I paradossi di Ippolita Luzzo, questo il titolo del mio intervento ad Una Montagna di pace, giorno 1 luglio, con i pezzi dalla Litweb.
Intanto i paradossi fondamentali:
Paradossi di Zenone (esiste il movimento? : Achille e la tartaruga - La freccia)
Paradosso del mentitore (che cosa è la "verità"?)
Paradosso di Moore (che cosa significa "sapere"?)
Paradossi dell'infinito
Paradosso dell'ipergioco
Paradosso dei gemelli (dalla teoria della relatività)
Paradosso di Russell (o del barbiere, nella teoria ingenua degli insiemi)
Antinomie kantiane
Paradosso di d'Alembert
Paradosso di Condorcet
Paradosso di Monty Hall
Paradosso di Arrow
Paradosso meccanico
ed infine Paradosso della Litweb
Diceva il mio papà: Centu nenti ammazzaru u cavullu di Bonsignore! Traduco: Cento niente ammazzarono il cavallo di Monsignore.
si caricava con dei pesi il cavallo del monsignore ed ad ogni peso aggiunto i due si chiedevano: E chistu? è nente, e chistu? è nente, finché il cavallo morì.
Aggiungendo ogni volta un peso da niente sul povero cavallo alla fine questo stramazzò schiacciato.
Altro esempio del mio papà: Un tale voleva abituare il suo asino a vivere solo bevendo acqua. Senza cibo. Acqua, dategli acqua, diceva ai servi. Ed era quasi riuscito nel suo intento quando l'asino morì.
Continuava nei suoi esempi ormai facenti parte del suo frasario conversativo da essere diventato anche lui un paradosso del sud.
Ed ora, per la legge del contrappasso, mi porto appresso i miei pezzi ed i suoi paradossi.
Ippolita
mercoledì 28 giugno 2017
martedì 27 giugno 2017
Pantaleone a Trame. Servi Disobbedienti
Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere
Mi sono commossa e ho capito le ragioni di Gino Pantaleone che omonimo ma non parente di Michele Pantaleone si fa testimone e tramite della vicenda letteraria e umana di Michele.
Il libro di Gino Pantaleone, presentato a Trame, aveva per titolo Servi disobbedienti, da un verso della canzone di De Andrè, Smisurata preghiera, anch'essa presente su un foglio stropicciato e però Gino aveva portato con sé l'altro libro dedicato a Michele, un tributo ad uno scrittore dimenticato. Michele nel 1969 vinse il premio Brancati con "Antimafia, occasione mancata".
Scrisse un altro libro dal titolo "Il sasso in bocca" dal quale fu tratto, con la regia di Giuseppe Ferrara, un film-documentario sulla Mafia, con lo stesso titolo, uscito nel 1970.
Michele Pantaleone (Villalba, 30 novembre 1911 – Palermo, 12 febbraio 2002) è stato un saggista, giornalista, politico e sociologo italiano, imparo da Gino Pantaleone quanto un libro possa far vivere un uomo, farlo ricordare e riportare in vita le sue idee. Dimenticato per molti anni, è stato Gino Pantaleone a far sì che si intestasse a suo nome una strada a Palermo. Nel ringraziare Gino Pantaleone per averci dato una delle più sincere testimonianze di amicizia a Trame siamo con lui in Smisurata preghiera.
Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere
Così dal giornale il 27 maggio 2017
"Sarà ricordato attraverso letture dei brani dei suoi libri, ma anche grazie alla testimonianza di chi lo conobbe Michele Pantaleone, lo scrittore di Villalba amato e odiato per la sua chiara presa di posizione contro la mafia. Una giornata a lui dedicata con la presenza del poeta e scrittore Gino Pantaleone che gli fu vicino sino alla fine e raccolse la sua testimonianza"
Mi piace molto questo affetto, questa amicizia verso uno scrittore che trascorse gli ultimi anni in totale abbandono. Ne sento la verità.
Ippolita Luzzo
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere
Mi sono commossa e ho capito le ragioni di Gino Pantaleone che omonimo ma non parente di Michele Pantaleone si fa testimone e tramite della vicenda letteraria e umana di Michele.
Il libro di Gino Pantaleone, presentato a Trame, aveva per titolo Servi disobbedienti, da un verso della canzone di De Andrè, Smisurata preghiera, anch'essa presente su un foglio stropicciato e però Gino aveva portato con sé l'altro libro dedicato a Michele, un tributo ad uno scrittore dimenticato. Michele nel 1969 vinse il premio Brancati con "Antimafia, occasione mancata".
