venerdì 4 ottobre 2024

Ti guardo e non ti conosco


4 ottobre 2010

Ti guardo e non ti conosco


Una estraneità familiare come un tessuto, una trama che la moda fa riporre in uno scaffale. 

Ben conservato, ripiegato, al riparo dalla polvere, così ti ho conservato bene nella mia memoria, dove proteggo ricordi e attimi, pochi, sfuggenti.

“Non recidere forbice quel volto” implora Montale alla memoria. Non allontanare Euridice, ma già lei si allontana e lui, in quel caso è un lui, con la lira in mano, vede lei sempre più diafana, sempre più confusa, nelle tenebre dell’Ade. 

Eppure la storia era iniziata piena di speranza. Sì, c’era stato un dramma, una separazione, Orfeo era il più famoso musicista e poeta mai esistito, la mamma era Calliope musa della poesia! Quando suonava la lira dono di Apollo, tutto si placava. Innamorato della sua Euridice, la sposa, ma lei muore per il morso velenoso di un serpente, mentre fugge da un uomo che la voleva per sé. Orfeo non si rassegnò e con la sua lira scese nell’Ade per riprenderla. Gli dei, impietositi, daranno a lui un’altra opportunità, egli potrà condurre Euridice con sé, ma nel cammino non si dovrà voltare. Mai. Pena la perdita dell’amata per sempre. 

Tante le versioni di questo momento. La più struggente vede Euridice chiamare Orfeo e chiedere a lui – Perché non mi guardi? Sono forse ora brutta? Guardami – E lui non resiste, si gira e lei viene sospinta nel vortice dall’aria fredda dell’oltre tomba e capisce di perderlo definitivamente. Ringrazia questo amore che ora perde e porge la mano a stringere quella di lui ormai lontana. Chissà perché il dio comandò ad Orfeo di non girarsi, chissà perché gli chiese questa prova!

“Non recidere, forbice, quel volto, solo nella memoria che si sfolla, (non far del suo grande suo viso in ascolto la mia nebbia di sempre) Montale.

Montale, Orfeo e Euridice, per indugiare su un momento, su un tempo nuovo, nuovissimo, permeato da ricordi passati immaginati ma non vissuti. Un immaginario tanto forte da crearmi questa dolorosa sensazione di perdita. La forbice nella poesia è il tempo, nella realtà tutti noi agitiamo forbici più o meno taglienti, per recidere volti che un tempo erano a noi più cari della nostra stessa persona. Cari che hanno scelto altro, lontane dalle nostre cure, hanno preferito altre cure, hanno seguito un sentiero che a noi non è mai stato chiesto di percorrere.

Ippolita Luzzo 


ps foto di settembre 2024 a Sciabaca con Giovanna Villella 



 

Una bellissima mattina di sole


Una bellissima mattina di sole   3-12-2014 

Estate qui con foglie secche ingiallite da sole che lasciano stanche il ramo, oramai.

Estate qui con fiore rosso, ibisco del mio terrazzo, che in agosto non fiorì, essendo stato piovoso e inutile come ogni agosto che vivo, oramai.

Estate qui con i suoi sommari, con calendari scaduti di un anno che va incontro alla fine scaldando i rifiuti dei giorni finiti, oramai.

Estate forever senza averla vissuta, mancante di tanto eppure con bilancio positivo, esperienze e delusioni, ho perso ancora ma, oramai.

Estate che non finisce in un anno senza estate, piovve a luglio, il mare sporco, nemmeno profuma questo sole, oramai.

