mercoledì 10 marzo 2021

Emanuele Trevi due Vite



Due Vite: Rocco Carbone e Pia Pera 

" C'è un tipo di saggezza che consiste nell'aspettare la verità come un eremita nel deserto, murato tra le proprie abitudini, insensibile alla mutevole varietà del mondo" La saggezza la accompagnerà, mi disse in un pomeriggio di giugno, dopo molto aspettare in fila a tantissimi, un missionario che leggeva le persone facendo aprire loro la Bibbia. Era la settimana della tredicina di Sant'Antonio e sul sagrato della Chiesa moltissimi pellegrini aspettavano il responso. Io fui fiera di ciò che mi disse, me lo ripeto anche ora e non ho questo tipo di saggezza, bensì  vorrei quella di Pia Pera, "di considerare ogni cosa come un passaggio e fare tesoro di ogni esperienza"

Con un libro in mano. 

Nella rosa dei 12 finalisti del Premio Strega con il suo Figli dello stesso padre, Romana Petri viene intervistata nell'aprile del 2013.

 Lei sta dicendo che avrebbe dovuto esserci Rocco Carbone in finale,  scrittore e suo amico, scomparso da pochi anni. Ricordo che lessi e rimasi legata con affetto a questa scrittrice che parlava del suo amico e me lo faceva conoscere proprio nel momento in cui era lei la protagonista. Non conoscevo affatto lo scrittore, ma trovai poi un altro articolo di Chiara Gamberale del 2008, di luglio 2008, proprio poco dopo la notizia dell'incidente in motorino, e la presenza di Rocco Carbone a casa mia cominciò a diventare fisica, lo vedevo. 

Lo vedevo, ero riuscita a trovare un suo video su internet, in cui parlava della sua esperienza di insegnante nel carcere di Rebibbia, il suo ultimo lavoro, di cui troviamo traccia nel libro "Libera i miei nemici" pubblicato da Mondadori nel 2006. 

 Rocco Carbone era diventato mio amico postumo, come si usa dire, non conoscendo ancora quante e quali siano le strade che ci portano ad un altro. Di Rocco Carbone leggo "Padre americano", pubblicato da Cavallo di Ferro, con prefazione di Romana Petri, e "Per il tuo bene" a cura di Emanuele Trevi. 

Nel 2014 Rocco stava a casa mia nel Regno della Litweb, il luogo inventatomi per sfuggire alla realtà troppo cattiva e insulsa. 

La breve vita felice di Rocco Carbone, scrive Emanuele Trevi nel 2009, nella prefazione a Per il tuo bene, pubblicato postumo, ed  io leggo e rileggo questa testimonianza di amicizia grande, unendola ora al libro Due vite, finalista al Premio Strega nel 2021. 

Il tempo fermo su Rocco Carbone e su Pia Pera, sono loro due gli amici di cui scrive Emanuele Trevi in Due vite.

Erano stati amici da giovani, avevano continuato a crescere in amicizia e si erano incoraggiati man mano continuando a essere presenti anche oltre la realtà ingiusta e crudele. Pia si ammala e muore, Rocco ha un incidente e muore, ma "la scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti, e consiglio a chiunque abbia nostalgia di qualcuno di fare lo stesso: non pensarlo ma scriverne, accorgendosi ben presto che il morto è attirato dalla scrittura, trova sempre un modo inaspettato per affiorare nelle parole che scriviamo di lui, e si manifesta di sua propria volontà, non siamo noi che pensiamo a lui, è proprio lui una buona volta"

Emanuele Trevi porta entrambi gli amici allo Strega, facendo fiorire e rifiorire quel giardino curato da Pia, che conosciamo da lei, dal suo " Al giardino ancora non l'ho detto" in una "Apparizione" di Rocco e insieme tutti noi, che crediamo possibile la Letteratura, li vedremo in finale con il sorriso gioioso dell'amicizia. 

Ippolita Luzzo

ps poi dirò ancora 


martedì 9 marzo 2021

Ioana Pârvulescu La vita comincia venerdì


 Vincitore del Premio dell’Unione Europea per la letteratura, il libro di Ioana Pârvulescu ci porta come se fossimo in "una stupefacente macchina del tempo" a Bucarest nel 1897. La scrittrice romena, ci dice Bruno Mazzoni, nella postfazione, è una saggista e critica letteraria ora giunta al romanzo storico, sì, ma con assoluta novità. L'autrice ci porta in una Bucarest alla fine dell'Ottocento, in un giorno, venerdì, e in altri pochi giorni che vanno dal 19 dicembre al 31 dicembre del 1897.

