Clara Cerri è nata e vive a Roma, ha studiato ebraico e lingue orientali antiche. Ha studiato musica classica e jazz e fa parte come cantante di diverse formazioni musicali. Ha pubblicato alcuni racconti sul web e in antologie come I piccoli e i grandi, Cocktail e Lunapark. Dodici posti dove non volevo andare (ed. Lettere Animate), il suo libro di esordio nella narrativa, ha vinto nel 2015 il I Premio letterario Amarganta. Si occupa di promozione editoriale e di eventi culturali per il Circolo letterario Bel-Ami.
Parleremo delle Lettere tra l'erba con Clara Cerri domani, intanto oggi ripropongo un mio pezzo del 2015
SABATO 10 OTTOBRE 2015
Dodici posti dove non volevo andare- Clara Cerri
Sinossi a modo mio
Dodici Posti dove non volevo andare
L'americano stanco
Tutti gli incontri che un uomo può fare, diceva, tutta l'amicizia che può dare, tutta la musica che canta, tutte le parti di felicità che può strappare alla vita, sono cose preziose. Non si misurano e non si pesano. Se si è fortunati, si ricordano.
Via Margutta (1956)
l'idea che precede l'opera d'arte e che è pura INTUIZIONE. Solo e solamente l'intuizione conduce alla creazione artistica. Ad essa fa seguito l'ISPIRAZIONE, cioè il pensiero che interpreta l'opera e gli conferisce un significato concettuale e rappresentativo, estrinsecato nel titolo. Intuizione, ispirazione e titolo sono le tre marche irrinunciabili dell'oggetto artistico, sia dipinto che scolpito… “e scritto.”
La zanzara (1967/1993)
Mortal cosa son io, fattura umana
Tutto mi turba, un soffio sol mi abbatte
Il Tempo, che mi crea, quel mi combatte
(C. Monteverdi - G. Badoaro, Il ritorno di Ulisse in Patria, 1640)
Evviva.
Ci sono momenti della vita in cui tutte le energie sono impegnate nella sopravvivenza. Quando si arriva a dire: "Questo è come morire", non è più questione di aspettative di felicità e di vita migliore, che potrebbero essere puerili. Basta che smetta presto quella cosa che è come morire.
L'attraversamento della notte (2012)
Noi pittori si pigliamo licentia
che si pigliano i poeti et i matti
(Paolo Veronese, 1528-1588)
Intermezzo (1978) e poi Contraltare
“L’ordalia” ingoio e arriva
L’indulgenza
E poi “a che serve sapere che forse c'era un triclinio? Come farsi un impero per conto proprio. A che servono le conoscenze che non diventano patrimonio di tutti?”
E ha continuato a dirlo, 'Tu sei come me', tutto il tempo".
Gli occhi di Clara brillano. "Fantastico. Io non credo che si possa dire qualcosa di più bello a chi si ama". Il verbo amare mi colpisce allo stomaco.
A chi cerca cose nuove è promessa un’eterna primavera.
"Lascia stare Clemente Alessandrino”
Aspetto da un momento all'altro che si prendano la mano sul tavolino di marmo e facciano un miracolo, quello che hanno chiesto senza volerlo per tutti questi anni. Il finale che ci aspettiamo da tutte le storie, che il disamore sia solo incomprensione, che si arrivi alla spiegazione che basta a spazzare via tutti gli ostacoli.
Non è per questo che si canta e si scrive musica, perché chi ascolta quei suoni si senta amato? Perché si senta toccato con tenerezza da quella mano che tanti anni fa, con tanto coraggio, si è tesa in avanti? Sembra una briciola caduta dal banchetto del mondo ma forse è quel conoscerci cui tendiamo invano per tutta la vita, noi che siamo sazi, anche quando ci lasciamo dietro le nostre storie perché qualcuno le legga e immagini un finale diverso dalla sconfitta. Infilo la mano nella borsa, sento il duro della copertina sotto le dita. Io non sono più capace di immaginare quel finale, ma qualcun altro potrebbe. Senza guardare cosa faccio, prendo il quaderno e lo appoggio al davanzale di una finestra. E mi allontano.
