venerdì 2 giugno 2017

Brian Turner La mia vita è un paese straniero.

Enfatizzando la parola pezzi mi metto a scrivere di Brian Turner e del suo libro. Un libro edito dalla NNE alla quale si dà il merito di proporre sempre il meglio della narrativa contemporanea e tradotto da Guido Calza con bravura e senso della musicalità nel verso e nella prosa.
Un libro senza pagine numerate, bensì fatto di pezzi, di passi.
136 pezzi da sistemare facendo attenzione, come dice l'autore, ogni pezzo all'appartenere a quel momento, a quel corpo, con l'analisi sul DNA. Incursioni in tante guerre, incursioni scritte dall'autore mentre stava in Albania, in Bosnia-Erzrgovina, in Macedonia, in Portogallo, in Thainlandia, in Turchia, nel Regno Unito e al reparto di oncologia ad Orlando. Un libro assemblato sorvolando come con un drone e "Guardando la linea dell'orizzonte si ha la netta sensazione che passato e futuro scompaiono. La circonferenza del mondo si ritira fino a fermarsi sotto il crepuscolo stellato nel mio campo visivo... Comincio ad immaginare un paesaggio di spettri... i fuochi bruciavano a Mostar... e Sarajevo. A ciascun pezzo veniva attribuito un numero. Dettagliare il lutto, rimpicciolirlo perché stia in una mano" C'è in questo libro il pezzo in cui Brian Turner cerca il motivo, il motivo per cui accetta di arruolarsi nell'esercito americano, nella Fanteria. C'è sempre un motivo. Più di uno. Passo dopo passo Brian Turner ci porta la guerra, le guerre, le armi, i cadaveri, in casa, passo dopo passo anche noi a Stoner l'inventore del fucile M16 del Vietnam, della Somalia, vorremmo chiedere con i soldati morti: "Caricamento, percussore, sparo, estrazione, espulsione. Sono questi i principi che ci hanno portato qui?"
Come droni sorvoliamo le macerie, le vittime, noi come occhi, impotenti, e capiamo quando leggiamo "Perseguitare. è questo il compito del pilota di droni." Ho copiato e ricopiato intere pagine del libro, un libro amato fin dalla sua impaginazione. Accarezzo la pagina grigia da un verso e dall'altro, la accarezzo questa pagina non scritta che sta fra un drone e la situazione. Il drone sorvola nei confini della mappa sottostante poi il grigio. Mi accorgo dopo aver quasi sfiorato con le labbra quel grigio, ogni passaggio del libro è una pagina grigia, bifronte solo il foglio iniziale ed alla fine tante pagine grigie per annotare. Capisco il motivo o forse lo immagino e guardo il giallo, il verde della copertina fiancheggiando con l'autore gli eucalipti della mia infanzia.
Anche io vorrei trovare un mondo in cui vivere e per ora vivo nel passo 122 dove "I paesi toccano altri paesi e io li attraverso uno dopo l'altro, e provo a scuotere il passato per trovare un modo in cui vivere"
Pezzi ho sempre chiamato quel che io ho scritto, pezzi li chiama Brian Turner, da poeta narratore, dal lontano e dal vicino rumore del silenzio "È tutto percepito, in qualche modo, come una vastità di spazi, dove l'architettura della civiltà non interviene, l'ambiente del consorzio umano è chissà come assente o sospeso. Uno spazio in cui le regole sono sottosopra. Teatro di guerra, lo chiamano alcuni. Lo spazio in cui la guerra si svincola dalle strutturate regole degli umani per dibattersi nel mondo naturale, nell'idea di bellezza, in tutto ciò che su questa terra vi è forse di più simile a una perfezione inviolabile. E questo fa parte dell'ebbrezza, di tutta quanta la patologia. Fa parte di ciò che ho cominciato a imparare fin da piccolo: che spingersi negli spazi desolati, dove gli interrogativi profondi trovano risposte violente e inesorabili, che attraversare il fuoco e tornare indietro sono esperienze determinanti nel fare un uomo. Per essere uomo avrei dovuto camminare nella tempesta e nel tuono di un mondo spogliato di ogni ragionevolezza, come prima di me avevano fatto altri nella mia famiglia. E se fossi stato abbastanza forte, è capace, e maledettamente fortunato, un giorno sarei potuto ritornare protetto da un silenzio incrollabile. Tornare al mondo, come dicono."Nel silenzio delle nostre letture il mondo ci viene incontro, ci porge la sorte straziata di corpi, di paesi distrutti, la guerra entra qui sul monitor e siamo con lo stupore della testa mozzata del samurai in Giappone, siamo al passo 77 con i soldati non smettono di marciare, generazione dopo generazione, nel fango e nella pioggia, nel sole soffocante, con la luce, con l'albeggiare, nel ritmo del verso, nel suono delle parole, nel canto della strofa.
Passo dopo passo.
A pezzi, per essere ricongiunto al corpo universale. 
Ippolita Luzzo 