La città raccontata ci sembra un luogo delizioso e garbato, mi sembrano i racconti di mia madre, che nata nel 1924 in Calabria ricorda gli stessi stupori all'arrivo della luce. 

Siamo alla fine del secolo e a Bucarest sta arrivando l'illuminazione elettrica, il telefono, la città è percorsa da carrozze trainate da cavalli, i giornali escono due volte al giorno, e soprattutto si fanno ancora le visite nelle case. Nei salotti della buona società. 

C'era fiducia nel futuro. Iulia, la figlia del dottore Margulis, legge Vanity Fair in lingua originale, tiene un diario e attraverso il suo diario, in cui annota i preparativi per Natale e Capodanno troviamo l'elemento sorpresa. 

In una foresta nei pressi della città vengono rinvenuti due giovani, uno, ferito, morirà dopo qualche giorno, l'altro si riprende, ma non si sa chi sia e l'inchiesta viene affidata al poliziotto Costache. 

Nella lettura di Mircea Cărtărescu lo scrittore chiama il romanzo " a thing of beauty" un libro di una nostalgia affettuosa verso un modo di vivere pacato e disteso. Sembra un libro per l'infanzia, dice lo scrittore, eppure rimane pur sempre un ottimo libro per adulti, un libro di grande realismo e costruito con infinita pazienza nei dettagli precisi. 

Sono tredici i capitoli del libro e in ogni capitolo svariati personaggi raccontano gli stessi eventi con differente interpretazione, come se ci trovassimo davanti a un giallo di Agatha Christie. Ci troviamo a domandarci, leggendo, chi sia questo straniero, vestito in modo improbabile per il periodo storico, e con l'impressione che provenga da un altro mondo. Sembra che lo straniero sia nello stesso tempo del nostro, abbia vissuto come noi, e interdetto ora si chieda come sia possibile che si trovi in quegli anni come se avesse usato una macchina del tempo e fosse tornato indietro. 

Nel prologo troviamo proprio il ritorno al tempo di mia madre " Pochi anni prima del 1900 le giornate erano capienti. La gente vibrava come i fili del telegrafo, era ottimista e credeva, mai come prima e mai come dopo, nella forza della scienza, nel progresso e nel futuro. Capodanno, perciò, era diventato il momento più importante: l'inizio, continuamente rinnovato, del futuro" La Romania era in Europa, a Bucarest, la sua capitale, non c'era tempo per annoiarsi mai. "Prima del 1900 l'uomo credeva che Dio lo volesse immortale, nel senso più concreto della parola. Nulla sembrava impossibile .. Per il resto le persone assomigliavano molto e sotto ogni punto di vista a quelle che le avevano precedute e a quelle che sarebbero venute dopo." Pochi anni prima del 1900 le giornate erano capienti e la gente sognava il nostro mondo. Sognava noi. 

Vi piacerà moltissimo leggere questo racconto, tradotto da Mauro Barindi con perfetta adesione allo spirito e al tempo della scrittrice, pubblicato da Voland, nella collana Amazzoni, nel novembre 2020, in un tempo, il nostro, così sgualcito, in questi anni in cui dobbiamo volgerci indietro per trovare il tempo capiente che ora non è più. 

Nel Regno della Litweb noi andiamo a spasso nel tempo come lo straniero e sembriamo anche noi dei mutanti nel nostro tempo. Mutiamo per resistere nella bella letteratura che ci sostiene.

Ippolita Luzzo 


Ioana Pârvulescu

Scrittrice e saggista, è docente alla facoltà di Lettere di Bucarest. Già redattrice della rivista “România literară” e responsabile editoriale per Humanitas, è autrice di saggi sulla vita quotidiana romena del XIX e XX secolo e di romanzi tradotti in più di 10 lingue. La vita comincia venerdì ha vinto nel 2013 il Premio dell’Unione Europea per la letteratura.

venerdì 5 marzo 2021

Claudio Giunta Le alternative non esistono

 


La vita e le opere di Tommaso Labranca. 

Cinque anni fa, come oggi, Tommaso Labranca mi dà l'amicizia su Facebook. Io lo aggiungo al gruppo Litweb e lui mi toglie l'amicizia. A nulla valse il fatto che io mi scusassi su Messenger spiegando che Litweb ero sempre io. Lui, io credo, non è proprio andato a vedere le mie spiegazioni, ed io ho saputo della sua morte dal cordoglio di chi l'aveva conosciuto sempre sui social. Non lo avevo mai letto e non vedendo la televisione non sapevo neppure delle sue collaborazioni anche con Fabio Fazio. 

