mercoledì 6 marzo 2024

Sacha Naspini da Le nostre assenze a Errore 404


Le nostre assenze di Sacha Naspini è stato ripubblicato da e&o edizioni nel 2022.          La precedente edizione è del 2012 per Elliot. Nei dieci anni Sacha ha scritto molto altro e le sue opere sono state tradotte in vari paesi del mondo, dagli Stati Uniti all’Egitto. 
In tutti i continenti. 
Questo per dire la diffusione e la bravura di un autore che inchioda il lettore sul personaggio narrante e fa male, fa molto male ma insieme attrae.                                 Il male che attrae, chissà perché. Sarà forse il ritmo impresso alla narrazione e ai fatti che accadono.                 
Le nostre assenze narra la storia di un mostro, un mostro bambino, un bambino narrante mostruosità, almeno per me sono mostruosità il vivere da anaffettivi, il disprezzo verso l’amico e compagno di gioco più povero, mostruosità quei legami anaffettivi con la mamma, con il nonno che muore. Proprio col funerale del nonno inizia la composizione dei legami familiari e le reazioni.
Capisco che i funerali siano delle macabre sceneggiature e i ragazzini reagiscano con azioni prive di collegamento emotivo. Ci troviamo da subito nella famiglia alla elaborazione del lutto. La storia poi prende la strada della scoperta di altre tombe, le tombe etrusche a volte orrendamente scempiate dai tombaroli. Storie vere. Nelle tombe che diventano ancora una volta tombe e seppelliscono la fiducia e l’amicizia, e seppelliscono ogni sentire affettivo, sta la chiave del racconto che non può essere chiuso se non una volta terminato di leggere tanto è la tensione che tiene e trattiene.

 Terribili tutti. Adulti e bambini. Una umanità che guardiamo pensando ossessivamente che noi non siamo in quel modo. C’è uno sguardo da entomologo proprio perché distante, proprio perché si guarda e non si interviene. Nel deserto dell’affettività

Un racconto ipnotizzante


Scritto nel maggio del 2023 ora lo ripropongo qui nel Regno della Litweb in attesa di leggere Errore 404 il libro del 2024 di Sacha Naspini

Ippolita Luzzo 

"Con tanti romanzi all’attivo (Villa del seminario, Le Case del malcontento, Nives, Ossigeno e altri ancora), Sacha Naspini (Grosseto, 1976) è ormai considerato uno degli autori italiani più originali e più letterariamente dotati della sua generazione. Tradotto in ventisei paesi, vincitore di numerosi premi, Naspini è uno scrittore poliedrico, che eccelle nella creazione di bellissime storie legate al territorio della Maremma così come nell’invenzione di mondi distopici e sorprendenti. Il suo stile di scrittura è unico: immaginifico e preciso al tempo stesso, inventivo, efficace"

domenica 3 marzo 2024

Stefania Nardini L'ultimo treno da Kiev Les Flâneurs Edizioni


 Stefania Nardini candidata al Premio Strega per L'ultimo treno da Kiev, credo sia questa la notizia più interessante nelle candidature al Premio Strega nel 2024. Non perché non vi siano moltissime proposte valide ma per l'inusualità del tema.                                                       Un romanzo civile, lo chiamo io, questo di Stefania Nardini, giornalista pubblicista dal 1980, che ha lavorato per il quotidiano «Paese Sera» e il settimanale «L'Europeo».     Poi da giornalista professionista  per il giornale, «Il Mattino», si è occupata di inchieste nelle terre di camorra e di temi sociali. 

Stefania Nardini in questo suo romanzo, scritto in prima persona,  narra la vicenda di una badante ucraina, nel suo paese insegnante di lettere non più pagata da tempo dallo Stato per le vicende storiche del post comunismo. Nel disfacimento dell'impero russo e dopo il crollo del muro di Berlino vedremo arrivare in Italia moltissime donne, soprattutto donne, per cercare un lavoro e una paga che per quanto misera a volte era sempre con maggiore valore di quella percepita o non percepita affatto nel loro paese. 

