mercoledì 4 agosto 2021

Aldo Presta e i suoi Appunti in attesa di discorsi compiuti


 Arriva nel Regno della Litweb il libro di Aldo Presta “Appunti in attesa di discorsi compiuti - Tra disegni e scritture” edito da Lettera Ventidue.

Su cosa ci stia succedendo ci si prova a dircelo, con il disegno, con la scrittura, con il cinema. Sembrano essere sempre di meno coloro che ancora posseggono l'arte del distacco e della riflessione, due condizioni necessarie per guardare i tempi che inesorabilmente stanno distruggendo ogni certezza su ciò che ci stia accadendo. Si prova con la linea, con la matita, ci prova in questi appunti Aldo Presta, donandoci vignette, chiamarle vignette è riduttivo, disegni filosofici, suvvia, che invitano ad un sorriso amarissimo. Parlo spesso di una mia risata di denuncia ed è una risata irritante la mia, qui invece troviamo l'eleganza del tratto, troviamo la serietà dei modi, troviamo la disciplina del gesto. 

"Quelli che vi dico io come stanno le cose" e poi "Com'è fuori" e poi " Raccolgo i pezzi e arrivo"  e continuo a scendere anch'io avvinta dal disagio, dalla tristissima realtà che mi spinge sui tasti a rincuorarmi.


Qui sui tasti trovo amici carissimi, trovo chi ha scritto i pezzi sui disegni, trovo chi volentieri ora abbraccerei, ma posso solo scriverlo. "A ciascuno la sua bolla (intera, semi, part time, etc.) (2021)" questa non c'è nel libro ma la faccio mia, una bolla che ci aiuta a vivere. Chi vorrà leggere e insieme ammirare il dialogo di Aldo con noi può acquistare il libro, può parlarne e insieme diffonderlo come io cerco di fare con un atto di civiltà. 

Dico spesso che siamo in resistenza, resistiamo con un diario, queste immagini che Aldo Presta ci dona sono un diario, un fermo immagine su ciò che nel naufragio resta, la fede indissolubile nella posizione da cui si sta. Stiamo ancora in una posizione mentale sia a pezzi che nel mare, stiamo dove stiamo, dentro e fuori, nelle domande eterne sul chi siamo e nemmeno vogliamo sapere dove andiamo.

Stiamo nel Regno della Litweb  

Ippolita Luzzo 


Gli scritti e i commenti sono affidati a Luisa Bocchietto, Massimo Celani, Domenico Cersosimo, Michele Costabile, Mariadelaide Cuozzo, Emanuele Fadda, Cinzia Ferrara, Daniele Gambarara, Claudio Gambardella, Mario Piazza, Ida Giulia Presta, Matteo Presta, Marina Simonetti, Aurelia Sole, Giovanni Sole, Marco Tortoioli Ricci, Silvia Vizzardelli e Salvatore Zingale. 

Il libro è una raccolta di disegni. Alcune riflessioni intorno e su di essi e sul disegnare, sulla pagina, su come interpretiamo (i fatti). E sul viaggio che il disegno-pensiero compie tra mano e cervello. E su quello che sta accadendo fuori, su come stiamo cambiando, sulla dissoluzione della vita e delle relazioni così come le abbiamo conosciute fino a un attimo fa.

I disegni sono tutti di Aldo Presta, progettista della comunicazione, socio Aiap e che da anni insegna design della comunicazione e grafica all’Accademia Abadir e all’Università della Calabria, dove lavora nell’ufficio identità visiva. presta-lab.it. 


lunedì 2 agosto 2021

I Cani Di Gerusalemme di Luigi Malerba e Fabio Carpi


Pubblicato nel giugno 2021 per la collana Novel della Casa Editrice Kappalab, Bologna, I Cani di Gerusalemme mi giungono stamani a rallegrare un mio soggiorno intorno alle stanze e salendo su e giù le scale di casa mia. Il libro, ora ripubblicato con il permesso degli eredi di entrambi gli autori, nasce per le Edizioni Theoria nel 1988 ma del titolo e del testo si aveva traccia nel 1979, come soggetto cinematografico. Esce poi il film I cani di Gerusalemme nel 1984, con la regia di Fabio Carpi e la sceneggiatura di Carpi e di Luigi Malerba. Seguirà una versione teatrale e in seguito il libro. Questo devo scriverlo per dare al libro, ora nel Regno della Litweb,  una storia temporale. 

