domenica 14 maggio 2017

I nostri figli non sono i nostri figli

I nostri figli non sono i nostri figli – 
Titolo alla maniera di Gibran- 30 settembre 2011-
I figli non sono di chi li genera.
Ogni figlio è un uomo e una donna
Ogni figlio è un essere a sé
Non si fanno figli per noi stessi
Si fanno per tutti - perché così è
Non sono le nostre proiezioni, i nostri desideri non avverati,
le nostre soddisfazioni.
Non sono il nostro ego che si espande.
Sono solo degli altri esseri umani.
Amare i figli-non si può- non si deve-
Amare è un sentimento cannibalesco, una lotta fra pari, fra eguali.
Non si mangiano i figli.
Non si sostituisce un primo piatto con il dessert, con il dolce.
I figli si fanno per un’esigenza vitale,
per appartenere al flusso eterno della sopravvivenza della specie.
Poi certo a loro si vuole bene, molto, moltissimo
Si è responsabili verso di loro, ci richiedono impegno, guida, 
vogliono la nostra cura.
E noi siamo sempre lì, presenti, solleciti, pronti.
Noi li allattiamo, li svezziamo, e gli regaliamo l’autonomia.
Non è così? Dov'è che io sbaglio?
Non sono amici, non sono amanti, non sono giochi,
non sono per noi.
Sono solo per loro.
Sbaglia chi vuole da loro un alleato, una vendetta, un riscatto
Sbaglia chi allontana la moglie, il marito,
il suo amore per un essere fragile, appena nato.
Che grande ingiustizia! Che storia sbagliata!
A volte i figli si fanno per tante ragioni,
per ragioni diverse dal semplice atto, del solo piacere di generare.
Si fanno per garantirsi un uomo legato, un patrimonio da ereditare, un habitus da esporre.
Come Cornelia :-Ecco i miei gioielli-
dicono  giulivi femmine e maschi
A volte si fanno con una violenza, con uno stupro, senza coscienza
Per un preservativo bucato, per una voglia improvvisa.
Si fanno alla cieca e si continua  ad usarli senza una disciplina
Considerandoli solo dei piccoli puffi, dei mostri, dei cicciobelli.
Restano così per anni, bimbetti e bambine, alla mercé di adulti cretini, egoisti, sadici 
che rubano loro infanzia e stupore.
Ne fanno uso, un abuso e vogliono poi il corrispettivo
Vogliono loro, i genitori, essere protetti, vogliono essere amati, 
vogliono, vogliono.
Ma non si può! Lasciateli vivere! Lasciateli in pace! 
Che possano loro respirare felici, 
che possano loro capirci di più, 
che possano loro amare la vita
Quella che noi gli abbiamo donato.
                                                                                           
