mercoledì 18 settembre 2024

Daniele Semeraro

"Daniele Semeraro nasce a Locorotondo nel Maggio del 1977. Vive a Martina Franca fino al 2012, quando si trasferisce a Firenze dove oggi risiede. 

Chitarrista autodidatta, grande appassionato di musica e letteratura, si affaccia al mondo della scrittura da cantautore. Compone brani musicali per sé e per altri e nel 2008 si avvicina alla scrittura in prosa." dalla sua biografia prendo le prime note. 


"Scrivere polvere", pubblicato nel 2011 dall'editore salentino Lupo,  il suo romanzo d'esordio. Accolto dalla critica come uno dei migliori esordi dell'anno, Scrivere polvere appare tra le nomination del Premio PubliaLibre come miglior romanzo di autore pugliese uscito in Italia nello stesso anno. 


A fine 2014 pubblica ancora con Lupo editore il romanzo Nel segno di caballero che si avvale di una nota di presentazione a cura di Shel Shapiro, storico leader del complesso dei Rokes.


Intanto, sempre nel 2014, partecipa alla terza edizione del Premio letterario La Giara indetto da Rai Eri.


L'inedito, "Nà jé m'/Non è adesso, si aggiudica la Giara di bronzo. La premiazione condotta da Giancarlo Magalli viene trasmessa a Luglio in diretta su Rai Due ed il romanzo, con cui torna a narrare la sua Puglia, va in stampa con Rai Eri nell'aprile 2015.

Seguiranno Ana Macarena edito Castelvecchi Premio Presidi del libro "Alessandro Leogrande"  e L'ultima perla del filo

La perfezione della solitudine è il sesto romanzo di Daniele e tratta del periodo storico dalla costruzione del muro alla caduta del muro di Berlino, dalla pandemia al 2029 in salti temporali dal passato al futuro prossimo. 

Nei miei precedenti pezzi su Daniele, presenti in questo blog, scrivevo 

"Un inizio non più nella polvere ma nel foglio, nel libro che apparterrà ai lettori, che leggeranno tutto quello che una sbadata scopa portò via da sotto il tavolo di tutti noi.  

"Una lunga strada di racconti davanti a lui"

Leggendo La perfezione della solitudine:

"Il colore rosa, l'azzurro, il blu elettrico e il giallo acceso delle copertine degli album glam del Duca Bianco e dei T-Rex sembrano tonalità provenienti da un altro pianeta."

C'è tanta musica in questo libro, ci sono le band del 1974, la storia dei Klaus Renft Combo e dopo essersi sciolti Klaus sarebbe scappato a Ovest mentre gli altri sarebbero rimasti nella Germania dell'Est. La Rock band più ribelle della Germania. 

La musica apre mente e conoscenza, scrive Daniele Semeraro, ricordando questo gruppo che lavorava sugli spezzoni di registrazioni fortuite, ciò che riusciva a captare dalle radio dell'Ovest, testi dei Pink Floyd, degli Stones, testi che poi assemblava e dava vita ad altri pezzi, di ribellione, di derisione al potere.  E poi in quegli anni in Inghilterra un musicista poliomielitico Ian Dury guariva dalla solitudine e dall'invalidità attraverso la musica. 

I Klaus Renft Combo furono costretti a sciogliersi ma rimasero una leggenda, e stiamo qui insieme a Daniele ad accarezzare loro e insieme le copertine degli album dei Ramones, dei Who, dei Sex Pistols, dei Led Zeppelin. 

Pur nella ricostruzione precisa di momenti storici terribili lo scrittore trova il varco della musica per dare un senso ad avvenimenti ingiusti, a torture e a carcere, a privazione della libertà da parte di un potere bieco. Ad un certo punto troviamo il canto di Neil Young After Berlin e con lui vi rimando alla lettura del libro di Daniele Semeraro

"Proprio come un ragazzino che corre per strada

Canto la stessa vecchia canzone

Non posso tornare da dove sono partito

La strada va sempre avanti
Mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai
Mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai, mi aiuterai
A tornare verso casa?
Aiutami a tornare verso casa
Dopo Berlino 

Ippolita Luzzo 

sabato 14 settembre 2024

I fuochi Saverio Fontana

 