"Un viaggio sedentario" come si può viaggiare restando nella camera da letto, scendendo le scale per aprire al corriere della posta e seguire le avventure del barone Nicomede di Calatrava e il suo scudiero Ramondo. Il servo col padrone ci riporta alle tragedie greche, alle commedie di Aristofane, Le Rane, una commedia politica ateniese del V secolo avanti Cristo, con Dioniso e il suo servo alla ricerca della porta dell’inferno per andare a prendere e portare in vita Euripide, affinché lanci un messaggio di coesione ad una città, Atene, dilaniata da una schermaglia politica senza fine.

Nella prima parte della commedia Dioniso e il suo servo si scambiano la pelle, a seconda la convenienza di Dioniso, a seconda la convenienza di tutti i padroni, lesti a lasciare ai servi il momento del ricevere insulti e bastonate che spetterebbero a loro.

Anche nel Medioevo del barone Nicomede il rapporto servo padrone è immutato, dall'antica Grecia a oggi, oserei dire. 

Il barone Nicodemo si rifiuta di andare alle Crociate e in una Sicilia teatrale inventa un viaggio verso Gerusalemme, compiuto in cinquecento giorni, intorno al suo castello con un mulo e il servo. 

Un miraggio vero e proprio.

Come Le rane di Aristofane, anche I cani di Gerusalemme sono un'opera di denuncia e di indignazione politica. 

Tutti sono partiti per la prima crociata ed il prete Blasco snocciola al cinquantenne barone Nicomede i nomi dei cavalieri già in guerra contro gli infedeli, andati per liberare il Santo Sepolcro. 

Anche la sorella Adelaide lo invita ad andare a Gerusalemme per riempire un'ampolla con l'acqua del Giordano e portare a lei un cofanetto di terra santa della Palestina. 

Allora il barone decide di mettersi in viaggio verso una Gerusalemme verbale per  aver condonato i debiti dalla Chiesa.

Osservati dall'alto di una torre da Adelaide e dal prete, anche noi vediamo apparire e scomparire i due, leggiamo le disavventure e ascoltiamo lo scambio di battute e di vestiti.

Siamo presi dalla magia del linguaggio, rimaniamo avvinti alla sorte del barone e del servo, come se la storia fosse la nostra storia, come se anche noi ogni giorno, come Oblomov, altro personaggio leggendario di Goncarov, ci rifiutassimo di partire e vagassimo intorno alle stanze del nostro patrimonio libresco.

Leggiamo questa paradossale avventura come se fosse accaduta nel Regno della Litweb, leggiamola come se nel 2021 fossimo avvinti dalla stessa malia.

Ippolita Luzzo














venerdì 30 luglio 2021

Raffaele Gaetano Senza ombre di cerimonie


Sull'ospitalità nei Diari di viaggio in Calabria di Edward Lear.

Raffaele Gaetano da tempo studia l'estetica del viaggio e in particolare i viaggiatori stranieri in Calabria dal 700 fino al 900.  Basti ricordare, fra gli altri, La Calabria nel viaggio pittoresco del Saint-Non, con la nuova traduzione del Voyage Pittoresque e le 35 Vedute acquerellate a mano  Avanti all’anima mia, Il paesaggio calabrese nello sguardo di Theodore Brenson con le 52 Tavole del Viaggio in Calabria, Sull’orlo dell’invisibile, Il sublime nella Calabria del Grand Tour, Le querce sono in fiore, memorie di viaggiatori nel Lametino.

