martedì 12 settembre 2017

Domani mi chiamerà per dirmi tanti auguri ed io non risponderò

Domani mi chiamerà per dirmi tanti auguri ed io non risponderò.
Non so spiegare quale sia il motivo per cui alcune persone care, carissime, intime, intimissime, in tempi però ahimè lontani, lontanissimi, debbano prendere il cellulare in mano e chiamare solo al compleanno, Natale e Capodanno, a Natale o a Capodanno, una festività esclude l'altra festività. Queste telefonate diventano così epitaffi funebri, sono scorie morte di momenti mai più sentiti o vissuti insieme e benché rimanga intatta l'amicizia nel recesso più intimo, e rimanga l'affetto, ormai ha la stessa vita dell'ibiscus surgelato.
Bellissimo l'ibiscus, bellissimo come i nostri affetti, come le amicizie che ci sono state. Bellissimo il rosa dei petali così, bellissime le chiacchiere amicali, quando ci furono, le telefonate, le visite. 
Certo ero sempre io a farle, quasi sempre,  però mi sentivo amata, mi sentivo di far parte di quelle amicizie. Amicizie in rosa come l'ibiscus. Amicizie surgelate nel deserto cittadino. 
Sul web ho scelto io, invece. 
Domani ho messo l'opzione "Solo io", così chi vorrà mi farà gli auguri quando e come vorrà e non perché un social lo ricorderà. 
Domani inizia in città TeatrOltre e per le vie del Corso Numistrano, del Corso Giovanni Nicotera grande festa sarà. La Sbrindola uno spettacolo nato da un incontro di due incredibili personalità: giocoliere, clown, performer uno, batterista l'altro. 
 Festa grande e forse ci rincontreremo anche con lei e lei mi dirà: Ti ho chiamato per farti gli auguri. Non hai visto la telefonata?-
So già cosa non risponderò, e sorridendo le dirò grazie.
Grazie degli auguri     

lunedì 11 settembre 2017

Kent Haruf Le nostre anime di notte

Dal libro di Kent Haruf  il film con Robert Redford e Jane Fonda
Il film è stato presentato, fuori concorso, il 1º settembre 2017 alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. La pellicola verrà distribuita da Netflix il 29 settembre 2017.
Le nostre anime di notte ieri, da Holt in Litweb. 
Leggo il libro di Haruf  nel pomeriggio di domenica. Vado ad Holt da Louis ed Addie nel Colorado.
Domanderò loro se fa freddo stasera laggiù. Domanderò di cosa vorranno parlarmi stasera. Nelle domande che vorremmo fatte, nelle risposte che vorremmo ascoltare "Stiamo continuando a parlare. Fin quando potremo. Finché dura." 
Raccontato con semplicità e tradotto con maestria il libro resta il testamento postumo di Kent Haruf, scritto mentre la malattia gli faceva fretta. 
Rimane nel suo paese inventato, nella comunità di Holt dove aveva ambientato la Trilogia della pianura: Canto della pianura, Crepuscolo e Benedizione, abitano ora in questo paese Louis e Addie, due anziani, vicini di casa, che si conoscevano da anni, lei era amica della moglie di Louis, morta da qualche anno. Due vedovi soli. Quanto sia magico un solo gesto per trasformare la vita di entrambi lo leggiamo nella levità del racconto. Ci sembra naturale e possibile. Sembra che non ci sia nulla da rimproverare nella decisione di vivere la notte insieme per parlare.
Seguiamo infatti i piccoli gesti del quotidiano, di un'abitudine a vedersi, seguiamo quel destreggiarsi nelle chiacchiere dei vicini, siamo con loro quando arriva il nipote di Addie per una vacanza.
Si chiama Jamie e mangia i marshmallow morbidi dopo averli scuriti vicino al fuoco, ed io inghiotto quel momento, sentendo l'odore e vedendo la nonna "infilarne uno sulla punta aguzza di ciascuno dei bastoncini" bello, vero?
" Chi riesce ad avere quello che desidera?Non mi pare che capiti a tanti, forse proprio a nessuno. È sempre un incontro alla cieca tra due persone che mettono in scena vecchie idee e sogni e impressioni sbagliate."
Nella contea di Holt in agosto ci fu la fiera annuale con rodei e concorsi per il bestiame. Il giorno della parata pioveva. Piove ora mentre scrivo ed il vento fischia negli interstizi dei balconi. Nel pomeriggio smise di piovere e Louis, Addie e Jamie andarono alla fiera. Li seguo nella voglia di esserci anche io, parente acquisita e lontana, eppure vicina, sul foglio così era tardo pomeriggio, non comprarono i biglietti per le tribune ma camminarono fino al lato opposto e guardarono oltre la cancellata i buoi che venivano presi al lazo e i tori che venivano montati. Non si montano le mucche? sento io chiedere a loro, sorridente.  Cenarono sulla veranda mentre il giorno finiva e io ero con loro. L'eden. Eppure tutto cambia.  
Non puoi aggiustare tutto, non ti pare? disse Louis. Ci proviamo ma non ci riusciamo.     
A volte siamo inadeguati, mi segno anche questa, come mi segnai ma non ascoltai quella volta quando un prete mi disse di non poter intervenire a risolvere i problemi delle famiglie, mi disse: Non riuscirai nemmeno tu. Aveva ragione. 
Soggiornando vicino a loro mi resta il languore di non poter intervenire, di essersi fatto tardi, di non poter incontrare Kent Haruf, di non poter far nulla per i personaggi, se non aspettare il film e consigliare a chiunque mi leggerà questo libro. Nel regno della Litweb abbiamo tanto spazio per la contea di Holt e per ogni nostro paese inventato, abbiamo tanto spazio per le nostre anime di notte. 
Ippolita Luzzo 