Irina arriva in Italia da clandestina, e la sua fortuna sarà incontrare Rosa, una giornalista che sarà la sua datrice di lavoro, ed in Rosa quasi io ho immaginato di vedere Stefania a raccogliere la testimonianza di Irina. 

Un romanzo verità. Leggo accanto a mia madre, allora in vita, leggo accanto alla gentile Rodrica che le fa compagnia ogni pomeriggio, e Rodrica, mi ascolta raccontare le vicende di Irina e le mescola con le sue. Hanno lasciato entrambe la loro casa, entrambe hanno lasciato una figlia, e hanno affrontato l'incerto per garantire un futuro certo alle loro figlie. Irina va a Kiev da una agenzia che si occupa di organizzare questi viaggi in Italia ma ben presto si accorgerà di quanto siano imbrogliate e trattate come merce dai componenti di queste organizzazioni mafiose.

Rodrica mi racconta storie orribili, mi racconta di solitudine assoluta in un paese senza conoscere la lingua, in un albergo recluse, lei e le  altre, senza poter bere un caffè, senza poter scendere al bar, in attesa di chi le avrebbe poi portate dove avrebbero lavorato. 

Una storia traumatizzante, una storia che lascia queste donne ferite per sempre, ricordo perfettamente le parole di Rodrica dirmi:- Dopo aver attraversato tutto questo non sono più quella che ero prima. - ed in effetti non si può, anche se lei poi ha incontrato un uomo buonissimo, si è sposata, ma il trauma ha portato una trasformazione irreversibile. 

Capiranno dunque i giurati del Premio Strega di non avere il solito romanzo che racconta una malattia individuale per quanto dolorosa  ma una malattia storica che riguarda tutti su come la storia universale trasforma e sconvolge i destini dei singoli? 

Vorrei riportare la motivazione di Gianni Maritati a proporre il libro: "Con uno stile aderente alla crudezza della realtà raccontata, il romanzo ricostruisce in modo doloroso la fuga di tante donne ucraine dalla fame e dalla guerra. Con gli occhi di Irina, la protagonista costretta a lasciare il suo Paese per cercare in Italia un nuovo futuro insieme a sua figlia, possiamo vedere le piaghe dell’immigrazione clandestina, lo strapotere delle mafie, le scosse terribili dello sradicamento culturale. Un viaggio, quello di Irina, verso la libertà e l’emancipazione. I personaggi sono memorabili. Da sottolineare la partecipazione affettuosa ma mai invadente dell’autrice a un grande dramma del nostro tempo."

Intanto il libro sta qui nel Regno della Litweb con gli auguri più cari e con il desiderio di vederlo come libro utile per conoscere questi anni così grevi che dalla caduta del muro di Berlino continuarono a cadere nell'abiezione più profonda di guerre senza fine.         Nell'anno di Gaza, del genocidio di un popolo, L'ultimo treno da Kiev è la storia che si fa nei nostri destini. 

Ippolita Luzzo      

venerdì 1 marzo 2024

Sillabario all'incontrario di Ezio Sinigaglia

 

Sillabario all'incontrario inizia con
Z zoo Emergenza che tende a imporsi come modo di vita, così leggiamo sulla copertina con illustrazione creata da Francesco Dezio per la Casa editrice TerraRossa.

 Il libro di Ezio Sinigaglia comincia all'incontrario e va dalla Zeta alla Q per descrivere il presente, poi dalla P alla H per i ricordi d'infanzia e dalla G il narratore prende coscienza dei limiti della sua indagine. Dalla lettera E alla lettera A si investiga sulla morte, sull'erotismo, sull'etica.

Sarà una autobiografia, un saggio, senza però averne la disciplina, scritto nel periodo dal 1996 al 1997 come una medicina, in un periodo in cui l'autore era in convalescenza, ed a settembre il ritorno alla normalità sembrava lontano. Il medico quindi consiglia proprio di iniziare a scriverne, e dunque noi lo leggeremo come medicina. 