Ippolita Luzzo
Dodici posti dove non volevo andare (ed. Lettere Animate)
Una raccolta di racconti che si legge come un romanzo. La storia sopra le righe di una famiglia romana dagli anni ’50 a oggi, attraverso le sfide e le perdite della vita, con la guida dell’amore per la musica e per l’arte e di una tenace capacità di resistenza. I tre personaggi principali della vicenda incarnano tre generazioni in successione: William, un cantante americano depresso e deluso, che cerca nella musica e in Roma la consolazione per il suo fallimento; Clara che ricorda il passato e scruta negli animi mentre vive una vita che avrebbe voluto diversa, il giovane pittore Roy che viene abbandonato da tutti i suoi amori tranne che da quello per Roma. Un’ironia partecipe guida l’intreccio delle storie fin dove si intravede una pace possibile, quella del perdono. Tutti sono assolti, generazione dopo generazione, e dopo i tre giorni di tenebre viene un giorno come tutti gli altri.
giovedì 3 agosto 2017
domenica 30 luglio 2017
I fuochi di Squillace per Mari di Caspanello
I Fuochi di Squillace per Mari
Fotografia con fuochi. Angelo Maggio
Fra "vattindi e resta" il gesto convince nello spazio interiore di "Mari" con Tino Caspanello e Cinzia Muscolino ad Innesti Contemporanei.
Siamo qui a parlarne per applaudire la bravura dei due interpreti di una gestualità interiore chiamato da Ronald Barthes "Frammenti di un discorso amoroso".
Sulla scena succedono avvenimenti inaspettati che daranno unicità al testo.
Va via la luce e per un istante, nel buio, il cielo si accende di moltissime stelle, una piccola luce viene messa sul palco per rischiarare Tino e Cinzia nella penombra del loro dirsi.
Succede anche altro.
I fuochi di festeggiamento di un quarantenne si stagliano nel cielo e sembrano partecipare a quella scenografia in riva al mare, su una spiaggia, nell'immenso spazio dei fuochi sparati al cielo nelle feste di un Santo. L'unicità rende lo spettacolo prezioso, ci rende orgogliosi di aver affrontato le curve di Squillace per salire al castello.
Noi e loro, nel discorso di un uomo e una donna, le note del film ora mi ritornano in mente con le immagini, qui siamo con due solitudini a volersi bene, ognuno a suo modo, lontano e vicini. Vattindi è la prima risposta che il marito le dice, vai a casa, io voglio stare qui da solo in riva al mare a pescare.
Lei comincia a trovare mille pretesti per restare, per convincerlo a rientrare a casa, stanca di una solitudine troppo lunga.
Resta.
Lei resta e il sussurro delle frasi si appiglia a cura e attenzione, a piccoli gesto del quotidiano, un pranzo, un pomodoro, un ti aspetto, un non mi aspettare.
Parole per dire: "E iò non t‟u sacciu diri. Pari… pari ch‟i paroli n‟e canusciu, mi pari chi non n‟avemu paroli pi ddiri chiddu chi pinzamu. Parramu, parramu e ittamu sulu aria:manciasti, durmisti, travagghiasti, si‟ stancu? A ddumani penza Diu. E ccu sti paroli ni inchemu a bbucca. Nni canusci autri, tu?"
Applausi e applausi ancora dal mare che buio non è, se acqua c'è.
Ippolita Luzzo
Mio padre, in ricordo alla Casa di Riposo Tamburelli
Venuto a mancare il 21 giugno di questo anno nella Casa di riposo dove aveva trascorso da aprile i suoi ultimi giorni, mio padre ha avuto una sorte insolita e bene augurante. Domenica 18 giugno mangiava la torta alla frutta, mandata da Gabriella, mamma di Salvatore, e Antonello Coclite suonava W Maria e Bella Ciao.
Un pomeriggio felice.
Così come erano stati gli altri giorni fino al 21 quando serenamente ci ha lasciato con la musica suonata da Pasqualino Porchia: Plaisir d'amour.
Eppure...
Lui non ha partecipato ad una vita di relazione e di società.
In vita le sue occasioni mondane erano la partita di calcio, la domenica al campo, come spettatore composto e silenzioso, e l'edicola di Giovanni prima, e di Giuseppe poi, dove comprava moltissimi giornali, l'immancabile Gazzetta del Sud ogni giorno e La Domenica del Corriere, Tribuna illustrata e via via Oggi, Gente, Epoca, Tempo, fino a Chi, Visto, e la deriva delle riviste. Giornali che leggeva pagina per pagina.