 Ippolita Luzzo















giovedì 11 maggio 2017

Il florilegio di Floris

Floris è qui per presentare il suo libro oppure per parlare di bullismo? La domanda si esaurisce ben presto nell'aula convegni della Scuola media che lo ospita davanti agli alunni composti in sedia. Sono presenti anche le terze liceali del Classico e alcune classi dell'Istituto tecnico economico. 
Si parlò solo del libro, avete comprato il libro? Chi ha comprato il libro? Quasi tutti avevano comprato il libro. Il libro non è autobiografico anche se alcuni episodi sono successi davvero nella cronaca. Il personaggio alla fine non esiste, o se esiste non lo conosceremo, esiste la mamma, una cattivella, a detta dell'autore. 
Il bullismo è dappertutto e tutti possiamo essere bulli e bullizzati a secondo le situazioni. 
Queste le interessantissime asserzioni di un convegno iniziato più o meno così: Lascio la parola, do la parola, e via, parola per parola, aspettiamo Floris  abbia la parola augurandoci  capiscano di aver davanti alunni della scuola media. Mi sorprende sempre come autorità e presentatori parlino nello stesso modo sia abbiano ad ascoltarli bimbi oppure adulti. Interessante cosa disse il sindaco:La perdita dello sguardo. Guardatevi dunque! Ha ragione, guardiamoci. Con chi? 
Floris ci disse di apprezzare la molteplicità delle occasioni che si hanno, fu felice quando poté avere queste opportunità dalla scuola pubblica, W La scuola Pubblica, ci raccontò quella volta in cui un giornalista del Messaggero andò nella sua scuola a fare un corso di giornalismo e lui rimase giornalista a vita. Le scelte che segnano. La bellezza delle scelte. 
I ragazzi facevano domande sul libro, ad un ragazzo della Terza C Floris fece una battuta che avranno capito in pochissimi. Non sei ripetente, chiese. Il giornalista accanto a me spiegò il significato rimandandomi ad  un telefilm degli anni '80.
Il florilegio ad un certo punto mi spinse a raccontare un episodio della mia classe. Prendo il microfono. In una terza media Romeo, alunno dolcissimo e angelico, era continuamente vessato dal suo compagno di banco. Un giorno Romeo trova il coraggio di difendersi e dà uno schiaffo al prepotente che platealmente attira la mia attenzione lamentandosi di aver ricevuto uno schiaffo. Io non rimprovero Romeo, certo argomento che non bisogna alzare le mani, però mi esce dal cuore un Bravo Romeo, per un ragazzo che trova la forza di reagire ai soprusi, finalmente. I compagni sono contrari al mio gesto ed io lo racconto per questo, per dire che in classe non si accetta la violenza ma nel caso di Romeo è difesa. Quindi non punisco. Lui Floris non è d'accordo sul mio gesto, lui avrebbe punito Romeo, il debole, perché l'alunno avrebbe dovuto trovare altre forme per difendersi rivolgendosi all'autorità costituita, in  quel caso all'insegnante o al preside. Quindi caro Floris noi tutti per ogni ingiustizia, violenza, offesa, ci rivolgeremo all'autorità costituita? Capisco che sembra difficilissimo difendere un debole che reagisce, capisco che è più facile ornarsi di belle parole e demandare, e così ridò il microfono sconsolata da tanto conformismo al comune sentire. Le autorità dovrebbero quindi risolvere ogni difficile incontro fra i banchi? Mi riesce impossibile non difendere i deboli davvero... 
Bravo Floris che avrebbe mandato Romeo dal Preside. Così mi disse. Avete comprato il libro?