E state bravi tutti che poi se arriva inverno non ci lascia scampo, ora possiamo uscire e andare a spasso, non in centro occupato dagli intelligenti, solo in periferia, oramai

Anno nuovo

Un appuntamento da procrastinare ai primi botti dell’anno che non verrà

Estate per noi senza bagagli, senza partenze e senza arrivi, senza grigliate e senza cori, senza la noia della compagnia, oramai

Oggi e sempre resistenza, oramai 

Basta che ci sia il sole e tutto scalda anche i microfoni, le pinzillacchere, il mio libraio, i gruppi e le generazioni, oramai

Scaldati al sole tutti, care generazioni, come scaldatelli al finocchietto, oramai

Ippolita Luzzo

 

ps nella tenerezza verso ciò che si è scritto un tempo ci sta la rilettura a dieci anni da quel dì

Foto recentissima di domenica 29 ottobre 2014 al Palazzo Arnone in visita alla mostra Natura di Antonio Pujia Veneziano. Foto di Alberto Badolato.


venerdì 27 settembre 2024

La Benevolenza

 Mer, 24/07/2013 - 17:32 

Prima telefonata:- Scusami, potresti passare a prendermi per andare a mare?

I tuoi orari? Allora passi, vero?-

Io rispondo che per andare da lei dovrò risalire la città, lei invece non può scendere da me perché non sa far uscire la sua auto dal garage, io prometto che andrò e per due giorni risalgo e trascorro, a dir la verità,  due ore piacevoli con questa prof di italiano e latino, ormai in pensione e presidente di una associazione di cui faccio parte.

Seconda telefonata da un'altra referente di una associazione culturale:- A M. domani sera relazionerà Tizio, ti andrebbe sentirlo?- e dopo il mio assenso- allora puoi passare a prendermi domani sera?-

Qui io rispondo la verità, e cioè che di sera non so guidare e che certo mi piacerebbe, potrei portare la mia auto e lei guidare.

Risposta negativa, lei cercherà un passaggio altrove e di me non sa più che farsene.

Terza telefonata uguale.

Stessa richiesta stessa risposta  e ora che avranno trovato chi le porterà nessuno più mi chiederà se, nel caso ci sia un posto, io voglia andare.

 Mah!

Mi sforzo di non pensare a niente

l'unica volta che io chiesi un passaggio ad un'amica di mia sorella per una serata musicale lei, elegantemente, 

mi rispose:- Certo, sarò felice che tu venga, vieni, vieni, non hai una tua amica con cui venire?- ed io incassai e trovai un'amica che andai a prendere, allora guidacchiavo di sera, con molta paura.

La benevolenza sociale mi impedisce di pensar male ma io, giuro, non ho il brevetto di Autista, allora perché, ditemi perché, si ricordano di chiamare da me, ultimamente, stranamente, solo per non chiamare un taxi?

 

Ed ora scrivo e scrivo sì, autista no.

Non so guidare!


mercoledì 18 settembre 2024

Daniele Semeraro

"Daniele Semeraro nasce a Locorotondo nel Maggio del 1977. Vive a Martina Franca fino al 2012, quando si trasferisce a Firenze dove oggi risiede. 

Chitarrista autodidatta, grande appassionato di musica e letteratura, si affaccia al mondo della scrittura da cantautore. Compone brani musicali per sé e per altri e nel 2008 si avvicina alla scrittura in prosa." dalla sua biografia prendo le prime note. 


"Scrivere polvere", pubblicato nel 2011 dall'editore salentino Lupo,  il suo romanzo d'esordio. Accolto dalla critica come uno dei migliori esordi dell'anno, Scrivere polvere appare tra le nomination del Premio PubliaLibre come miglior romanzo di autore pugliese uscito in Italia nello stesso anno. 


A fine 2014 pubblica ancora con Lupo editore il romanzo Nel segno di caballero che si avvale di una nota di presentazione a cura di Shel Shapiro, storico leader del complesso dei Rokes.


Intanto, sempre nel 2014, partecipa alla terza edizione del Premio letterario La Giara indetto da Rai Eri.


L'inedito, "Nà jé m'/Non è adesso, si aggiudica la Giara di bronzo. La premiazione condotta da Giancarlo Magalli viene trasmessa a Luglio in diretta su Rai Due ed il romanzo, con cui torna a narrare la sua Puglia, va in stampa con Rai Eri nell'aprile 2015.