Venerdì 30 Luglio presso il Residence La Giungla si parla di Senza ombre di cerimonie, pubblicato nel settembre 2020 da Luigi Pellegrini Editore nella nuova collana All'insegna del Gatto Foss, diretta dallo stesso Raffaele Gaetano. Il gatto Foss era il gatto di Edward Lear, il gatto che lenì il periodo sanremese di Lear, che si vide costruito un grande fabbricato davanti la sua villa e non poté più godere della vista del mare dalle sue affacciate. Quisquilie e altre bizzarrie, opere stravaganti, ibride, e lontane dai circuiti tradizionali dei saggi, saranno le proposte di Raffaele Gaetano per questa collana. 
I luoghi non sono come sono, sono come si raccontano, e nel corso della serata, fra gli astanti, nacque una irrefrenabile voglia di andare a Canolo e a Palizzi, come se non ci fossero luoghi più sublimi. Invano fu il mio dire, lo spiegare che sublime è l'orrido che affascina, che i luoghi visitati da Lear erano e sono lontani, scomodi e selvaggi, invano. Tutti si sarebbero alzati all'istante e avrebbero seguito Raffaele Gaetano, che come un pifferaio magico, ci stava irretendo con la musica dei luoghi. 
Il libro riesce a dare vita alla storia, agli uomini di cui si perse traccia finanche nella memoria dei familiari, degli eredi, riesce a raccontare quella estate del 1847 come se fosse la nostra estate, e Lear, come Phileas Fogg insieme a Proby, il suo Passepartout, fanno il giro del mondo in quaranta giorni, o più, dovendo andare via dalla Calabria per i Moti di Rivoluzione contro i Borboni.
Ogni viaggiatore ha il suo accompagnatore ed anche io mi sento semplice accompagnatrice in questa serata ospite dal Residence La Giungla. 
Ippolita Luzzo 


Qualche appunto: 

 "In Calabria tra la fine del ‘700 e l’intero ‘800, numerosi viaggiatori stranieri, specialmente inglesi, desiderosi di conoscere soprattutto i luoghi della Magna Grecia,  viaggiarono verso l’estrema punta dell’Italia peninsulare, attratti dalla natura selvaggia, e hanno lasciato, oltre a testimonianze letterarie, una ricca iconografia fatta di incisioni o acquerelli 

Uno di questi viaggiatori curiosi incoscienti e temerari, fu lo scrittore e pittore inglese Edward Lear (1812-1888). Nel 1841 si trasferì a Roma e nell’estate del 1847, insieme all’amico John Proby, Lear intraprese un viaggio in Calabria di cui ci avrebbe lasciato un delizioso resoconto nel suo “Journals of a landscape painter in Southern Calabria” pubblicato nel 1852 a Londra per l’editore Richard Bentley. Il viaggio si svolse dal 25 luglio al 5 settembre 1847 e fu compiuto a piedi: una scelta che lo stesso Lear considerò necessaria per poter fare “sempre ciò che ci piace, ammirare o fermarci per disegnare, senza alcuna regola precisa” come scrive nello stesso diario di viaggio.

L’itinerario iniziò da Reggio Calabria e terminò nella stessa città dopo aver attraversato l’entroterra e la costa della provincia. Borghi di collina o di mare come Motta, Bova, Condofuri, Staiti, Bovalino, Roccella, Palmi, Scilla, Villa San Giovanni, solo per citarne alcuni, furono visitati da Lear e dal suo compagno di viaggio grazie al supporto della guida locale Ciccio che li condusse per le contrade del reggino insieme al suo inseparabile asino.

 I fermenti che presto sarebbero sfociati nei moti rivoluzionari di Reggio Calabria costrinsero infatti Lear ad interrompere, suo malgrado, il viaggio alla fine di agosto dello stesso anno.

Le immagini della Calabria non sono le uniche a comparire nei Journals di Edward Lear. Troviamo infatti anche quelle di altri luoghi del Regno di Napoli, raccolte dall’autore in Campania, Puglia e Basilicata lungo l’itinerario percorso per raggiungere la sua destinazione." 

CHI ERA EDWARD LEAR ?

Edward Lear, nato a Londra nel 1812, è stato uno degli illustratori più apprezzati dell’Inghilterra vittoriana. Oltre a dedicarsi alla pittura e al disegno si sarebbe presto distinto anche come scrittore di nonsense.

 Quando nel 1847 decise di recarsi in Calabria, il suo progetto prevedeva una visita dell’intero territorio, ma i moti di Reggio dell’ottobre 1847 gli consentirono di percorrere solo la provincia reggina. Nello stesso anno andò in Sicilia mentre nel 1848 visitò Melfi, la zona del Vulture e l’alta Irpinia. Scrisse ed illustrò diversi altri libri di viaggio, fra cui quelli su Roma, Grecia e Albania, Isole del Mar Jonio e Corsica. Morì a Sanremo il 29 gennaio 1888."

mercoledì 28 luglio 2021

"L'inquieta bellezza della materia" Max Marra al Marca

 


Il Museo Marca di Catanzaro ospita dal 25.06.2021 al 07.09.2021Max Marra "L'inquieta bellezza della materia" a cura di Teodolinda Coltellaro.