Era questa la sua finestra sul mondo.
Per il resto era un metodico osservatore di orari sempre uguali. Sempre a casa la sera, mai ricordo un suo impegno fuori casa, se non un brevissimo periodo in cui fu nominato presidente di un consorzio nato per proteggere i vigneti. Carica di cui lui si stancò ben presto e lasciò appena poté. Mai quindi un ritrovo tra amici, mai una festa rumorosa di persone, mai, se non per i familiari più stretti e nemmeno, matrimoni, battesimi, cresime ed ogni orpello di società. Mai vita di relazione con l'esterno se non la campagna dove si recava ogni giorno per prendersi cura delle sue piante, dove alcuni andavano a chiedere consigli che lui era ben lieto divulgare. Andava infatti da alcuni vicini di campagne limitrofe se veniva chiamato per consulenze. Per stima. Ieri sera riflettevo perciò su questa stranezza successa proprio a lui. Una legge del contrappasso l'ho chiamata.
Ieri sera sulla spianata, sul piazzale della Casa Tamburelli, era sceso Sant'Antonio portato dagli statuari. Una grande partecipazione di familiari e amici ossequiava i defunti dell'ultimo anno e fra questi mio padre, ospite per due o tre mesi della struttura. Lui si è trovato insieme agli altri, facenti parti di un consesso umano, nel ricordo e nella messa che Padre Bruno Macrì ha celebrato.
Si è ritrovato nelle parole di Antonello Coclite, la sua immagine e la gazzetta sotto braccio è stata benedetta insieme al quadro al terzo piano della struttura.
Un capovolgimento.
Dante Alighieri attribuiva alle anime un destino da scontare o da Premio nell'aldilà.
Io ho visto questo destino in lui:
Una socialità post mortem che gli piacerà moltissimo non intralciando in alcun modo i suoi orari
Ippolita Luzzo
Un pomeriggio felice.
Così come erano stati gli altri giorni fino al 21 quando serenamente ci ha lasciato con la musica suonata da Pasqualino Porchia: Plaisir d'amour.
Eppure...
Lui non ha partecipato ad una vita di relazione e di società.
In vita le sue occasioni mondane erano la partita di calcio, la domenica al campo, come spettatore composto e silenzioso, e l'edicola di Giovanni prima, e di Giuseppe poi, dove comprava moltissimi giornali, l'immancabile Gazzetta del Sud ogni giorno e La Domenica del Corriere, Tribuna illustrata e via via Oggi, Gente, Epoca, Tempo, fino a Chi, Visto, e la deriva delle riviste. Giornali che leggeva pagina per pagina.
Era questa la sua finestra sul mondo.
Per il resto era un metodico osservatore di orari sempre uguali. Sempre a casa la sera, mai ricordo un suo impegno fuori casa, se non un brevissimo periodo in cui fu nominato presidente di un consorzio nato per proteggere i vigneti. Carica di cui lui si stancò ben presto e lasciò appena poté. Mai quindi un ritrovo tra amici, mai una festa rumorosa di persone, mai, se non per i familiari più stretti e nemmeno, matrimoni, battesimi, cresime ed ogni orpello di società. Mai vita di relazione con l'esterno se non la campagna dove si recava ogni giorno per prendersi cura delle sue piante, dove alcuni andavano a chiedere consigli che lui era ben lieto divulgare. Andava infatti da alcuni vicini di campagne limitrofe se veniva chiamato per consulenze. Per stima. Ieri sera riflettevo perciò su questa stranezza successa proprio a lui. Una legge del contrappasso l'ho chiamata.
Ieri sera sulla spianata, sul piazzale della Casa Tamburelli, era sceso Sant'Antonio portato dagli statuari. Una grande partecipazione di familiari e amici ossequiava i defunti dell'ultimo anno e fra questi mio padre, ospite per due o tre mesi della struttura. Lui si è trovato insieme agli altri, facenti parti di un consesso umano, nel ricordo e nella messa che Padre Bruno Macrì ha celebrato.
Si è ritrovato nelle parole di Antonello Coclite, la sua immagine e la gazzetta sotto braccio è stata benedetta insieme al quadro al terzo piano della struttura.
Un capovolgimento.
Dante Alighieri attribuiva alle anime un destino da scontare o da Premio nell'aldilà.