A dir la verità il libro di Ezio Sinigaglia abita a casa mia dalla sua pubblicazione, anche prima, dal febbraio 2023, ma solo ora, dopo che l'ho visto aspettarmi paziente sulla poltrona della camera da letto per mesi, ho deciso di portarlo qui nel blog come compagnia. Se qualcuno mi domandasse il motivo per cui io mi siedo e scrivo qui sul blog io risponderei che scrivo per farmi compagnia, per chiacchierare con il libro, con il suo autore come se fosse a casa mia, ed ora Ezio Sinigaglia qui abita. Con le sue lettere. 

Trovo le orecchiette messe al libro da tempo e vi parlerò della lettera H come Humour. La più amata. 

Ciò che ci accomuna è che dall'infanzia fino all'età adulta il silenzio e l'ironia ci riuscivano spontanei. Se ognuno di noi ricorda come abbiamo iniziato a percepire il nostro io in tutti è nato il desiderio che il nostro corpo sia riconoscibile e "da quel momento si comincia a desiderare di essere notati e riconosciuti per quel che siamo:io:  se ciò non accade, se ne resta perplessi ancor prima che frustrati" 

L'umorismo nasce non già dalle armonie ma dalle stonature, non dalle conferme ma dalle smentite, e così tutto il creato appare spiegabile e perfetto e il vero rischio rimane domandarsi che cosa diavolo ci stessi a fare io, si chiede l'autore e ci siamo chiesti un po' tutti e poi troviamo un nostro ricordo dell'infanzia, almeno della mia infanzia: osservare le formiche. 

Abbiamo guardato per anni, per estati intere le formiche e però nessuno come Ezio ci darà ora quella formica con la sua briciola sul dorso, troppo pesante per la costituzione della formica, come se un uomo si fosse messo sulle spalle un cavallo. 

Bambini: Sillabario all’incontrario di Ezio Sinigaglia sulla terribile infanzia della inadeguatezza, della crudeltà. Inadeguati a fare cose che si impareranno poi ci si ritrova a 15 anni a fare lo scherzo crudele a Pietro Rana. Con Carlo due Ezio afferra Pietro, il ragazzo che si fidava di lui, e lo lanciano in acqua con tutti i vestiti. Pietro non dirà alla madre chi gli ha fatto lo scherzo perché per lui l’amicizia è fatta di silenzio. Saper star zitto quando l’amico ti tira proprio un tiro mancino. Proprio il suo silenzio sarà la punizione per Ezio che non farà più scherzi crudeli. Intanto Carlo due muore annegato alle Egadi qualche tempo dopo. Resto di sasso

ed ora vi parlo della D, ho dilazionato a lungo a scrivere questo post, perché "vivevo di giorno in giorno con affaticata neghittosità" e da tutto questo poi sono stata trascinata fin quassù dai tormenti e dai patimenti di Ezio che con il suo stile sempre divertito, incuriosito, osserva il suo corpo raffreddarsi, il suo cuore battere velocemente, mentre si chiede il da farsi a Parigi in una stanza sconosciuta. 

Ho messo orecchiette alla lettera M come Mare, Non si potrebbe stare senza il mare, si vive col mare, io lo  intravedo da casa, vivo sul golfo di sant'Eufemia, ed Ezio vive sul mare, a pochi passi. Il mare è paesaggio, e spazio, colore, il mare è vivo. il mare respira. "Il mare come presenza , come vicinanza. Poi c'è il mare come distanza, come assenza. L'oltremare. Il mare che ho messo fra me e il mondo: fra me e me." 

Ed è con la lettera L Lontano che vi lascio, con la lettera del congedo. Leggendo Ezio Sinigaglia sembra di sentire un parlottio fra noi, come se fossero i nostri stessi pensieri, tanto è simile il ragionare fra noi tutti dotati di umorismo, di ironia, di distanza. Nel ciò che ci accomuna sentiamo l'universale, sentiamo il tempo che rimane, sentiamo una scrittura che diventa classico, cioè che resta, oltre il tempo, senza scadenza,  

Leggiamo dunque il Sillabario all'incontrario scoprendo tutte le lettere e ogni volta con un sorriso nuovo ci troveremo. 

