venerdì 12 ottobre 2018

Emanuela Cocco Tu che eri ogni ragazza

"Noi che rimaniamo,noi che veniamo dopo, dobbiamo fare i conti anche con questo. Gli oggetti ci sopravvivono e ci tradiscono, vivono con noi relazioni promiscue, mercenarie, abbiamo la sensazione che ci appartengano, costruiamo per loro una vita segreta che ci riguarda, ci proiettiamo insieme a loro in altri spazi, in altri momenti, siamo loro inutilmente fedeli, a volte crediamo di essere visti e riconosciuti da loro , figuriamo la loro permanenza oltre noi come una testimonianza di quello che siamo stati. 
Non è così:le cose ci ignorano"
Quanto è grande questo fuori
"Nella grande libreria di fronte si sfogliano libri, si portano avanti e indietro i bagagli tra un corridoio e l'altro.Qualcuno esce con i sacchetti d carta rigida piena di volumi. Molti si allontanano senza aver comprato nulla. Tutto mi passa dentro e se ne va, non è importante. A parte le tue scarpe. le guardo senza disperazione e senza scopo. Sono dentro i miei occhi... la sola cosa immobile stamattina alla stazione"
Un uomo in stazione vede passare le scarpe della figlia ai piedi di un'altra ragazza. La figlia è stata uccisa e lui sa che nessuno verrà risparmiato. Nella grande scoperta che comunica alla moglie c'è questa terribile consapevolezza. Nessuno di noi verrà risparmiato e finché non si prova il dolore noi siamo ciechi al dolore altrui, pensiamo che non esista. Il dolore che capiamo solo quando ci appartiene.
"Riguarda anche noi. Questa è la grande scoperta"
"Votate pietà" Scrive Emanuela Cocco alla fine di alcuni dialoghi presenti nel libro come quadri scenici a sé stanti, in una immaginaria rappresentazione teatrale. Ed applausi noi facciamo chiudendo il libro, dopo aver messo tante orecchiette, e dopo aver deciso che non potevo ricopiarvi qui tutto ciò che mi sembrava da riportare.
Vi avrei quasi ricopiato moltissimo del libro!
Invece vorrei che leggeste questo racconto con l'attenzione e la cura che l'autrice ha messo nel delineare le situazioni, nel tratteggiare violenza e pietà, i due moti dell'animo su cui ondeggia confusa la nostra società odierna insieme ai nostri comportamenti contraddittori. 
"C'erano solo i fatti, nessuna storia"
Dopo calci, pugni e offese, sembra che si debba, dovere imperativo, capire che "Dentro è diventato fuori" e che bisogna, come bisogno primario, votare pietà. 
Leggere questo libro nelle classi degli istituti superiori, leggerlo dappertutto, significherà dare un vero momento di consapevolezza, mi piace ripetere la parola, significherà riconoscere ancora alla lettura quel grande compito di essere la coscienza militante di un'epoca. 
Viviamo, come sempre nella storia degli uomini, una grande fluidità di situazioni, alcune che sembrano comodissime, come i supermercati, e poi si rivelano mostruosità. 
Viviamo dunque fra mostruosità e causiamo sofferenza e la subiamo, con un ritmo discontinuo. 
Ed è questo ritmo discontinuo che viene intercettato da Emanuela, quel chiedere di "Prendete in considerazione il mio dolore, se non altro perché questo dolore che mi è piombato addosso, questo qui, è migliore del vostro, perché è mio." 
Nel regno della Litweb noi questo facciamo, ringraziando Emanuela e il suo lavoro:"Noi che rimaniamo, noi che veniamo dopo, dobbiamo fare i conti anche con questo" 
Ippolita Luzzo  