domenica 7 maggio 2017

Fabio Strinati Dal Proprio Nido Alla Vita

Edito a novembre 2016 nella collana I Tascabili da Il Foglio Letterario, diretto da Gordiano Lupi,  giunge in Litweb nel giorno della Libertà di stampa, questo poemetto, così lo chiama il suo autore ed io lo porto con me alla libreria Ubik di Catanzaro lido dove quella sera leggerò un mio pezzo su Sacro fuoco, Storie di libertà di stampa, in ricordo di Alessandro Bozzo. Parlo con Gianluca Pitari, poeta e narratore, di Fabio Strinati, gli faccio leggere il libro e lui mi dice: Vedi, di queste letture noi possiamo venire a conoscenza solo in coincidenze fortuite come queste. 
E si segna il nome dell'autore.
Io sorrido ricordando le parole di Domenico Dara: La coincidenza è una risposta ad una domanda forte.
Mi giungono così le risposte alle mie domande al mondo che ha preso a rispondermi così, con i libri, facendomi recapitare nell'esilio di un luogo solitario la vita di tanti, Dal proprio nido alla loro vita. 
Anche Fabio si fida, come si fidano in tanti, della mia lettura attenta e affettuosa, del mio scrivere senza filtro e di impulso, oggi pomeriggio sono proprio accanto ai pensieri di Fabio e casa mia, silenziosa, ospita Piombino, Il cielo Sopra Piombino, il trailer tratto dal libro di Gordiano Lupi, Miracolo a Piombino, il romanzo presentato al Premio Strega che è stato fonte di ispirazione di questo poema. Non ho ancora letto "Miracolo a Piombino Storia di Marco e un gabbiano" di Gordiano Lupi, edito dalla casa editrice cesenate Historica di Francesco Giubilei,  al Premio Strega 2014, non sapevo quasi nulla di Piombino se non le sue coordinate geografiche però ora sfogliando e leggendo vedo le immagini di  Claudio Conti, fotografie in bianco e nero, e mi faccio compagnia con questo viaggio personale sui tasti di un pc.    
Ho messo al libro tantissime orecchiette "Ho sempre desiderato poter raccontare la mia vita a qualcuno" scrive Fabio a pagina 46, in questa confessione di una vita che vorrebbe volare come una rondine. 
Diario di rondine mi viene in mente, della Nothomb, in cui al di là della vicenda che mi rapì, fu un diario sottratto a dare il senso del tutto, ed in questo diario di Fabio "la maturità è quel succoso frutto appeso all'albero, è l'ingresso che ci permette di soffocare i nostri ricordi"
Un diario sincero fino alla naturalità del gesto, all'adesione al vento, all'edera dei campi, al fiorellino di campagna, alla rondine che è quella della poesia e del romanzo inedito, così come è inedita la vita della giovinezza, io aggiungerei la vita che sa ricominciare a qualsiasi età si trovi ad esordire. Non tutti cominciano a vivere con il respiro iniziale ed abbiamo un tempo diverso in cui riusciremo ad andare dal nido alla vita, al volo. "Se riuscissimo a capire  il freddo, la sua pungente ironia che sa attraversare le nostre meningi come coltelli nel burro" sarei tentata di continuare a scrivervi ampi stralci di questo diario "Un giorno ricordo che c'era un sole che sembrava essere più grande del solito... il sole mi appariva più grande, più cocente"
Quell'amplificazione del sentire che una condizione di solitudine può regalare, quel sole gigantesco non riesce a riscaldare il freddo, l'enorme cella frigorifera, un ragazzo insicuro, preso di mira dai ragazzi del vicinato.      
"Un uomo deve poter essere uomo per poter vedere dentro di sé"
Torniamo sempre a pagina 46 dove i treni fischiano, il dolore è una fitta al cuore, e ogni "uomo deve poter camminare con le sue gambe per poter capire i luoghi." Sentendo la musicalità interiore del canto di una anima, sento il concerto grande di tutta una natura che partecipa al destino individuale di ciascuno di noi, e così ogni passaggio di Fabio rimanda ai miei mille e più pezzi anche essi diario di "offese che creano quella bolla spessa ed invisibile"
Due però sono gli aggettivi che ci appartengono come proprietà privata qualsiasi cosa ci possa succedere nel volo dal proprio nido alla vita e sono l'essere Sincero e l'essere Saggio, ed il vento ci porterà lontano. 
Nella vita che ci somiglia pur nella diversità, il mio omaggio a Fabio che a sua volta scrive per Gordiano che a sua volta... nel cerchio magico del nostro volo. Un sacro fuoco ci riscalderà
Ippolita Luzzo   