Ho letto però con grande commozione il libro, che a cinque anni dalla scomparsa, ha scritto Claudio Giunta su di lui. Un accuratissimo saggio. 

Ho conosciuto nel 2019 Claudio Giunta a Lamezia nel corso di una serata. Lui presentava con brio e intelligenza il suo libro "Come non scrivere. Consigli ed esempi da seguire, trappole e scemenze da evitare quando si scrive in italiano" (Utet) ed io ero estasiata di incontrare chi condivideva con me gli stessi pensieri riuscendo però ad esprimerli con tanta chiarezza e amabilità. 

Il saggio dedicato a Tommaso Labranca è dotato delle stesse caratteristiche: Chiarezza e Amabilità. 

Non conoscendo Tommaso Labranca ci affezioniamo a lui come ce lo propone Claudio e ripercorriamo i luoghi frequentati e le abitudini di Labranca come fosse un amico perso troppo presto. 

Ne seguiamo i suoi inizi, gli amici, gli amici che restano e quelli che vengono abbandonati senza una ragione, le sue passioni, una fra tutte quella fanciullesca per Orietta Berti, le sue stranissime feste a tema, e quando lui  incontra in Svizzera sul lago i due coniugi Miler che  chiama Eva Kent e Diabolik, così per celia. 

Guardo i video con Luca Rossi, ora rimasto a curare gli inediti, a pubblicare con la casa editrice che avevano messo insieme libri di nicchia. Nel 2013, assieme a Luca Rossi, avevano creato la  casa editrice 20090, dal codice di avviamento postale del paese.  "Tra i primi volumi pubblicati dalla neonata casa editrice figura Progetto Elvira. Dissezionando Il vedovo, un saggio sul film Il vedovo del 1959, diretto da Dino Risi. Nel 2015 la casa editrice 20090 e la Casa d'Arte Miller di Capolago, in Canton Ticino danno vita unitamente alla rivista Tipografia Helvetica. La rivista, guidata da Labranca e composta utilizzando il carattere Helvetica, si propone di raccontare "di arte, autori, libri, musiche, immagini, eventi e oggetti posti fuori dal mainstream editoriale, obliati, mai esplosi, felici di essere di nicchia".

Nel maggio del 2016, sempre per 20090, Labranca pubblica il saggio Vraghinaròda. Viaggio allucinante fra creatori, mediatori e fruitori dell'arte, incentrato sull'analisi del mondo dell'arte contemporanea. Nello stesso anno Labranca avrebbe dovuto iniziare una collaborazione con la rivista Linus, interrotta però dalla morte dello scrittore. Il primo articolo previsto per la rivista, Impressioni di settembre, esce postumo nel numero di settembre dello stesso anno. "

Fra le canzoni della sua vita Labranca mette una che io conosco e amo, "L'immensità2, qui cantata da Dorelli, ma era la canzone di Don Backy altro genio dalla carriera difficile e contrastata. 

"Rendere difficile un percorso semplice"  con queste parole di Labranca termina il saggio di Claudio Giunta, termina con il sogno di una "esistenza depistata, una esistenza così ben spesa e così buttata via" 

Resta in tutti noi il languore, il senso di vuoto, il desiderio di conoscerlo ancora, ed io comincio ad associare Labranca a Stirner, il filosofo anarchico dell'Unico, dell'Unicità. 

A Pantigliate, Garage della Maison Labranca il 18 febbraio del 2004 inaugura una decade di povertà, il 3 G sarà per gli anni zero quello che il muro di Berlino è stato per gli anni novante, scrive sull'invito. Una sensibilità aderente ai tempi lo portava a vedere i tempi scarnificati e gli orpelli veri orpelli, inutili a volte, troppe volte.

La dispersione, Dagli anni zero al 2016 Labranca si disperde in un po' di tutto, ed ora ci sembra altro, ci sembra quello sciupio che tante volte abbiamo osservato in esistenze segnate da "Una vita Difficile"

So che Labranca adorava Il vedovo di Alberto Sordi, io invece so a memoria Una Vita difficile e mi sembra sia questo il film che si srotola davanti a noi leggendo "Le alternative non esistono" lo stupendo libro di Claudio Giunta.

Ippolita Luzzo 

mercoledì 3 marzo 2021

Otto Marzo

 Un 8 marzo che non vi racconterò. 

Anche questo anno sarà 8 marzo. 

Una festa per finta. 

Le donne non sono una categoria e non sono tutte fatte con lo stampino. 

