Matteo Meschiari in Lettere Persiane Collezione di saggi critici diretta da Luigi Weber.
La critica è una "lettera persiana", come Montesquieu ci racconta nella sua opera, una grande raccolta cronologica di lettere che, alcuni giovani persiani che visitano l’Europa e sostano per un certo periodo in Francia, si scambiano con i loro parenti e conoscenti orientali.
Si ricorre sempre allo stratagemma dell'altro, di come ci vedano coloro che vengono da un altro paese, come anche nell'Urone di Voltaire, per rompere quella "lastra di ghiaccio" che immobilizza il pensiero nelle abitudini e consuetudini del luogo e del tempo. Compito della critica è permettere il movimento di pensiero, permettere che la curiosità sia possibile, permettere un passaggio da una sponda ad un'altra.
"Nelle Terre Esterne" è il titolo di una raccolta di saggi di Matteo Meschiari, già ricercatore in Discipline Demoetnoantropologiche, professore associato in Geografia all'Università di Palermo.
Lo studio della geografia umana, l'ecologia culturale sono materia dei suoi studi ed io sento molto vicini al Regno della Litweb tutto ciò che leggo nei suoi saggi pubblicati come "Esercizi di lettura terrestre" così li chiama Matteo Meschiari ricordando un titolo e un libro del 1939 di Gianfranco Contini "Esercizi di lettura".
Un libro decisivo per la critica letteraria del Novecento, ci dice Andrea Cortellessa del libro di Contini, nella Prefazione alle Letture Terrestri di Matteo Meschiari, "un modo di conoscere il mondo attraverso il paesaggio, attraverso la terra".
Gli studi fatti ci permettono di leggere a partire del "Pensiero selvaggio" di Claude Lévi-Strauss del 1962 e di giungere al 2008 di Meschiari che pubblica "Sistemi selvaggi", e comprendere la complessità del "pensiero aperto, acentrico asimmetrico e anarchico" così da spezzare quella lastra di ghiaccio di cui parlava Montesquieu.
Il coraggio è la leva con cui la conoscenza si fa largo in una discussione, ora che, parlando, ogni cosa si svuota di significato, quasi come in un sortilegio magico.
Diventa un vuoto il paesaggio, la parola cultura una vera beffa, e serve, quasi come un imperativo, raccogliere e conservare per donarli nel silenzio della lettura "Saperi geo-logici".
In questa raccolta di saggi il paesaggio letterario va da Sbarbaro a Gadda, da Stoppani a Biamonti ed è una griglia immaginata per far risaltare come il paesaggio e la parola fanno "rizoma assieme"in un innesto fra uomo e natura. Fra terra e uomo.
Ascoltiamo Leibniz e l'evento iniziale che è all'origine delle cose: la separazione della luce dalle tenebre, ci ricorda Matteo nel suo saggio su Carlo Emilio Gadda, Cosmografie di carta, e gusteremo ogni squarcio di luce ogni ombra rischiarata di luce, e rileggeremo Gadda come epidermide, Gadda scrittore in geologia di tenebra e luce.
Dalla rivoluzione della fisica quantistica, nel Novecento, come nella rivoluzione geologica del Settecento una nuova frontiera all'immaginazione.
Saranno nuovi mondi letterari? Nella fenditura epocale dello spezzare la lastra di ghiaccio, L'Ora del mondo ci chiama, con Matteo Meschiari, Nelle terre Esterne.
Ippolita Luzzo
martedì 6 agosto 2019
giovedì 1 agosto 2019
Marisa Salabelle L'ultimo dei Santi
"Marisa Salabelle è una delle animatrici della libreria indipendente Les Bouquinistes di Pistoia" così leggo nel risvolto di copertina, ma io non ho bisogno di leggerlo amando da anni quella libreria e i suoi animatori, amando da anni quelle splendide locandine con cui vengono informati i lettori degli eventi. Come se io ne facessi parte, condividendo anche il dolore per la scomparsa di Sergio Salabelle amatissimo.
L'ultimo dei Santi mi giunge a Luglio, un mese esatto oggi, e mi ritrovo a conservare la suggestione della lettura amando il racconto come se fosse una persona.
Un racconto su un luogo, gli Appennini, sui paesini dell'Appennino, sugli abitanti. Su un giornalista, su degli incidenti che si riveleranno degli omicidi, sulla morte dei fratelli Santi.
Tutti hanno segreti, anche il giornalista: "Presto la bomba sarebbe scoppiata, ormai lui se la sentiva granire, e non aveva un piano, se non quello di temporeggiare il più possibile." Ed eccoci anche noi nel racconto a Tetti, il luogo da dove e per dove si arriva e si parte e si svolgono i fatti.
