venerdì 30 luglio 2021

Raffaele Gaetano Senza ombre di cerimonie


Sull'ospitalità nei Diari di viaggio in Calabria di Edward Lear.

Raffaele Gaetano da tempo studia l'estetica del viaggio e in particolare i viaggiatori stranieri in Calabria dal 700 fino al 900.  Basti ricordare, fra gli altri, La Calabria nel viaggio pittoresco del Saint-Non, con la nuova traduzione del Voyage Pittoresque e le 35 Vedute acquerellate a mano  Avanti all’anima mia, Il paesaggio calabrese nello sguardo di Theodore Brenson con le 52 Tavole del Viaggio in Calabria, Sull’orlo dell’invisibile, Il sublime nella Calabria del Grand Tour, Le querce sono in fiore, memorie di viaggiatori nel Lametino.

Venerdì 30 Luglio presso il Residence La Giungla si parla di Senza ombre di cerimonie, pubblicato nel settembre 2020 da Luigi Pellegrini Editore nella nuova collana All'insegna del Gatto Foss, diretta dallo stesso Raffaele Gaetano. Il gatto Foss era il gatto di Edward Lear, il gatto che lenì il periodo sanremese di Lear, che si vide costruito un grande fabbricato davanti la sua villa e non poté più godere della vista del mare dalle sue affacciate. Quisquilie e altre bizzarrie, opere stravaganti, ibride, e lontane dai circuiti tradizionali dei saggi, saranno le proposte di Raffaele Gaetano per questa collana. 
I luoghi non sono come sono, sono come si raccontano, e nel corso della serata, fra gli astanti, nacque una irrefrenabile voglia di andare a Canolo e a Palizzi, come se non ci fossero luoghi più sublimi. Invano fu il mio dire, lo spiegare che sublime è l'orrido che affascina, che i luoghi visitati da Lear erano e sono lontani, scomodi e selvaggi, invano. Tutti si sarebbero alzati all'istante e avrebbero seguito Raffaele Gaetano, che come un pifferaio magico, ci stava irretendo con la musica dei luoghi. 
Il libro riesce a dare vita alla storia, agli uomini di cui si perse traccia finanche nella memoria dei familiari, degli eredi, riesce a raccontare quella estate del 1847 come se fosse la nostra estate, e Lear, come Phileas Fogg insieme a Proby, il suo Passepartout, fanno il giro del mondo in quaranta giorni, o più, dovendo andare via dalla Calabria per i Moti di Rivoluzione contro i Borboni.
Ogni viaggiatore ha il suo accompagnatore ed anche io mi sento semplice accompagnatrice in questa serata ospite dal Residence La Giungla. 
Ippolita Luzzo 


Qualche appunto: 

 "In Calabria tra la fine del ‘700 e l’intero ‘800, numerosi viaggiatori stranieri, specialmente inglesi, desiderosi di conoscere soprattutto i luoghi della Magna Grecia,  viaggiarono verso l’estrema punta dell’Italia peninsulare, attratti dalla natura selvaggia, e hanno lasciato, oltre a testimonianze letterarie, una ricca iconografia fatta di incisioni o acquerelli 

Uno di questi viaggiatori curiosi incoscienti e temerari, fu lo scrittore e pittore inglese Edward Lear (1812-1888). Nel 1841 si trasferì a Roma e nell’estate del 1847, insieme all’amico John Proby, Lear intraprese un viaggio in Calabria di cui ci avrebbe lasciato un delizioso resoconto nel suo “Journals of a landscape painter in Southern Calabria” pubblicato nel 1852 a Londra per l’editore Richard Bentley. Il viaggio si svolse dal 25 luglio al 5 settembre 1847 e fu compiuto a piedi: una scelta che lo stesso Lear considerò necessaria per poter fare “sempre ciò che ci piace, ammirare o fermarci per disegnare, senza alcuna regola precisa” come scrive nello stesso diario di viaggio.