sabato 6 maggio 2017

Il tempo in Tomasi di Lampedusa negli studi di Maria Antonietta Ferraloro

Ospite dell'Uniter e presentata da Costanza FalvoD' Urso Maria Antonietta Ferraloro, il cinque maggio a Lamezia, ha esordito chiedendosi  lo stesso concetto di tempo presente nel lavoro pittorico di Agostino Tulumello. Nell'opera di Agostino la parola tempo scritta con un pennello molto grosso si dilava sulla carta sotto tutta una ragnatela di segni incrociati che segnano la nostra intricata vicenda relazionale col tempo stesso.
Maria Antonietta inizierà la sua ricerca negli anni passati su un periodo della vita di Tomasi Di Lamedusa in cui lui soggiornò a Ficarra, paese di nascita e dell'infanzia di Maria Antonietta. Ficarra è un paese in provincia di Messina e lo scrittore vi soggiornò nell'estate del '43, tra gli ultimi giorni di luglio e la prima decade di agosto, il principe Giuseppe con la moglie, la psicoanalista Licy Wolff Stomersee, moglie con cui ha avuto fino a quel momento soprattutto un legame epistolare.  Maria Antonietta si chiederà sempre quanto abbia influito quel soggiorno nello scrittore e se avesse potuto rinvenirne tracce nel suo romanzo Il Gattopardo. Dopo aver vinto il dottorato di ricerca all'Università di Catania, segue, come una Poirot in gonnella, ogni traccia e per un anno intero non trova nulla. Addirittura qualcuno, molto accreditato come studioso di Tomasi, la consiglierà di lasciar perdere.
Ma il tempo si sparge e si allarga e restituisce a chi sa quella traccia cercata perché sotto i vari lavaggi di un tessuto restano sempre impresse le tracce. Così poi per caso e all'improvviso ma frutto di tanto cercare Maria Antonietta può raccogliere testimonianze e riscontri precisi scoprendo anche per caso di aver scritto un libro. Un vero libro. Forte della concezione etica della letteratura diffonde il suo sapere e ce lo dona con semplicità e dolcezza. Ed eccola a mostrarci tutti coloro che parlarono di Tomasi dopo il successo del Gattopardo, da Spinazzola che lo definì romanzo ottocentesco a Calvino che ne rinvenne le raffinate esperienze di letteratura moderna. a Bazlen che scrisse: Una pagina brutta del Gattopardo vale tutti "I Gettoni"
E continua a parlarci delle lezioni che Tomasi teneva a pochissimi allievi, due, massimo cinque allievi, lezioni memorabili, mille e più pagine di sterminata cultura.  Con Auerbach impariamo a non stravolgere il senso del testo analizzato ma a prendere ognuno di noi quel che ci piace e ci sembra consono, così anche questi miei appunti seguono la stessa linea, senza cambiare il senso. Con Maria Antonietta siamo a Ficarra, nel periodo della guerra della seconda guerra mondiale, allo sbarco degli alleati, a Brolo, e poi nel giardino di Lucio Piccolo, il cugino di Tomasi,  giardino dove un soldato viene abbandonato morente dai tedeschi in fuga. Sarà lo stesso soldato, borbonico nel romanzo, che ritroviamo nelle prime pagine e del Gattopardo, scorto da Don Fabrizio durante la passeggiata. Siamo con Maria Antonietta da Montale e siamo in quella lettera in cui Tomasi scrive che non esistono i miracoli in letteratura o almeno pur se a volte accadono sono rarissimi. In realtà ogni nuovo vissuto letterario ha già vissuto nel tempo e ci viene restituito in altre forme attraverso quel reticolo di studi che aggangia saldamente uno studioso ad un altro nel bene immenso della letterarietà salvifica.
Nei miei appunti partecipati accanto a Maria Antonietta avrei scritto su tante altre meraviglie ascoltate ma rimando ognuno di coloro che mi leggerà ai due libri di Maria Antonietta nella felicità della Litweb. Il tempo ci sia clemente e misericordioso dai tempi dei tempi e non  permetta il dilavamento delle conoscenza nel nome  della pietas e di una letteratura etica

Ippolita Luzzo 


Maria Antonietta Ferraloro autrice nel 2014 di Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo, finalista al premio Brancati, la studiosa siciliana pubblica nel mese di gennaio 2017 L’opera-orologio. Saggi sul Gattopardo, sempre per Pacini Editore 
   

  

lunedì 1 maggio 2017

Ho un altro sud in testa

Ho un altro sud in testa
il sud che ho conosciuto io
senza le tavolate e senza parenti intorno.
Il sud del silenzio e della monotonia.
Ho un altro sud da raccontarvi
dove la vita non ha colore
nemmeno al sole dell'estate,
senza mare e comitive, senza inviti.
Il sud della solitudine.
Un sud che non vuole far nascere
e se è nato non vuole far vivere quel corpo
che anelerebbe vita.
Uccisi dall'indifferenza
al sud si asciugano i giorni dietro un balcone.
Le buche, le cacche dei cani, le bottiglie vuote di birra, 
le erbacce lungo i muri delle case, la spazzatura gigante,
ed il silenzio dei rapporti morti.
I vivi sono morti più dei morti,
di chi non ci sta più,
i vivi ci stanno da fantasmi e
il cimitero sembra il luogo più social di tutto il sud.
Ho un altro sud in testa
e mi spiace molto non averlo abbandonato al suo destino.
Un sud dove non vorrei mai ritornare,
sono stata qui ad espiare
non essendo riuscita ad andare via. 
Ho un altro sud in testa
il sud della disperazione
e una faccia è l'inferno quotidiano. 