giovedì 11 ottobre 2018

Dove si guarda è quello che siamo - Giovanna Casadio

"... Non finisce", scrissi nell'estate degli anni settanta, come impegno e come augurio, su quel biglietto a Giovanna ai suoi diciotto anni, e "... non finisce" mi riscrive lei nella nostra scommessa vinta all'alba dell'autunno del 2018.
Mi sembra già questa una trama bellissima per amare e accompagnare il viaggio di Giovanna a Trapani "Dove si guarda è quello che siamo"
Mi arriva come regalo di compleanno, almeno a me piace pensarlo così, mi arriva con una riflessione sul numero 13, da noi considerato un numero fortunato, mentre sembra non sia così nel resto d'Italia.
 "Le regole del luogo" A pagina 13 Giovanna ci scrive del numero tredici. Un numero che ci unisce, facciamo entrambe il compleanno il giorno tredici. Abbiamo o avevamo medaglietta con il numero 13, come a Trapani, e ci sentiamo molto protette dal tredici, come viaggio e ritorno nella stessa direzione. 
La collana della EDT che pubblica questo libro si chiama Allacarta, una collana di scrittori che raccontano un luogo come se fosse cibo, con un cibo. Vi trovo un amico, Alessio Romano, di cui ho scritto su "D'amore e baccalà" dedicato a Lisbona.
Da Lisbona a Trapani.
A Trapani: La condizione umana di vivere in luoghi bellissimi, fatti di trine, di saline, di coralli, di gelsomini, e dover convivere con la mafia, con la falsità e la prepotenza,  con la manomissione delle parole.
" E davvero bisogna ritornare sui passi già dati. Bisogna vedere di notte quello che hai osservato di giorno, d'autunno quanto hai trascurato in estate" ritorno su queste frasi di Giovanna e su quell'estate del nostro liceo, dei nostri studi, della grande illusione che ci sorregge in autunno. "D'autunno, improvviso e sorprendente, il vento di tramontana s'intrufola sotto le vesti, fischia nelle orecchie e ingrossa il mare soprattutto là dove le mura spagnole , le mura di tramontana, fanno scudo" 
Mi sembra di vederle queste mura, e mi sembra di vederli i venti: il maestrale, il grecale, le raffiche di libeccio, la tramontana, mi sembra di sentirli soffiare anche ora. 
Come in "Soffia il vento, infuria la bufera" il canto dei popoli oppressi verso l'avvenire di giustizia sociale. 
Nella Trapani delle mura spagnole, nella Trapani del barocco, i frutti finti regalati nel giorno dei morti. Frutti fatti di pasta di mandorla, dolcissima sensazione, nel "Carnevale della vita. Mascariari l'assenza."
Leggendo Giovanna imparo che "cosca è semplicemente la corona di foglie di carciofo, come diceva Leonardo Sciascia." 
Seguendo le contaminazioni fra cibo e politica, fra cibo e modo di essere, quando la fame era fame, nei catoi del Casalicchio, si racconta che vivesse la madre di San Pietro, donna perfida. Da una minestra di cavolofiore capiamo tante cose.. Donna condannata alle pene infernali dopo morta, leggendo noi plaudiamo quasi alla punizione verso la cattiveria e l'avarizia quando la foglia del cavolo si slabbra nella risalita verso il Purgatorio, e fa precipitare la madre di San Pietro di nuovo nell'inferno. Se ci si salva ci si salva insieme, sembra la morale della storia.
I gelsi, la ventresca e la bottarga, il cùs cus, l'odore e il sapore della vita intensa, fatta da una "tramontana che entra sotto i vestiti alle mura"
Conosco ogni frase scritta in queste pagine, sono state le frasi del nostro quotidiano esserci,  e riesco ad andare a memoria su una Trapani che conoscerete ora dalle pagine di un delizioso atto d'amore, un luogo dell'anima, di ciò che ognuno pensa e vorrebbe dire del suo paese. 
Nella dolce cura dei termini, nella limpidezza della narrazione, stanno le mura di difesa ai venti crudeli che sembra soffino impetuosi, dall'estate all'autunno del 2018. 
Continuando... non finisce
Ippolita Luzzo   