Ippolita Luzzo 

mercoledì 28 febbraio 2024

Giacomo Verri Storie di coscienti Imperfetti Wojtek edizioni

 


Siamo con Giacomo Verri a Giave, una cittadina piemontese sul fiume Sesia. Dal passato medievale non è rimasto nulla tranne pochi ruderi e della storia successiva qualche testimonianza nelle chiese. Un posto come tanti nel Nord-Ovest d'Italia, orrendamente scempiato dall'edilizia fascista e dal capitalismo poi. C'è un museo deserto, un paio di supermercati e una casa di riposo, un cinema suppongo non molto frequentato. Eppure in questo essere un luogo come tanti Giacomo Verri vi ha ambientato i suoi racconti stando bene attento a chiarire che sono racconti di pura invenzione, che non si riferiscono a fatti avvenuti realmente. Sarà, mi viene da pensare leggendo i  racconti dove una coppia tiene una leonessa in gabbia. Certamente chi ha avuto una leonessa in casa non sarà stata una persona comune. 

Eroi e no

La storia dei bambini trasparenti è il titolo del primo racconto.  Sono ferma sul titolo del libro: Storie di coscienti imperfetti. Conosco Giacomo Verri  da molti anni e so quanto lui ricerchi con serietà su momenti storici e ora su momenti individuali. Conosco quasi i personaggi dei suoi racconti perché coscienti imperfetti siamo tutti noi. Voglio rifermarmi sul primo racconto ambientato in un interno, su un muro che divide due appartamenti. Su una coppia che sta in ascolto, origlia il litigio della coppia nell’altro appartamento. Curiosi e interessati sembrano. Sembrano anche brave persone i due che non litigano ma origliano finché non venga chiesto loro di agire ed allora tutta la disonestà del loro essere si rivela. Sulla disonestà si ragiona poco ma è disonesto chi se può aiutare non aiuta. Giacomo ha il grande coraggio di mostrarci la disonestà nel suo più grande squallore nella stanza di un appartamento normale, davanti una porta

Letteratura civile si chiama e sembra quasi che in questi racconti ci stia tutta. Quell’interrogarsi su comportamenti individuali di fronte ai disagi di altri. Il film Zona di interesse, ora sugli schermi, racconta l’orrore del campo dì concentramento visto dal confortevole stare della villa del gerarca nazista ma anche nel primo  racconto la coppia origlia e basta. Noi tutti dobbiamo chiederci cosa avremmo fatto

 E intanto trovare un senso alla vita come fanno Adelina Silvio nel racconto Leonessa, convivendo con una leonessa per poi essere costretti, loro malgrado e con grande dolore, a metterla in gabbia nella Curva del leone

"Adelina domandò, Quanto tempo può vivere un leone? Era l’estate successiva al loro matrimonio, avevano finito di cenare da poco. Silvio sollevò le spalle. Non so, disse. Be’, potremmo informarci, incalzò lei" e poi trascorsero gli anni. La curva divenne un’attrazione; la gente in auto rallentava in maniera dissennata per buttare un occhio a Elsa, la leonessa, e lei solo di tanto in tanto si lasciava vedere dietro le sbarre. 

Difficile come guardare dentro i sassi è l’ultimo dei racconti della raccolta dal titolo Storie di coscienti imperfetti. Ambientato in una casa di riposo durante la pandemia, qui ritroviamo Adelina, e un lui, Luca,  che tentano di mantenere un rapporto di affettuosità malgrado sia tutto difficile. 

Adelina è la proprietaria della leonessa e racconta a Luca di quando l’avevano comprata a un costo irrisorio, alla fine degli anni Settanta, da un tizio dello Zaire che trafficava animali esotici, per qualche tempo l'avevano tenuta in centro a Giave, a casa di un amico, sul terrazzo. Poi però, quando non poterono più tenerla libera, sistemarono la gabbia lungo la strada così che tutti potessero vedere Elsa passando in auto

Adelina e Luca hanno una bella amicizia ma arriva il Covid e non possono vedersi e lei scrive a lui" Tutto è difficile come guardare dentro i sassi" e la spiegazione è che quando era piccola scendeva con lo zio lungo il fiume Sesia a scagliare sassi contro altre pietre finché non si spezzavano, e dentro sembravano più belli e più preziosi rispetto a come apparivano da fuori. Voleva dire che, se oggi i loro figli avessero potuto fare una visita, li avrebbero trovati anch’essi più preziosi, e infinitamente più fragili.