martedì 30 maggio 2017

Carlo Animato Il falsario di Reliquie

Carlo Animato scrive da sempre. Da Il Libraio prendo queste note
"Nato a Napoli, Carlo Animato si è occupato di giornalismo, teatro, scienze ermetiche, agiografia e giochi di società, con una particolare vocazione per la ricerca storica attraverso documenti d’archivio. Da sempre interessato al campo della pseudoepigrafia, al suo quotidiano mestiere di correttore di bozze alterna l’attività di saggista e scrittore. Con Il falsario di reliquie ha vinto il torneo letterario IoScrittore, nel 2015."
Lo leggo questo inverno accanto al caminetto ed ora a Maggio decido di raccogliere tutto per riportarlo sotto forma di pezzo. Un pezzo ricomposto per un omaggio a Carlo che scrive con passione e verità. Il romanzo è vivo quando vive dopo e dopo la lettura e il racconto di Carlo Animato su quelle reliquie su quell'imbroglio sulle reliquie mi parla ancora. Narrato su una storia storia vera Carlo Animato costruisce una storia di suspense e di indagini. Una storia che vi piacerà per quanto lontana e vicina nello stesso tempo. Manipolare è facile, oltre l'apparenza la sostanza non c'è, eppure quell'apparenza creerà sofferenze e tormenti veri, morti e prigionie.
Leggo questo romanzo storico e fantasy insieme e intanto mi sposto quasi in quei luoghi. Siamo a Berna, nel maggio del 1507. Qualcuno fa a pezzi un bambino
Un monaco sente il rantolo, sente i colpi eppure non interviene. Sa anche cosa faranno dopo di quel corpo. Berranno il sangue. Rodolfo fatto a pezzi vive nella luce e il priore che non è intervenuto per salvarlo non riesce più a vivere
Giovedì 20 maggio 1507 due morti accanto ad una fontana con dei fiori fra i glutei
Viene convocato un fornaio per risolvere il giallo. Chi ha ucciso costoro? Chi sono? Due francesi. Strani e francesi. Tutti i francesi sono strani. Come darti torto, Carlo?
Esistono tempeste e tempeste e bagagli spariti
E la statua della Santa Vergine prende a lacrimare sangue
Piange e piange lacrime e sangue...
Leggetelo e poi continueremo a parlarne con Carlo Animato.
Un pezzo ricomposto pezzo a pezzo. Ne farà una reliquia?
Ippolita Luzzo 