"Subito dopo la guerra Tetti avrà avuto quanto, cinquecento abitanti. Più altri cento sparsi per le varie borgate. In piazza c’era la bottega di alimentari, che vendeva tutti i generi necessari, la pasta sfusa, che si prendeva con un paletta e si metteva in un foglio di carta gialla, la farina, il riso, lo zucchero, che invece la carta ce l’aveva azzurra e nessuno sapeva perché, e il sapone in polvere, le saponette Palmolive, il sale e le sigarette, che la bottega aveva l’insegna dei Sali e Tabacchi." Tutto il resto, frutta, verdura, uova, veniva prodotto dagli abitanti, tutti avevano le galline e tutti si facevano il pane in casa anche se uno aprirà un forno e molti trovarono comodo comprarlo. Subito dopo la guerra stiamo parlando di più di settanta anni fa. Nulla sembra più come allora tranne forse le saponette Palmolive che hanno potere nel bagno di mia madre da sempre. "Per le scarpe dovevi andare a Porretta." C’era il bar trattoria, la scuola elementare aveva due classi, e infine fu chiusa negli anni settanta perché non c’erano più bambini in paese. Ma ora bisogna fare una mostra sulla storia di Tetti, con pannelli degli ultimi cinquanta anni e con le fotografie degli abitanti. Così ognuno aveva cercato e trovato vecchie foto e tutti si raccontavano gli episodi dimenticati mostrando le persone morte o andate via.
Cara Marisa, io credo invece che della nostra epoca non resterà proprio nulla perché un profilo non è una scatola di cartone ma un evanescente luogo web di cui non siamo proprietari.
"Tutti mettevano le mani dentro la scatola e tiravano fuori le foto, c’erano i genitori di Teresa, il giorno del matrimonio...Tutti si meravigliavano e si passavano le foto l’un l’altro, commentando, neanche non l’avessero mai viste" Siamo già all'inizio della storia.
Leggere è viaggiare. Sono andata a Tetti, Casaccia, Fossalta, con Marisa Salabelle in giro sull’Appennino. Vi invito ad andare a Strapiombo... quattro chilometri in macchina, poi si deve entrare nel bosco... ci vorrà una mezzoretta di cammino, come minimo. Andate a trovare gli Elfi. Io vado ora
Così scrivo con ancora l'amore per una scrittura affettuosa, per un modo di descrivere luoghi e persone che sento familiari, con una vera partecipazione ai fatti e all'inesorabile cambiamento che questi tempi senz'anima stanno portando nei paesi e nelle famiglie.
Credo di essere fortunata nel Regno della Litweb di poter accogliere e parlare, di poter conoscere libri veri, racconti come questo, al quale auguro di raggiungere tutte le librerie, dalle Alpi agli Appennini, comprese le isole.
Un grande applauso dal Regno della Litweb ed un triplice evviva per Marisa.
Ippolita Luzzo
L'ultimo dei Santi mi giunge a Luglio, un mese esatto oggi, e mi ritrovo a conservare la suggestione della lettura amando il racconto come se fosse una persona.
Un racconto su un luogo, gli Appennini, sui paesini dell'Appennino, sugli abitanti. Su un giornalista, su degli incidenti che si riveleranno degli omicidi, sulla morte dei fratelli Santi.
Tutti hanno segreti, anche il giornalista: "Presto la bomba sarebbe scoppiata, ormai lui se la sentiva granire, e non aveva un piano, se non quello di temporeggiare il più possibile." Ed eccoci anche noi nel racconto a Tetti, il luogo da dove e per dove si arriva e si parte e si svolgono i fatti.
"Subito dopo la guerra Tetti avrà avuto quanto, cinquecento abitanti. Più altri cento sparsi per le varie borgate. In piazza c’era la bottega di alimentari, che vendeva tutti i generi necessari, la pasta sfusa, che si prendeva con un paletta e si metteva in un foglio di carta gialla, la farina, il riso, lo zucchero, che invece la carta ce l’aveva azzurra e nessuno sapeva perché, e il sapone in polvere, le saponette Palmolive, il sale e le sigarette, che la bottega aveva l’insegna dei Sali e Tabacchi." Tutto il resto, frutta, verdura, uova, veniva prodotto dagli abitanti, tutti avevano le galline e tutti si facevano il pane in casa anche se uno aprirà un forno e molti trovarono comodo comprarlo. Subito dopo la guerra stiamo parlando di più di settanta anni fa. Nulla sembra più come allora tranne forse le saponette Palmolive che hanno potere nel bagno di mia madre da sempre. "Per le scarpe dovevi andare a Porretta." C’era il bar trattoria, la scuola elementare aveva due classi, e infine fu chiusa negli anni settanta perché non c’erano più bambini in paese. Ma ora bisogna fare una mostra sulla storia di Tetti, con pannelli degli ultimi cinquanta anni e con le fotografie degli abitanti. Così ognuno aveva cercato e trovato vecchie foto e tutti si raccontavano gli episodi dimenticati mostrando le persone morte o andate via.
Cara Marisa, io credo invece che della nostra epoca non resterà proprio nulla perché un profilo non è una scatola di cartone ma un evanescente luogo web di cui non siamo proprietari.
"Tutti mettevano le mani dentro la scatola e tiravano fuori le foto, c’erano i genitori di Teresa, il giorno del matrimonio...Tutti si meravigliavano e si passavano le foto l’un l’altro, commentando, neanche non l’avessero mai viste" Siamo già all'inizio della storia.
Leggere è viaggiare. Sono andata a Tetti, Casaccia, Fossalta, con Marisa Salabelle in giro sull’Appennino. Vi invito ad andare a Strapiombo... quattro chilometri in macchina, poi si deve entrare nel bosco... ci vorrà una mezzoretta di cammino, come minimo. Andate a trovare gli Elfi. Io vado ora
Così scrivo con ancora l'amore per una scrittura affettuosa, per un modo di descrivere luoghi e persone che sento familiari, con una vera partecipazione ai fatti e all'inesorabile cambiamento che questi tempi senz'anima stanno portando nei paesi e nelle famiglie.