Amiche care, parliamoci chiaro

Parliamoci chiaro, mi sta dicendo questa donna, io amiche non ne ho, ho assunto un atteggiamento di distacco ed indifferenza verso tutti, per difendermi. 
Tento la mia debole incursione in un pensiero così drastico e obietto, essendo d'accordo sul giusto spazio, sulla non invasività delle amicizia, ma non sono d'accordo sull'indifferenza. Già mentre le parlo ne sono addolorata, io allora cosa sono per lei? Niente, una compagna occasionale. Io ormai come vedo lei? Come lei vuole essere per me, una compagna occasionale. Il suo "Parliamoci chiaro", mi continua a riecheggiare nel cervello pensante e mi spinge sui tasti nel tentativo di decifrare questi messaggi, gli unici che ho dal mondo abitato. 
Come hai passato questa estate? mi domanda un'altra donna ieri, in un dolce e unico momento conviviale di tutta una estate.
Io annaspo nel cercare una risposta e poi mi rassegno alla verità, non ho fatto proprio nulla. Anche lei sostiene uguale e, nello smarrimento dei mesi vuoti alle spalle, io tento quel momento amicale del chiedere il perché non abbia avuto voglia di sentirmi. Su quell'avresti potuto telefonare cambia la sua estate. Lei ha avuto molto da fare e ora deciderà di andare via dalla città, si trasferirà, qui non ha nessuno, sta dicendo. Mentre dice nessuno, quel nessuno mi si infila in testa ed io divento nessuno. Un nessuno amicale. 
Sono arrivata, mi scrive in messaggio un altra donna. Benissimo, rispondo io, attenderò quando sarà possibile vederci allora. Attenderò.
Nell'attesa che venga quel giorno, ma ora no, non ho l'età, non ho l'età... canticchio con Gigliola Cinquetti, sulle note di amiche care, carissime, intime, conoscenti così care. 
Alcune volte credo a loro e disponibile sempre alla bellezza dell'incontro mi sorprendo del volubile decidere. 
Ora mi dicono di essere tanto sole e subito dopo rettificano, sono oberate da impegni familiari. 
Vado quindi sola l'altra sera ad un convegno di poesia, incontro altra splendida donna, anche lei frequentata quel tanto che le è stato permesso dall'amica che la tiene al guinzaglio. Sono presenti entrambe. Le saluto e mi sposto, non vorrei scatenare gelosia. Le chiamo amiche ancelle, nella accezione dei tempi imperiali romani, una "domina", l'altra "ancilla".
Ne sento la strettoia di un legame così fatto eppure chi si infilerà in una strada senza uscita a fine serata sarò io, tirandomi la fiancata destra della macchina.
Troverò provvidenziale aiuto e intervento di gentilissime e stimate persone che mi aiutano. Trovo sempre affetto 
Voglio bene ancora.
Nei film americani, a sproposito, si dicono in continuazione Ti voglio bene, qui sembra sia un peccato mortale e bisogna mostrare quell'indifferenza che la prima amica cara usa come suo costume.
Voglio bene ancora e mi resta di tutta l'estate una grande affettuosità in una unica serata con quattro donne e una bimba di nove mesi, coccolandoci e sorridendo del tempo e dell'età, del mondo che sarà o non sarà ma noi crediamo ancora che lo sia... affettuoso
Ippolita Luzzo         