La mia lettura non è una recensione ma una visita, ho visitato Giave con i suoi luoghi, con i suoi personaggi con gli occhi e la scrittura di Giacomo Verri, una scrittura rigorosa, precisa e soprattutto vera.  


"Siamo stati a Giave dove c'è un piccolo museo, quasi sempre deserto. Ci sono un bowling, un cinema, molte banche, una grande manifattura, un paio di supermercati e una casa di riposo tappezzata di piastrelle verdi. Secondo un collaudato meccanicismo, le ragazze si accoppiano a ragazzi della stessa estrazione sociale, si sposano, fanno figli. C’è lavoro quasi per tutti."

Ippolita Luzzo 



mercoledì 21 febbraio 2024

Così è se vi pare al Teatro Grandinetti per AMA Calabria


Specchi e ologrammi per Così è se vi pare in splendida interpretazione di Milena Vukotic e Pino Micol al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme per AMA Calabria  Stagione teatrale 2023/24

Scritta nel 1917 da una novella poi divenne un atto teatrale con questo titolo così attuale e stasera con l’allestimento da una strepitosa intuizione di Giovanni Macchia, il più rilevante critico di Pirandello: il cannocchiale rovesciato che permetterà di vedere le cose vicine come distanti

“Le cose più vicine, vissute, torturanti, furono viste con il binocolo rovesciato: da quella distanza che ne permettesse la meditazione assorta o l’ironia o addirittura il grottesco”.

Geppy Gleijeses ha chiesto a uno dei più importanti videoartist del mondo di creare, in un contenitore vuoto, degli ologrammi assolutamente tridimensionali, donnine e piccoli uomini alti 50 centimetri, che altro non sono che i personaggi della commedia, i quali inutilmente si affannano per scoprire una verità che non esiste.

All’ingresso della Signora Frola, quegli esserini li rivedremo in dimensioni normali. Piccoli uomini che riprendono le loro reali fattezze di fronte alla grandezza del dolore e dell’amore di una madre."        

Una messa in scena sorprendente e piacevole, bravissimi tutti gli attori in scena, splendidi i costumi, grande regia, e soprattutto applausi al teatro vero di Milena Vukotic la signora Frola, di Pino Micol Signor Laudisi. Un testo sul ragionare sull'impossibilità  di conoscere la verità degli altri.

 Aggiungo un mio antico pezzo del 2010                        

 6 ottobre  2010, raccontandola da allora come la racconterebbe Pirandello

L’impossibilità di conoscere la verità con una commedia

Così è, se vi pare

Arriva in una tranquilla cittadina di provincia un nuovo impiegato, il signor Ponza con la suocera, signora Frola, scampati ad un terremoto nella Marsica.

Il signor Ponza va ad abitare insieme alla moglie che nessuno vede   all’ultimo piano di un caseggiato periferico, la signora Frola in un elegante appartamentino del centro.

Tutto il paese mormora: La moglie viene segregata non può uscire, la mamma non può andare a far visita alla figlia.

Il signor Ponza viene quindi chiamato dal suo superiore per spiegare e far cessare il chiacchiericcio.

La signora Frola, anticipando con mossa a sorpresa, giustifica il genero reo solo di una eccessiva possessività verso la moglie.

Ma il signor Ponza afferma che la suocera è pazza, sua figlia è morta nel terremoto, questa è la sua seconda moglie e lui ha dovuto prendere le precauzioni per salvaguardarla dall’invadenza  di lei.

Mentre i presenti si rassicurano arriva la signora Frola che, venuta a conoscenza dei fatti, accusa lui di essere pazzo, non ha più riconosciuto la moglie quando questa è ritornata a casa dopo un ricovero in una casa di cura e per accettarla di nuovo hanno dovuto inscenare seconde nozze.