Io ho visto questo destino in lui:
Una socialità post mortem che gli piacerà moltissimo non intralciando in alcun modo i suoi orari
Ippolita Luzzo
sabato 29 luglio 2017
Dux in scatola a Innesti Contemporanei
Venerdì 28 luglio 2017
Sulla scena Daniele Timpano,
Dux in scatola.
Un baule in primo piano, un baule che non si aprirà e in fondo lui, Daniele Timpano, in silenzio, in nero.
La distanza Temporale tra noi e il fatto storico che narrerà viene colmata da quel silenzio, quello stare in scena guardando immobile il fatto storico nel suo divenire senza possibilità di intervenire se non raccontandolo.
Scandendo i giorni.
Dux in scatola è la storia di Mussolini, la storia della sua prigionia, della sua fucilazione, del corpo morto portato a Piazzale Loreto con Claretta Petacci ed altri 15 fascisti fucilati, per essere poi esposti, impiccati, al ludibrio dei passanti.
Comunicato del 29 aprile 1945."Qui Valerio decide di scaricare i cadaveri a terra, proprio dove le vittime della strage del 10 agosto 1944 erano state abbandonate in custodia ai militi fascisti della Muti, che li avevano dileggiati e lasciati esposti al sole per l'intera giornata, impedendo ai familiari di raccogliere i loro resti."
Dux in scatola è la storia del fascismo vivo e vegeto fra noi, non più simulacri e bottigliette a Pedrappio, è la storia di giorni e giorni in un corpo morto chiamato Dittatura.
Il corpo morto parla e racconta.
Il fascismo e il consenso.
Duce Duce, gridava la folla, Duce Duce, e il saluto fascista e il ventennio fascista.
Un corpo offeso eppur si racconta con la stessa distanza con cui ormai si raccontano i morti altrui: I tantissimi oppositori al fascismo fucilati e torturati.
Seppellito il corpo, la notte tra il 22 aprile e il 23 aprile 1946, all'approssimarsi del primo anniversario della sua morte, tre fascisti, Mauro Rana, Antonio Parozzi e Domenico Leccisi, facenti parte del Partito Democratico Fascista, ne trafugarono la salma.
Dux in scatola e la repubblica nasce al canto di Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dall'elmo di Scipio s'è cinta la testa. Dov'è la vittoria?
In quel baule, ritrovato e riconsegnato alla famiglia Mussolini il 30 agosto 1957. In una scatola la storia d'Italia raccontata con sequenze storiche puntuali, giorno per giorni, nei giorni in cui avvengono i fatti.
Una precisione da storico, una cadenza da speaker televisivo, una presenza scenica da mimo, mimare un corpo morto che parla, vitale e presente, una lezione di teatro.
L'ora è tarda al Castello di Squillace, soffia il vento e non lo sentiamo. Applaudiamo e applaudiamo Daniele.
Applaudiamo la ricerca delle fonti, applaudiamo la storia riconsegnata a noi spettatori, a noi facenti parte di una nazione che dimentica, maldestra, il corpo morto dal quale non si è staccata.
Brividi e paure per altri corpi morti, per altri ventenni di storia recenti, per altro sciupio nel correre dei tempi e delle scelte.
Su tutto questo però non può il teatro intervenire, il teatro è in Daniele, nel suo impersonare i gesti e la velocità, il fluire dei fatti, nella successione scandita a mo' di denuncia e nel riconciliarci con la scena.
Ippolita Luzzo
La rassegna al Castello di Squillace "Innesti contemporanei", il festival di teatro ideato e diretto da Nastro di Mobius con la direzione artistica di Saverio Tavano.
Ed ora le foto di Angelo Maggio: grazie
giovedì 27 luglio 2017
Ospiti da Giacomo Verri i miei scaffali
Tra gli scaffali di Ippolita Luzzo
Caro Giacomo, alla maniera di Andrea Barbato, una cartolina per te, dai miei scaffali.
Cartolina di Andrea Barbato abita qui, insieme a me. Non ho scaffali e non ho neppure librerie, i libri si spostano a casa mia dalla camera da letto in cucina, in soggiorno. In bagno non gradiscono, alcune volte si fermano all’ingresso, sulle scale.