mercoledì 6 settembre 2017

13 Settembre in TeatrOltre


Conferenza stampa per Festival di teatro in strada: con TeatrOltre il Circo 
13/17 settembre 2017 Lamezia Summertime presenta TeatrOltre  alla cittadinanza, alla stampa, in video curato dalla pagina Lamezia Summertime. 

Inizia proprio con i seimila like sulla pagina Facebook Giovanna Villella, responsabile della Comunicazione, elogiando l’attività di Vincenzo Morello, Francesco Molinaro  e Alessandra Corrado, i giovani che curano i post e le immagini sul profilo. 
Un modo di diffondere le notizie e di arrivare prima di ogni altro mezzo. La comunicazione poi è fatta da tante condivisioni nel territorio lametino e oltre.

 TeatrOltre  quindi comincia 
Siamo a metà dell’opera, dice il Sindaco, a metà dell’opera e del tragitto, bagnato alla prima dell’apertura di stagione, al cinema all’aperto, nel cortile della Scuola “Maggiore Perri”, nello stesso cortile giorno 14, inizio scuola col circo,  ed ora la cultura si intreccia con Lamezia shopping, continua il Sindaco, evidenziando il connubio fra teatro e attività commerciale del centro cittadino. 
Un settembre bellissimo ed animato e proprio belli belli belli i corti scelti da Ivan Falvod’Urso prima della visione dei film in rassegna, e proprio bellissima la rassegna con i Visionari da un’idea di Piero Bonaccurso. Il fondatore di TeatroP e di TeatrOltre  continua ad amare un teatro di strada che, ridendo mi confessa, non gli ha mai permesso Maserati e Rolex. E confidandomi le difficoltà di ospitare tanti artisti, difficoltà logistiche e materiali, io continuerò a sperare che venga riconosciuta al teatro a Lamezia una casa oltre che una strada.
Intanto dal 13 al 17 tutti in strada col Circo Ramingo, col Circo Unartiq, col Drago Bianco, con La Sbrindola, i Takabum, con Nando e Maila, col Teatro della Maruca, con i Tzigani e la Performance di San Art.
Ippolita Luzzo 

Il pezzo magico


Il gatto di Fany, ovvero il maleficio.
Entro a casa e il gatto indonesiano in legno mi guarda innocente. 
Io non c’entro, mi dice. 
Lo prendo e lo butto nella spazzatura. 
Era un regalo, era solo un regalo.
Sono passati due anni circa che stava lì, dono di Fany, scambio di doni in una giornata trascorsa a prendere appunti, ad intervistare negozianti su e giù per Tropea, a camminare e correre nelle ore raccontando i giorni, le paure, il futuro.
Sono passati cinque o sei anni da quel primo incontro in biblioteca, alla presentazione del suo Fiore Rosso, la raccolta di poesia scritta con l’anima in gola, con l’arcobaleno e i trampolieri tutti su un filo. Noi siamo come birilli su un filo, lei stava dicendo, se cade uno cadiamo tutti. 
Brava bravissima ad inanellare parole, magra magrissima e ambiziosa, ambiziosissima. Gli altri per lei trampolini e non trampolieri. 
Cinque anni di saltelli, di telefonate fiume, di ascolto. 
Conta la differenza di età in letteratura? Conta aver per età venti,  trenta, quaranta, e aver amicizia con chi di anni ne ha ottanta, settanta, cinquanta? Nel caso cinque anni fa non contava, ora pesa e la differenza viene scagliata con disprezzo, per offendere.
La giovinezza contro la vecchiaia.  
Ma il gatto che c’entra? Perché buttarlo? 
Uniti dal piacere di scrivere, gli anni inseguivano le tante presentazioni di libri che Fany faceva. 
Presentava e presentava, in biblioteca, in libreria, in saloni damascati e in bar, in cioccolaterie, in qualsiasi posto ci fossero due sedie e un microfono. 
Presentava. 
Un giorno l'altra le suggerì di presentare sé stessa. 
Di scrivere per sé stessa.
E lei fece un diario scorrevole, una prova, e la pubblicò. 
Tutto era ormai bellissimo. Un trionfo. 