Nel tentativo di risolvere la questione il consigliere comunale organizza un incontro pubblico fra suocera e genero.

Ma messi uno di fronte all’altro il signor Ponza aggredisce la suocera  e solo dopo si scuserà dicendo di essere stato costretto a recitare per mantenere nella signora Frola l’illusione della sua pazzia.

La curiosità aumenta

Viene così condotta in comune, come ultima chance, per calmare le voci, la moglie col viso coperto di nero.

Ella però afferma di essere sia la figlia della signora che la seconda moglie del signor Ponza e di sé dice- io sono colei che mi  si crede-

Impossibile avere una visione certa e unica della realtà

Si ride si sorride poi amaramente ci si rende conto che questa opera teatrale viene recitata come in un onirico sogno di Bunuel  sulle strade e sulla rete del nostro vivere e i personaggi siamo noi che creiamo ognuno la nostra verità su vicende poco catalogabili, complesse, dense di premesse, privi di riscontri facilmente fruibili e con protagonisti evanescenti inafferrabili

Pirandello mi ha aiutato

Mi ha ricordato l’inutilità di voler dire una verità che sarà confutata  che dovrà essere di nuovo spiegata e come leggiamo Nel Paese delle prugne verdi di  Herta Muller: Il silenzio ci imbarazza, parlare ci rende ridicoli

IL paese delle prugne verdi è un paese sotto la dittatura di un potere che cerca e costruisce qualsiasi illazione per punire non solo gli oppositori  ma gli spiriti ingenui pericolosi perché pensano ancora di vivere senza sospettare l’inganno

Pirandello deliziosamente continua il suo scavo nei personaggi  con Sogno, ma forse no  Il gioco delle parti  Come tu mi vuoi  Ma non è una cosa seria

Siamo tutti delle maschere, dice lui,  però siamolo con un briciolo di responsabilità

E poi possiamo sicuramente leggermente ariosamente divertirci sulla rete      bidibodibù

Ippolita Luzzo 


COSÌ È (SE VI PARE)

di Luigi Pirandello


con Milena Vukotic, Pino Micol e Gianluca Ferrato

e con Maria Rosaria Carli, Luchino Giordana

e Giovanna Bozzolo, Marco Prosperini, Antonio Sarasso, Giorgia Conteduca, Vicky Catalano, Walter Cerrotta, Giulia Paoletti


Regia Geppy Gleijeses

Videoartist Michelangelo Bastiani

Costumi Chiara Donato

Light designer Francesco Grieco

Musiche Teho Teardo

Aiuto regia Giovanna Bozzolo


Produzione Gittiesse Artisti Riuniti

sabato 10 febbraio 2024

Danza Cieca di Virgilio Sieni al Marca


 "Siamo il corpo. Lo abitiamo e come organismo sensibile siamo predisposti allo spostamento." nelle note introduttive del libro di Virgilio Sieni il corpo è lo strumento che accoglie ed è accolto, agisce e dialoga con la capacità di percepire l'aura delle cose, scrive Sieni e leggere il libro amplifica lo spazio della conoscenza.

Il libro è pubblicato nella collana "rasoi" da una raffinata casa editrice da me amatissima "Cronopio" 

"Danza cieca nasce per originare le cose che dall’attesa prendono vita" l’aura come presenza tangibile, scrive Virgilio Sieni coreografo e danzatore del gesto, oserei dire io, creatore di Danza scenica, duetto danzato da lui insieme al danzatore non vedente Giuseppe Comuniello una danza sulla tattilità, con musica dal vivo di Spartaco Cortesi.

Ora siamo al Marca, noi spettatori di Danza Cieca.

 Danza cieca sfida il limite del corpo. 