Ci sono donne buone e donne cattive, donne isteriche e donne pazienti, donne approfittanti e donne generose, donne prodighe e donne avare, donne vittime e donne carnefici, donne sceme e donne in gamba. 

Mi accorgo che bastava una sola distinzione: donne buone e donne cattive. 

Sarà questo 8 marzo la festa della distinzione perché io con molte donne non ho nulla in comune e queste nemmeno vogliono avere nulla in comune con donne come me. 

Distinguersi si può. 

Ippolita Luzzo 

lunedì 15 febbraio 2021

Memorie dal sottobosco Tommaso Lisa


Tommaso Lisa ci racconta come "La normalità quotidiana divenne una cornice nella quale inquadrare istantanee di frammenti e di ricordi prelevati dalla selva psichica." In questo "Memorie dal sottobosco" il sottobosco parla a lui, a noi, ne sentiamo il profumo, il profumo dell'insetto studiato da Tommaso, del fungo dove l'insetto abita, ed insieme tutti noi ci sentiamo abitanti di un paese alternativo "il paese delle meraviglie". 

Uno dei miei pezzi di alcuni anni fa si intitolava proprio Il paese delle meraviglie, intendendo, come intende Tommaso, il guardare la normalità quotidiana in frammenti, in dettagli e scoprirne lo sconosciuto, il nascosto, il piccolo e troppo lontano quasi eppure così vicino. 

Lo sguardo di Tommaso si poggia su un insetto dei Coleotteri, famiglia dei Tenebrionidi, uno sguardo lungo e protratto negli anni dall'infanzia fino all'età adulta. Ora ne ha fatto una "storia" che ci affascina, e lo seguiamo nell'appartamento all'ottavo piano della periferia di Firenze dove il suo papà ha proseguito la raccolta degli insetti, ed ora più di cento cassette piene di Coleotteri e Lepidotteri aspettano Tommaso. Lui ne sceglie uno solo, un solo insetto, nella categoria dell'unicità, dico io, amante dell'Unico di Stirner, e ci parla della famiglia a cui appartiene, la famiglia dei Tebrionidi, ben 18.000 specie di coleotteri neri. 

Nel bellissimo racconto ci sono gli scambi di mail con altri studiosi, c'è il filo che unisce il nonno, il padre e il figlio di Tommaso, negli affetti, c'è Google Earth, e quel viaggio, che si può fare con un clic del mouse lungo i boschi del Canada o tra le colline di San Miniato con lo stesso stupore di un viaggio fra i Coleotteri. 

Tommaso ci prende mano e ci racconta del primo allevamento di Tebrionidi fatto da bambino in una scatola di plastica trasparente che aveva contenuto cioccolatini. Noi lo seguiremo felici, ci sentiremo piccoli, piccoli, in un viaggio immaginario eppure reale. Guarderemo nelle scatole ogni forma di vita, separata dal bosco per essere ora sotto la lente dell'osservazione. 

Insieme al racconto tanti disegni, disegni di particolari piccolissimi, e ci spiega poi cos'è l'Entomologia. E io vi rimando alla lettura bellissima di questo libro ricchissimo di spunti di riflessione, di meraviglia e di stupore. C'è poi  la riflessione su questo nostro mondo ora con una economia predatoria "fondata sullo sfruttamento delle risorse" e la consapevolezza di essere intrappolato, lui con noi, da una vita uniforme  senza soluzione di continuità, fra auto, cemento, asfalto. 

Io ho amato moltissimo questo libro, lo accolgo nel grande Regno della Litweb e lo vado a rileggere nella beltà di una prosa limpida, di un raccontare affettuoso e calmo, nella meraviglia che solo può dare la vera letteratura. 

Ippolita Luzzo 

giovedì 11 febbraio 2021

Il diavolo sulle colline di Cesare Pavese


Le Edizioni Urban Apnea ripropongono un testo di Cesare Pavese del 1949, con l'aggiunta di cinque poesie. 

Il testo, Il diavolo sulle colline, pubblicato da Dafne  Munro e Dario Emanuele Russo mi giunge come il segno del destino all'indomani di una trasmissione televisiva in cui io avevo parlato di un altro libro che aveva Pavese come argomento. Il titolo era proprio Pavese Non ci capisco niente Lettere degli esordi da L'orma Editore. Erano queste le lettere dell'adolescenza di Pavese, dai sedici anni fino ai trent'anni e stranissimo come le lettere siano un tutt'uno con il libro Il diavolo sulle colline, storia di amici sulle colline torinesi, storie di vagabondaggi notturni, storie di confessioni amicali, situazioni uguali a quelle con Pieretto, Poli, Oreste nelle confessioni delle lettere a Sturani, Pinelli, Monti. 

