Tania quella sera faceva il turno in pizzeria.
Sua madre era lontana, ammalata grave.
Lei stava a Lamezia per lavorare.
Non ricordo di quale paese fosse e non l'ho più rivista.
Quando ritornai per lasciarle questi miei pensieri era andata via.
10 marzo 2012
Tania dagli occhi luminosi
Così luminosi da rischiarare la mia strada
L’abitacolo della mia panda
L’ingresso di casa, il soggiorno e la cucina
Diffondendo la luce
Trafiggendo l’oscurità con il suo sguardo
Tania dagli occhi luminosi
Dalla pelle rosea e chiaramente seta
Sorride a me per un coperto
Per una pizza ed una coca
Donandomi invece la serenità
Ippolita
mercoledì 12 aprile 2017
lunedì 10 aprile 2017
Pasquetta
5 aprile 2010
La mia pasquetta
Il Lunedì dell’Angelo che annuncia agli uomini il Cristo Risorto è per tanti il giorno della prima uscita fuori porta. La "Galinea", si diceva da bambini, e noi salivamo in terrazza con la cuzzupa in mano.
Non avevamo nemmeno allora comitive vocianti e chiassose, ne conoscevamo l’esistenza però e il senso di privazione di qualcosa al quale mi sarebbe piaciuto partecipare mi ha seguito per tutta la vita,
è sicuramente per molti, per tanti così.
So però dell’esistenza di autobus che partono per agriturismi fiorenti, macchine in gruppo per località di mare, sento e vedo tutto con la fantasia.
Cosa impedisca la realizzazione di questo sogno infantile non l’ho appurato.
Mi muovo fra gli altri con delicatezza e cortesia, sono disponibile ad essere d’aiuto, telefono, ascolto, invito, non critico e non giudico, ma tollerante cerco di esserlo sia per me che per chi mi circonda, poi vorrei che anche chi mi sta accanto facesse così.
Arrivo a tesserarmi a qualche associazione, partecipo a qualche iniziativa, ma tutto si spegne velocemente come quando lo stoppino dell’olio incontra l’acqua. Puff.
Le feste sono la dissolvenza dei rapporti sociali che mi illudo di costruire giorno per giorno. Ricordo un’altra pasquetta di un anno fa, forse. Ritornai ad invitare alcuni soci di un circolo che frequentavo e una signora, accettando, commentò:- Per me, tutto fa brodo!
Una signora che ha una comitiva, che si muove in gruppo, che è sempre insieme ai suoi amici.
Io raggelai e avvilita non riuscì più a concretizzare l’invito. Preferii la solitudine.
Ho la presunzione di coltivare amicizie da molti anni, ho affetto verso i miei parenti, mamma ha sempre invitato loro, nessuno ha mai invitato la mia mamma.
Un giorno passeggiai con una mia compagna di scuola ora deputata al Parlamento e questa mi disse: - Ippò, nessuno mi invita, nessuno si ricorda di me.
Io la guardai con curiosità e replicai:- Non è vero! Tu sei seguita, sei votata, sei stimata!
Lei si sentiva così. Non si accorgeva.
Probabile che io non mi accorga degli inviti che mi fanno, delle proposte di gite fuori porta e rinuncio senza accorgermi del rutilante e caleidoscopico tavolo approntato per me da una compagnia sorridente e solare.
Nel castello immaginario e immaginato dei nostri legami ci sarà pure la stanza della convivialità, del desco frequentato da gentiluomini e gentildonne, arguti e salaci, ironici e leggeri, capaci ancora della delicata arte del conversare tra simili.
Filo, quando era ragazza, in un pomeriggio di Natale di molti anni fa, scelse una vita così.
Bella d’incontri, di viaggi, di comitive, la disegnò e la realizzò.
Non so quanto abbia lavorato e quante rinunce abbia dovuto fare per ottenere ciò, ma la vedo giustamente fiera.
Ne sono ammirata, ma vorrei tanto che queste tecniche, che queste abilità venissero insegnate e che tutti possano realizzare una felice condivisione del Lunedì dell’Angelo e delle altre feste comandate, avendo in mano se non la chiave, almeno la mappa con la quale orientarsi verso la stanza della convivialità.
Oggi /7/ Aprile 2012
Quell'anno, nel pomeriggio del Lunedì dell’Angelo, andai a mare con una amica e sulle panchine del lungomare leggevo a lei il mio pezzo. Alcune donne s’incuriosirono, si fermarono ad ascoltare, una di loro mi disse:-Lei, signora, ha raccontato la mia pasquetta.