lunedì 29 maggio 2017

TerraRossa Edizioni Jenny La Secca di Claudia Lamma

TerraRossa Edizioni al primo Salone del Libro a Torino con uno stand tutto suo. Battesimo di felicità. Riesco ad andare lunedì in chiusura della mia prima visita al Salone del libro, per giunta con accredito Stampa, quindi felicità doppia per il Regno della Litweb. Mi sento un po' la madrina di questa casa editrice che ho visto nascere, leggendo e seguendo Giovanni Turi sul suo Blog.
Trovo al banco due splendidi ragazzi, Alessandra e Angelo, io mi fermo, carico il cellulare, guardo i libri, mangio il mio pezzo di pane e provola e ritorno a casa con Jenny La Secca, il primo romanzo, esordio di Claudia Lamma. Storia di pugni, inizia già con Trip legato ed a me ha ricordato la storia di cronaca di Marco Prato e Manuel Foffo quando uccidono Luca Varani... qui sono amici di vecchia data che legano il protagonista dopo averlo preso a pugni"Non lo sai che ciascuno reagisce alle brutte notizie un po' come gli pare?"
Puoi darmi del cinico se vuoi, non saresti il primo.
La storia a me ha riportato I ragazzi della via Paal, ed è una storia dura. "Se pesco chi un giorno ha detto che il tempo è un gran dottore lo lego ad un sasso stretto stretto e poi lo butto in fondo al mare" così scrive una mano femminile.
Dall'infanzia alla età adulta è un attimo lunghissimo, il sorrisetto strafottente di Bimbo resterà incollato su di lui ed il transito si era trasformato in sosta permanente.  Scritto con uno stile deciso e con forma diretta il libro può anche essere fin troppo duro per chi come me chiede alla lettura un compito consolatorio dal difficile stare con gli altri benché riconosca  nella trama e nei personaggi sia verità che realtà ed in più un visivo da sceneggiare. Nel libro ho infilato un origami di Delia, un coniglietto dolce, affinché il gioco diventi un foglio di carta. 

TerraRossa Edizioni è la casa editrice creata da Giovanni Turi un nuovo marchio editoriale raccontata con le parole di Giovanni Turi dal suo blog. 
"Sono trascorsi quasi tre anni da quando Angelo De Leonardis mi contattò su Messenger per chiedermi di cosa mi stessi occupando e invitarmi a fare una chiacchierata.
Pierfrancesco Ditaranto e Giuseppe Moliterno hanno creato la linea grafica, il lavoro di correzione di bozze di Tiziana Giudice, l’ufficio stampa ad Elena Manzari. Questo lavoro svolto in sordina prende ora forma in TerraRossa Edizioni, che ha esordito al Salone del Libro di Torino (18-22 maggio) portando in anteprima i suoi primi volumi.
Il catalogo, per il momento, si articolerà in due collane. Fondanti riproporrà opere contemporanee di autori meridionali  Si comincia con Nicola Rubino è entrato in fabbrica di Francesco Dezio, uno dei primi romanzi della letteratura post-industriale, edito da Feltrinelli; Né padri né figli di Osvaldo Capraro Il cadetto, un romanzo duro e ironico che ha rappresentato l’esordio con Marsilio di Cosimo Argentina; Adesso tienimi, opera prima di Flavia Piccinni. Il proposito è quello di delineare un canone della letteratura meridionale
L’altra collana, Sperimentali, pubblicherà inediti che coniugano storie incisive e radicate nel nostro tempo. Fra i primi tre libri Jenny la Secca di Claudia Lamma, un romanzo corale che ci presenta un gruppo di amici alle prese con le conseguenze dei legami adolescenziali e dei compromessi ai quali la vita ci costringe. Aveva vinto il concorso SpiritiLibri ed era stato scelto da CaratteriMobili."
Auguri carissimi da tutto il Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo

domenica 28 maggio 2017

Al Cafè Retrò scostumati e no

Passeggiano gli splendidi abitanti di Lamezia Terme sul marciapiede del corso Numistrano. Sullo stesso marciapiede un gruppo musicale si esibisce in una performance organizzata dal Cafè Retrò. 
Sono  the4TUNES https://www.youtube.com/channel/UCCL-zmHAM2ULZzgvhI-OZZA
Valentina Ielà: Voce
Vittorio Viscomi: chitarra acustica
Emmanuele Sacco: basso
Marco Vinci: batteria
LaLLallà, lallàllà, canta la brava voce solista mentre i miei concittadini, non tutti per la verità, passano e spassano a pochi centimetri dal suo microfono pur di non deviare di qualche centimetro il loro incedere verso la meta.
Lallallà lallalà e la meta è questa qua: L'ineducazione.
Noto con piacere invece altri che scendono dal marciapiede e si soffermano ad ascoltare.
Il pomeriggio e la sera di una domenica qualsiasi sul trespolo del Cafè Retrò, locale che da anni propone eventi vari, di teatro, di musica, di cinema, abbinando poi aperitivi a proposte diverse ad un paese, il mio, che sta nella pianura. 
Nella piana piana piana. https://www.facebook.com/retro.bianchi/ 
Sorridendo io del mio leggere come se fosse letteratura ogni incertezza dei miei compaesani se passare o non passare proprio davanti alla cantante, mi diverto a segnalare la gentilezza dei gestori nei miei riguardi,  a chiacchierare con Saverio, Silvia, a salutare Mario, e a ritmare con il gruppo: Io l'amavo, la odiavo, ero pazzo di lei, la canzone di Celentano che il gruppo sta cantando quasi in omaggio  al mio amore odio verso la città. 
Solo me ne vò per la città...
Ippolita   