Ho perciò letto andando dalla vita di Pavese al romanzo e dal romanzo alla vita. " La vita è quel che siamo noi- disse Pieretto. Con loro anche noi chiacchieriamo seduti sull'erba, a guardare le colline, le storie strane che sembrano normali. 

Resto basita di quanto poco i genitori conoscano i figli, di quanto poco si conoscano fra loro le donne e gli uomini, che restano estranei, malgrado consumino qualche rapporto, di quanto poco si conosca la vita passata a bere o a sniffare o ad andare in giro, benché alcuni di loro, del gruppo debba studiare  per fare gli esami.


 Nel vagabondaggio sempre presente quel mestiere di vivere, quel senso complesso del soffocare. Ci sono in entrambi i libri le poesie di Pavese, prima che pubblicasse Lavorare stanca, ci sono i versi che hanno accompagnato le nostre giornate in cerca di luce. Nel libro Il diavolo sulle colline alla fine troviamo le febbri luminose, le tre poesie, in cerca della luce, nel 1928, e poi via via arriviamo a Verrà la morte e avrà i tuoi occhi del 1950, della primavera del 1950, di quell'anno in cui Pavese decide di finire quel "vizio assurdo" la sua inquietudine.  

Ringrazio con infinita riconoscenza e commossa per la coincidenza veramente amorosa l' Edizioni Urban Apnea e L'Orma Editore per continuare un discorso mai interrotto di poesia e narrazione:

Ippolita Luzzo 

domenica 7 febbraio 2021

Pavese Non ci capisco niente Lettere dagli esordi


 I Pacchetti, i libri pronti per essere spediti, sono raccolte inedite di lettere dagli epistolari di grandi personaggi della storia, della  letteratura. Sono leggeri e tascabili e la sovraccoperta può essere trasformata in una busta per essere affrancata e spedita con la sua bella lettera all'interno. L'Orma Editore  ama i libri e li cura con affetto infinito, e noi insieme abbracceremo queste meraviglie. Sono 37  I Pacchetti, con le lettere di Gramsci e della Austen, di Wilde e della Luxemburg, oggi con Pavese, affidato alla sapiente attenzione di Federico Musardo. 

 Federico Musardo raccoglie le lettere di Pavese, in un periodo che va dal 1924 al 1936, dai sedici anni dell'adolescenza ai trenta della età adulta, anno in cui Pavese esordì con la raccolta di poesie Lavorare stanca. 

Pavese scrive e conserva, forse consapevole che tutto un suo pensiero debba essere lasciato a noi, e scrive al professore di italiano e latino, Augusto Monti, scrive ai suoi amici, Mario Sturani e Tullio Pinelli, e noi lo incontriamo nel suo farsi scrittore, nel confessare dubbi e nel voler attenzione. Con le contraddizioni e gli amori, con la voglia di usare la scrittura per divergere dalle incombenze del vivere difficile, come poi ci dirà nel Il mestiere di vivere, il diario dal 1935 al 1950. 

Federico Musardo ci invita a leggere le mail per "scoprirne il piglio insolente da spaccone, il sorriso sornione, persino la voglia disinibita di divertimento" ed io ve li raccomando con la stessa affettuosità. "Più si è malcontenti di sé e più la firma si mette gigante" scrive fra parentesi Cesare Pavese a Sturani, nel novembre del 1924, ed io faccio la prima piccolissima orecchietta al libro, per pentirmene subito dopo, perché non dovrei sciuparlo, ma il desiderio di fermare con un mio segno mi sembra impellente quasi come quello di chi crede fermamente di avere vastità e verità con il libro in mano. Con un libro il mondo è nostro, sembra ci diciamo. 

Il libro è arricchito da fotografie dei destinatari delle lettere, conosciamo Sturani, Pinelli, Monti, e quello che poi mi sorprende, ma qui è un mio fissarmi, è leggere in una nota che Sturani si vedrà rifiutato un suo romanzo all'Einaudi proprio per l'opposizione di Pavese, ed io sono curiosissima di sapere ancora. 

A Tullio Pinelli il 18 agosto 1927 Pavese scrive: "E se amo anche i libri è perché in fin dei conti i libri sono parte del mondo, come le donne, gli alberi, le bestie, i fiori, i poeti, le fabbriche, le stelle e questa mia meravigliosa lettera" 

e sorridendo affabile dal mio "meraviglioso pezzo" un grande onore per me avere nel Regno della Litweb il delizioso "Pavese Non ci capisco niente" Lettere per noi

Ippolita Luzzo