Credo di essere fortunata nel Regno della Litweb di poter accogliere e parlare, di poter conoscere libri veri, racconti come questo, al quale auguro di raggiungere tutte le librerie, dalle Alpi agli Appennini, comprese le isole.
Un grande applauso dal Regno della Litweb ed un triplice evviva per Marisa.
Ippolita Luzzo
Raffaele Gaetano Le Idee Estetiche Di Pietro Ardito
Raffaele Gaetano si è occupato di Estetica con diverse opere fra cui "Viaggio Pittoresco", su Richard De Saint-Non, ha scritto di Pietro Ardito in "Artista e Critico", entrambi editi Rubbettino. Numerosi sono gli studi di Raffaele Gaetano, sempre attento a raccogliere e indagare sulla bellezza nel territorio calabro troppo bistrattato da tanta realtà terribile.
In questo libro si sofferma sulla figura e sulle idee di Pietro Ardito, dopo aver indagato in "Artista e Critico" la riflessione del teorico, la pratica dell'artista e il giudizio del critico.
Lo studio prende il largo dal giudizio di Francesco Fiorentino «Artista e Critico è diviso in tre parti: Estetica, Arte e Critica... La forma di questo libro è piana, lucida, castigata; il contenuto ne è serio, pensato e rivela nell'autore un lungo ed attento studio sulla nostra letteratura, non scompagnato da quello delle letterature straniere» e vuole smentire quella "marginalità" quasi uno stigma della perifericità della Calabria e dei suoi studiosi.
In una collana prestigiosa, diretta da Romeo Bufalo, sui Pensatori Calabresi, si vuole contribuire alla costruzione di una "geografia mentale" che vada da Mario Alcaro, autore per Rubbettino nel 2011 di un volume sulla Storia del pensiero filosofico in Calabria da Pitagora ai giorni giorni nostri" a questi volumi pubblicati da Il Testo Editor.
L'opera è pubblicata con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università della Calabria.
Tiro un sospiro sperando di aver scritto tutto per bene dopo aver letto e apprezzato di uno studioso al quale a Lamezia è stata intestata la Scuola Media "Pietro Ardito" che io ho frequentato e dove ogni anno si svolge un Premio Pietro Ardito che premia gli alunni e i lavori dei gruppi di classe. A Lamezia dunque il suo nome è ricordato ma così non è nella manualistica più recente.
Artista e Critico è l'opera più penetrante di Pietro Ardito eppure il nome di Pietro Ardito è andato incontro a una "damnatio memoriae", scrive Raffaele Gaetano, ricordando anche Antonio Tari, il filosofo di Estetica Ideale.
Non conosciamo le ragioni dell'oblio che avvolge alcuni studiosi e compito interessante è proprio cercare di sollevare la coltre e mostrare quanta meraviglia sia nascosta.
Pietro Ardito preferiva il dialogo, aveva una idea della letteratura capace di cogliere il divenire, i rapporti con la religione e con l'arte, ben legata ai bisogni della realtà. Sembra di leggere Filippo La Porta, sembra di leggere il dibattito contemporaneo su ciò che sia o non sia letteratura, per Ardito come per noi, in un'epoca di grandi contrasti.
Anche al tempo di Pietro Ardito i contrasti erano accesi fra laici e cattolici ed egli tornò a Nicastro abdicando alla possibilità di insegnare Letteratura italiana all'Università di Napoli.
Scrivendo mi ricordo il mio luminoso Preside Oreste Borrello, anche lui un apprezzato filosofo, e di cui mi auguro di leggere i suoi scritti.
Un intellettuale di confine, Pietro Ardito, così Raffaele Gaetano lo consegna alla curiosità di chi vuole conoscere di più sul critico e teorico letterario.
Dal Seminario Vescovile cittadino, vera fucina di talenti, dove Pietro Ardito entra nel 1840, dopo la morte del padre nel 1837, unico luogo dove fosse possibile studiare, all'insegnamento di lettere nello stesso Seminario e poi Direttore del Seminario, man mano studi e aderenza ai moti liberali, in quella unità di intenti fra conoscenza e azione.
Quel che ci avvince nella lettura è vedere come anche nell'asfittico spazio del destino di tempi difficili ogni studioso possa ritrovare un suo luogo per studiare e per incontrare, per leggere e per vivere e possa poi essere riconosciuto al di là del tempo e del luogo.
Questa è la bella opportunità dell'incontro con la lettura sulle idee che viene coltivata nelle "Radici del Tempo", nome dell'associazione culturale che ha la proprietà letteraria del testo.
Ippolita Luzzo
In questo libro si sofferma sulla figura e sulle idee di Pietro Ardito, dopo aver indagato in "Artista e Critico" la riflessione del teorico, la pratica dell'artista e il giudizio del critico.
Lo studio prende il largo dal giudizio di Francesco Fiorentino «Artista e Critico è diviso in tre parti: Estetica, Arte e Critica... La forma di questo libro è piana, lucida, castigata; il contenuto ne è serio, pensato e rivela nell'autore un lungo ed attento studio sulla nostra letteratura, non scompagnato da quello delle letterature straniere» e vuole smentire quella "marginalità" quasi uno stigma della perifericità della Calabria e dei suoi studiosi.