In una casa a schiera sviluppata in tre piani i libri hanno scelto i divani, le sedie, il tavolo, i comodini, il comò. Un continuo girovagare. Va da sé che, quando ne devo cercare uno, lo debba chiamare, inutile mi sembra mettersi a cercarlo, confido sempre nella sua buona volontà di farsi trovare.
Di solito sono ubbidienti e non mi fanno disperare. Sanno che moltissimi altri libri sono stati messi in sacchi e sacchi e donati, depositati in scuole e biblioteca, nella raccolta differenziata!
Ho un cestino nelle scale dove cestino i libri scritti male, libri insulsi per suono, ritmo e sintassi.
Libri illeggibili per contenuto, forma e altre amenità.
Certo, costoro mi guardano un po’ male, aspettano di essere ripresi, ogni tanto infatti mi capita di salutarli e di risfogliarli, chissà!
Ornella, la ragazza che mi aiuta a casa, tenta di indurmi ad un ordine fatto di spolverate e di contenimento. Lo vede anche lei sul tavolo della cucina troneggiare Simenon di Adelphi Memorie Intime insieme a Vertigine di Julien Green e non le sembra il caso di cucinare Le Rane di Aristofane o mettersi a discutere con Il pescatore di tonni di Raffaele Mangano e invitare Jenny la secca di Claudia Lamma.
Ho un cestino nelle scale dove cestino i libri scritti male, libri insulsi per suono, ritmo e sintassi.
Libri illeggibili per contenuto, forma e altre amenità.
Certo, costoro mi guardano un po’ male, aspettano di essere ripresi, ogni tanto infatti mi capita di salutarli e di risfogliarli, chissà!
Ornella, la ragazza che mi aiuta a casa, tenta di indurmi ad un ordine fatto di spolverate e di contenimento. Lo vede anche lei sul tavolo della cucina troneggiare Simenon di Adelphi Memorie Intime insieme a Vertigine di Julien Green e non le sembra il caso di cucinare Le Rane di Aristofane o mettersi a discutere con Il pescatore di tonni di Raffaele Mangano e invitare Jenny la secca di Claudia Lamma.
Non so proprio cosa voglia dire ordine e quindi insieme a loro stanno la corrispondenza inevasa, le bollette antiche aperte e dimenticate, giornali dove scribacchio qualche articolo, qualche articolo di amici giornalisti su di me, le mie cartelle cliniche con le visite passate presenti e future, le mie brutte copie di appunti e appunti presi a conferenze e a eventi. Tutto riversato nel mio blog, quel regno della Litweb, vera libreria, ordinata, questo sì, basta mettere su Google mio nome accanto al titolo del libro ed ecco trovato ciò che ho scritto di quell’autore, di quel romanzo. Potenza del web! Scaffali quindi condivisi con voi tutti, scaffali con voi tutti, avevo sul divano Racconti partigiani, tuo libro, uscito con Il Sole 24 ore tempo fa, dove ti ho conosciuto, e Il grande regno dell’emergenza di Alessandro Raveggi. Possiamo aggiungere documentazione fotografica di questo bel casino, una compagnia allegra nel mortorio continuato di una città senza vita. Dagli scaffali del web un saluto da Andrea Barbato, pardon, dalla regina della Litweb.
venerdì 21 luglio 2017
Vertigine
Vertigine di Julien Green
Direttamente da CabaretBisanzio il mio pezzo su Vertigine http://www.cabaretbisanzio.com/2017/07/18/vertigine-julien-green/
“A differenza dei romanzieri cui siamo abituati, Julien Green non descrive i suoi personaggi: li materializza“.
Walter Benjamin
A cura di Giuseppe Girimonti Greco e di Ezio Sinigaglia questo raffinato lavoro di traduzione vede fra gli altri Lorenza Di Lella, Francesca Scala e Filippo Tuena. Due narratori e tre traduttori eccellenti. Venti racconti di un autore nato agli inizi del novecento, venti racconti composti dal 1920 al 1956 in inglese e pubblicati una prima volta nel 1984 tradotti in francese. Inediti in Italia vengono proposti ora dalla casa editrice Nutrimenti nella collana “Greenwich”, andando ad arricchire ancor di più uno splendido catalogo.
Il momento “Folle” della propria esistenza di vertigine in cui si può mettere tutto in discussione e cambiare la propria vita, leggo così sfogliando la presentazione della casa editrice.