mercoledì 3 ottobre 2018

Paolo Ercolani Contro le donne e Le donne di Lazar' di Marina Stepnova

La casa editrice Nord del gruppo editoriale Spagnol manda in libreria un romanzo di Christina Dalcher Vox. Sulla copertina sta scritto: "Puoi dire non più di cento parole al giorno. Ma solo se sei una donna." Detto ciò poi il romanzo segue i canoni del gusto in voga, abbastanza scontato, ma è interessante come, almeno per la trama, "donne che hanno al polso un bracciale che monitora quante parole possano dire al giorno", si ricolleghi alle tematiche serie e ben argomentate presenti nel libro di Paolo Ercolani "Contro le donne"
Di volta in volta e seguendo il orso della storia Paolo Ercolani studia e indaga il pregiudizio e i pregiudizi sulla donna e sull'essere donna. Un saggio che mi riporta agli anni settanta, al periodo dei miei studi liceali, alle lotte femministe per gestire contraccezione e aborto, una sessualità libera dal peccato e dal concepimento. Far diventare il concepimento una libera scelta, era questo il significato delle parole "L'utero è mio e lo gestisco io" parole urlate dalle femministe in quegli anni. Sembrava lontanissimo San Paolo, quando proibisce alle donne di parlare in chiesa, sembravano lontanissimi Bacone o Montaigne, con le loro boutade sulle conseguenze nefaste del matrimonio e del chiacchierare con una donna. 
Il libro di Paolo Ercolani mi arriva e lo leggo insieme al libro di Marina Stepnova "Le donne di Lazar" della casa editrice Voland. C’è del metodo per come arrivano e per come s’accompagnano. Questi due libri sembrano speculari
Anche in questo libro tre donne, intorno ad uno scienziato russo, ripercorrono i temi e pregiudizi delineati da Ercolani come appartenenti al genere femminile. Un libro da leggere come completamentari, accanto. 
Noi, al liceo negli anni settanta, siamo vissute leggendo Simone De Beauvoir," Il secondo sesso" poi "Penelope alla guerra" di Oriana Fallaci, "La mela e il serpente" di Armanda Guiducci, pensando che con le letture avremmo potuto pareggiare il divario fra le relazioni con l'altro sesso. Impossibile. La distanza resta, ma, come Ercolani postula, sarà proprio questa distanza a creare la relazione, il rapporto. Fra persone.
In un film non troppo recente " Due Partite" della regista Comencini vi è nel finale questa bellissima lettera "Un giorno esisterà la fanciulla e la donna, il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile, ma qualcosa per sé, qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine, ma solo a vita reale: l’umanità femminile. E questo progresso trasformerà l’esperienza dell’amore... E questo progresso trasformerà n l’esperienza dell’amore, che ora è piena d’errore, la muterà dal fondo, la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano, non più da maschio a femmina. E questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo, all’amore che in questo consiste: che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.” Quasi lo stesso finale di Paolo Ercolani, dopo il suo lungo studio dalla Patrologia greca e latina a Freud, a Marcuse, a quella libertà anelata da uomini e donne, la libertà dal pregiudizio. 
Ippolita Luzzo 
   

Litweb: Una finestra sul mondo

Un'identità forte è una finestra sul mondo, capace di includere in sé anche le altre. Se è debole, invece, si limita a glorificare se stessa, rinchiudendosi nei confini del localismo