I fuochi, racconto di Saverio Fontana, è ambientato in un quartiere della periferia di Catanzaro.  Un quartiere di difficile abitabilità e pur nella diversità lo sento vicino ad alcuni quartieri di moltissime città italiane, dove il degrado impera,. Conosco Saverio Fontana e so con quanta serietà e con quanta preparazione lui  affronti ogni argomento e situazione.  Un quartiere di difficile abitabilità e pur nella diversità lo sento vicino ad alcuni quartieri di moltissime città italiane, dove il degrado impera.  Saverio Fontana, pur nella reale e difficile analisi del luogo e della sofferenza, lascia sempre spazio alla speranza credendoci in prima persona. Qui la storia ruota intorno a un gruppo di ragazzi che vorrebbero rendere redimibile il vivere e vorrebbero portare a termine un progetto con l'aiuto di Don Nino, il prete del quartiere. Saverio Fontana, pur nella reale e difficile analisi del luogo e della sofferenza, lascia sempre spazio alla speranza credendoci in prima persona. 

Un libro come possibilità di riscatto, come luce che si accende su tanti, troppi quartieri dormitorio, periferici e abbandonati, un libro come anche un film , ricordo le belle iniziative di portare in questi luoghi maxischermi e fare rassegne cinematografiche, iniziative che servono come denuncia all'aberrazione creata da politiche terribilmente miopi che negli anni lasciato sedimentare il male di vivere. I fuochi che si accendono ne sono la visibile realtà, d'altronde io abito vicino il più grande Campo Rom del meridione e di fuochi e diossina sono impregnati i nostri bronchi essendo esposti al continuo bruciare come smaltimento delle gomme delle auto. 

Un plauso dunque a Saverio per la sua sensibilità e attenzione da tutta la Litweb 

Ippolita Luzzo 

mercoledì 4 settembre 2024

Il carcere chiamato matrimonio




Il carcere e la cuccia, pezzo del 2011

Quelle unioni chiamate matrimonio

La bugia come finzione in due

La vedo palpabile sul viso di una lei, che ingurgitando corna su corna manifeste, coram populo, diventa malvagità e malizia nei confronti di altra donna, solitaria e sorridente.

Ucciderebbe l’altra, la sporcherebbe, per il solo motivo che l’altra le ricorda quello che lei non saprebbe mai essere. Libera.

Carcere e cuccia i matrimoni di molti, per esseri infelici e teatranti, un tirare a campare con obblighi e appuntamenti.  I vostri raduni ai matrimoni altrui, della zia, della cugina, del vostro mondo mondano. I battesimi e le comunioni, le feste di laurea, i compleanni, poi la sfilata forse ci sta. 

Al braccio portate un vostro ninnolo, marito o moglie, per l’occasione, lui intanto sacramenta oppure occhieggia, l’altra vorrebbe essere lontana da lì.

Chissà perché poi si chiami tutto questo-Stare insieme- 

Vite tagliate- scrive Maria Gabriella De Santis, vite bugiarde, che tradiscono certo perché è umano tradire, nessuno può stare per sempre immobile  su un sentimento che è movimento, su un desiderio che padroni non ha.

Vite tagliate con un coltello che mozzi la testa e il pensiero, che scolleghi per sempre il vero dal falso, che uccida quella fiducia che in noi sta.

Carcere e cuccia diventa una casa, dovere e peso sono i figli, da coccolare e da torturare, per fare scontare proprio ai più piccoli di esser la causa della prigionia.

Vite tagliate vissute osservando con  vera malvagità chi si ritaglia in solitudine un vero momento di libertà. Quella verità che il tradimento mai vi darà.

Ippolita luzzo

Pezzi dal passato 


 

sabato 31 agosto 2024

La beffa dei funerali

 


Ai funerali di mia madre tutta la Chiesa del Convento di Sant'Sant'Antonio era affollata di gente accorsa per essere presente alle esequie. Parenti delle più lontane contrade, vicini di casa e lontani vicini di casa, conoscenti e amici nuovi o non più nuovi, storici, insomma moltissime persone beneducate vennero, ci salutarono sulla porta della chiesa prima e dopo la funzione e poi sparirono. 

Mai visti durante tutti gli anni in cui mia madre non poteva uscire più, mai visti nonostante mamma ne desiderasse la presenza, mai visti dopo, quando il vuoto dell'assenza di mia madre avrebbe in un certo qual modo suggerito loro un minimo di afflato umano. 

