con la cristalleria. Mi chiede una mano per salire sulla sedia. Ohibò! Le dico di non fare simili esercizi ma lei è felice così e mi invita a prendermi un servizio di tazze, suppongo mie, che io rifiuto. A che serve oramai un servizio di tazze?

 29 novembre 2020 mia madre stamattina: “Il mondo è crollato, le persone chiuse in casa ammutoliscono paurose, cosa c’è da aspettare ancora dopo questo vuoto? Può durare così? Non può durare e ci sarà un cambiamento “ meglio lei che gli opinionisti 



estate 8 giugno 2023

 

Mia madre oggi mi dice: «Unmbalinu, ci fazzu na lienda, nu lavabis». Chiedo spiegazioni e lei mi chiarisce che la lienda è una lezione, e lavabis un discorso credo sempre di rimprovero a coloro che non valgono.

9 novembre 2017 Mia madre, anni 93, riceve suo primo fascio di rose rosse da un caro amico di gioventù. A 93 anni esser vedova alleggerisce i giorni e lei può permettersi la prima chiacchierata amichevole della sua vita.


14 settembre 2020 Sabato mia madre fa tre rampe di scale per andare a messa con mia sorella e io la fotografo al rientro vicino casa. Lunedì cade, si frattura il femore e l’omero. Giovedì la operano al femore e mettono tutore al braccio destro. Domani la dimettono e giustamente vuole ritornare a casa. A casa a casa. Intanto un evviva alla sanità pubblica, all’ospedale di Lamezia Terme con un ottimo reparto di ortopedia. Evviva ciò che ancora abbiamo

 16 settembre 2020 “Se non si è capaci di capire è tutto perso” mi dice la mia mamma ora al termine di un suo lungo ragionare. Lei ringrazia il reparto di Ortopedia, le infermiere che l’hanno accolta e coccolata, tutti quelli che l’hanno elogiata per la sua serenità e la sua limpida visione della realtà. Mi chiede di scrivere un pezzo difficilissimo per me, io non possiedo nemmeno un quarto della sua saggezza, della sua benevolenza e della sua grande pazienza


 

24 luglio 2021

 

Mia madre stamattina apprezza come mi sono vestita ma poi aggiunge: «Stamattina ti sei vestita bene ma tante volte pari na sciacquitta» Le chiedo il significato di sciacquitta e lei mi dice «sciacquitta come ‘na scupittinella». Ne so quanto prima.

La mia mamma non poteva mettersi un vestito senza maniche in estate ed io non potevo indossare pantaloni nel 1970. Regole di casa mia. Vietate minigonne e viaggi, vietato vivere. Vietare sembrava più facile al mio papà, sempre in contrasto col divenire dei tempi. Ora che sembra non ci sia più nulla da vietare si vieta di vietare così schizoidi e schizzati rimangono gli abitanti dei vestiti.

 

20 agosto 2016

 

Scherzando, lei di una sua coetanea centenaria dice che è una Cacafanara. Le chiedo cosa significhi e lei «una cosa che non serve». Mamma non aveva sorelle, la sua unica sorellina morì bruciata infilando un pettine in un braciere e suppongo fosse sola quando cadde nel braciere e morì. La nonna allora tesseva, lavorava sempre al telaio, prima di avviare il panificio, contro il volere di suo marito. Mamma aveva però due cugine quasi coetanee e con loro ha sempre avuto affettuosissimo rapporto.

Questo pezzo mamma lo lesse ridendo, perché era contenta di aver ritrovato sulle pagine quel momento della loro gioventù, quando zia Maria Gigliotti, da donna moderna, diede una svolta alla sua vita, negli anni Sessanta, suppongo.

 

Tutte le cose 17 ottobre 2011


Tutte le cose hanno un principio e una fine in questo misero mondo anche quelle che non iniziano…

muoiono, 

all'alba  grigia di un divenire.

La prima parte della frase era proverbiale a casa mia, sempre ripetuta, col commento scherzoso della reazione della cugina di mia mamma nel ricevere la lettera del fidanzato che, appunto con quella frase, chiudeva il legame, la lasciava.

Lei fece in mille pezzi la lettera e disse tante parolacce, così raccontano, poi seccata se ne andò ad insegnare a Merano dove sposò l’uomo più buono che noi avessimo conosciuto.

Un uomo che lei comandò aspramente, forse facendo scontare a lui il rifiuto del suo primo amore. Lui, dolcissimo, la adorava

Lei, malgrado le sue stranezze, le sue uscite spiazzanti, corrosive, era benvoluta da tutto il parentado, era così, "sprudente" -diceva la mia mamma.

Credo invece che questa mia zia sia stata una donna  pratica  e non  si sia fatta comandare da nessuno e che abbia attraversato fascismo e guerra con la freschezza della sincerità ed abbia anticipato movimenti  e ideologie con una semplicità disarmante.

Quasi tutte le altre donne, compresa la sorella, rimasero ingabbiate in rapporti  subiti, dolorosamente distruttivi, ed a nulla valse loro una laurea, un insegnamento o una abnegazione costante ma  rimasero stritolate da uomini incapaci, fannulloni e prepotenti e conclusero la vita con l’amarezza di averla malamente sciupata.


Guardo mia mamma e la sorella di mia zia, guardo queste donne ottantenni, capaci, intelligenti, che hanno allevato figli, hanno insegnato eppure ingabbiate. 