Raffaele  La Capria

24 ottobre Relazione Uniter in itinere per il 9 Novembre 
Litweb: Una finestra sul mondo
La tentazione era di venirmene senza un foglio scritto, domandarvi con semplicità se ci conosciamo. Tutti voi mi rispondereste di sì, sappiamo il nome di alcuni, non di tutti, i presenti, e sappiamo, o almeno pensiamo di sapere, cosa ci accomuna. Sono tanti anni che ci sediamo insieme in questa stanza e sono tante le conversazioni che formano il patrimonio condiviso delle nostre conoscenze. 
Ciò ci conforta e ci fa sentire comunità appartenere ad una associazione che nella sua rarità associa quasi per davvero. 
Come associazione aperta ad ogni fermento nuovo è stato dato spazio ad attività e conoscenze diverse, invitando molti miei amici, e di questo vi ringrazio, dal mondo della Litweb. 
Naturalmente è normale che nessuno o quasi conosca il mondo o il regno, per essere precisi, della Litweb, essendo un Regno nato nel 2012, per puro caso, ed essendo un regno, o mondo, nato sul web. Vi spiegherò quindi cosa sia Litweb, crasi della parola Letteratura, in inglese, literature, e della parola web Sottorete di Internet che riunisce i siti che permettono un sistema di navigazione ipertestuale e visualizzabili sul computer per mezzo di appositi programmi software (detti browser )
L' origine viene da world wide web ‘ragnatela estesa in tutto il mondo’; propriamente “rete” www e  web sono la stessa cosa. www sta per world wide web e web è un modo più rapido per dire www.
 Ma cos'è il world wide web? Letteralmente, ho appena scritto, significa ragnatela mondiale, perché world significa mondo, wide significa scala e web significa ragnatela. Questo però non ci spiega che cos'è. Le connessioni su Internet esistevano già, per scopi militari nel 1969, allora si chiamava Arpanet, e dal 1980 comincia la diffusione,  ma solo intorno al 1990 la ragnatela del web ha permesso la nascita, fra molto altro, dei blog, dei siti, dei giornali online, trasformando in modo ineluttabile la comunicazione e la diffusione dei messaggi.  
Cosa sia un sito o un blog, suppongo qui tutti lo sappiamo, abituati ormai con cellulari interconessi e con il computer, lo ripeto solo per un ordine nel discorso. Un sito web o sito Internet  è un insieme di pagine web correlate, ovvero una struttura ipertestuale di documenti che risiede su un server web.
Scherzosamente, alcuni anni fa, io avevo inventato Il Lametame, mio giornale sul web, senza server. Scrivevo www. IlLametame.it e subito sembrava un giornale vero.  Ovviamente non esisteva, appariva il link, molti cliccavano sul link, non trovavano che una pagina bianca perché il server non serviva, ma tanti conoscono ormai Il Lametame.  Nel Web 2.0 e nel gergo di Internet, un blog  è un  tipo di sito web  gestito da uno o più blogger che pubblicano contenuti multimediali, in forma testuale o in forma di post, concetto assimilabile o avvicinabile a un articolo di giornale. Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero diario in rete. Io ho definito il blog, in una lontana intervista sul Quotidiano del sud, un diario a cielo aperto.
Sono milioni di milioni i blog ora nel mondo. 
E veniamo ai siti letterari da me incontrati per puro caso nel 2009 quindi già dopo molti anni dalla nascita. E alla nascita sempre per caso del blog, nel 2012. 
Sembra sempre antipatico parlare di sé, però il blog è un diario, quindi nasce come Finestra sul mondo, come la mia finestra sul mondo.  Il blog sul regno della Litweb nasce come idea comune con Bruno Corino, filosofo ed allievo di Tullio De Mauro, dovremmo proprio invitarlo, ve lo propongo ora, e viene gestito da me con costante curiosità sul fenomeno in corso di formazione. Sul mondo letterario. 
Che cos'è una finestra sul mondo? Un'identità forte è una finestra sul mondo, capace di includere in sé anche le altre. Se è debole, invece, si limita a glorificare se stessa, rinchiudendosi nei confini del localismo, questo la una frase di Raffaele La Capria che ho messo come guida all'inizio della conversazione.
Noi possiamo decidere di aprire una finestra per far ammirare a tutti i nostri capelli, il colore dei nostri occhi e la bella voce che si possiede, ed è quel gesto uno specchio vuoto, dice Pierre Zaoui , nell'Arte di scomparire, possiamo decidere di ammirare dalla finestra il mondo che passa e dire agli altri quanto sia bello ed è questo ciò che chiamiamo comunicazione. 
In questo modo diventa un modo di vivere, uno stare alla finestra, lontanissima dal luogo natio, lontanissima eppure vicinissima se stiamo qui a parlarne stasera tra noi. 
Da quel luogo, da quella finestra, benché mai abbia chiesto nulla, mi sono giunti libri, autori, riconoscimenti e amicizia. Ed è proprio il riconoscimento quello che più ci fa piacere, vero? Riconoscimento fra simili, dovendo vivere fra chi ci sconosce, spesso in contesti pubblici, con poca grazia. Conoscersi tramite ciò che si scrive, capire come si trasforma questo e quello, affidarsi all'intuito e sorvolare sulle scortesie e sulle piccinerie, è ciò che si impara stando in rete.  
Sulla rete.
Dalla Rete a noi poi, per contestualizzare ciò che da anni ormai avviene, ho proposto all’Uniter una rassegna letteraria sulla letteratura nascente, ossia, sulla letteratura che difficilmente troviamo in libreria, sulle piccole e medie case editrici che intercettano il buono. Il progetto in effetti, qui all’Uniter, da anni sono felice di dire, è stato accettato, deve ora fare i passaggi necessari per avviare la rassegna. Ospiti dell’Uniter, provenienti dal mondo della Litweb, cioè conosciuti, letti e segnalati da me e apprezzati anche da voi,sono stati, cito in ordine sparso: Nicola Fiorita, Maria Antonietta Ferrarolo, Claudia Melica, Tiziana Iaquinta, Anna Vinci, Mauro Francesco Minervino, Pinuccio Alia, Massimo IIritano, Marcello Comitini, Simona Zecchi.
Amici non contatti e soprattutto stimati professionisti.La stima che ci accomuna.  Ricordo ancora la mia felicità quando lessi le prime bozze dei lavori di Maria Antonietta Ferrarolo, ricordo quanto ci siamo parlati e consigliate prima che venisse a Lamezia, e come ormai, fidandosi del mio intuito, mi mandi da leggere, a me per prima, ciò che scrive, dicendo ciò pubblicamente sia alla Nuova Frontiera che in intervista pubblica.
"Arrivi alle cose in base alle intuizioni che hai", raccolsi un giorno questa frase da Nino Racco, e ciò mi fa da guida. 
Una rassegna possibile dunque, che dalla Litweb, una finestra sul mondo, possa far affacciare la piana lametina, tramite l’Uniter, sul panorama letterario conoscibile solo tramite il web, "da me", aggiungerei, ma non dirò.
Ippolita Luzzo  