venerdì 26 maggio 2017

Verso qualcuno: Il libro di Roberto Pallocca

Mi aspetta nella buca della posta, ora in disuso, accanto alla porta di casa, in disuso perché nuove disposizioni imposero cassette della posta fuori dello spazio condominiale. Io diedi facoltà al postino di accedere o farsi aprire cancello e lasciarmi i libri nella precedente cassetta accanto all'ingresso di casa mia. "Verso Qualcuno" non poteva che aver posto migliore e raggiungermi al ritorno dal Salone del Libro di Torino con il suo benvenuto.
Trascorro il pomeriggio leggendolo e comprendo Roberto Pallocca in Verso qualcuno come sia riuscito a far vivere il personaggio nella trama della realtà. Il personaggio vive dentro il libro la sua opportunità del racconto. 
Io sono appena di ritorno e sembra di parlare con me leggendo "Sono tanti i motivi per cui si parte. Si parte per amore, si parte per dolore, si parte per curiosità o per caso, per lavoro o per vacanza, per interesse o per studio, per guarire, per capire, per pentirsi o per fuggire... Sono infiniti i motivi per cui si parte... non ho mai capito il motivo per cui si torna, però. Chi torna deve avere innanzitutto un luogo, un posto chiamato casa, nel quale si senta al sicuro." Poi lo scrittore azzarda altro, il ritrovare un amore che aspetti il ritorno. Il tempo del ritorno. "Il tempo di una vita si riassume in uno scarso numero di bivi epocali, in poche scelte fondative, da cui ha preso forma- e consistenza- tutto ciò che è venuto dopo."
Il racconto di Roberto  azzera la differenza fra lettore e personaggio, azzera il trascorrere e il passaggio fra gioventù e maturità, azzera il passato e il presente, donandoci di una vita gli attraversamenti. Attraversiamo con l'autore ciò che il protagonista dovrebbe o potrebbe scegliere, ci ritroviamo a dirgli che sta sbagliando, vorremmo intervenire a deviare qualche situazione e già siamo anche noi su una scelta sbagliata. 
Mettere a fuoco la nostra di vita, leggendo quella di Giuseppe, il protagonista. Viaggia Giuseppe e poi torna. Viaggiamo con lui e poi torniamo. Lo scrittore usa tempi e modi precisi.  Lo stile della scrittura segue il viaggio, un modo di raccontare al presente, come se il presente esistesse, quei verbi all'indicativo presente conservano l'illusione che tutto sia possibile, anche vivere nel presente del racconto, del raccontarsi, del momento in cui noi tutti, con sintesi estreme, doniamo le nostre vite al racconto affinché qualcuno le accolga. Il tempo dell'imperfetto indicativo, il tempo delle favole delle nonna, il tempo del "C'era una volta un uomo... Giuseppe era innamorato di tutto"
Gli avverbi, quante volte, quanto, come, tante volte come, ecco, la vita. 
Sono tante le storie che ascoltiamo, moltissime, vere o inventate, sono pochissimi i momenti  in cui siamo liberi di consegnare al foglio una storia vera. "E c'è un tempo esatto entro cui è pensabile portare qualcosa in salvo." Una lettura quasi con note bibliche, il tempo poi non c'è più, i confini di questo tempo posseggono margini stretti, strettissimi.
Affabulante, Roberto Pallocca partecipa e ci partecipa della vita di Giuseppe, portando anche noi nello stesso momento in cui lui lo ha  incontrato. Ci troviamo con Roberto e insieme partiamo e ritorniamo Verso qualcuno.
Ippolita Luzzo    
  