Fare Pubblico al Tip

In collaborazione con Primavera dei teatri il 28,29 e 30 aprile 
Fare Pubblico / nuove dialettiche del fare e del vedere a Teatro
Pubblico · Organizzato da Scenari Visibili e TIP Teatro
Tre giorni nel teatro.
Il teatro a Lamezia ha una tradizione forte ed ottime compagnie da molti anni sperimentano nuove forme di espressione e coinvolgono il pubblico e gli studenti con laboratori e proposte. 
Il Tip Teatro, nato da pochi mesi, in un palazzo del centro storico cittadino, è uno dei luoghi dove è possibile assistere al teatro partecipato. 
Così mi iscrivo felice a questa tre giorni di seminari e studio.
Gli appunti presi cominciano  con le parole di Dario Natale, regista e attore della compagnia Scenari Visibili: Esigenza del presente. 
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del Liceo Campanella e del Liceo Scientifico che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisano su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi. 
Vincenzo Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa. 
Conferma  AlessandroToppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla. 
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccolti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che Baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi, come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era nulla ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso. 
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Paola Abenavoli ci raggiunge sabato mattina e racconta di una rinascita. il teatro che rinasce dalle periferie, ci racconta di una ricerca per un nuovo linguaggio contro la massificazione dei grandi teatri nazionali appannaggio di compagnie ormai consolidate. 
Dalle periferie la voglia di recuperare il dialetto come diversità non come scimmiottamento, l'uso cambia, rispetto alle compagnie dialettali che sempre hanno portato in scena un modello stereotipato di dialetto,  ora in queste nuove commistioni fra italiano e dialetto, in un dialetto ritrovato e rispettato ci sta tutta la carica rivoluzionaria di una conquista. Paola ricorda Dissonorata di Saverio la Ruina, la vita difficile al sud di donne sacrificate, Patres di Saverio Tavano, recitato da Dario Natale e GianLuca Vetromilo, l'avvelenamento dei rapporti padre figlio e l'avvelenamento di un territorio. Un dialetto che diventa una musica e quindi universale. Un dialetto come riscatto. 
Con Albano tracciamo parabole e ricomponiamo frammenti a Salerno, la parola scritta compie una parabola e immaginiamo tutti questa linea andare da noi a loro, dal teatro alla strada, dal teatro all'interno dell'autore stesso in un attraversare che ci fa camminare e giocare insieme. Ci parla di scouting e di competenze trasversali affinché un testo venga letto tramite le fotografie e le musiche, con il retroterra di pensiero, nostra ricchezza.
E con il ritmo del verso modulato secondo il rumore delle onde del mare che Mimmo Borrelli, drammaturgo della zona Flegrea, di Bacoli, di Torre del Greco, insegna a contare ad Alessandro Toppi, sulle dita della mano, ci lasciamo cullare  dal rumore del mare.
Un teatro amato.
Ippolita Luzzo  

  

~ Settimio Pisano: Responsabile organizzativo di Scena Verticale e del festival Primavera dei Teatri (Premio Speciale UBU 2009, Premio G.Bartolucci 2001).
~ Alessandro Toppi: Critico teatrale, direttore responsabile del magazine online ilpickwick.it
~ Vincenzo Albano: Ideatore e direttore artistico del festival Mutaverso Teatro (Salerno)
~ Paola Abenavoli: Giornalista e critico teatrale, collabora con il Sole 24 Ore, con il trimestrale di teatro Hystrio, suo il blog culturalife.it   

Il programma:
 28 aprile 

● 10:00-11:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Settimio Pisano (Scena Verticale - Primavera dei Teatri)
● 11:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. La scena meridionale"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)