sabato 29 settembre 2018

Oggi 29 settembre

La data ormai è una canzone amata. Succede spesso nella letteratura la mitizzazione di un luogo, di un nome, di una data. Questo è il potere dell’arte, rendere immortale, fissare nell’immaginario collettivo un personaggio o un libro come se appartenesse a tutti, come se tutti sappiano chi esso sia. Tutti noi infatti sappiamo cosa successe il 29 settembre.

domenica 23 settembre 2018

Lungomare Cristoforo Colombo Pizzo Calabro

Dedicato a Maria Concetta da Toronto.
Lungomare Cristoforo Colombo, Pizzo.
In acqua:“Papà mi ha portato qui quando io avevo tredici anni. Ora papà non c’è più da sei settimane ed io avrei voluto annullare questo viaggio in Italia, già prenotato da mesi per l’anniversario dei miei dieci anni di matrimonio. Poi però tutti, mia sorella, mia madre, mi hanno detto di venire lo stesso in Italia ed io ho deciso di ritornare nei luoghi dove ci portò il mio papà e domani andremo nel paese dove è nato: Vallelonga. Esisterà ancora la casa della nonna a Vallelonga? Andrò a chiedere in Municipio. Non ricordo più dove si potrebbe trovare. Sarà stata abbandonata” 
Mi sovvengono i racconti di Carmen Pellegrino " Se tornasse questa sera accanto" e " Cade la terra", le sue storie sui paesi e sui ricordi. Maria Concetta mi sta raccontando, in perfetto italiano, del luogo dove ora pensa di essere stata con suo padre, di una caletta a ridosso Piazza Cardona, dove ci troviamo in acqua a chiacchierare mentre in cielo volano uomini spinti da motori e colori e sulla spiaggia impazza la musica, poggiata su una barca e diffusa da un amplificatore portato da un gruppo di ragazzi che giocano a pallone in acqua. Tutto stupefacente per me che vengo a mare quasi per la prima volta in questo caldo giorno di settembre, e così stupefacente sembra anche alla mia interlocutrice trovarsi a parlare del suo papà Vincenzo, nato nel 1940, emigrato in Canada, ultimo di nove figli, e sempre rimasto legato al ricordo dei dolci locali, alle susumelle e ai mostaccioli, al suono della campana della Chiesa per la messa, sempre devoto alla Madonna.
Troverà anche lei, ora, i dolci che suo padre le ha portato dalla Calabria l'ultima volta che è stato qui? Troverà i fichi neri, i fichi d'india, troverà una Calabria che non so più neppure io?
Nel mentre parliamo mi sembra di vedere sorridere Vincenzo, questo il nome di suo padre, mi sembra di essere uno e tanti, di fare parte della storia universale di una emigrazione continua, di essere come quel granello di sabbia, uno dei tanti, che Maria Concetta raccoglie sulla spiaggia di Pizzo e porterà a Toronto dalla sorella insieme a questi miei ricordi scritti di cui la ringrazio.
Dai baci finali agli appunti di un incontro con Maria Concetta da Toronto
Ippolita Luzzo 