Scrisse un altro libro dal titolo "Il sasso in bocca" dal quale fu tratto, con la regia di Giuseppe Ferrara, un film-documentario sulla Mafia, con lo stesso titolo, uscito nel 1970.
Michele Pantaleone (Villalba, 30 novembre 1911 – Palermo, 12 febbraio 2002) è stato un saggista, giornalista, politico e sociologo italiano, imparo da Gino Pantaleone quanto un libro possa far vivere un uomo, farlo ricordare e riportare in vita le sue idee. Dimenticato per molti anni, è stato Gino Pantaleone a far sì che si intestasse a suo nome una strada a Palermo. Nel ringraziare Gino Pantaleone per averci dato una delle più sincere testimonianze di amicizia a Trame siamo con lui in Smisurata preghiera.
Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere
Così dal giornale il 27 maggio 2017
"Sarà ricordato attraverso letture dei brani dei suoi libri, ma anche grazie alla testimonianza di chi lo conobbe Michele Pantaleone, lo scrittore di Villalba amato e odiato per la sua chiara presa di posizione contro la mafia. Una giornata a lui dedicata con la presenza del poeta e scrittore Gino Pantaleone che gli fu vicino sino alla fine e raccolse la sua testimonianza"
Mi piace molto questo affetto, questa amicizia verso uno scrittore che trascorse gli ultimi anni in totale abbandono. Ne sento la verità.
Ippolita Luzzo
lunedì 26 giugno 2017
Facciamo finta che tutto va be' tutto va be'
Magari non proprio tutto... da Fracchia a noi
Tutto va be' c'è la salute, siamo tutti amici, siamo felici, in effetti siamo tutti molto felici.
Facciamo finta che esista una città, una civiltà, una ecologia, una democrazia, una socialità e una bontà.
Facciamo finta che siamo come si appare nelle conferenze, nelle presentazioni, nelle rappresentazioni.
Facciamo finta che siano tutti come dicano di essere e non il loro contrario, facciamo finta che possiamo denunciare, facciamo finta che tutto va be', il carcere migliora, la scuola insegna, l'ospedale guarisce e la città ben governata è.
Facciamo finta che tutto va be' tutto va be'
Noi siamo felici
Dappertutto siamo felici mentre i nostri cari nomadi bruciano e bruciano ora anche eternit, dicono, infatti ancora più odorosa l'aria è.
Respiriamo a pieni polmoni più veloce malattia ci sarà... in felicità.
Tutto va be' tutto va be', noi stiamo proprio benone, Io non ho paura, per cinque giorni si è detto con felicità, siamo stati tutti ad applaudire ed ora facciamo finta che
E guardiamo le strade puzzolenti, ma no ma no sono pulitissime. L'odore dolciastro che viene a zaffate dai cassonetti dei rifiuti, dalle strade sporche e dai vari forni autorizzati sul corso cittadino, raggiunge il mio stomaco rivoltandolo. Non si può sfuggire alla passeggiata sulle puzze diverse che impestano il centro. In periferia abbiamo altri fumi e altri odori. Se un tempo dissi Beirut oggi direi stalla. Una stalla la mia città
Facciamo finta che i cani facciano pipì odorosa al muro di casa dei miei, che i loro deliziosi proprietari raccolgano la cacca e quella che vedo io non è cacca ma meraviglia in regalo.
Facciamo finta che tutto va be'
Onda Pazza https://www.youtube.com/watch?v=wQEHh0J1JGM
venerdì 23 giugno 2017
Il veleno chiamato Lamezia
Respiro veleno.
Ho dimenticato di chiudere gli infissi della camera da letto ieri sera e l'aria avvelenata dai fumi del Campo Rom riposa sul comodino, sul cuscino. Impossibile dormire qui, in camera.
Scendo giù e mi addormento sul divano del soggiorno, avevo per fortuna ben chiuso i balconi al primo piano prima di uscire e mi addormento fra giornali e fogli nella tristezza assoluta di vivere in un luogo avvelenato.
Avvelenato senza scampo di salvezza.
Avvelenato in ogni particella vivente, avvelenato nell'aria, nell'acqua, nella terra, nel fuoco. Fuoco avvelenato, terra avvelenata, acqua avvelenata, aria avvelenata.
Avvelenato in ogni più infinitesimale forma di pensiero corporeo e incorporeo, avvelenato nella carne e nello spirito, avvelenato nel respiro.
La puzza vivente del veleno si deposita sui polmoni, sulla pelle, nel sangue, nei pensieri.
Una puzza pesante, immobile, gigante.