In una collana prestigiosa, diretta da Romeo Bufalo, sui Pensatori Calabresi, si vuole contribuire alla costruzione di una "geografia mentale" che vada da Mario Alcaro, autore per Rubbettino nel 2011 di un volume sulla Storia del pensiero filosofico in Calabria da Pitagora ai giorni giorni nostri" a questi volumi pubblicati da Il Testo Editor.
L'opera è pubblicata con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università della Calabria.
Tiro un sospiro sperando di aver scritto tutto per bene dopo aver letto e apprezzato di uno studioso al quale a Lamezia è stata intestata la Scuola Media "Pietro Ardito" che io ho frequentato e dove ogni anno si svolge un Premio Pietro Ardito che premia gli alunni e i lavori dei gruppi di classe. A Lamezia dunque il suo nome è ricordato ma così non è nella manualistica più recente.
Artista e Critico è l'opera più penetrante di Pietro Ardito eppure il nome di Pietro Ardito è andato incontro a una "damnatio memoriae", scrive Raffaele Gaetano, ricordando anche Antonio Tari, il filosofo di Estetica Ideale.
Non conosciamo le ragioni dell'oblio che avvolge alcuni studiosi e compito interessante è proprio cercare di sollevare la coltre e mostrare quanta meraviglia sia nascosta.
Pietro Ardito preferiva il dialogo, aveva una idea della letteratura capace di cogliere il divenire, i rapporti con la religione e con l'arte, ben legata ai bisogni della realtà. Sembra di leggere Filippo La Porta, sembra di leggere il dibattito contemporaneo su ciò che sia o non sia letteratura, per Ardito come per noi, in un'epoca di grandi contrasti.
Anche al tempo di Pietro Ardito i contrasti erano accesi fra laici e cattolici ed egli tornò a Nicastro abdicando alla possibilità di insegnare Letteratura italiana all'Università di Napoli.
Scrivendo mi ricordo il mio luminoso Preside Oreste Borrello, anche lui un apprezzato filosofo, e di cui mi auguro di leggere i suoi scritti.
Un intellettuale di confine, Pietro Ardito, così Raffaele Gaetano lo consegna alla curiosità di chi vuole conoscere di più sul critico e teorico letterario.
Dal Seminario Vescovile cittadino, vera fucina di talenti, dove Pietro Ardito entra nel 1840, dopo la morte del padre nel 1837, unico luogo dove fosse possibile studiare, all'insegnamento di lettere nello stesso Seminario e poi Direttore del Seminario, man mano studi e aderenza ai moti liberali, in quella unità di intenti fra conoscenza e azione.
Quel che ci avvince nella lettura è vedere come anche nell'asfittico spazio del destino di tempi difficili ogni studioso possa ritrovare un suo luogo per studiare e per incontrare, per leggere e per vivere e possa poi essere riconosciuto al di là del tempo e del luogo.
Questa è la bella opportunità dell'incontro con la lettura sulle idee che viene coltivata nelle "Radici del Tempo", nome dell'associazione culturale che ha la proprietà letteraria del testo.
Ippolita Luzzo
venerdì 12 luglio 2019
Remo Bassini La donna di picche
Una lettura gradevole e affettuosa mi fa compagnia nel pomeriggio afoso di un luglio non particolarmente ostile. Una lettura che mi porta a Vercelli, sede quindi di una mia vacanza sui tasti e sulle pagine del libro di Remo Bassini, La donna di Picche.
Ambientato a Vercelli, il racconto inizia proprio con il tempio abbandonato di Saletta, nel Vercellese, vicino ad Alessandria.
Il tempio è rotondo. ha dodici colonne, un sotterraneo. Un tempio forse pagano intorno al quale sorgono leggende di orme gigantesche e di fantasmi, il fantasma di una bellissima dama bianca.
Esiste la leggenda di un amore impossibile e dei due innamorati contrastati che si tolgono la vita vicino al tempio e lì vicino satanisti si riuniscono per i misteri che ci intrigheranno.
La trama e i fatti vengono narrati da due voci femminili, ognuna di queste voci con le esigenze proprie, una sorta di possesso sul personaggio di cui dicono.
Il protagonista dell'inchiesta non ci dice altro se non quello che ci viene raccontato di lui.
"Il commissario Pietro Dallavita, inviato, dalla Omicidi di Torino, in missione speciale a Vercelli e insieme a lui, a far luce sull'efferato assassinio di un brillante avvocato, il fedele ispettore Domenico Tavoletti e due donne, una di cuori e una di picche."
In effetti ci spiazza questa storia raccontata da due donne, una storia torbida di delitti. Inizia con l'uccisione della mamma di una delle due donne e prosegue con una indagine più intorno all'anima dei sospettati e dello stesso commissario che alla ricerca dei fatti.