Una mostra antologica di Max Marra, artista calabrese, nato a Paola, in provincia di Cosenza, e che ormai da molti anni vive in Lombardia. Una mostra appositamente progettata per il Marca, scrive Rocco Guglielmo, il Direttore artistico del Marca, nel suo intervento. 

Una mostra di cui io avevo tanto sentito parlare già dal suo nascere e poi durante il fermo imposto dalle vicende terribili di una epidemia che ha chiuso un anno, che non permetteva altro se non lo studio e l'approfondimento. 

La mostra ci accoglie nella sontuosità degli spazi del Marca, nella sontuosità delle installazioni, del disegno, della tridimensionalità scultorea delle opere.

La cerimonia di inaugurazione molto partecipata, erano presenti artisti, critici d'arte nazionali, giornalisti e un pubblico attento e ammirante.

Scegliere cosa far vedere per donare un intero con alcuni pezzi è il gesto più complesso, e la mostra già ci accoglie con la Struttura, un groviglio polimaterico, con le linee di tensione, con la fotografia e manipolazione digitale attuata da Marco Chirchirillo in Presenze, Max Marra a teatro, unico e solo pubblico occupante la platea, nelle sue diverse pose.




" Eccomi" sembra dica Max Marra, dalla platea al palcoscenico, siamo in tanti, sono qui, sto parlando con voi, sto parlando da qui, sto giù e sto sui palchi in alto, vi saluto, ed al centro ai primi posti sto consultando un catalogo. 
"Sarà questo?" mi domando scherzosamente io. 

Sono molti gli anni da portare in scena, dagli anni Settanta agli Ottanta, quando la ricerca si indirizza in forme di integrazione fra pittura e scultura, per un oggetto poetico.  

Alla fine degli anni Ottanta le opere su San Francesco di Paola, un uomo solo, così è il titolo del suo ciclo di opere "Francesco è solo" solo con la responsabilità di esserci nella giustizia, nella moralità, nel dare consigli ai regnanti, nel costituire un esempio. 

In seguito arriveranno "I pacchetti" e poi la serie "Pance ferite". La materia diventa corpo. Man mano dalla sofferenza delle pance cucite si avvia  verso il bianco, i Bianchi miraggi del '94 e il bianco è la spiritualità verso cui tende l'artista, il sacro, le varie dimensioni che una vita può attraversare solo elevandosi nel gesto artistico.

Come in un immaginario grande teatro gli atti si susseguono, così noi spettatori ripetiamo i nostri sguardi sulle sue opere applaudendo un artista immaginifico e imponente, nella felicità stupefacente di aver finalmente accesso alla Mostra. 

Ippolita Luzzo 

lunedì 26 luglio 2021

Max Marra e Gospodinov in Cronorifugio


“Di continuo produciamo passato. Siamo fabbriche di passato. Macchine viventi di passato, cos’altro? Mangiamo tempo e produciamo passato. Nemmeno la morte è una soluzione.”
E nel domandare dove va tutto il passato a me viene da rispondere a Gospodinov e al suo libro Cronorifugio che il passato sta tutto nell’arte. Ieri sera al Complesso monumentale San Giovanni, a Catanzaro, c’erano le acqueforti e litografie di Chagall ad illustrare la Bibbia, il percorso, di stanza in stanza, ci portava alla presenza degli Ebrei in Calabria e infine al Ghetto, al passato recente, al Novecento, secolo di orrori.

La storia stava tutta in quella stanza con le opere artistiche di Max Marra, con quel rosso spennellato su un passato orribile, sull’esodo, su anni che furono senza senso, perché senza senso è la guerra, la tortura, la violenza. Qui La tradotta della vergogna.  Nella stessa stanza i colori brillanti delle ceramiche di Antonio Pujia, con i simboli del popolo ebraico, il candelabro, la melagrana, la stella.

Si andava da una parte all’altra della stanza, ritornando sempre su Max Marra, su quel modo semplice di denunziare l’orrore che l’arte, la grande arte possiede, e improvvisamente io capisco i tagli e le cuciture che Max Marra ha poi impresso alla materia nel corso degli anni, come viene testimoniato dalla mostra al Marca, Museo delle Arti, di Catanzaro. "L'inquieta bellezza della materia" a cura di Teodolinda Coltellaro, inaugurata il 25/06/2021 sarà visitabile fino al 07/09/ 2021.