Seguiranno Ana Macarena edito Castelvecchi Premio Presidi del libro "Alessandro Leogrande"  e L'ultima perla del filo

La perfezione della solitudine è il sesto romanzo di Daniele e tratta del periodo storico dalla costruzione del muro alla caduta del muro di Berlino, dalla pandemia al 2029 in salti temporali dal passato al futuro prossimo. 

Nei miei precedenti pezzi su Daniele, presenti in questo blog, scrivevo 

"Un inizio non più nella polvere ma nel foglio, nel libro che apparterrà ai lettori, che leggeranno tutto quello che una sbadata scopa portò via da sotto il tavolo di tutti noi.  

"Una lunga strada di racconti davanti a lui"

Leggendo La perfezione della solitudine:

"Il colore rosa, l'azzurro, il blu elettrico e il giallo acceso delle copertine degli album glam del Duca Bianco e dei T-Rex sembrano tonalità provenienti da un altro pianeta."

C'è tanta musica in questo libro, ci sono le band del 1974, la storia dei Klaus Renft Combo e dopo essersi sciolti Klaus sarebbe scappato a Ovest mentre gli altri sarebbero rimasti nella Germania dell'Est. La Rock band più ribelle della Germania. 

La musica apre mente e conoscenza, scrive Daniele Semeraro, ricordando questo gruppo che lavorava sugli spezzoni di registrazioni fortuite, ciò che riusciva a captare dalle radio dell'Ovest, testi dei Pink Floyd, degli Stones, testi che poi assemblava e dava vita ad altri pezzi, di ribellione, di derisione al potere.  E poi in quegli anni in Inghilterra un musicista poliomielitico Ian Dury guariva dalla solitudine e dall'invalidità attraverso la musica. 

I Klaus Renft Combo furono costretti a sciogliersi ma rimasero una leggenda, e stiamo qui insieme a Daniele ad accarezzare loro e insieme le copertine degli album dei Ramones, dei Who, dei Sex Pistols, dei Led Zeppelin. 

Pur nella ricostruzione precisa di momenti storici terribili lo scrittore trova il varco della musica per dare un senso ad avvenimenti ingiusti, a torture e a carcere, a privazione della libertà da parte di un potere bieco. Ad un certo punto troviamo il canto di Neil Young After Berlin e con lui vi rimando alla lettura del libro di Daniele Semeraro

"Proprio come un ragazzino che corre per strada

Canto la stessa vecchia canzone

Non posso tornare da dove sono partito

La strada va sempre avanti
Mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai
Mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai
A tornare verso casa?
Aiutami a tornare verso casa
Dopo Berlino 

Ippolita Luzzo 

sabato 14 settembre 2024

I fuochi Saverio Fontana

 

I fuochi, racconto di Saverio Fontana, è ambientato in un quartiere della periferia di Catanzaro.  Un quartiere di difficile abitabilità e pur nella diversità lo sento vicino ad alcuni quartieri di moltissime città italiane, dove il degrado impera,. Conosco Saverio Fontana e so con quanta serietà e con quanta preparazione lui  affronti ogni argomento e situazione.  Un quartiere di difficile abitabilità e pur nella diversità lo sento vicino ad alcuni quartieri di moltissime città italiane, dove il degrado impera.  Saverio Fontana, pur nella reale e difficile analisi del luogo e della sofferenza, lascia sempre spazio alla speranza credendoci in prima persona. Qui la storia ruota intorno a un gruppo di ragazzi che vorrebbero rendere redimibile il vivere e vorrebbero portare a termine un progetto con l'aiuto di Don Nino, il prete del quartiere. Saverio Fontana, pur nella reale e difficile analisi del luogo e della sofferenza, lascia sempre spazio alla speranza credendoci in prima persona. 

Un libro come possibilità di riscatto, come luce che si accende su tanti, troppi quartieri dormitorio, periferici e abbandonati, un libro come anche un film , ricordo le belle iniziative di portare in questi luoghi maxischermi e fare rassegne cinematografiche, iniziative che servono come denuncia all'aberrazione creata da politiche terribilmente miopi che negli anni lasciato sedimentare il male di vivere. I fuochi che si accendono ne sono la visibile realtà, d'altronde io abito vicino il più grande Campo Rom del meridione e di fuochi e diossina sono impregnati i nostri bronchi essendo esposti al continuo bruciare come smaltimento delle gomme delle auto. 