sabato 15 settembre 2018

Icarus di Matteo Cavezzali Ascesa e caduta di Raul Gardini


IL cinque settembre mi arriva e leggo questo libro, la sera poi la notizia della morte di Idina Ferruzzi, la moglie di Raul Gardini mi è vicina come se fosse un parente stretto, una persona cara.  
Ha proprio ragione Matteo Cavezzali a raccontarlo così bene nel suo libro di quanto alcuni fatti e personaggi della vita pubblica del nostro paese siano diventati figure mitologiche, quasi semidei, e tali li abbiamo introiettati noi nel nostro immaginario.

1993, cosa ricordi io non so. Forse nulla se non proprio la morte di Raul Gardini, la vicenda di Mani pulite, la morte di Cagliari. Non ho ricordi della mia vita ma della vita e della morte di Raul Gardini.

Ammiravo questo imprenditore fantasioso e creativo che voleva far andare le auto con la benzina verde.
Benché capitalista, proprietario di un impero, rimandava una idea di libertà. 
Poi arrivarono le inchieste e gli avvisi di garanzia per gli indagati in corruzione e Mani pulite fu uno stranissimo modo di procedere, un periodo in cui le manette sembravano sinonimo di giustizia e pulizia. Sembrava possibile svelare il meccanismo di connivenza fra potere politico ed economico. Ora con i 49 milioni di euro alla Lega dati da Benetton sappiamo che tutto rimase come prima se non peggio di prima. Allora però si portavano in carcere uomini che il giorno prima erano al comando di imprese enormi, dirigenti e funzionari, si portavano in carcere e il carcere era, come lo è per tutti, la privazione della libertà.

Raul Gardini era la libertà. Ricordo che anche io non ho creduto all’ipotesi del suicidio, benché potesse starci come stato d’animo. Non ho creduto al suicidio per tutte quelle incongruenze che Matteo Cavezzali racconta così bene nel libro Icarus. Credo che lo scrittore abbia avuto come suggeritore Gardini stesso, ne sono sicura.  Consiglio di leggere questo libro e ringrazio Angelo Ferracuti per aver incoraggiato Matteo a scriverne.

“Ci sono mille modi di raccontare una storia. Soprattutto una storia che ha contorni sfocati e molti punti poco chiari. Una storia torbida in cui colpevoli e vittime hanno la stessa faccia. Chi racconta una storia decide i ruoli e assegna le parti. Ho sentito parlare della vicenda di Gardini da decine di persone, e ognuno raccontava una storia completamente diversa. Colpevole o vittima? Visionario o pazzo? A Ravenna tutto è un mosaico” 


Nel libro di Matteo Cavezzali, la città di Ravenna, allora al centro del mondo economico, un impero.  
La Basilica di Sant’Apollinare nuovo con i mosaici bizantini, i miti di Apollodoro, il labirinto e l’intervista di Enzo Biagi ad Idina Ferruzzi.  In quel giorno lei disse la sua verità.  
Matteo Cavezzali è un giornalista e scrittore rispettoso dei fatti e delle persone, si sente la sua sincera adesione, la sua grande partecipazione.
Leggiamo il libro e resteremo testimoni una volta di più di quanto la storia di alcuni ritorni e stia presente nel ricordo di molti, essendo questa la storia del nostro paese.
Ippolita Luzzo

Matteo Cavezzali nato nel 1983  vive a Ravenna. Collabora con diversi giornali tra cui la Repubblica e tiene un blog sul sito del Fatto Quotidiano. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati su minima&moralia, Nazione Indiana e nella raccolta Almanacco 2017. Mappe del tempo (Quodlibet 2017) curata da Ermanno Cavazzoni. Ha scritto testi per il teatro messi in scena in Italia e all’estero. Dal 2014 è direttore artistico del festival letterario ScrittuRa