Mi chiedo spesso il perché siano venuti al funerale, mi chiedo spesso a cosa serva questa recita a soggetto, un rito privo di ogni fratellanza, uno stringere le mani e dirsi condoglianze

Condoglianze di che? con chi si sono condogliati costoro e per quanto tempo, per il tempo che durò la messa. 

Sono sempre più lontana da queste pantomime che mi sembrano anche offensive, residui ormai di tempi trascorsi quando il lutto si protraeva in qualche chiacchierata in casa del defunto, quando ancora esistevano le visite ai parenti. 

Nella dissoluzione di ogni arcaico simbolo del passato anche il funerale divenne una beffa, e recentemente un funerale di un giovane uomo fu celebrato con palloncini lanciati in cielo, con una coreografia ormai simile in battesimi matrimoni e compleanni. 

Sono rimasti i palloncini bianchi blu a librarsi in cielo, in volo su e più su, un palloncino e via, poi questi scoppieranno e ricadranno giù come una pezza slabbrata, sporcando inevitabilmente il tutto 

Ippolita Luzzo     

venerdì 23 agosto 2024

Quel lunghissimo gambo di rosa di Franco Costabile


Oggi entriamo ufficialmente sotto il segno della Vergine, il segno zodiacale mio e di Franco Costabile, essendo lui nato il 27 agosto del 1924 ed io il 13 settembre del '54.
Ricorre questo anno il centenario della nascita di un poeta morto a Roma per suo volere il 14 aprile del 1965, ricorre il centenario e pertanto nella sua città di nascita si è costituito un comitato affinché si organizzino eventi in suo ricordo.

La casa editrice Rubbettino ha pubblicato questo anno il volume La rosa nel bicchiere, tutte le poesie di Franco Costabile con prefazione di Aldo Nove e poesie disperse e nota biografica a cura di Giovanni Mazzei

Dice Aldo Nove nella sua prefazione «…la perdita di un mondo che progressivamente Costabile ci racconta ha certo la Calabria come punto di vista, come indissolubile legame natale, ma che si sposta lungo l’asse di un intero continente ed oltre, fino a raccogliere nel proprio respiro preciso e affannoso l’intero mondo e i suoi prometeici errori di prospettiva»

 Durante questo anno molti studiosi o anche semplici lettori si sono applicati con esiti più o meno accettabili a produrre opere che fossero attestati di stima nei riguardi del poeta e alcuni con esiti esilaranti altri con esiti quasi offensivi verso il poeta stesso, rimpicciolito e ricondotto a poeta locale, quando lui dal suo paese ne conservava solo l'eco dell'ingiustizia, della povertà, delle offese. 

Aveva il poeta altri grandi amici poeti che lo stimavano, da Felice Mastroianni a Pina Majone Mauro, ed io ho avuto il piacere di sentire sia da Pina che da Serenella Mastroianni, nipote di Felice, testimonianze dirette sulla vita di un poeta che abitava a Roma, insegnava a Roma, aveva le sue amicizie a Roma e scriveva su importanti riviste letterarie romane e nazionali. 

Ritrovo dal 2015 ma risale ancora prima un mio appunto su una conversazione con Serenella Mastroianni. Lei mi raccontava che Costabile rideva spesso quando insieme allo zio passeggiavano. Era una risata sopra le righe, a volta sciocca, una risata di commento, a volte stridula. "Come la tua" aggiungeva la mia amica Serenella. Ed io capivo perfettamente cosa lei volesse dire, cosa Costabile volesse esprimere con questa risata nella quale è racchiuso tutto lo sconcerto di alcune situazioni, di alcuni rapporti, di un vivere che acchiapparlo non puoi perché fugge da tutte le parti, di esseri umani pavidi e aggressivi che alzano la voce per imporre scemenze abissali contro i quali, contro le quali, solo ridere noi possiamo. 

Oggi lui, proprio per questa comunanza di amorosi sensi, come direbbe Foscolo, e forte di questa comunanza di risata, mi consegna una rosa dal gambo lungo, lunghissimo, pieno di spine, un gambo con cui fustigare tutti coloro che in occasione del centenario vorrebbero ridurre il poeta ad un pupazzo, ad un raccoglitore di rose e garofani, ad un poeta ad uso e consumo locale di vino, di pasta, di affettati e mettiamo pure qualche rutto via. 