Arrivò il diavolo, o almeno così dice Fany. 
Il diavolo si mise tra loro, nelle vesti del gatto,  e nelle moderne vesti di facebook bloccò il contatto, chiuse il cellulare, non rispose alla mail, il gatto venne buttato nella spazzatura. 
Sembra incredibile che nel 2033 si possa credere ancora ai malefici? 




lunedì 4 settembre 2017

Un bimbo molto amato

Francesco Antonio nato il 13 agosto 2012

Un bimbo molto amato
Ad Angelica la sua mamma
A lui che, fragile, insegnerà a lei, la fragilità
A tutti noi che capiamo solo se…
Se ci accorgeremo di esser fragili

Cosa vuol dire nascere e già sistemare un battito
Un muscolo, uno scorrere
Quello che per gli altri è normalità
Diventerà per te una conquista
Avrà un sapore nuovo la vita
Il correre, il saltare
Avrà il sapore della novità

A volte è una ricchezza proprio quel momento
Quella difficoltà
La sensibilità si eleva e si avvicina alla spiritualità
Si vede si vede si vede, in un mondo di fretta
Si vede con pazienza e con attese

Attenderai che i medici intervengano
Attenderà la tua mamma
Il tuo papà
Attenderemo tutti e
Tu sarai un bimbo molto amato
Molto di più, perché ameremo tutti in te
Una fragilità che ci appartiene
                                                          

                                                      Ippolita
Mentre ero dal parrucchiere la sua mamma mi sentiva parlare e mi chiese una poesia per il suo bambino prima di un intervento al cuore. Mi schermii, non so scrivere poesie perciò mi presentai qualche tempo dopo con questi pensieri scusandomi. L'intervento era andato bene e la mamma fece incorniciare la mia poesiola e l'appese in camera del suo bambino che, spero, mi perdonerà. 

Dal 41bis lametino

Hanno tutti famiglia a Lamezia, hanno tutti impegni e da fare.
La bella famiglia calabra composta da genitori, consuoceri, marito o moglie, figli, fidanzati delle figlie, fidanzate dei figli, nipoti, cugini, fratelli e sorelle.
Famiglie del sud.
Famiglie pronte ad accogliere nel grembo felice della tavolata festeggiante i vari momenti di una evoluzione.
Nascite, battesimo, crescita, comunione, cresima, saggio di fine anno, premi in qualche competizione sportiva, anniversari, compleanni, matrimoni, qualche viaggio, molti viaggi, promozioni, successi, la bella famiglia si incontra. 
Hanno tutti famiglia a Lamezia, si allarga la cerchia, aggiungi un posto a tavola che c'è un amico in più. 
Dal mio osservatorio ne sento l'eco flebile di tutto ciò, ne vedo la lontananza e l'irraggiungibilità di simile modello. 
Però questo modello esiste e condanna chi non ha saputo cucirselo addosso ad un 41bis senza sconti di pena. 
Guardo sconsolata la solitudine immensa di mia madre, lenita, per quel pochissimo, dalla mia presenza, da quella di mia sorella e poi lasciata nel desolato mondo del niente da una parentela disattenta. 
Pochissime le eccezioni, rarissime le visite. 
La dolcezza e saggezza di mia madre stemperano la voglia di sputare a quel rimasuglio di sembianza parentale attorniato da consuoceri, figli e nipoti, che  noi non abbiamo saputo creare attorno a lei, nella desolazione inaudita di vivere in un luogo senza rapporti.
Davanti casa una scalinata porta alla Chiesa.
Guardiamo dal balcone ogni domenica salire e scendere matrimoni, battesimi e funerali, unico diversivo al 41bis lametino.