giovedì 11 ottobre 2018

Dove si guarda è quello che siamo - Giovanna Casadio

"... Non finisce", scrissi nell'estate degli anni settanta, come impegno e come augurio, su quel biglietto a Giovanna ai suoi diciotto anni, e "... non finisce" mi riscrive lei nella nostra scommessa vinta all'alba dell'autunno del 2018.
Mi sembra già questa una trama bellissima per amare e accompagnare il viaggio di Giovanna a Trapani "Dove si guarda è quello che siamo"
Mi arriva come regalo di compleanno, almeno a me piace pensarlo così, mi arriva con una riflessione sul numero 13, da noi considerato un numero fortunato, mentre sembra non sia così nel resto d'Italia.
 "Le regole del luogo" A pagina 13 Giovanna ci scrive del numero tredici. Un numero che ci unisce, facciamo entrambe il compleanno il giorno tredici. Abbiamo o avevamo medaglietta con il numero 13, come a Trapani, e ci sentiamo molto protette dal tredici, come viaggio e ritorno nella stessa direzione. 
La collana della EDT che pubblica questo libro si chiama Allacarta, una collana di scrittori che raccontano un luogo come se fosse cibo, con un cibo. Vi trovo un amico, Alessio Romano, di cui ho scritto su "D'amore e baccalà" dedicato a Lisbona.
Da Lisbona a Trapani.
A Trapani: La condizione umana di vivere in luoghi bellissimi, fatti di trine, di saline, di coralli, di gelsomini, e dover convivere con la mafia, con la falsità e la prepotenza,  con la manomissione delle parole.
" E davvero bisogna ritornare sui passi già dati. Bisogna vedere di notte quello che hai osservato di giorno, d'autunno quanto hai trascurato in estate" ritorno su queste frasi di Giovanna e su quell'estate del nostro liceo, dei nostri studi, della grande illusione che ci sorregge in autunno. "D'autunno, improvviso e sorprendente, il vento di tramontana s'intrufola sotto le vesti, fischia nelle orecchie e ingrossa il mare soprattutto là dove le mura spagnole , le mura di tramontana, fanno scudo" 
Mi sembra di vederle queste mura, e mi sembra di vederli i venti: il maestrale, il grecale, le raffiche di libeccio, la tramontana, mi sembra di sentirli soffiare anche ora. 
Come in "Soffia il vento, infuria la bufera" il canto dei popoli oppressi verso l'avvenire di giustizia sociale. 
Nella Trapani delle mura spagnole, nella Trapani del barocco, i frutti finti regalati nel giorno dei morti. Frutti fatti di pasta di mandorla, dolcissima sensazione, nel "Carnevale della vita. Mascariari l'assenza."
Leggendo Giovanna imparo che "cosca è semplicemente la corona di foglie di carciofo, come diceva Leonardo Sciascia." 
Seguendo le contaminazioni fra cibo e politica, fra cibo e modo di essere, quando la fame era fame, nei catoi del Casalicchio, si racconta che vivesse la madre di San Pietro, donna perfida. Da una minestra di cavolofiore capiamo tante cose.. Donna condannata alle pene infernali dopo morta, leggendo noi plaudiamo quasi alla punizione verso la cattiveria e l'avarizia quando la foglia del cavolo si slabbra nella risalita verso il Purgatorio, e fa precipitare la madre di San Pietro di nuovo nell'inferno. Se ci si salva ci si salva insieme, sembra la morale della storia.
I gelsi, la ventresca e la bottarga, il cùs cus, l'odore e il sapore della vita intensa, fatta da una "tramontana che entra sotto i vestiti alle mura"
Conosco ogni frase scritta in queste pagine, sono state le frasi del nostro quotidiano esserci,  e riesco ad andare a memoria su una Trapani che conoscerete ora dalle pagine di un delizioso atto d'amore, un luogo dell'anima, di ciò che ognuno pensa e vorrebbe dire del suo paese. 
Nella dolce cura dei termini, nella limpidezza della narrazione, stanno le mura di difesa ai venti crudeli che sembra soffino impetuosi, dall'estate all'autunno del 2018. 
Continuando... non finisce
Ippolita Luzzo   

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