L’itinerario iniziò da Reggio Calabria e terminò nella stessa città dopo aver attraversato l’entroterra e la costa della provincia. Borghi di collina o di mare come Motta, Bova, Condofuri, Staiti, Bovalino, Roccella, Palmi, Scilla, Villa San Giovanni, solo per citarne alcuni, furono visitati da Lear e dal suo compagno di viaggio grazie al supporto della guida locale Ciccio che li condusse per le contrade del reggino insieme al suo inseparabile asino.

 I fermenti che presto sarebbero sfociati nei moti rivoluzionari di Reggio Calabria costrinsero infatti Lear ad interrompere, suo malgrado, il viaggio alla fine di agosto dello stesso anno.

Le immagini della Calabria non sono le uniche a comparire nei Journals di Edward Lear. Troviamo infatti anche quelle di altri luoghi del Regno di Napoli, raccolte dall’autore in Campania, Puglia e Basilicata lungo l’itinerario percorso per raggiungere la sua destinazione." 

CHI ERA EDWARD LEAR ?

Edward Lear, nato a Londra nel 1812, è stato uno degli illustratori più apprezzati dell’Inghilterra vittoriana. Oltre a dedicarsi alla pittura e al disegno si sarebbe presto distinto anche come scrittore di nonsense.

 Quando nel 1847 decise di recarsi in Calabria, il suo progetto prevedeva una visita dell’intero territorio, ma i moti di Reggio dell’ottobre 1847 gli consentirono di percorrere solo la provincia reggina. Nello stesso anno andò in Sicilia mentre nel 1848 visitò Melfi, la zona del Vulture e l’alta Irpinia. Scrisse ed illustrò diversi altri libri di viaggio, fra cui quelli su Roma, Grecia e Albania, Isole del Mar Jonio e Corsica. Morì a Sanremo il 29 gennaio 1888."

mercoledì 28 luglio 2021

"L'inquieta bellezza della materia" Max Marra al Marca

 


Il Museo Marca di Catanzaro ospita dal 25.06.2021 al 07.09.2021Max Marra "L'inquieta bellezza della materia" a cura di Teodolinda Coltellaro.

Una mostra antologica di Max Marra, artista calabrese, nato a Paola, in provincia di Cosenza, e che ormai da molti anni vive in Lombardia. Una mostra appositamente progettata per il Marca, scrive Rocco Guglielmo, il Direttore artistico del Marca, nel suo intervento. 

Una mostra di cui io avevo tanto sentito parlare già dal suo nascere e poi durante il fermo imposto dalle vicende terribili di una epidemia che ha chiuso un anno, che non permetteva altro se non lo studio e l'approfondimento. 

La mostra ci accoglie nella sontuosità degli spazi del Marca, nella sontuosità delle installazioni, del disegno, della tridimensionalità scultorea delle opere.

La cerimonia di inaugurazione molto partecipata, erano presenti artisti, critici d'arte nazionali, giornalisti e un pubblico attento e ammirante.

Scegliere cosa far vedere per donare un intero con alcuni pezzi è il gesto più complesso, e la mostra già ci accoglie con la Struttura, un groviglio polimaterico, con le linee di tensione, con la fotografia e manipolazione digitale attuata da Marco Chirchirillo in Presenze, Max Marra a teatro, unico e solo pubblico occupante la platea, nelle sue diverse pose.




" Eccomi" sembra dica Max Marra, dalla platea al palcoscenico, siamo in tanti, sono qui, sto parlando con voi, sto parlando da qui, sto giù e sto sui palchi in alto, vi saluto, ed al centro ai primi posti sto consultando un catalogo. 
"Sarà questo?" mi domando scherzosamente io. 

Sono molti gli anni da portare in scena, dagli anni Settanta agli Ottanta, quando la ricerca si indirizza in forme di integrazione fra pittura e scultura, per un oggetto poetico.  

Alla fine degli anni Ottanta le opere su San Francesco di Paola, un uomo solo, così è il titolo del suo ciclo di opere "Francesco è solo" solo con la responsabilità di esserci nella giustizia, nella moralità, nel dare consigli ai regnanti, nel costituire un esempio. 