Non potrebbe essere diversamente, anche se una delle due donne, Micaela, è una collega del commissario, una ispettrice, e lavora nella stessa squadra. Vediamo un po' come è fatta questa squadra dalle parole del questore:" Sai qual è la cosa peggiore che devi affrontare quando sei al comando di altri uomini? Al primo posto c’è l’inaffidabilità: lavorare con soggetti inaffidabili.. Al secondo posto c’è la litigiosità, gli scontri tra bande o tra singoli. Al terzo posto l’incapacità, soggetti che avrebbero dovuto fare altro. Con gli incapaci è facile, basta affidargli mansioni semplici.. con gli inaffidabili bisogna fare attenzione, evitare che ti accoltellino.. Ma se una testa calda è bravo e affidabile sono cavoli amari."
Marco Bellomo, il questore di Torino così dice a Micaela dei suoi uomini e così si potrebbe dire in generale di tutti i luoghi dove molti si relazionano. Nella difficoltà fra ciò che si vuole e ciò che si può si muovono e si incagliano i desideri, gli amori taciuti e non. Nella difficoltà di essere e non essere, in un divenire sempre più torbido fra rapporti familiari malati, il legame di sangue diventa il cappio che soffocherà la vita che lo stesso legame crea. Un fare, anzi un creare, all'interno delle famiglie, e un distruggere. Qui noi lo leggiamo sotto forma di noir grazie a Remo Bassini.
Ho letto anche altri racconti di Remo Bassini e in tutti ho trovato il gusto del leggere storie ben costruite e narrate con l'oralità tipica dei racconti delle nonne. Lo stile affabulatorio del raccontare un meccanismo che ci attrae e ci inganna, uno stile personalissimo che fa di un thriller, di un noir, un racconto psicologico, un viaggio interiore, una introspezione poliziesca fatta con affetto.
Ippolita Luzzo
Remo Bassini, classe 1956, è scrittore e giornalista. Per nove anni è stato direttore del periodico La Sesia di Vercelli, città dove vive e lavora. Ha pubblicato, tra gli altri, per Fernandel il giallo politico Lo scommettitore, finalista al concorso Libro dell’Anno per il programma radiofonico Fahrenheit, per Newton & Compton La donna che parlava con i morti, per Mursia Dicono di Clelia. Con La notte del santo fa il suo esordio nel catalogo Nero italiano di Fanucci.
domenica 7 luglio 2019
Maura Chiulli Nel nostro fuoco
"Sente il cuore accelerare e fermarsi. Sulla tempia, una vena pulsa e se ci appoggia sopra un dito la sente rigonfia di sangue. Le estremità del suo corpo si stanno addormentando e lo stomaco è come squarciato, diviso al centro in due parti. Vorrebbe convincersi della transitorietà del malessere, socchiude gli occhi e si dice di respirare. All'improvviso sente solo di dover riposare, di voler cadere in un sonno profondo. La città si consuma, brucia, corre ed è come se lui non esistesse. Non ha il coraggio di chiamare aiuto e si accorge che senza voce è invisibile. Non esiste perché non chiede, non soffre perché non grida. È davvero così che funziona? Davvero è necessaria la voce per dire? In quell'istante si rende conto di non aver mai provato neppure a esserci, di aver preferito la resa, di aver sempre approfittato dei vantaggi di una vita già scritta, già detta da altri."
Il racconto di Maura Chiulli ha lo stesso evolversi di una lingua di fuoco, si anima con l’ossigeno e comincia a bruciare, così come succede all'inizio di tutti i fuochi.
Il protagonista è Tommaso, e insieme a lui il fuoco.
Il fuoco per esserci deve essere alimentato e subito dopo Tommaso ci racconta del suo incontro con la domatrice del fuoco.
Un incontro importante, quanto lo è il fuoco nei quattro elementi base della filosofia dei presocratici: aria acqua fuoco e terra.
Seguiamo Anassimene di Mileto e poi Empedocle e sapremo come leggere e mescolare gli elementi naturali nello svolgersi individuale e universale delle storie.
Elena è la donna fuoco che incendia e fa innamorare Tommaso, la donna che ha un modo di vivere col fuoco. Lo usa per il suo lavoro da donna drago nelle piazze. Una mangiafuoco di professione.
Ed il fuoco incontra la terra di Tommaso, insieme daranno vita a Nina, aria e acqua, una bimba che avrà pezzi mancanti per essere autonoma. Sarà un esercizio durissimo dover essere responsabile della vita di Nina.
" Inizio il mio esercizio per la vita. La mia permanenza nel mondo dipende da quanto in fretta ritorno a respirare da solo. Un treno di emozioni mi attraversa, senza fermate. Sono forte, sono vivo. Inspiro ed espiro, ricomincio e sono un bambino. Non sento le voci. Le ho uccise insieme ai serpenti. E ho attraversato una fiamma altissima. «Oggi pomeriggio esci».
L’andamento della scrittura non è tanto il raccontare ma il vivere dentro gli elementi, dentro il cuore consumato di Tommaso, dentro le pagine come se il lettore fosse un elemento in più. Il libro non è un romanzo, appartiene invece al diario, come se ogni pagina fosse la pagina carpita della scrittrice ai suoi protagonisti.
Un esercizio per la vita, imparare a respirare.
Insieme all'invito ad uscire, ad andare a chiedere aiuto.
Maura Chiulli Nel nostro fuoco
Ippolita Luzzo
Il racconto di Maura Chiulli ha lo stesso evolversi di una lingua di fuoco, si anima con l’ossigeno e comincia a bruciare, così come succede all'inizio di tutti i fuochi.