Ha un corpo questo veleno, una testa e tante braccia.
Mi risveglio al mattino soleggiato e nel verde del nuovo giorno, per un attimo senza puzza, vado a seppellire mio padre, un uomo fortunato.
Ippolita Luzzo
Ho dimenticato di chiudere gli infissi della camera da letto ieri sera e l'aria avvelenata dai fumi del Campo Rom riposa sul comodino, sul cuscino. Impossibile dormire qui, in camera.
Scendo giù e mi addormento sul divano del soggiorno, avevo per fortuna ben chiuso i balconi al primo piano prima di uscire e mi addormento fra giornali e fogli nella tristezza assoluta di vivere in un luogo avvelenato.
Avvelenato senza scampo di salvezza.
Avvelenato in ogni particella vivente, avvelenato nell'aria, nell'acqua, nella terra, nel fuoco. Fuoco avvelenato, terra avvelenata, acqua avvelenata, aria avvelenata.
Avvelenato in ogni più infinitesimale forma di pensiero corporeo e incorporeo, avvelenato nella carne e nello spirito, avvelenato nel respiro.
La puzza vivente del veleno si deposita sui polmoni, sulla pelle, nel sangue, nei pensieri.
Una puzza pesante, immobile, gigante.
Ha un corpo questo veleno, una testa e tante braccia.
Mi risveglio al mattino soleggiato e nel verde del nuovo giorno, per un attimo senza puzza, vado a seppellire mio padre, un uomo fortunato.
Ippolita Luzzo
martedì 20 giugno 2017
Crepapelle, il racconto di Paola Rondini
Intrecci Edizioni nella collana Enne
e con la collaborazione di scritture Scriteriate Agenzia Letteraria pubblica nel 2017 questo romanzo di Paola Rondini: Crepapelle.
Il senso del racconto forse è racchiuso in una frase di Prigogine, Le leggi del caos:"Mi piace dire che la materia in prossimità dell'equilibrio è cieca perché ogni particella vede soltanto le molecole che la circondano, mentre lontano dall'equilibrio si producono le correlazioni di lunga portata, che permettono la costruzione degli stati coerenti"
Mi piace questo vedere oltre il vedere e la correlazione che può nascere fra individui e molecole distanti, in fondo è la storia di questo blog, la storia di una vita, la mia, con un foglio in mano, come Edo, il personaggio misterioso che impariamo a conoscere mentre bussa ad un finestrino di un'automobile e lancia un foglietto con su scritto qualcosa.
Nasce così la trama di questa storia veloce, almeno il ritmo è veloce, e veloce trasforma i protagonisti nella pelle e nell'anima.
"una fuga inizia sempre con un'accelerazione, una sbandata."
Si fugge da se stessi, si fugge dal lavoro, si fugge e si sceglie altro, fuori dalla pelle, in Crepapelle. Vibrazioni, spostamenti. La porta è sempre aperta.
La pelle racconta delle persone molto più di quello che si possa immaginare. Ambientato in una clinica di chirurgia plastica dove le pazienti rincorrono la giovinezza ed il turgore della pelle poi la storia assume via via situazioni sempre diverse di ripensamenti e di possibile rinascita.
Un rincorrere avvenimenti sempre nuovi: Legati, permeati, attraversati.
Due espressioni.
In questi miei giorni in cui attraverso i miei giorni in una casa di riposo dove sta attraversando i suoi giorni, affaticato, il mio papà, un racconto che mi sembra amico e discorsivo di un tempo che non c'è.
Nei fatti e nella pelle solo correre si può
Ippolita Luzzo
e con la collaborazione di scritture Scriteriate Agenzia Letteraria pubblica nel 2017 questo romanzo di Paola Rondini: Crepapelle.
Il senso del racconto forse è racchiuso in una frase di Prigogine, Le leggi del caos:"Mi piace dire che la materia in prossimità dell'equilibrio è cieca perché ogni particella vede soltanto le molecole che la circondano, mentre lontano dall'equilibrio si producono le correlazioni di lunga portata, che permettono la costruzione degli stati coerenti"
Mi piace questo vedere oltre il vedere e la correlazione che può nascere fra individui e molecole distanti, in fondo è la storia di questo blog, la storia di una vita, la mia, con un foglio in mano, come Edo, il personaggio misterioso che impariamo a conoscere mentre bussa ad un finestrino di un'automobile e lancia un foglietto con su scritto qualcosa.
Nasce così la trama di questa storia veloce, almeno il ritmo è veloce, e veloce trasforma i protagonisti nella pelle e nell'anima.