In seguito arriveranno "I pacchetti" e poi la serie "Pance ferite". La materia diventa corpo. Man mano dalla sofferenza delle pance cucite si avvia  verso il bianco, i Bianchi miraggi del '94 e il bianco è la spiritualità verso cui tende l'artista, il sacro, le varie dimensioni che una vita può attraversare solo elevandosi nel gesto artistico.

Come in un immaginario grande teatro gli atti si susseguono, così noi spettatori ripetiamo i nostri sguardi sulle sue opere applaudendo un artista immaginifico e imponente, nella felicità stupefacente di aver finalmente accesso alla Mostra. 

Ippolita Luzzo 

lunedì 26 luglio 2021

Max Marra e Gospodinov in Cronorifugio


“Di continuo produciamo passato. Siamo fabbriche di passato. Macchine viventi di passato, cos’altro? Mangiamo tempo e produciamo passato. Nemmeno la morte è una soluzione.”
E nel domandare dove va tutto il passato a me viene da rispondere a Gospodinov e al suo libro Cronorifugio che il passato sta tutto nell’arte. Ieri sera al Complesso monumentale San Giovanni, a Catanzaro, c’erano le acqueforti e litografie di Chagall ad illustrare la Bibbia, il percorso, di stanza in stanza, ci portava alla presenza degli Ebrei in Calabria e infine al Ghetto, al passato recente, al Novecento, secolo di orrori.

La storia stava tutta in quella stanza con le opere artistiche di Max Marra, con quel rosso spennellato su un passato orribile, sull’esodo, su anni che furono senza senso, perché senza senso è la guerra, la tortura, la violenza. Qui La tradotta della vergogna.  Nella stessa stanza i colori brillanti delle ceramiche di Antonio Pujia, con i simboli del popolo ebraico, il candelabro, la melagrana, la stella.

Si andava da una parte all’altra della stanza, ritornando sempre su Max Marra, su quel modo semplice di denunziare l’orrore che l’arte, la grande arte possiede, e improvvisamente io capisco i tagli e le cuciture che Max Marra ha poi impresso alla materia nel corso degli anni, come viene testimoniato dalla mostra al Marca, Museo delle Arti, di Catanzaro. "L'inquieta bellezza della materia" a cura di Teodolinda Coltellaro, inaugurata il 25/06/2021 sarà visitabile fino al 07/09/ 2021.

Come dice Gospodinov” Dove vanno a finire tutte quelle storie cominciate e non finite, quelle relazioni interrotte che ancora sanguinano, tutti gli amanti piantati e tagliati via- “tagliati via” non a caso è una espressione da macellaio” 

Tutto viene cucito nell’arte, con Max Marra che con "mano pietosa" scrive Teodolinda Coltellaro, non teme di estetizzare la sporcizia, non teme, scrivo io, di cucire il passato. Recupera, riesuma, con iuta, corda, stoppa e cere, catrame, oli, ossidi, carbone, e "Tutto il mio fare ha la memoria del vissuto" Sembra Max Marra il personaggio del libro di Godospinov, che vuole aiutare quanti hanno perso la memoria a riappropriarsi dei loro ricordi. 

Guardando le pance cucite di Max Marra io mi sentivo inquieta, ora non più, ora dopo aver appreso che il nostro organo per il tempo è l'arte, potrei rispondere alla domanda che Thomas Mann si fa nelLa montagna incantata. Potrei rispondere con un'opera di Max Marra.  Diamo all'arte il compito di usare il tempo come materia, la materia come tempo, e diamo agli artisti, ma chi siamo noi a dare? sono gli artisti a dare a noi il passato nel presente con il dono della loro arte. 


Ippolita Luzzo 

mercoledì 21 luglio 2021

Emanuele Pettener Floridiana


 Emanuele Pettener dalla Florida dove vive e lavora presso la Florida Atlantic University (Boca Raton,Florida) ci regala questo bel libro ambientato in Florida ma con una bellissima vacanza a Venezia, sua città, essendo lui nato a Mestre.