Il protagonista è Tommaso, e insieme a lui il fuoco.
Il fuoco per esserci deve essere alimentato e subito dopo Tommaso ci racconta del suo incontro con la domatrice del fuoco.
Un incontro importante, quanto lo è il fuoco nei quattro elementi base della filosofia dei presocratici: aria acqua fuoco e terra.
Seguiamo Anassimene di Mileto e poi Empedocle e sapremo come leggere e mescolare gli elementi naturali nello svolgersi individuale e universale delle storie.
Elena è la donna fuoco che incendia e fa innamorare Tommaso, la donna che ha un modo di vivere col fuoco. Lo usa per il suo lavoro da donna drago nelle piazze. Una mangiafuoco di professione.
Ed il fuoco incontra la terra di Tommaso, insieme daranno vita a Nina, aria e acqua, una bimba che avrà pezzi mancanti per essere autonoma. Sarà un esercizio durissimo dover essere responsabile della vita di Nina.
" Inizio il mio esercizio per la vita. La mia permanenza nel mondo dipende da quanto in fretta ritorno a respirare da solo. Un treno di emozioni mi attraversa, senza fermate. Sono forte, sono vivo. Inspiro ed espiro, ricomincio e sono un bambino. Non sento le voci. Le ho uccise insieme ai serpenti. E ho attraversato una fiamma altissima. «Oggi pomeriggio esci».
L’andamento della scrittura non è tanto il raccontare ma il vivere dentro gli elementi, dentro il cuore consumato di Tommaso, dentro le pagine come se il lettore fosse un elemento in più. Il libro non è un romanzo, appartiene invece al diario, come se ogni pagina fosse la pagina carpita della scrittrice ai suoi protagonisti.
Un esercizio per la vita, imparare a respirare.
Insieme all'invito ad uscire, ad andare a chiedere aiuto.
Maura Chiulli Nel nostro fuoco
Ippolita Luzzo
sabato 29 giugno 2019
Antonio Forcellino: Leonardo, ritratto di un genio. A palazzo con lo scrittore
Ed eccoci a Palazzo Nicotera, serata conclusiva di "A Palazzo con lo Scrittore", una rassegna ideata e diretta da Raffaele Gaetano.
Tre incontri con tre autori per far conoscere i palazzi storici di Lamezia Terme.
Questa sera con noi Antonio Forcellino parlerà di Leonardo, ritratto di un genio.
Il genio dissipatore- potrei chiamare io, usando blasfemia, Leonardo Da Vinci. Stasera Forcellino ci ha regalato un Leonardo inedito, umano, indipendente e fermo nelle sue visioni, un conoscitore di zoologia e botanica, un uomo curioso e in attesa della rivelazione.
L’arte come rivelazione, come prova.
Cosa spingeva Leonardo a preparare feste e quindi fondali scenografici andati persi?
Cosa spingeva lui se non un desiderio di riscatto, potremmo noi banalmente dire ora con un termine preso dalla psicologia? Leonardo è un grande pittore, il più grande della sua epoca, il più grande fra grandissimi, Raffaello, Michelangelo, in un Rinascimento italiano, epoca d’oro dell’arte mondiale.
Forcellino ci racconta Leonardo attraverso le fonti del tempo, gli scritti del Vasari e di Baldassarre Castiglione, Il Cortigiano, un Leonardo già trentenne che dipinge La Vergine delle rocce ammaliando tutti per l’uso nuovo della luce. La luce che rimbalza sui corpi e colpisce ancora altro con le tonalità diverse a secondo del colore del corpo. Un Leonardo capace di stare ore e ore davanti ad una sua opera in attesa della pennellata.
Meditava?
In quale luogo si rifugiava con la mente prima di vedere quello che avrebbe creato sulla tela?
Nel suo capolavoro della Gioconda lui toglie, toglie la donna della buona borghesia che aveva fatto da modella, toglie ogni particolare che riporti a un solo personaggio e dona l’universale femminile, l’anima del sorriso, la dolcezza della umana pietà.
Il sorriso enigmatico che sarà il più riprodotto, il più fotografato, il più visitato, diventando un’icona di genialità pittorica. Ed eccolo Leonardo, trasformato e usato dal fascismo e ora dagli americani, eccolo sfuggire ad ogni classificazione con il sorriso della Gioconda.
Dal Palazzo Nicotera stasera anche io col sorriso saluto e ringrazio Antonio Forcellino e Raffaele Gaetano, la splendida padrona di casa Maria Luigia Cimino, e mi appresto a leggere il libro dedicato al genio dissipatore.
Ippolita Luzzo
Tre incontri con tre autori per far conoscere i palazzi storici di Lamezia Terme.
Questa sera con noi Antonio Forcellino parlerà di Leonardo, ritratto di un genio.
Il genio dissipatore- potrei chiamare io, usando blasfemia, Leonardo Da Vinci. Stasera Forcellino ci ha regalato un Leonardo inedito, umano, indipendente e fermo nelle sue visioni, un conoscitore di zoologia e botanica, un uomo curioso e in attesa della rivelazione.
L’arte come rivelazione, come prova.
Cosa spingeva Leonardo a preparare feste e quindi fondali scenografici andati persi?