Lui mi consegna il gambo e mi dice di essere decisa e di continuare a fustigare fino al silenzio fino al modo di essere lui libero da ogni ricordo https://fb.watch/u86IknfWrP/

Ippolita Luzzo


Quadro di Amedeo de Benedictis nel Regno della Litweb   

 

martedì 13 agosto 2024

Aveva le mani d'oro L'omaggio a Peppino Leo


 Sono qui con accanto un gioiello, un omaggio in oro purissimo, già la copertina è realizzata a mano con un allestimento bodoniano, un metodo di rilegatura antico e la carta crespa riveste il dorso. Infatti  oro è la carta Fedrigoni Sirio Perla Aurum 300gr che conferisce al tutto un effetto dorato e luminoso, proprio dell’oggetto prezioso. 

É un libro donatomi da Emilio Leo, dopo una serata ospiti del Lanificio Leo a parlare di un altro libro altrettanto unico e inusuale: Della morte non puoi parlarne, o della gioia di Alessandro Chidichimo.

 Aveva le mani d’oro, il libro nasce dall'amicizia fra Emilio Leo e Prashanth Cattaneo che ne ha curato la pubblicazione, con interviste, storia e le biografie dei protagonisti, edita da Rubbettino editore e stampata in Rubbettino print, nel 2022, nel centenario della nascita di Peppino Leo. Un libro 10,5×14,8, un formato che si tiene in una mano come un piccolo oggetto prezioso, un gioiello.

 Aveva le mani d'oro nasce come progetto di arte e design dall’incontro tra l’artista Pino Deodato e la storia di Giuseppe Leo detto Peppino, nato nel 1922, imprenditore che ha dedicato la sua vita al lanificio di famiglia 

Pino Deodato ha dipinto un’opera che raffigura Giuseppe Leo nella gestualità rituale del filare e del tessere che ha ricordato fino agli ultimi giorni della sua vita quasi centenaria. 

L’opera è stata poi riprodotta dal figlio di Peppino, Emilio Salvatore Leo – attuale proprietario e direttore creativo del Lanificio Leo – su un copricuscino per l’area living della casa usando una tecnica di maglieria jacquard. La Galleria Melesi di Lecco ne ha creato un’esposizione

Ma ritorniamo al libro, all'interno  in carta smooth, tutto sembra carezzevole e già si vuol bene a ciò che leggeremo, a ciò che vedremo, fotografie delle opere create da Pino Deodato, fotografie di Peppino Leo accanto ai suoi telai, le mani di Peppino ed Emilio fra innovazione e conservazione. 

La storia del Lanificio Leo, fondata nel 1873 a Carlopoli da Antonio Leo e nel 1935 trasferita a Soveria Mannelli da Emilio Leo, il nonno dell'attuale proprietario. Il luogo è diventato un museo dinamico, e nel 1997 fino al 2007 ha ospitato Dinamismi Museali. Festival di Pensiero Contemporaneo. Il festival  è giunto alla finale del Premio Guggengheim ed ha vinto il premio Cultura di Gestione di Federculture.

 Nel 2008 Emilio Leo e i suoi collaboratori riattivano con macchinari di nuova generazione il parco macchine storico rinnovando la tradizione dell'azienda con il design.

Nel libro vi è l'intervista ad Emilio Leo, che vi invito a cercare, a leggere e che si conclude con l'augurio per tutti di "costruire delle cose" essere felici di ciò che si può fare. Un po'  il concetto di Epitteto, lo stoico citato durante il nostro incontro, su ciò che possiamo con la nostra volontà e su ciò che non riguarda la nostra volontà. 

Vorrei anch'io finire questo mio pezzo riassuntivo con il pensiero di Ettore Sottsass, riportato da Prashanth Cattaneo nell'introduzione, che coincide con il modo di pensare di Peppino Leo, la vita coincide con il mestiere che si svolge, unito alle persone che si amano e all'essere contenti. 