"una fuga inizia sempre con un'accelerazione, una sbandata."
Si fugge da se stessi, si fugge dal lavoro, si fugge e si sceglie altro, fuori dalla pelle, in Crepapelle. Vibrazioni, spostamenti. La porta è sempre aperta.
La pelle racconta delle persone molto più di quello che si possa immaginare. Ambientato in una clinica di chirurgia plastica dove le pazienti rincorrono la giovinezza ed il turgore della pelle poi la storia assume via via situazioni sempre diverse di ripensamenti e di possibile rinascita.
Un rincorrere avvenimenti sempre nuovi: Legati, permeati, attraversati.
Due espressioni.
In questi miei giorni in cui attraverso i miei giorni in una casa di riposo dove sta attraversando i suoi giorni, affaticato, il mio papà, un racconto che mi sembra amico e discorsivo di un tempo che non c'è.
Nei fatti e nella pelle solo correre si può
Ippolita Luzzo
domenica 18 giugno 2017
Antonio Belsito al contrario
Mi manda da leggere i suoi pensieri sull'amore, Antonio Belsito, perché le mie parole descrivono a mezzo anima, ed è una ragione bellissima, una ragione di più, cantava Ornella Vanoni.
Siamo su pensieri diversissimi su " Sei tutto ciò che di bello mi accade" sottotitolato "Scritti sull'Amore", proprio perciò mi interessa scriverne.
Sugli abbracci che dovrebbero essere espressione di grande amore ed invece potrebbero essere vuoto esercizio retorico di un modo per non esprimere alcunché. Non credo nella sincerità dei gesti, anzi ho esperienze di abbracci dati e poi di coltellate ed abbandoni. La cronaca ne è piena. Non credo alle emozioni di scambio, ognuno sente in modo diversissimo, e non credo nella linearità dei rapporti, anzi ritengo ogni genere di intrattenimento con un altro una forma di guerriglia, di strategia per occupare posizioni e mantenerle, pur con il massimo affetto e con la sincerità del cuore.
Antonio quindi quando scrive"Amo voler bene perché voglio bene all'amore" mi trova perfettamente d'accordo, meno d'accordo se poi quel suo voler bene sarebbe un bacio, una carezza, un abbraccio. Ci si può abbracciare centomila volte e si stringerà un vuoto simulacro come ben sanno coppie e coppie in cui uno ama e l'altro no, amici, in cui uno è amico e l'altro no, familiari in cui l'affetto è tramontato ma restano gli abbracci. Vuoti.
" Credo che già incontrarsi sia tenersi. Se non ci si tiene, significa che non ci si è mai incontrati" scrive Antonio ed io aggiungo la volontà. Per incontrarsi bisogna volerlo in due, anzi in tanti. Bisogna azzerare il bisogno e cercare una verità.
Si scrive galleggiando, caro Antonio, e galleggiando ti seguo fino al tuo amore per lo scrivere, l'unico abbraccio che posso capire, quello con la scrittura.
Ippolita Luzzo
Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono.
in fondo l'« amore » è un'unica realtà, seppur con diverse dimensioni; di volta in volta, l'una o l'altra dimensione può emergere maggiormente. Dove però le due dimensioni si distaccano completamente l'una dall'altra, si profila una caricatura o in ogni caso una forma riduttiva dell'amore.
Siamo su pensieri diversissimi su " Sei tutto ciò che di bello mi accade" sottotitolato "Scritti sull'Amore", proprio perciò mi interessa scriverne.
Sugli abbracci che dovrebbero essere espressione di grande amore ed invece potrebbero essere vuoto esercizio retorico di un modo per non esprimere alcunché. Non credo nella sincerità dei gesti, anzi ho esperienze di abbracci dati e poi di coltellate ed abbandoni. La cronaca ne è piena. Non credo alle emozioni di scambio, ognuno sente in modo diversissimo, e non credo nella linearità dei rapporti, anzi ritengo ogni genere di intrattenimento con un altro una forma di guerriglia, di strategia per occupare posizioni e mantenerle, pur con il massimo affetto e con la sincerità del cuore.
Antonio quindi quando scrive"Amo voler bene perché voglio bene all'amore" mi trova perfettamente d'accordo, meno d'accordo se poi quel suo voler bene sarebbe un bacio, una carezza, un abbraccio. Ci si può abbracciare centomila volte e si stringerà un vuoto simulacro come ben sanno coppie e coppie in cui uno ama e l'altro no, amici, in cui uno è amico e l'altro no, familiari in cui l'affetto è tramontato ma restano gli abbracci. Vuoti.