Come dice Gospodinov” Dove vanno a finire tutte quelle storie cominciate e non finite, quelle relazioni interrotte che ancora sanguinano, tutti gli amanti piantati e tagliati via- “tagliati via” non a caso è una espressione da macellaio” 

Tutto viene cucito nell’arte, con Max Marra che con "mano pietosa" scrive Teodolinda Coltellaro, non teme di estetizzare la sporcizia, non teme, scrivo io, di cucire il passato. Recupera, riesuma, con iuta, corda, stoppa e cere, catrame, oli, ossidi, carbone, e "Tutto il mio fare ha la memoria del vissuto" Sembra Max Marra il personaggio del libro di Godospinov, che vuole aiutare quanti hanno perso la memoria a riappropriarsi dei loro ricordi. 

Guardando le pance cucite di Max Marra io mi sentivo inquieta, ora non più, ora dopo aver appreso che il nostro organo per il tempo è l'arte, potrei rispondere alla domanda che Thomas Mann si fa nelLa montagna incantata. Potrei rispondere con un'opera di Max Marra.  Diamo all'arte il compito di usare il tempo come materia, la materia come tempo, e diamo agli artisti, ma chi siamo noi a dare? sono gli artisti a dare a noi il passato nel presente con il dono della loro arte. 


Ippolita Luzzo 

mercoledì 21 luglio 2021

Emanuele Pettener Floridiana


 Emanuele Pettener dalla Florida dove vive e lavora presso la Florida Atlantic University (Boca Raton,Florida) ci regala questo bel libro ambientato in Florida ma con una bellissima vacanza a Venezia, sua città, essendo lui nato a Mestre.

 La vicenda raccontata in prima persona dal protagonista mi suscita sin dall'inizio grande simpatia e mi sento vicina alla sua disavventura iniziale. Tom, questo il nome del protagonista, è un dentista di successo ma la sua aspirazione sarebbe diventare un romanziere, saper scrivere racconti. Scrive infatti e poi li legge alla moglie che, proprio sul più bello, lo interrompe domandogli se ha comprato i fagiolini. Non che la moglie sia una insensibile, anzi, la moglie lo incoraggia nella sua passione, lei stessa è una docente universitaria e ha scritto e pubblicato saggi di cinema, ma lui sente quella interruzione come un disinteresse profondo verso il prodotto della sua anima e decide di andare via, sente che la moglie non lo ama più, anzi addirittura sospetta che lo tradisca. Anche mia sorella, quando io tento di leggerle qualcosa, mi riporta alla quotidianità, alle bollette da pagare e alla spesa da fare, per cui sorrido a Tom e lo abbraccio quasi uniti nella stessa sorte.

 Incontriamo Tom ormai in una età di ripensamenti, direbbe Guccini, a settantuno anni, ed è lui stesso a raccontare tutti i tentativi fatti per pubblicare i suoi racconti sulle riviste, tutti i tentativi per raccogliere i racconti e poi proporre la raccolta ad una casa editrice, il suo corso di scrittura creativa, e la pubblicazione infine presso una casa editrice per opera dei buoni uffici della moglie, quindi da lui accettata senza entusiasmo.

 Il suo primo racconto risale al 1985, aveva quarant'anni e lui ricorda lo stato di esaltazione, che prende tutti, tutti, l'ebbrezza di aver scritto qualcosa che reputiamo meraviglioso. Poi l'ebbrezza passa.

Leggendo scopro che Emanuele Pettener è riuscito ad individuare una malattia profonda che può portare anche a vivere male, la sindrome dello scrittore incompreso, dello scrittore fallito, del tormentato vizio di scrivere che diventa un tarlo solitario.

 Così mi scrive un mio amico, uguale a Tom, "Sono un romanziere senza lettori, purtroppo la mia mente contorta e antica mi fa scrivere cose illeggibili." Questo tarlo poi addirittura può oscurare una vita lineare, fatta di belle amicizie, di affetti, di solide posizioni sociali, di viaggi. 

Ed è interessante che il libro riesca a raggiungere quanti più lettori possibili, perché oltre a divertire fa riflettere, fa riporre la penna, o almeno si guarderà con più distacco a quel foglio appena scritto.