Le altre annuirono e mi ritrovai a rileggere ad un gruppetto di donne sole quel che ormai era un racconto corale.
Poi riposi il pezzo e l’anno dopo scrissi un’altra pasquetta
Ormai ero un personaggio letterario
Ippolita Luzzo
La mia pasquetta
Il Lunedì dell’Angelo che annuncia agli uomini il Cristo Risorto è per tanti il giorno della prima uscita fuori porta. La "Galinea", si diceva da bambini, e noi salivamo in terrazza con la cuzzupa in mano.
Non avevamo nemmeno allora comitive vocianti e chiassose, ne conoscevamo l’esistenza però e il senso di privazione di qualcosa al quale mi sarebbe piaciuto partecipare mi ha seguito per tutta la vita,
è sicuramente per molti, per tanti così.
So però dell’esistenza di autobus che partono per agriturismi fiorenti, macchine in gruppo per località di mare, sento e vedo tutto con la fantasia.
Cosa impedisca la realizzazione di questo sogno infantile non l’ho appurato.
Mi muovo fra gli altri con delicatezza e cortesia, sono disponibile ad essere d’aiuto, telefono, ascolto, invito, non critico e non giudico, ma tollerante cerco di esserlo sia per me che per chi mi circonda, poi vorrei che anche chi mi sta accanto facesse così.
Arrivo a tesserarmi a qualche associazione, partecipo a qualche iniziativa, ma tutto si spegne velocemente come quando lo stoppino dell’olio incontra l’acqua. Puff.
Le feste sono la dissolvenza dei rapporti sociali che mi illudo di costruire giorno per giorno. Ricordo un’altra pasquetta di un anno fa, forse. Ritornai ad invitare alcuni soci di un circolo che frequentavo e una signora, accettando, commentò:- Per me, tutto fa brodo!
Una signora che ha una comitiva, che si muove in gruppo, che è sempre insieme ai suoi amici.
Io raggelai e avvilita non riuscì più a concretizzare l’invito. Preferii la solitudine.
Ho la presunzione di coltivare amicizie da molti anni, ho affetto verso i miei parenti, mamma ha sempre invitato loro, nessuno ha mai invitato la mia mamma.
Un giorno passeggiai con una mia compagna di scuola ora deputata al Parlamento e questa mi disse: - Ippò, nessuno mi invita, nessuno si ricorda di me.
Io la guardai con curiosità e replicai:- Non è vero! Tu sei seguita, sei votata, sei stimata!
Lei si sentiva così. Non si accorgeva.
Probabile che io non mi accorga degli inviti che mi fanno, delle proposte di gite fuori porta e rinuncio senza accorgermi del rutilante e caleidoscopico tavolo approntato per me da una compagnia sorridente e solare.
Nel castello immaginario e immaginato dei nostri legami ci sarà pure la stanza della convivialità, del desco frequentato da gentiluomini e gentildonne, arguti e salaci, ironici e leggeri, capaci ancora della delicata arte del conversare tra simili.
Filo, quando era ragazza, in un pomeriggio di Natale di molti anni fa, scelse una vita così.
Bella d’incontri, di viaggi, di comitive, la disegnò e la realizzò.
Non so quanto abbia lavorato e quante rinunce abbia dovuto fare per ottenere ciò, ma la vedo giustamente fiera.
Ne sono ammirata, ma vorrei tanto che queste tecniche, che queste abilità venissero insegnate e che tutti possano realizzare una felice condivisione del Lunedì dell’Angelo e delle altre feste comandate, avendo in mano se non la chiave, almeno la mappa con la quale orientarsi verso la stanza della convivialità.
Oggi /7/ Aprile 2012
Quell'anno, nel pomeriggio del Lunedì dell’Angelo, andai a mare con una amica e sulle panchine del lungomare leggevo a lei il mio pezzo. Alcune donne s’incuriosirono, si fermarono ad ascoltare, una di loro mi disse:-Lei, signora, ha raccontato la mia pasquetta.
Le altre annuirono e mi ritrovai a rileggere ad un gruppetto di donne sole quel che ormai era un racconto corale.
Poi riposi il pezzo e l’anno dopo scrissi un’altra pasquetta
Ormai ero un personaggio letterario
Ippolita Luzzo
domenica 9 aprile 2017
Maurice Aymard e Tino Caspanello al Tip
Due serate al Tip: Venerdì 7 aprile Maurice Aymard, Sabato 8 Tino Caspanello
La storia raccontata dall'altra parte della sponda. Il mare immenso che divide i destini di popoli e i destini individuali. Partire e non tornare. La comprensione dei grandi e piccoli movimenti di interi popoli che inseguono la stessa illusione di una sola donna. Si lascia il proprio paese e si va verso l'incertezza, fidando nella sorte.