 La vicenda raccontata in prima persona dal protagonista mi suscita sin dall'inizio grande simpatia e mi sento vicina alla sua disavventura iniziale. Tom, questo il nome del protagonista, è un dentista di successo ma la sua aspirazione sarebbe diventare un romanziere, saper scrivere racconti. Scrive infatti e poi li legge alla moglie che, proprio sul più bello, lo interrompe domandogli se ha comprato i fagiolini. Non che la moglie sia una insensibile, anzi, la moglie lo incoraggia nella sua passione, lei stessa è una docente universitaria e ha scritto e pubblicato saggi di cinema, ma lui sente quella interruzione come un disinteresse profondo verso il prodotto della sua anima e decide di andare via, sente che la moglie non lo ama più, anzi addirittura sospetta che lo tradisca. Anche mia sorella, quando io tento di leggerle qualcosa, mi riporta alla quotidianità, alle bollette da pagare e alla spesa da fare, per cui sorrido a Tom e lo abbraccio quasi uniti nella stessa sorte.

 Incontriamo Tom ormai in una età di ripensamenti, direbbe Guccini, a settantuno anni, ed è lui stesso a raccontare tutti i tentativi fatti per pubblicare i suoi racconti sulle riviste, tutti i tentativi per raccogliere i racconti e poi proporre la raccolta ad una casa editrice, il suo corso di scrittura creativa, e la pubblicazione infine presso una casa editrice per opera dei buoni uffici della moglie, quindi da lui accettata senza entusiasmo.

 Il suo primo racconto risale al 1985, aveva quarant'anni e lui ricorda lo stato di esaltazione, che prende tutti, tutti, l'ebbrezza di aver scritto qualcosa che reputiamo meraviglioso. Poi l'ebbrezza passa.

Leggendo scopro che Emanuele Pettener è riuscito ad individuare una malattia profonda che può portare anche a vivere male, la sindrome dello scrittore incompreso, dello scrittore fallito, del tormentato vizio di scrivere che diventa un tarlo solitario.

 Così mi scrive un mio amico, uguale a Tom, "Sono un romanziere senza lettori, purtroppo la mia mente contorta e antica mi fa scrivere cose illeggibili." Questo tarlo poi addirittura può oscurare una vita lineare, fatta di belle amicizie, di affetti, di solide posizioni sociali, di viaggi. 

Ed è interessante che il libro riesca a raggiungere quanti più lettori possibili, perché oltre a divertire fa riflettere, fa riporre la penna, o almeno si guarderà con più distacco a quel foglio appena scritto.

Riuscire a creare personaggi così veritieri che addirittura abbiamo conosciuto, forse anche noi stessi siamo stati affetti dalla stessa ubriacatura che si prende Tom, quella esaltazione che arriva al primo articolo pubblicato è uguale uguale a ciò che provai anch'io, riuscire a farci sorridere di noi stessi, questa la grande qualità di Emanuele Pettener, amabile scrittore nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 

domenica 11 luglio 2021

Roberto Latini al Matrioska Festival


 A Lamezia riapre il Teatro Costabile grazie agli artisti della compagnia Mammut Teatro che hanno avuto l'intuizione di creare un Festival in queste torride giornate di Luglio e di proporre il meglio del teatro nazionale. Il festival si conclude con il meglio del meglio della produzione contemporanea, con la prova stratosferica di Roberto Latini. Un pubblico numeroso e coinvolto è rimasto strammato, straorzato, stupito e felicemente recitato anch'esso.

Qualche riferimento prima di darvi i miei appunti.