● 15:30-18:00: "Stati generali del teatro calabrese" assemblea plenaria costituente del Coordinamento Teatri Calabresi

● 21:00: "Come un granello di sabbia - Giuseppe Gulotta, storia di un innocente" (Mana Chuma Teatro, finalista In Box 2016)

/ 29 aprile /

● 10:00-11:00: "Teatri a Sud: nuova drammaturgia meridiana" incontro a cura di Paola Abenavoli (Hystrio, Cultural Life)
● 11:00-12:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Vincenzo Albano (Mutaverso, Salerno)
● 12:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)

● 21:00: "Postit" (Studio) Scenari Visibili

/ 30 aprile /

● 10:00-12:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti 2"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)

____________

FARE PUBBLICO è rivolto a studenti, operatori, artisti e pubblico.

domenica 30 aprile 2017

Cercando Dalida al Maggio dei Libri

Un omaggio a Dalida viene fatto da Titti Preta giorno 2 Maggio al Palazzo Nicotera. Avremo modo di rivedere l'artista e di sentirla cantare e rivivremo la sua vicenda umana con le parole dell'autrice di questa testimonianza. Una vita difficile quella di Dalida, una vita che non conosciamo malgrado ci sembra di conoscerla molto. Nelle vicende costruite dei giornali ho letto recentemente questa lettera che smonta tutto un gioco amoroso in cui i giornalisti intinsero molte volte i loro articoli. Questa è una lettera che Tenco fa a Valeria, il suo amore di quel periodo. Sulla manipolazione che viene fatta all'insaputa degli stessi protagonisti. Stritolati dal gossip. Ed anche Dalida non è questa che viene descritta da Tenco in una lettera a Valeria. Un solo frammento. 
Luigi Tenco a Valeria
S.l., 18 novembre 1966
Amore mio, 
Adriana ha promesso di farti avere questa lettera: ti prego, leggila, mi è costato scriverla, ammettere la mia stupidità, la mia presunzione, le mie debolezze, la mia ingenuità. Sono solo un uomo, e non tra i migliori, se mi sono lasciato trascinare in questa situazione assurda e non ho la forza e la volontà di uscirne, perché se lo tentassi ne sarei distrutto, comunque. Io ho sbagliato tutto nella mia vita, l'unica cosa giusta, pulita sei stata tu e a te non voglio e non posso rinunciare.

È tutta colpa mia: io ho permesso a quella donna di costruire tutta questa storia, mi sono prestato al suo gioco, perché da idiota io lo credevo solo un gioco. Tenco e Dalida, la coppia vincente del prossimo festival. Che notizia golosa per i giornalisti! Io ho permesso agli altri di ricamarci sopra (ma se mi conoscessero veramente, come potrebbero crederci?). E poi, poi, quando tu te ne sei andata ho pensato di poter fare l'amore con lei, per punirti, per ferirti come tu stai ferendo me.
No! Non ha funzionato. Ho tentato in tutti i modi, ho passato delle notti intere (aspetta un attimo!) a bere, a cercare di farle capire chi sono, cosa voglio, e poi... ho finito col parlarle di te, di quanto ti amo. Che gran casino, vero! Certo, lei si è dimostrata molto "comprensiva", ma mi ha detto che ormai dovevamo portare avanti questa "assurda" faccenda agli occhi degli altri. È una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l'idea di una sconfitta, professionale o sentimentale che sia. E ora non so più come uscirne. 
Luigi
Il 25 gennaio 1992 vennero rese pubbliche le lettere di Luigi Tenco a Valeria, che il noto cantautore conobbe a Milano nel 1964. Di questo amore segreto rimane un fitto carteggio." 
Il 2 maggio 1987, trenta anni fa, dopo aver chiamato il fratello-manager Bruno, annunciandogli il rinvio di un previsto servizio fotografico a causa del freddo, e dopo aver detto alla cameriera che sarebbe andata a teatro, uscì con la vettura, fece il giro dell'isolato, imbucò una lettera per il fratello e si recò nella sua casa in rue d'Orchampt sulla Butte di Montmartre e ingerì dei barbiturici.