"Io sono rimasto con questa idea: l'idea che si può identificare l'esistenza passando il tempo a immaginare un ambiente artificiale, immaginarlo con tutto quello che può aiutare me e gli altri a vivere, a ritrovarsi, a disegnarsi, a mostrarsi al mondo e poi, più o meno, per quanto si può, a essere contenti"

E dal regno immaginario della Litweb, un'astrazione mentale che ha reso possibile creazione e incontri, non si può che essere d'accordo con Peppino, con Emilio, con Ettore Sottsass e con Epitteto.

Ippolita Luzzo 

 


 


.

sabato 3 agosto 2024

Non muoio neanche se mi ammazzano di Letizia Cuzzola

 


Letizia Cuzzola in “Non muoio neanche se mi ammazzano” riprende il titolo della biografia di Giovannino Guareschi  e ricostruisce la storia del nonno Vittorio e di 650 mila uomini prigionieri nei campi di concentramento in Germania. Il libro nato da una documentata ricerca, restituisce un pezzo di storia italiana rimossa: quella degli IMI (Militari Italiani Internati) che dopo la firma dell'Armistizio furono fatti prigionieri dai nazisti e internati nei campi di prigionia. Uno di questi soldati era Vittorio Cuppari, nonno di Letizia

 Nelle diverse interviste rilasciate  Letizia racconta: “Stavo scrivendo un altro libro e per caso ho ritrovato l’Arbeitsbucher di mio nonno, Vittorio Cuppari. In famiglia sapevamo che era stato prigioniero durante la Seconda guerra mondiale ma ne ignoravamo i dettagli. Ho iniziato ad approfondire più per curiosità che per altro. Poi ho trovato il libretto di lavoro del nonno in Germania e episodi mai   menzionati dalla Storia ufficiale mi hanno portato a chiedere informazioni in decine di Archivi di Stato, a partire da quello di Reggio Calabria a finire al Museo dell’Olocausto di Los Angeles, passando per il Bundesarchiv di Berlino e le Nazioni Unite a New York. Man mano documento dopo documento si raccontava una storia diversa da quella studiata a scuola. C’erano 650mila uomini che, quando Badoglio annunciò l’Armistizio, erano schierati sui confini esteri e vennero catturati dai Nazisti restando prigionieri per due anni nei campi di concentramento in Germania, ma che sfuggivano agli elenchi ufficiali per un accordo fra Hitler e Mussolini, e mio nonno era uno di questi. Con quell’accordo erano stati classificati non come prigionieri di guerra – quindi “tutelati” dalla Convenzione di Ginevra del 1929 –, ma come Internati Militari Italiani. Erano sospesi in questa condizione e spesso venivano chiamati a rispondere all’offerta di passare fra le fila dell’esercito tedesco o della Repubblica di Salò, ma per due anni risposero un no netto, senza ripensamenti, pur sapendo che avrebbe significato restare in campo di concentramento con tutte le conseguenze del caso. Subirono l’isolamento, le torture, i lavori forzati pur di restare fedeli alla divisa che indossavano». 

A Letizia il nonno le ha suggerito cosa e come scrivere, dove trovare i documenti, dove le testimonianze, così com’è successo a Raffaele Mangano col suo amico Leone nel libro La riga sulla emme, così come è successo ad Emanuele Trevi con Due vite, la vita di Rocco Carbone, di Pia Peri. Succede qualche volta che la scrittura diventi quello strumento per aprire la porta fra i viventi e chi non c’è più. La scrittura come opportunità per continuare a vivere qui, conoscendo la vicenda umana universale del nonno di Letizia Cuzzola.     

 Anche lo scrittore Guareschi fu uno di questi soldati italiani e lui poi raccontò che era stato fatto prigioniero dai tedeschi dopo l'otto settembre e marciava incolonnato, affamato e straccione in un' oscura landa polacca. Ai bordi della strada c'era una mamma con un bambino piccolo che stava mangiando una mela. Incoraggiato dalla madre il bimbo si diresse verso questi poveracci ed offrì la mela proprio a Guareschi che prendendola in mano vide i segni dei dentini sul frutto e gli venne in mente suo figlio, anche lui piccolissimo e, scacciando i pensieri di morte che attanagliavano ognuno di questi disgraziati, disse "non muoio neanche se mi ammazzano". 

Questa è la paternità.

Accurata ricostruzione storica, come se il nonno vivo accanto a lei le raccontasse, e anche l'autrice conferma di aver avuto la sensazione di essere un tramite. 

Un libro da amare

Ippolita Luzzo