Roberto Latini: Amleto + Die Fortinbrasmaschine

"Da Marì Alberione Gennaio 26, 2017

Il nuovo lavoro di Roberto Latini è la riscrittura di una riscrittura: Amleto + Die Fortinbrasmaschine prende infatti le mosse da Hamletmaschine di Heiner Müller, testo di fine anni 70 liberamente ispirato all’Amleto di Shakespeare. La drammaturgia di Latini e Barbara Weigel mantiene la suddivisione in cinque capitoli di Müller (Album di famiglia, L’Europa delle donne, Scherzo, Pest a Buda battaglia per la Groenlandia, Nell’attesa selvaggia/Dentro la orribile armatura/Millenni) arricchendola di riferimenti all’immaginario contemporaneo (al cinema, ma anche a Eduardo De Filippo, Carmelo Bene…) e con una lettura filologica del testo di Shakespeare (un amore che caratterizza tutto il percorso artistico della compagnia che, non a caso, si chiama Fortebraccio). Il risultato è uno spettacolo denso di significato, e di senso, che restituisce la potenza delle parole del Bardo, creando un cortocircuito tra passato e presente estremamente interessante. Roberto Latini, solo in scena, è come sempre straordinario nel dar vita a tutti i personaggi della tragedia shakesperiana (e il suo “Essere o non essere” è uno dei più belli e intensi visti a teatro)."

Roberto Latini: La levitazione del teatro. 

Un gigante sulle scene ha tenuto sul suo corpo, con i gesti e con la sonorità della voce, il dramma, la tragedia e l’inane destino degli uomini nei secoli dei secoli. Recita il monologo di Amleto verso la fine e già però si è interrogato a lungo chiedendo più volte a gran voce: “Dov’è questo spettacolo?” 

Vero è che ha iniziato con l’articolo uno che ci ricorda tutti gli uomini nascono liberi e uguali, vero è che la parola è azione e che cerchiamo la fraternità e stiamo su questa terra ma non è forse tutta immaginazione?

 Se le parole sono fiato e il fiato è vita, guardami, noi siamo in bianco e nero. 

Nell’eterno domandare la scena cambia, cambiano gli oggetti e mentre si dondola, ecco la domanda topica: Come stai? E rispondersi: bene. 

Come è stato fatto questo amore in questi lunghi giorni? E rispondersi: bene. 


Noi sappiamo quel che siamo ma non sappiamo quel che dobbiamo essere.

 Sulla scena un proteiforme genio che occupa il nostro immaginario sconvolgendo le abitudini e ci costringe a salire anche noi con le sensazioni turbate sulla scena a scaraventare la sedia, a indossare i tacchi altissimi e a recitare insieme a lui: Guardami, a cosa guardi? Fuori dagli occhi. 

Ed insieme scopriremo il momento in cui le parole madre e padre stanno insieme.

 Sono queste le pochissime suggestioni fra molteplici spunti che io ho conservato di una serata speciale possibile solo grazie a MATRIOSKA FESTIVAL ai ragazzi del Mammut Teatro e alla genialità del teatro che ti porta a ripercorrere il mito, l’amore, il senso della vita. 

Amleto + Die Fortinbrasmaschine di Roberto Latini, spettacolo conclusivo del Matrioska Festival, resta uno dei più straordinari spettacoli visti negli ultimi anni

Ippolita Luzzo 


martedì 6 luglio 2021

Mio nonno


 5 luglio 1975

mio nonno si rifiutava.

Moriva ribellandosi nel reparto dell'ospedale, dove era ricoverato per leucemia.

Troppo presto è, troppo presto, continuava a protestare.

Mio nonno nato nel 1900 credeva che avrebbe vissuto quanto i suoi genitori, che raggiunsero i novant'anni.

Per questo la protesta ripetuta.

Non essendo stata presente in ospedale quella mattina io continuo a sentirlo protestare.

 Era infatti giovane, bello, vitale e raccontava la vita con ironia ed intelligenza.

 Mi manca molto.

Credo sia stato unico uomo della famiglia che mi capisse e che capivo. 

Un narratore. 

Qui aveva 21 anni in una foto a Napoli

domenica 27 giugno 2021

Graziano Gala Sangue di Giuda

 


Mi giunge nel Regno della Litweb Graziano Gala Sangue di Giuda per vie amicali di grande affettività. Mario me lo consegna in regalo, un regalo graditissimo unisce la scuola amata da insegnanti e alunni in un filo che ci lega da molti anni. Anche Graziano è insegnante e ora scopro del mio stesso segno zodiacale! sembra sia il segno degli scrittori, o almeno dei fissati, in senso buono, con la scrittura. Insieme abbiamo un autore amatissimo, Flaiano, io scherzosamente dico addirittura di essere Flaiano redivivo. 