Riuscire a creare personaggi così veritieri che addirittura abbiamo conosciuto, forse anche noi stessi siamo stati affetti dalla stessa ubriacatura che si prende Tom, quella esaltazione che arriva al primo articolo pubblicato è uguale uguale a ciò che provai anch'io, riuscire a farci sorridere di noi stessi, questa la grande qualità di Emanuele Pettener, amabile scrittore nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 

domenica 11 luglio 2021

Roberto Latini al Matrioska Festival


 A Lamezia riapre il Teatro Costabile grazie agli artisti della compagnia Mammut Teatro che hanno avuto l'intuizione di creare un Festival in queste torride giornate di Luglio e di proporre il meglio del teatro nazionale. Il festival si conclude con il meglio del meglio della produzione contemporanea, con la prova stratosferica di Roberto Latini. Un pubblico numeroso e coinvolto è rimasto strammato, straorzato, stupito e felicemente recitato anch'esso.

Qualche riferimento prima di darvi i miei appunti.

Roberto Latini: Amleto + Die Fortinbrasmaschine

"Da Marì Alberione Gennaio 26, 2017

Il nuovo lavoro di Roberto Latini è la riscrittura di una riscrittura: Amleto + Die Fortinbrasmaschine prende infatti le mosse da Hamletmaschine di Heiner Müller, testo di fine anni 70 liberamente ispirato all’Amleto di Shakespeare. La drammaturgia di Latini e Barbara Weigel mantiene la suddivisione in cinque capitoli di Müller (Album di famiglia, L’Europa delle donne, Scherzo, Pest a Buda battaglia per la Groenlandia, Nell’attesa selvaggia/Dentro la orribile armatura/Millenni) arricchendola di riferimenti all’immaginario contemporaneo (al cinema, ma anche a Eduardo De Filippo, Carmelo Bene…) e con una lettura filologica del testo di Shakespeare (un amore che caratterizza tutto il percorso artistico della compagnia che, non a caso, si chiama Fortebraccio). Il risultato è uno spettacolo denso di significato, e di senso, che restituisce la potenza delle parole del Bardo, creando un cortocircuito tra passato e presente estremamente interessante. Roberto Latini, solo in scena, è come sempre straordinario nel dar vita a tutti i personaggi della tragedia shakesperiana (e il suo “Essere o non essere” è uno dei più belli e intensi visti a teatro)."

Roberto Latini: La levitazione del teatro. 

Un gigante sulle scene ha tenuto sul suo corpo, con i gesti e con la sonorità della voce, il dramma, la tragedia e l’inane destino degli uomini nei secoli dei secoli. Recita il monologo di Amleto verso la fine e già però si è interrogato a lungo chiedendo più volte a gran voce: “Dov’è questo spettacolo?” 

Vero è che ha iniziato con l’articolo uno che ci ricorda tutti gli uomini nascono liberi e uguali, vero è che la parola è azione e che cerchiamo la fraternità e stiamo su questa terra ma non è forse tutta immaginazione?

 Se le parole sono fiato e il fiato è vita, guardami, noi siamo in bianco e nero. 

Nell’eterno domandare la scena cambia, cambiano gli oggetti e mentre si dondola, ecco la domanda topica: Come stai? E rispondersi: bene. 

Come è stato fatto questo amore in questi lunghi giorni? E rispondersi: bene. 


Noi sappiamo quel che siamo ma non sappiamo quel che dobbiamo essere.

 Sulla scena un proteiforme genio che occupa il nostro immaginario sconvolgendo le abitudini e ci costringe a salire anche noi con le sensazioni turbate sulla scena a scaraventare la sedia, a indossare i tacchi altissimi e a recitare insieme a lui: Guardami, a cosa guardi? Fuori dagli occhi. 

Ed insieme scopriremo il momento in cui le parole madre e padre stanno insieme.

 Sono queste le pochissime suggestioni fra molteplici spunti che io ho conservato di una serata speciale possibile solo grazie a MATRIOSKA FESTIVAL ai ragazzi del Mammut Teatro e alla genialità del teatro che ti porta a ripercorrere il mito, l’amore, il senso della vita. 

Amleto + Die Fortinbrasmaschine di Roberto Latini, spettacolo conclusivo del Matrioska Festival, resta uno dei più straordinari spettacoli visti negli ultimi anni

Ippolita Luzzo