Dal primo racconto, in assoluto, scritto nel 1920, il tema della follia viene quasi avvicinato alle atmosfere dei racconti di Poe. Julien Green in L’apprendista psichiatra attraversa la mente del suo assistito con la lama della curiosità e dell’esperimento. Osserva, sperimenta e impara. Viviseziona. Un po’ questo fa lo scrittore in ogni suo racconto, tagliando come una millefoglie un momento, una situazione, un personaggio. Ce lo offre così nel sadismo, nell’atteggiamento verso bambini e adulti; in una millefoglie di sadismo nella Lezione e in Paura. Una paura non solo di relazione con l’altro, una paura di osservare il proprio io: in Fabien, nel Ritratto di donna, nelle Scale.
Mi sono fermata a lungo a rileggere Una vita qualunque, cesellata in una solitudine interrotta dalla visita di un ragazzino, dalla presenza della governante, una solitudine femminile fatta di nulla, incentrata su quel momento di orgoglio in cui la protagonista compie un suo ulteriore capriccio.
Ossessioni, fisime, capricci, incredibili momenti colti senza indulgenza, analizzati, e siamo nell’inferno del quotidiano, delle case sbreccate come le tazze, della rovina economica dei possidenti, del tramonto di un modo di vivere fatto di schiavi, e di abbuffate. L’inferno si consuma in grandi mangiate, si mangia fino a scoppiare e a me ricorda il film La Grande Abbuffata.
“Vertigine” di Julien Green è un libro di riconciliazione con la letteratura vera, un libro di ambienti, di specchi, di gesti e di luminosi e taglienti raggi di sole.
Alla fine ci lascia il sorriso su una firma imitata, in una lettera mandata a Eveline, una lettera in effetti come pretesto per scrivere al mondo alla maniera in cui gli scrittori parlano a noi.
Ippolita Luzzo
Direttamente da CabaretBisanzio il mio pezzo su Vertigine http://www.cabaretbisanzio.com/2017/07/18/vertigine-julien-green/
“A differenza dei romanzieri cui siamo abituati, Julien Green non descrive i suoi personaggi: li materializza“.
Walter Benjamin
A cura di Giuseppe Girimonti Greco e di Ezio Sinigaglia questo raffinato lavoro di traduzione vede fra gli altri Lorenza Di Lella, Francesca Scala e Filippo Tuena. Due narratori e tre traduttori eccellenti. Venti racconti di un autore nato agli inizi del novecento, venti racconti composti dal 1920 al 1956 in inglese e pubblicati una prima volta nel 1984 tradotti in francese. Inediti in Italia vengono proposti ora dalla casa editrice Nutrimenti nella collana “Greenwich”, andando ad arricchire ancor di più uno splendido catalogo.
Il momento “Folle” della propria esistenza di vertigine in cui si può mettere tutto in discussione e cambiare la propria vita, leggo così sfogliando la presentazione della casa editrice.
Dal primo racconto, in assoluto, scritto nel 1920, il tema della follia viene quasi avvicinato alle atmosfere dei racconti di Poe. Julien Green in L’apprendista psichiatra attraversa la mente del suo assistito con la lama della curiosità e dell’esperimento. Osserva, sperimenta e impara. Viviseziona. Un po’ questo fa lo scrittore in ogni suo racconto, tagliando come una millefoglie un momento, una situazione, un personaggio. Ce lo offre così nel sadismo, nell’atteggiamento verso bambini e adulti; in una millefoglie di sadismo nella Lezione e in Paura. Una paura non solo di relazione con l’altro, una paura di osservare il proprio io: in Fabien, nel Ritratto di donna, nelle Scale.
Mi sono fermata a lungo a rileggere Una vita qualunque, cesellata in una solitudine interrotta dalla visita di un ragazzino, dalla presenza della governante, una solitudine femminile fatta di nulla, incentrata su quel momento di orgoglio in cui la protagonista compie un suo ulteriore capriccio.
Ossessioni, fisime, capricci, incredibili momenti colti senza indulgenza, analizzati, e siamo nell’inferno del quotidiano, delle case sbreccate come le tazze, della rovina economica dei possidenti, del tramonto di un modo di vivere fatto di schiavi, e di abbuffate. L’inferno si consuma in grandi mangiate, si mangia fino a scoppiare e a me ricorda il film La Grande Abbuffata.