Leggo Graziano Gala. Sangue di Giuda è il suo romanzo d’esordio con minimum fax. Un romanzo in una lingua dialettale, tra pugliese e campano, scritto con una voce narrante, Giuda, che in effetti non è il suo nome ma quello che gli ha appioppato il padre. Giuda è un vinto, con la saga di Verga in testa, lo leggo. 

Graziano costruisce un racconto raccontato, vi dicevo, dalla voce di chi ha perso tutto anche il televisore. Col furto del televisore inizia la vicenda. Il dialetto dapprima rende difficile la lettura, io traducevo in italiano, volta per volta, poi leggendo mi è stato comprensibile e scorrevole. Addirittura alla fine Graziano ha messo un dizionario per spiegare in dialetto i termini dialettali!

 Non vi racconterò la trama ma uno degli snodi più interessanti per me sono le situazioni orribili nel rapporto col padre. C’è un episodio in cui il padre vuole costringere il figlio ancora bambino a toccare una prostituta in un bordello. Il bambino si ribella e ne resta traumatizzato e il padre gli urla contro le peggiori cose. 

Successe uguale quasi ad un mio amico, ora rimasto single, e lui raccontava da adulto quanto in effetti il padre, un graduato dell’esercito mi sembra, lo avesse costretto. E al suo rifiuto rimase una frattura insanabile. Educazione sessuale violenta, potremmo chiamarla. Chissà quanti bimbi l’hanno subita!

Graziano racconta un vinto che viene sconfitto dalle istituzioni orbe e senz’anima, dalla politica e dagli stessi affetti familiari. Vinto ma non domo, Giuda recupererà l’italiano, non vi dico quando e dove, in un sussulto di dignità mai persa.

"Gala si muove soprattutto nei territori del surreale e del lunatico, lunare o stralunato (credo che tutti e tre i termini vadano bene, il primo va riferito ovviamente alla "scuola" di cui rappresentati eminenti sono Celati e Cavazzoni)." dice Marco Patrone in Recensireilmondo, a proposito di Felici Diluvi, opera del 2018, quattordici racconti che leggerò. Il titolo dice Gala " Il titolo è venuto da una constatazione semplice e sincera: quando piove, quando si soffre, quando le vicende vanno poco bene si può decidere di rintanarsi sotto al proprio ombrello, di condividerlo o, addirittura, di cederlo. La condivisione del dolore, la sopportazione comune e solidale è una delle esperienze più intime provabili. La pioggia in compagnia fa meno paura." ed è questo che emerge anche in Sangue di Giuda.

Leggeremo ancora Graziano Gala nelle sue sperimentazioni, qui in Sangue di Giuda ha voluto scrivere in un dialetto che richiede un adattamento del lettore alla lingua, una lingua interiore di un personaggio che è alla ricerca come tutti noi di " Virtute e conoscenza"

Ippolita Luzzo 

Graziano Gala nasce a Tricase il 19 settembre 1990. Vive a Milano, dove insegna Lettere in un Liceo delle scienze umane. Nel 2012 vince il premio “Lo scrivo io”, indetto da “La Gazzetta del Mezzogiorno” nella sezione poesia. Il suo racconto “Variabili impazzite”, viene inserito nella collana “Chi semina racconti 2”, curato dall’associazione “Tha Piaza Don Chisciotte”. Nel 2013 vince il premio speciale della giuria nel “Premio internazionale di cultura” indetto dall’AEDE (Association Européenne des Enseignants). Due suoi racconti vengono selezionati nel bando “Bollenti spiriti”, indetto dalla Regione Puglia, dando origine al volume collettaneo “Parole battute”. Si qualifica terzo al “Premio Nazionale Bukowski” di Viareggio. Nel 2016 il suo racconto “Sabotare il silenzio”, viene pubblicato in un’antologia edita da “Testi&Testi” e vince il premio “Carlo Cultrera”. Nello stesso anno un suo racconto viene selezionato dall’associazione “Onalim” e letto durante la Piano City Milano 2016 e nella scuola di scrittura “Belleville”.