Non ti vedo ma ti sento, sento il gesto, sento lo spazio, possiamo danzare insieme. I limiti del corpo superati con la sensibilità, con l’apprendimento e la tecnica, con la memoria. Gesti ripetuti, gesti che si fanno parola e dialogo. In un crescendo di immagini pittoriche vediamo gesti delle pale ammirate nelle pinacoteche, nei musei. L’arte che non sta più appesa al muro ma scende nel grande spazio allestito e delimitato dalle sedie dove noi spettatori prendiamo posto. Sul pavimento un tappeto di cartone delineato da linee bianche e in un angolo due blocchi di argilla. Servirà l’argilla ad essere plasmata e trasformata dal tatto, servirà a dare vita ad altri quadri. Nessuna fotografia possibile durante lo spettacolo, nessun video, ma era giusto così altrimenti si sarebbe persa la continuità dell’azione. 

Una danza silenziosa ma armonica, la musicalità piano piano si faceva spazio ma non era il suono delle note bensì il suono del gesto. Il dominio dello spazio, la percezione dello spazio benché non fosse visto da uno dei danzatori privo del dono della vista ma in grado di sopperire alla mancanza con il gesto, con la ripetizione, con la assoluta padronanza della situazione. 


Un situazionismo danzante, mi sembra di poter chiamare lo spettacolo di ieri sera proposto al Marca di Catanzaro dalla compagnia del Teatro del Carro, nell’ambito di una rassegna di altissima qualità. “Nell’ambito del progetto "Il corpo ritrovato"  Come se tutti i quadri che per anni abbiamo visto appesi alle pareti del Marca ora fossero scesi giù a creare dei Tableaux Vivants. 
"Stanze poetiche dove niente è fisso" 
Grande coinvolgimento emotivo e noi spettatori guarderemo i nostri gesti meravigliandoci di non averli mai visti prima.
La tappa calabrese del progetto è ospite della Residenza MigraMenti, sostenuta da MiC e Regione Calabria, e gode del patrocinio della Provincia di Catanzaro, del Comune di Badolato e del Comune di Roccella Jonica e della sezione catanzarese dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Catanzaro.”  

Ippolita Luzzo 

domenica 4 febbraio 2024

Colpo Gobbo di Franz Bartelt


Ombre Lunghe, la collana dedicata alla grande narrativa pubblica Colpo gobbo di Franz Bartelt, con la traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e di Ezio Singaglia.   

Prehistorica Editore si propone con questa collana di illuminare la grande narrativa, dando rilievo ai classici e di proiettare le loro ombre lunghe nel mondo di domani.

Leggo ciò sui propositi della casa editrice e vado a conoscere questo autore francese nato nel 1949 , residente nelle Ardenne. Autore di una quarantina di libri, alcuni dei quali gli sono valsi premi importanti, quali il Grand Prix de l’humour noir per Les bottes rouges e il Prix Goncourt de la nouvelle per Le bar des habitudes. Per Feltrinelli ha pubblicato Hotel del Grande Cervo (2018).

Lo leggo con quella disposizione d'animo di chi nel suo vivere deve liberarsi dalla solitudine e stranamente il libro di una prigionia parla. Un uomo è convinto di poter fare facilmente un colpo, derubare un uomo ubriaco molto ricco. Lo segue ed entra in casa sua con un coltello ma la rapina non ci sarà. Da assalitore diventerà lui prigioniero perché l'uomo in casa non sarà così ubriaco come sembrava ed in più ha una pistola. Vedremo capovolgere la situazione e i due uomini in una casa chiusa inizieranno una stranissima coabitazione, forzosa per il derubante  e di predominio per quello che avrebbe dovuto essere il derubante. 

Le situazioni saranno inverosimili ma noi le crederemo vere, crederemo e sentiremo l'angoscia di essere sottoposti al dominio di un padrone di casa che può tutto, sentiremo quasi l'odore di tutte le altre prigioni, dai campi di concentramento ai luoghi di tortura, sentiremo l'orrore di vivere privati dalla libertà alle mercé di capricci. 

Posso consigliare questo testo per l'originalità dello stile, la ricerca con gusto di dialoghi letterari, la sorprendente abilità di raccontare gli stati d'animo. 

La casa editrice Prehistorica da sempre si distingue per raffinatezza e scelta sugli autori francesi di valore

Ippolita Luzzo