venerdì 19 maggio 2017

I passi perduti della scortesia. La cultura della scortesia

Un passo dietro l'altro
Si andava ad un convegno di grande cultura. La cultura della scortesia. 
L'educazione questa sconosciuta. Parcheggio e scendo della macchina.
Incrocio con lo sguardo le due amiche che vanno come me alla stessa riunione.
Le saluto.
Penso che rallenteranno per andare insieme. Anche loro sanno che io andrò proprio alla stesso luogo.
Sono pochi passi da fare.
Nulla di tutto questo. Tirano dritto senza attendermi.
Guardo le due signore e metto un piede dietro l'altro ricordando la telefonata di una delle due solo pochi giorni fa per raccontarmi una scortesia che aveva ricevuto da un'altra ancora e guardo entrambe con un misto di commiserazione e disprezzo.
L'educazione al mio paesello non esiste.
I passi verso l'altro sono  difficili da percorrere, vero? 
Altro passo.
Anni fa mi invitano ad una cena di beneficenza. Insistono anche. Pago 30 euro. Arrivo. L'organizzatrice mi saluta cordiale ma non ha posto al suo tavolo. La Presidente della benefica associazione alla quale chiedo di poter aver posto al suo tavolo, visto che la conosco, mi promette quel posto. Subito dopo però il posto non c'è più. Non posso andare via, sono andata con gli studenti e non ho macchina. Mi siedo in fondo alla sala, una sedia poggiata ad un muro e li guardo tutti. Mi ripeto di aver sbagliato ad accettare. Avrei dovuto regalare i soldi e non andare, mi ripeto tanto altro quando, due passi e mi si avvicina una splendida signora, il sindaco di un paese vicino, mi prende sottobraccio e mi invita al suo tavolo. Al suo tavolo la figlia, i compagni di classe e noi due. Una vera felicità. Ho riconoscenza verso quella rarità di persona sensibile che si accorse del mio disagio.
La rarità è il passo verso l'altro, la consuetudine invece è tenersi stretta l'ancella e proseguire senza fermarsi verso la meta, la grande cultura dell'ineducazione .   
La grande cultura della scortesia


giovedì 18 maggio 2017

"Respira" di Roberto Saporito

Stamattina il libro di Roberto Saporito "Respira" in anteprima al Salone del Libro di Torino ci aspetta per una fuga con sorpresa.
L'ilarità che non mi spiego. Mi lascia una allegria questo romanzo ad incastri, tanti sono i pezzi che troveremo ben congegnati, un romanzo sulla fuga, dove il protagonista fugge da sé stesso. Si trova a scegliere e fugge. Più che sparire fugge.
L’unica cosa che riesci a pensare è la parola "sparire".
"Sparire" è una parola magica. "Sparire" è un mantra che ti
accompagna. Sparire, sparire, sparire.
Fermo a un semaforo senti un tizio incollato a una radio che dice che è crollata la torre sud, la numero due, quella di fronte a dove tu dovresti essere in questo preciso momento, quella dove sei sempre. Sono morto, pensi.
Inizia così la storia di un uomo che vuole respirare di nuovo.
Finalmente morto, nelle notizie che daranno del crollo delle torri gemelle a New York c'è anche il protagonista. Avrebbe dovuto trovarsi in quelle torri, per le testimonianze era lì, morto, ed è per lui un pensiero piacevole, un moltiplicatore di futuri, un azzeratore di passati.
Puoi ricominciare come Il Fu Mattia Pascal di Pirandello. Hai altre opportunità. Puoi andare via. Sei sparito. Da New York in Francia. Seguiamo il personaggio che compone e scompone i suoi giorni in una realtà che non esiste, senza creare rapporti e relazioni, vivendo di nulla. Un romanzo di macchine lussuose e di imboscate, di sotterfugi, di corse lungo le autostrade.  
si ricomincia:Ormai sono tre anni che vivi a Saint-Rémy-de-Provence.
 E adesso?
Non si è mai morti abbastanza, pensi.
Il mondo è troppo piccolo per riuscire a sparire veramente.
Il passato non passa mai completamente, qualcosa si impiglia
sempre in spigoli esistenziali troppo appuntiti, acuminati
per non creare danni, per non avere fastidiose conseguenze,
per non farti sanguinare.
– Un lungo allenamento alla vita.
Quando leggi un libro, di chi è la voce che senti nella testa?
Douglas Coupland
Io, leggendo,  sto a guardare il gioco che fa lo scrittore con le sue letture, con i noir, con i polizieschi, con i libri che abbiamo già letto che diventano freschi freschissimi come una leggera brezza da respirare. 
Il personaggio lo conosciamo, lo abbiamo letto in tantissimi altri libri, qui però si prende gioco di sé stesso, in un ironico intrecciare avvenimenti storici conosciuti, il crollo delle torri a New York, i locali di Alba, la stazione di Santa Lucia.
Il ritorno a New York
Come in un cerchio si ritorna al primo luogo, al lavoro, al museo dove il protagonista ha trascorso i suoi anni in un'altra finzione. Più che finzione in una condizione dalla quale non può essere riconosciuto, nessuno lo conosce. Di nuovo a New York ad agosto.  