Aymard e Caspanello ci parlano del mare, nelle due serate al Tip, il Mar Mediterraneo che la protagonista lascia per quella lunga traversata di dieci mesi necessaria per raggiungere Buenos Aires dove segue le spalle di un uomo che l'ha sposata per procura.
Quel mar Mediterraneo insanguinato e rosso color del vino, cimitero ormai di una storia lunga, estesa, fatta di tanti annegati, scomparsi, nell'illusione di raggiungere l'altra sponda. Mi si incrociano così i destini delle due serate, una lezione di storia del professore Maurice Aymard, allievo di Braudel, studioso e uomo generoso, studioso consapevole che solo la comprensione possa darci il senso dei fatti storici e individuali. La comprensione e la pietas, direbbe
Caspanello nel raccontarci con lieve e aderente scrittura il narrato di una vita fatta di piccoli punti. Siamo in un piccolo borgo siciliano nei primi anni cinquanta, sulla scena una donna ricama ed insegna ai bambini come il ricamo deve essere ordinato, come voglia luce, tanta luce per non sbagliare, come bisogna contare i punti, perché la fortuna arriva e se ne va via. Si intreccia così la vita di ognuno nella storia dei punti da collegare. Quella mattina lei va nell'orto ad innaffiare, non voleva andare, lo racconta, e quell'andata le sterzerà un destino. Qualcuno la vede, un italiano emigrato in Argentina, la chiede in sposa e lei parte. Porta con sé una foto della sua famiglia e il vestito da sposa fatto con la seta di un paracadute trovato in campagna. Da Rocchenere, frazione di un paese in provincia di Messina, a Buenos Aires, ad affrontare il mare che ci unisce e ci separa. La traversata e poi quell'incidente fatale, il momento in cui si ritrova nelle mani un neonato abbandonato. Sulle note di un tango struggente, come una melodia nuziale mai suonata, colui che l'aspetta non crederà alla sua versione nemmeno di fronte all'evidenza, anzi distruggerà quell'unica prova dell'innocenza in una notte di brutalità. Nulla poi sappiamo dei tanti giorni trascorsi, nulla se non quel racconto lirico e folle dell'estraniamento.
Come Caspanello con poco ci restituisce il dramma, così Braudel, nelle parole di Aymard, a memoria riscrive la storia dei popoli del Mediterraneo, dall'altra sponda. La storia scritta in modo letterario. La storia come un romanzo veniva scritta da Braudel, la storia come teatro potrebbe essere quella di Caspanello. Interpretazione e comprensione di fatti elaborati dall'interiorità dello studioso, del regista, dei lettori e degli spettatori. La storia come letteratura A 22 anni Braudel va in Algeria e moltiplica i punti di vista, ci invita a considerare ogni fatto nella dimensione temporale e spaziale in una storia del mondo che non abbia frontiere. Una storia estesa che comprenda gli individui e le diversità, gli incontri fra studiosi di tutte le lingue verso il rispetto dei luoghi e della natura, verso l'ecologia e la generosità.
Due grandi momenti al Tip. Due sponde per dirci che storia non è solo guerra e violenza.
Ippolita Luzzo
La storia raccontata dall'altra parte della sponda. Il mare immenso che divide i destini di popoli e i destini individuali. Partire e non tornare. La comprensione dei grandi e piccoli movimenti di interi popoli che inseguono la stessa illusione di una sola donna. Si lascia il proprio paese e si va verso l'incertezza, fidando nella sorte.
Aymard e Caspanello ci parlano del mare, nelle due serate al Tip, il Mar Mediterraneo che la protagonista lascia per quella lunga traversata di dieci mesi necessaria per raggiungere Buenos Aires dove segue le spalle di un uomo che l'ha sposata per procura.