A mamma non è stato concesso nemmeno di terminare l’ultimo anno di scuola superiore ed ha trascorso la sua vita sognando di insegnare.

Guardo queste donne che non vogliono parlare più, che vogliono solo dimenticare lo sciupio delle loro capacità e ne provo una pena infinita.

 

Otto marzo 2023

 

Dovrei parlarvi di mia madre, anni 99, che voleva finire l’istituto magistrale, le mancava un solo anno, ma la bocciarono, almeno questo io so, e le impedirono di ripetere l’anno perché intanto le sciagure si avvicinavano nella sua vita rendendola vittima delle situazioni come in Berta Isla con Tom Nevinson. Così si sposa per modo di dire, cioè, sposa un vita di servizio al servizio di una numerosa famiglia da accudire tutta. Una donna angelo che si è fatta carico della malattia di mio fratello rendendolo autonomo e regalandogli una vita decente a discapito della sua. Non ho mai visto servizi sociali aiutarci. Mai. A mia madre che ora mi bacia le mani e mi carezza le guance, cosa mai successa negli anni passati, a mia madre che sa perdonare e sa amare, a mia madre che ha sempre un sorriso nella cattiva sorte, dedico la giornata dell’unica donna per me. Lei era per me sempre lei, ma anche tutte le donne di un secolo di storia.

 

Ho visto donne                                                                             

Ho visto donne preparare tinozze d’acqua calda e strofinare suocere e mariti

Ho visto donne che lavavano i piedi a uomini giovani, maturi

Ho visto donne spadellare pranzo e cena, primo, secondo, contorno e frutta, senza sedersi, servendo mariti, cognati, figli.

Ho visto donne preparare grandi bracieri dove loro non si sarebbero mai potute riscaldare,

lavare lenzuola al fiume e lasciarli poi in grandi ceste con la liscivia a profumare,

donne curve su camicie da stirare, su melanzane da tagliare.

Ho visto donne partorire e rialzarsi perché lui era tanto stanco.

Allattare pulire il piccolo e senza cibo riallattare, senza tempo per sé stesse.

Ho visto di tutto di più ed ho trascorso infanzia e adolescenza borbottando, ribellandomi e schifando un servilismo immondo anche per lo stesso uomo al quale era diretto. 

Mi ero giurata che mai avrei perpetuato nessuno di quei gesti e così ho fatto, non per mia bravura, ma perché la modernità avanzava e disfaceva il feudalesimo con lavatrici, lavastoviglie e riscaldamenti.

Le donne hanno studiato, si sono laureate, ma la mente imprigionata ha imbracato, imbavagliato, le donne per metà.

Il tempo delle donne è ancora a disposizione di un lui, di una famiglia, di un figlio, di un nipote.

il tempo delle donne è sempre tempo perso ad aspettare un lui che dice: - Sei pronta? Sto arrivando.

Siamo pronte… ma…

Le donne ancora aspettano con costanza, senza nessun cedimento, senza accorgersi di ripetere le nonne, le mamme, le zie, tutte le altre donne che hanno condannato. Aspettano

Ancora oggi

Troppe donne vengono uccise, troppe donne vengono picchiate e tutte, proprio tutte, chiudono un occhio, anche due, sulle innocenti evasioni di un carissimo lui, basti che torni a casa.

Basti che torni a casa

La strada è lunga, è tanto lunga

E passa per un solo sentiero ancora poco asfaltato

Il sentiero del rispetto e della amicizia

Delle donne con sé stesse



Questa è la mia riflessione sulla vita di mia madre, di mia zia, di tante donne che dovranno conciliare un femminile empatico ed un femminile pratico, un patto con le nostre emozioni e la realtà effettuale delle cose.


e poi Mia mamma ci ha insegnato che, quando qualcuno ci veniva a trovare a casa, doveva essere messo a suo agio, gli si doveva offrire subito un caffè, un bicchiere d’acqua e poi, quando andava via, lei regalava qualcosa: un litro d’olio, una bottiglia di vino. Lei ci ha insegnato ciò come regola di buona educazione. Stamani, dopo la sua morte, siamo stati a fare gli auguri per un compleanno e abbiamo portato un dolce. Mah! Nemmeno la finta di offrire un caffè! Evidentemente non si usa più, veramente la fine del mondo! La fine dell’educazione.


Voglio terminare con la mia mamma nel suo ragionare. Mi dice:  «Continuo a progettare e a pensare che quando mi riprenderò, farò cose, andrò fuori, preparerò pranzetti a Francesco (suo nipote) poi dopo aver progettato, mi dico che non farò nulla di tutto questo. Le corna che tengo in testa farò, ho cento anni cento anni».

 Ciò che lei mi dice appartiene a noi tutti al nostro continuo attaccamento al futuro, proprio come ci dice Rita Levi Montalcini

 



30 dicembre 2023

 

Ieri pomeriggio mamma ha mangiato una pera grande, morbida e dolce. L’ha mangiata tutta e io ero contenta come si è contenti quando mangiano i bimbi, ed ho capito che la vita è il cerchio che si ricongiunge. In fondo la vita è niente, mi ha detto mamma pochi giorni fa, ed io aggiungo però che in quel niente ci sta tutto il bene e tutto il male conosciuto. La vita è una pera, penso sorridendo e ricorderò la pera nella sua e nella nostra unicità.

 


Da mamma


Mamma, vado in edicola, ti porto un giornale? Certo, portami la Gazzetta del Sud così pulisco i vetri.

Ippolita Luzzo