"La fine di tutto e di tutti.
È la fine di agosto, sono passati praticamente dieci anni da
quando sei scappato da New York: dieci anni fa la città era
terrorizzata dal crollo delle Twin Towers e oggi da un uragano
e dalle notizie di quello che potrebbe accadere nei prossimi
minuti, ore. Ormai eri convinto di essere l’unico abitante di New York, e l’idea non ti dispiaceva, per niente, anche tu, ormai, dentro un film tutto tuo. Protagonista assoluto di una realtà-finzione personale."

Quando muori e rinasci lo scorrere del tempo acquista un altro significato o forse perde del tutto il suo vero significato, qualunque esso sia.

"Ci riempiamo la vita di cose inutili...
Le cose e le persone sono alibi potentissimi nei confronti
di qualunque cosa."
In una libreria di libri usati compri una copia di La fortezza
della solitudine di Jonathan Lethem, I grandi romanzi nascono da minimi spunti. John Updike

Vai a piedi dalla stazione Santa Lucia alla Punta della Dogana,
alla Fondazione Pinault, perdendoti innumerevoli volte
in strade sempre più strette e buie, scansando piccole pozzanghere da post acqua alta, con un’esile pioggia che cade
e smette di cadere ogni pochi minuti, una pioggia che non
ti bagna quasi, il fantasma della pioggia. Scansando turisti,
pochi, studenti, molti.
Entri, nel museo. Paghi
Sei morto. Finisco di leggere ilare questo racconto, mi lascia sorridente e felice e mi sembra una ottima ragione per leggere questo "Respira" di Roberto Saporito che avrà giocato a far scomparire il suo personaggio dall'America alla Provenza, a Roma ed a Venezia. Morte a Venezia. Non racconto nulla di più per non far perdere la piacevolezza della sorpresa, mi resta una lettura che consiglierò anche ad un mio amico curatore di mostre d'arte. 
Come un quadro ci sembra di vedere raffigurato qui i momenti del comparire e scomparire con poche pennellate decise e nitide, nette, eppure questa linearità ci dona anche gli strumenti per giocare anche noi seguendo lui che va e scompare e ricompare in un quadro, ma non ci sarà nessuno a vederlo.  Abituata io ad essere fatta scomparire mio malgrado, abituata ad essere cancellata, ho capito l'ilarità e la complicità verso uno scrittore che ci presenta invece l'esatto opposto. Sorrido pensando a chi vorrebbe cancellare il passaggio sulla terra e sarà cancellato nel giudizio universale delle relazioni umane e ben gli sta. Ridendo di me che respiro. "Respira" ci allena al respiro del leggere. 
Ippolita Luzzo