Cosa spingeva lui se non un desiderio di riscatto, potremmo noi banalmente dire ora con un termine preso dalla psicologia? Leonardo è un grande pittore, il più grande della sua epoca, il più grande fra grandissimi, Raffaello, Michelangelo, in un Rinascimento italiano, epoca d’oro dell’arte mondiale.
Forcellino ci racconta Leonardo attraverso le fonti del tempo, gli scritti del Vasari e di Baldassarre Castiglione, Il Cortigiano, un Leonardo già trentenne che dipinge La Vergine delle rocce ammaliando tutti per l’uso nuovo della luce. La luce che rimbalza sui corpi e colpisce ancora altro con le tonalità diverse a secondo del colore del corpo. Un Leonardo capace di stare ore e ore davanti ad una sua opera in attesa della pennellata.
Meditava?
In quale luogo si rifugiava con la mente prima di vedere quello che avrebbe creato sulla tela?
Nel suo capolavoro della Gioconda lui toglie, toglie la donna della buona borghesia che aveva fatto da modella, toglie ogni particolare che riporti a un solo personaggio e dona l’universale femminile, l’anima del sorriso, la dolcezza della umana pietà.
Il sorriso enigmatico che sarà il più riprodotto, il più fotografato, il più visitato, diventando un’icona di genialità pittorica. Ed eccolo Leonardo, trasformato e usato dal fascismo e ora dagli americani, eccolo sfuggire ad ogni classificazione con il sorriso della Gioconda.
Dal Palazzo Nicotera stasera anche io col sorriso saluto e ringrazio Antonio Forcellino e Raffaele Gaetano, la splendida padrona di casa Maria Luigia Cimino, e mi appresto a leggere il libro dedicato al genio dissipatore.
Ippolita Luzzo
L’ultimo caso dell’agente Evangelos Nicolas Verdan
Il romanzo come atto di resistenza
"Uscire, devo uscire dal libro, riprendere il racconto come voglio io, evitare di farmi coinvolgere dai ricordi degli altri. Devo parlare un’altra lingua, cambiare vocabolario. La mia missione è ripercorre le vite precedenti, spiare le vite degli altri, quelle delle persone che interrogo, di coloro che faccio sorvegliare."
L’ultimo caso dell’agente Evangelos di Nicolas Verdan, Nuova Editrice Berti Parma 2019, ha per protagonista l'agente Evangelos.
Sembra il destino nel suo nome.
Io mi domando come mai sia arrivato da me.
Domanderò ad Evangelos.
Intanto ringrazio e leggo questo racconto avvincente che inizia col ritrovamento di una testa mozzata, con i passi che causeranno la decapitazione all'uomo che ci appare di passaggio in un parcheggio di Eros, un equivoco bordello.
Siamo in Grecia e siamo in questi tempi orribili di esodo, di invasioni di popoli che si spostano, di individui ai limiti di una sopravvivenza che fuggono e fuggono verso filo spinato, mare infido e muri altissimi.
Dalla seconda lettera ai Corinzi: I pericoli. "Viaggi innumerevoli... pericoli nella città, nel deserto, sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli" Sarà stata sempre così la storia dell'uomo? me lo chiedo smarrita.
Il racconto affascina per aver dato vita ad ogni singolo gesto, alla stranezza della storia. Vi è quel senso di stupore che prende mentre tutto scompare davanti al protagonista che indaga certo su una testa mozzata ma indaga soprattutto su un filo spinato, su un muro che deve dividere popoli, storia, e il passato dal presente. Un romanzo poliziesco storico e insieme una tragedia classica con uno strano deus ex machina, un nonno di una bimba chiamata Vita.
Il testo ha un senso del racconto molto amato. Lo scrittore ama ciò che scrive e noi con lui amiamo quella storia dove in tanti non raccontano più il passato ma stanno nello sperdimento del presente. Evangelos non ricorda oppure non racconta più ciò che è stato il suo passato.
Nessuno è sicuro più nemmeno dei ricordi.
La storia ci viene incontro romanzata, la Grecia, Atene, i confini, chilometri di filo spinato che il governo greco vuole srotolare fra la Grecia e la Turchia. Un baluardo contro i migranti, un affare di 3, 5 milioni di euro.
Un romanzo noir con la tensione giusta per far passare il messaggio. Una critica sociale.
Dice Nicolas Verdan a proposito del romanzo noir, in generale: "Le roman noir est pour moi un mode d’expression, une manière de mettre en tension le récit en faisant passer un message, affirme l’auteur. Mon livre est une critique sociale de la Suisse d’aujourd’hui et, en reprenant les codes du genre, je parviens à mieux témoigner d’une forme de violence". Forte di questa convinzione, Nicolas Verdan ha aperto a Losanne nel 2015 una libreria antiquaria specializzata nel romanzo noir. Il suo nome: "Molly & Blum", da "Ulysse" di James Joyce.
Per l'Italia Nicolas Verdan, L'ultimo caso dell'agente Evangelos è stato tradotto dal francese da Francesca Cosi e Alessandra Repossi che per questo volume hanno vinto una borsa di traduzione di ProHelvetia.