“Vertigine” di Julien Green è un libro di riconciliazione con la letteratura vera, un libro di ambienti, di specchi, di gesti e di luminosi e taglienti raggi di sole.
Alla fine ci lascia il sorriso su una firma imitata, in una lettera mandata a Eveline, una lettera in effetti come pretesto per scrivere al mondo alla maniera in cui gli scrittori parlano a noi.
Ippolita Luzzo
giovedì 20 luglio 2017
Leggere rane
Ospite del blog di Gianluigi Bodi http://senzaudio.it/ippolita-luzzo-le-rane-e-facebook/ Il mio pezzo sulle Rane a Siracusa
Leggere sempre.L'ossessione della lettura. Leggere: Un testo da studiare, un bugiardino dei medicinali, una composizione della marmellata, un'opera teatrale. Leggere un gesto, un fatto, un non fatto, un commento, un post. Stiamo qui a leggere sempre. Oziosi e curiosi. Vivi e decisi a far vivere, far provare anche a chi non legge il piacere della lettura.
Vado a teatro, al Teatro Greco di Siracusa, danno Le rane di Aristofane, una commedia politica ateniese del V secolo avanti Cristo.
Ascolto, seguo frizzi e lazzi dei protagonisti, pregusto il momento in cui, col testo in mano, io continuerò a leggere quel che viene rappresentato.
Una commedia didascalica, la potrei chiamare, con Dioniso e il suo servo alla ricerca della porta dell'inferno per andare a prendere e portare in vita Euripide, affinché lanci un messaggio di coesione ad una città, Atene, dilaniata da una schermaglia politica senza fine.
Ci trasferiamo all'inferno per meglio leggere i giorni del reale, dicono insieme con tragedie e commedie i classici di un tempo.
Le Rane sono una parte del coro, insieme agli Iniziati.
Gli Iniziati sono il popolo scontento e deluso e le Rane sono i troll di facebookkiana memoria. Le rane infastidiscono e sfottono Dioniso, il quale, con addosso una pelle di leone, travestito da Eracle, tenta il traghettamento verso l'Ade bussando alla porta di Plutone.
Nella prima parte della commedia Dioniso e il suo servo si scambiano la pelle, a seconda la convenienza di Dioniso, a seconda la convenienza di tutti i padroni, lesti a lasciare ai servi il momento del ricevere insulti e bastonate che spetterebbero a loro.
Si ride quindi con sgradevole sensazione di aver riso. Nella seconda parte siamo in pieno facebook.
La commedia segue il certamen fra Euripide ed Eschilo, una giuria deciderà, un solo uomo decide, come in tutte le giurie, bisogna stabilire chi abbia diritto al trono, chi sarà in grado di unire il popolo.
Una noia profonda.
Mi riprendo in mano il libro con il testo, a casa, dopo giorni di rimuginare, pensando a come scrivere sull'ossessione di voler leggere e sul piede della metrica, nella domanda di Euripide a Dioniso:
Lo vedi questo piede? mi sembra di rileggere gli infiniti commenti sul compito della letteratura, su cosa sia il messaggio, se sia o non sia, che vuoi che sia, e con Eschilo potremmo dire anche noi ad Euripide: Ma davvero, figlio della dea... delle ortolane? Tu dici questo a me? Tu che vai raccattando chiacchiere inutili, che metti in scena pezzenti, che rattoppi stracci? ti farò vedere io!
Ed a questo punto nella nostra era Eschilo avrebbe bannato Euripide!
E con Caronte nel traghettare: C'è qualcuno qui, in partenza per il nulla eterno- eterno riposo dei mali e degli affanni? prossime fermate: Piana dell'Oblio, porto delle Nebbie, Stato dei Cerberi. Vaf'fà fottere-e-và mmorì ammazzato.
Le Rane di Aristofane, nella seconda parte, sulla disputa fra Eschilo e Euripide, sembravano precise intifiche dei post di oggi. Chi avrebbe vinto Lo Strega? Eschilo conservatore oppure Euripide innovatore? Pesiamo i loro versi, dissero nell'Ade.
Ora a me Le Rane piacquero a metà. Mi piacque la prima parte, il gioco fra servo e padrone, il travestimento da Eracle compiuto da Dioniso e la beffa alla porta di Plutone. Mi piacque un gioco antico degli equivoci
Lo straniamento non avviene in realtà sulla scena, avviene con il testo sulle gambe, nel sottolineare ed imparare le battute, nel godere di dove si ripeteranno, nel riderne insieme sui blog di amici e sodali nel piacere ossessivo di rilanciarci letture.