" Credo che già incontrarsi sia tenersi. Se non ci si tiene, significa che non ci si è mai incontrati" scrive Antonio ed io aggiungo la volontà. Per incontrarsi bisogna volerlo in due, anzi in tanti. Bisogna azzerare il bisogno e cercare una verità.
Si scrive galleggiando, caro Antonio, e galleggiando ti seguo fino al tuo amore per lo scrivere, l'unico abbraccio che posso capire, quello con la scrittura.
Ippolita Luzzo
Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono.
in fondo l'« amore » è un'unica realtà, seppur con diverse dimensioni; di volta in volta, l'una o l'altra dimensione può emergere maggiormente. Dove però le due dimensioni si distaccano completamente l'una dall'altra, si profila una caricatura o in ogni caso una forma riduttiva dell'amore.
venerdì 16 giugno 2017
Giuseppe Semeraro: Poesia è un servizio
A cosa serve la poesia
Due parole in croce
camminando nella poesia
Il passo più lungo è la felicità
Danilo Dolci e i suoi passi verso la dignità di essere uomini. Le sue lotte a Partinico.
Giuseppe Semeraro, conosciuto a teatro Umberto, sulla scena di Digiunando davanti al mare, la storia di Danilo Dolci, passo dopo passo.
Nel 2007 Giuseppe fonda Principio Attivo Teatro e passo dopo passo
Il passo che calpesta il fare solenne
il passo mortale dei compromessi
Il passo più lungo è non cedere il passo
non rinunciare all'irriverenza
non gettare l'infinito nel compianto
Il passo più lungo non sa consolarsi
Il passo più lungo è ricucire la bellezza alla vita
la melodia del ricucire
Il passo più lungo è il mio, il tuo, il nostro
tra tanti un passo unico, il passo più lungo.
A cosa serve la poesia: a dire sottovoce la propria verità
a dirla passo dopo passo.
Giuseppe Semeraro ha scritto poesie sin da bambino come una forma di manutenzione della solitudine. Poi un bel giorno un suo amico, Fabio, gli legge quei versi di un Giuseppe bambino, adolescente e gli chiede di continuare. Grazie, Fabio, annoto io in calce al foglio.Nasce "Convalescenza di un poeta" l'urgenza di scrivere dei versi per Fabio, il suo amico.
Così la poesia incontra il teatro, il gesto e, nella forza dell'oralità, Due parole in croce esistono nei passi verso la felicità.
La poesia serve a trattenersi con l'altro, scrive Giuseppe Semeraro e noi ci tratterremo con lui questa sera, trattenendo le sue parole in noi.
Le parole vogliono essere dette per esistere ed anche noi esistiamo con due parole in croce.
Ippolita Luzzo
Due parole in croce
camminando nella poesia
Il passo più lungo è la felicità
Danilo Dolci e i suoi passi verso la dignità di essere uomini. Le sue lotte a Partinico.
Giuseppe Semeraro, conosciuto a teatro Umberto, sulla scena di Digiunando davanti al mare, la storia di Danilo Dolci, passo dopo passo.
Nel 2007 Giuseppe fonda Principio Attivo Teatro e passo dopo passo
Il passo che calpesta il fare solenne
il passo mortale dei compromessi
Il passo più lungo è non cedere il passo
non rinunciare all'irriverenza
non gettare l'infinito nel compianto
Il passo più lungo non sa consolarsi
Il passo più lungo è ricucire la bellezza alla vita
la melodia del ricucire
Il passo più lungo è il mio, il tuo, il nostro
tra tanti un passo unico, il passo più lungo.
A cosa serve la poesia: a dire sottovoce la propria verità
a dirla passo dopo passo.
Giuseppe Semeraro ha scritto poesie sin da bambino come una forma di manutenzione della solitudine. Poi un bel giorno un suo amico, Fabio, gli legge quei versi di un Giuseppe bambino, adolescente e gli chiede di continuare. Grazie, Fabio, annoto io in calce al foglio.Nasce "Convalescenza di un poeta" l'urgenza di scrivere dei versi per Fabio, il suo amico.
Così la poesia incontra il teatro, il gesto e, nella forza dell'oralità, Due parole in croce esistono nei passi verso la felicità.
La poesia serve a trattenersi con l'altro, scrive Giuseppe Semeraro e noi ci tratterremo con lui questa sera, trattenendo le sue parole in noi.
Le parole vogliono essere dette per esistere ed anche noi esistiamo con due parole in croce.
Ippolita Luzzo
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