"Per cogliere il movimento ci vuole un’inquadratura fissa. Tendiamo a considerare le cose sempre dallo stesso punto di vista. Cercare di cambiarlo significa condannarli a rifiutare il cambiamento. Ma noi siamo governati dal cambiamento" pagina 25
Ringrazio la Nuova Editrice Berti di Parma che in questo 2019, confuso e fatto di muri e sbarre, abbia scelto di offrire una lettura di riflessione e di pathos. Il libro è un romanzo appassionante e noir, come nera è la storia del nostro tempo, di tutti i tempi.
In Litweb resistere è d'obbligo, con la lettura come atto di resistenza.
Ippolita Luzzo
Nicolas Verdan
Nicolas Verdan è nato a Vevey nel 1971, da madre greca e padre svizzero. Ha lavorato quindici anni a Losanna per il quotidiano 24 Heures, prima di mettersi in proprio: propone tra l’altro dei seminari di scrittura. Il suo ultimo romanzo, Le Patient du docteur Hirschfeld, gli ha permesso di vincere il Premio del pubblico della RTS e il Premio Schiller del 2012. Nicolas Verdan vive a Chardonne.
"Uscire, devo uscire dal libro, riprendere il racconto come voglio io, evitare di farmi coinvolgere dai ricordi degli altri. Devo parlare un’altra lingua, cambiare vocabolario. La mia missione è ripercorre le vite precedenti, spiare le vite degli altri, quelle delle persone che interrogo, di coloro che faccio sorvegliare."
L’ultimo caso dell’agente Evangelos di Nicolas Verdan, Nuova Editrice Berti Parma 2019, ha per protagonista l'agente Evangelos.
Sembra il destino nel suo nome.
Io mi domando come mai sia arrivato da me.
Domanderò ad Evangelos.
Intanto ringrazio e leggo questo racconto avvincente che inizia col ritrovamento di una testa mozzata, con i passi che causeranno la decapitazione all'uomo che ci appare di passaggio in un parcheggio di Eros, un equivoco bordello.
Siamo in Grecia e siamo in questi tempi orribili di esodo, di invasioni di popoli che si spostano, di individui ai limiti di una sopravvivenza che fuggono e fuggono verso filo spinato, mare infido e muri altissimi.
Dalla seconda lettera ai Corinzi: I pericoli. "Viaggi innumerevoli... pericoli nella città, nel deserto, sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli" Sarà stata sempre così la storia dell'uomo? me lo chiedo smarrita.
Il racconto affascina per aver dato vita ad ogni singolo gesto, alla stranezza della storia. Vi è quel senso di stupore che prende mentre tutto scompare davanti al protagonista che indaga certo su una testa mozzata ma indaga soprattutto su un filo spinato, su un muro che deve dividere popoli, storia, e il passato dal presente. Un romanzo poliziesco storico e insieme una tragedia classica con uno strano deus ex machina, un nonno di una bimba chiamata Vita.
Il testo ha un senso del racconto molto amato. Lo scrittore ama ciò che scrive e noi con lui amiamo quella storia dove in tanti non raccontano più il passato ma stanno nello sperdimento del presente. Evangelos non ricorda oppure non racconta più ciò che è stato il suo passato.
Nessuno è sicuro più nemmeno dei ricordi.
La storia ci viene incontro romanzata, la Grecia, Atene, i confini, chilometri di filo spinato che il governo greco vuole srotolare fra la Grecia e la Turchia. Un baluardo contro i migranti, un affare di 3, 5 milioni di euro.
Un romanzo noir con la tensione giusta per far passare il messaggio. Una critica sociale.
Dice Nicolas Verdan a proposito del romanzo noir, in generale: "Le roman noir est pour moi un mode d’expression, une manière de mettre en tension le récit en faisant passer un message, affirme l’auteur. Mon livre est une critique sociale de la Suisse d’aujourd’hui et, en reprenant les codes du genre, je parviens à mieux témoigner d’une forme de violence". Forte di questa convinzione, Nicolas Verdan ha aperto a Losanne nel 2015 una libreria antiquaria specializzata nel romanzo noir. Il suo nome: "Molly & Blum", da "Ulysse" di James Joyce.
Per l'Italia Nicolas Verdan, L'ultimo caso dell'agente Evangelos è stato tradotto dal francese da Francesca Cosi e Alessandra Repossi che per questo volume hanno vinto una borsa di traduzione di ProHelvetia.
"Per cogliere il movimento ci vuole un’inquadratura fissa. Tendiamo a considerare le cose sempre dallo stesso punto di vista. Cercare di cambiarlo significa condannarli a rifiutare il cambiamento. Ma noi siamo governati dal cambiamento" pagina 25
Ringrazio la Nuova Editrice Berti di Parma che in questo 2019, confuso e fatto di muri e sbarre, abbia scelto di offrire una lettura di riflessione e di pathos. Il libro è un romanzo appassionante e noir, come nera è la storia del nostro tempo, di tutti i tempi.
In Litweb resistere è d'obbligo, con la lettura come atto di resistenza.
Ippolita Luzzo
Nicolas Verdan
Nicolas Verdan è nato a Vevey nel 1971, da madre greca e padre svizzero. Ha lavorato quindici anni a Losanna per il quotidiano 24 Heures, prima di mettersi in proprio: propone tra l’altro dei seminari di scrittura. Il suo ultimo romanzo, Le Patient du docteur Hirschfeld, gli ha permesso di vincere il Premio del pubblico della RTS e il Premio Schiller del 2012. Nicolas Verdan vive a Chardonne.
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