Un plauso dunque a Saverio per la sua sensibilità e attenzione da tutta la Litweb 

Ippolita Luzzo 

mercoledì 4 settembre 2024

Il carcere chiamato matrimonio




Il carcere e la cuccia, pezzo del 2011

Quelle unioni chiamate matrimonio

La bugia come finzione in due

La vedo palpabile sul viso di una lei, che ingurgitando corna su corna manifeste, coram populo, diventa malvagità e malizia nei confronti di altra donna, solitaria e sorridente.

Ucciderebbe l’altra, la sporcherebbe, per il solo motivo che l’altra le ricorda quello che lei non saprebbe mai essere. Libera.

Carcere e cuccia i matrimoni di molti, per esseri infelici e teatranti, un tirare a campare con obblighi e appuntamenti.  I vostri raduni ai matrimoni altrui, della zia, della cugina, del vostro mondo mondano. I battesimi e le comunioni, le feste di laurea, i compleanni, poi la sfilata forse ci sta. 

Al braccio portate un vostro ninnolo, marito o moglie, per l’occasione, lui intanto sacramenta oppure occhieggia, l’altra vorrebbe essere lontana da lì.

Chissà perché poi si chiami tutto questo-Stare insieme- 

Vite tagliate- scrive Maria Gabriella De Santis, vite bugiarde, che tradiscono certo perché è umano tradire, nessuno può stare per sempre immobile  su un sentimento che è movimento, su un desiderio che padroni non ha.

Vite tagliate con un coltello che mozzi la testa e il pensiero, che scolleghi per sempre il vero dal falso, che uccida quella fiducia che in noi sta.

Carcere e cuccia diventa una casa, dovere e peso sono i figli, da coccolare e da torturare, per fare scontare proprio ai più piccoli di esser la causa della prigionia.

Vite tagliate vissute osservando con  vera malvagità chi si ritaglia in solitudine un vero momento di libertà. Quella verità che il tradimento mai vi darà.

Ippolita luzzo

Pezzi dal passato 


 

sabato 31 agosto 2024

La beffa dei funerali

 


Ai funerali di mia madre tutta la Chiesa del Convento di Sant'Sant'Antonio era affollata di gente accorsa per essere presente alle esequie. Parenti delle più lontane contrade, vicini di casa e lontani vicini di casa, conoscenti e amici nuovi o non più nuovi, storici, insomma moltissime persone beneducate vennero, ci salutarono sulla porta della chiesa prima e dopo la funzione e poi sparirono. 

Mai visti durante tutti gli anni in cui mia madre non poteva uscire più, mai visti nonostante mamma ne desiderasse la presenza, mai visti dopo, quando il vuoto dell'assenza di mia madre avrebbe in un certo qual modo suggerito loro un minimo di afflato umano. 

Mi chiedo spesso il perché siano venuti al funerale, mi chiedo spesso a cosa serva questa recita a soggetto, un rito privo di ogni fratellanza, uno stringere le mani e dirsi condoglianze

Condoglianze di che? con chi si sono condogliati costoro e per quanto tempo, per il tempo che durò la messa. 

Sono sempre più lontana da queste pantomime che mi sembrano anche offensive, residui ormai di tempi trascorsi quando il lutto si protraeva in qualche chiacchierata in casa del defunto, quando ancora esistevano le visite ai parenti. 

Nella dissoluzione di ogni arcaico simbolo del passato anche il funerale divenne una beffa, e recentemente un funerale di un giovane uomo fu celebrato con palloncini lanciati in cielo, con una coreografia ormai simile in battesimi matrimoni e compleanni. 

Sono rimasti i palloncini bianchi blu a librarsi in cielo, in volo su e più su, un palloncino e via, poi questi scoppieranno e ricadranno giù come una pezza slabbrata, sporcando inevitabilmente il tutto 

Ippolita Luzzo