Dalle rane con la regina della Litweb
Ippolita Luzzo
Leggere sempre.L'ossessione della lettura. Leggere: Un testo da studiare, un bugiardino dei medicinali, una composizione della marmellata, un'opera teatrale. Leggere un gesto, un fatto, un non fatto, un commento, un post. Stiamo qui a leggere sempre. Oziosi e curiosi. Vivi e decisi a far vivere, far provare anche a chi non legge il piacere della lettura.
Vado a teatro, al Teatro Greco di Siracusa, danno Le rane di Aristofane, una commedia politica ateniese del V secolo avanti Cristo.
Ascolto, seguo frizzi e lazzi dei protagonisti, pregusto il momento in cui, col testo in mano, io continuerò a leggere quel che viene rappresentato.
Una commedia didascalica, la potrei chiamare, con Dioniso e il suo servo alla ricerca della porta dell'inferno per andare a prendere e portare in vita Euripide, affinché lanci un messaggio di coesione ad una città, Atene, dilaniata da una schermaglia politica senza fine.
Ci trasferiamo all'inferno per meglio leggere i giorni del reale, dicono insieme con tragedie e commedie i classici di un tempo.
Le Rane sono una parte del coro, insieme agli Iniziati.
Gli Iniziati sono il popolo scontento e deluso e le Rane sono i troll di facebookkiana memoria. Le rane infastidiscono e sfottono Dioniso, il quale, con addosso una pelle di leone, travestito da Eracle, tenta il traghettamento verso l'Ade bussando alla porta di Plutone.
Nella prima parte della commedia Dioniso e il suo servo si scambiano la pelle, a seconda la convenienza di Dioniso, a seconda la convenienza di tutti i padroni, lesti a lasciare ai servi il momento del ricevere insulti e bastonate che spetterebbero a loro.
Si ride quindi con sgradevole sensazione di aver riso. Nella seconda parte siamo in pieno facebook.
La commedia segue il certamen fra Euripide ed Eschilo, una giuria deciderà, un solo uomo decide, come in tutte le giurie, bisogna stabilire chi abbia diritto al trono, chi sarà in grado di unire il popolo.
Una noia profonda.
Mi riprendo in mano il libro con il testo, a casa, dopo giorni di rimuginare, pensando a come scrivere sull'ossessione di voler leggere e sul piede della metrica, nella domanda di Euripide a Dioniso:
Lo vedi questo piede? mi sembra di rileggere gli infiniti commenti sul compito della letteratura, su cosa sia il messaggio, se sia o non sia, che vuoi che sia, e con Eschilo potremmo dire anche noi ad Euripide: Ma davvero, figlio della dea... delle ortolane? Tu dici questo a me? Tu che vai raccattando chiacchiere inutili, che metti in scena pezzenti, che rattoppi stracci? ti farò vedere io!
Ed a questo punto nella nostra era Eschilo avrebbe bannato Euripide!
E con Caronte nel traghettare: C'è qualcuno qui, in partenza per il nulla eterno- eterno riposo dei mali e degli affanni? prossime fermate: Piana dell'Oblio, porto delle Nebbie, Stato dei Cerberi. Vaf'fà fottere-e-và mmorì ammazzato.
Le Rane di Aristofane, nella seconda parte, sulla disputa fra Eschilo e Euripide, sembravano precise intifiche dei post di oggi. Chi avrebbe vinto Lo Strega? Eschilo conservatore oppure Euripide innovatore? Pesiamo i loro versi, dissero nell'Ade.
Ora a me Le Rane piacquero a metà. Mi piacque la prima parte, il gioco fra servo e padrone, il travestimento da Eracle compiuto da Dioniso e la beffa alla porta di Plutone. Mi piacque un gioco antico degli equivoci
Lo straniamento non avviene in realtà sulla scena, avviene con il testo sulle gambe, nel sottolineare ed imparare le battute, nel godere di dove si ripeteranno, nel riderne insieme sui blog di amici e sodali nel piacere ossessivo di rilanciarci letture.
Dalle rane con la regina della Litweb
Ippolita Luzzo
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