Quel mar Mediterraneo insanguinato e rosso color del vino, cimitero ormai di una storia lunga, estesa, fatta di tanti annegati, scomparsi, nell'illusione di raggiungere l'altra sponda. Mi si incrociano così i destini delle due serate, una lezione di storia del professore Maurice Aymard, allievo di Braudel, studioso e uomo generoso, studioso consapevole che solo la comprensione possa darci il senso dei fatti storici e individuali. La comprensione e la pietas, direbbe
Caspanello nel raccontarci con lieve e aderente scrittura il narrato di una vita fatta di piccoli punti. Siamo in un piccolo borgo siciliano nei primi anni cinquanta, sulla scena una donna ricama ed insegna ai bambini come il ricamo deve essere ordinato, come voglia luce, tanta luce per non sbagliare, come bisogna contare i punti, perché la fortuna arriva e se ne va via. Si intreccia così la vita di ognuno nella storia dei punti da collegare. Quella mattina lei va nell'orto ad innaffiare, non voleva andare, lo racconta, e quell'andata le sterzerà un destino. Qualcuno la vede, un italiano emigrato in Argentina, la chiede in sposa e lei parte. Porta con sé una foto della sua famiglia e il vestito da sposa fatto con la seta di un paracadute trovato in campagna. Da Rocchenere, frazione di un paese in provincia di Messina, a Buenos Aires, ad affrontare il mare che ci unisce e ci separa. La traversata e poi quell'incidente fatale, il momento in cui si ritrova nelle mani un neonato abbandonato. Sulle note di un tango struggente, come una melodia nuziale mai suonata, colui che l'aspetta non crederà alla sua versione nemmeno di fronte all'evidenza, anzi distruggerà quell'unica prova dell'innocenza in una notte di brutalità. Nulla poi sappiamo dei tanti giorni trascorsi, nulla se non quel racconto lirico e folle dell'estraniamento.
Come Caspanello con poco ci restituisce il dramma, così Braudel, nelle parole di Aymard, a memoria riscrive la storia dei popoli del Mediterraneo, dall'altra sponda. La storia scritta in modo letterario. La storia come un romanzo veniva scritta da Braudel, la storia come teatro potrebbe essere quella di Caspanello. Interpretazione e comprensione di fatti elaborati dall'interiorità dello studioso, del regista, dei lettori e degli spettatori. La storia come letteratura A 22 anni Braudel va in Algeria e moltiplica i punti di vista, ci invita a considerare ogni fatto nella dimensione temporale e spaziale in una storia del mondo che non abbia frontiere. Una storia estesa che comprenda gli individui e le diversità, gli incontri fra studiosi di tutte le lingue verso il rispetto dei luoghi e della natura, verso l'ecologia e la generosità.
Due grandi momenti al Tip. Due sponde per dirci che storia non è solo guerra e violenza.
Ippolita Luzzo
giovedì 6 aprile 2017
Il disagio ed il vento a Palazzo Nicotera
É arrivato il nostro scrittore, voi lo conoscete -dice la dottoressa Rossella Manfredi, senza aggiungere il nome perché ormai Domenico Dara è lo scrittore che tutti qui sentiamo nostro.
Miglior augurio non c'è per la sua recente candidatura al Premio Strega di quel "nostro scrittore" con cui è stato presentato al numeroso pubblico presente in una serata organizzata dal Lions Club di Lamezia. La stanza del palazzo in effetti è piccola per questo evento, molti resteranno nelle altre stanze e solo alla fine potranno avvicinarsi per i saluti e gli omaggi.
Il vento scorre
Rossella Manfredi nel presentare e condurre la serata darà alla collega Sonia Graziano il compito di illustrare un lavoro che ha curato proprio la Dottoressa Sonia Graziano.
Un mondo interiore da esplorare in questo libro scritto dalle ragazze di un laboratorio di scrittura tenuto da Sonia Graziano per lenire il disagio mentale.
Un incontro fra donne all'ora del the, un gruppo Allegria, lo chiamano, un momento di filtro; come la bustina del the filtra l'energica teina corroborante, così il dialogo ed il racconto, inventato o meno, profuma e attenua difficoltà e angustie.
Non si parlerà stasera di malattia mentale, non si parlerà di farmaci, di cure più o meno invasive, di interventi dissonanti e divergenti, di durezza e complessità. Ne accenna alla fine il dottore Pagliaro, sui medici che dicono cose diverse e sul difficile momento dei familiari di un loro congiunto affetto da disagio e nebbia.
Stasera l'approccio cura è affidato alla scrittura, più come consolazione, come urgenza, bisogno insopprimibile di comunicare.
La dottoressa Sonia Graziano comunica con ogni gesto, sguardo, mimica, l'emozione e la felicità di credere in questo tentativo, ora trasformato in un libro, ed è lei stessa a trasmettere a noi la certezza di questa verità.
Un mondo interiore che si rivela mentre lei beve un sorso d'acqua, mentre sorride di un sorriso anch'esso interiore e consapevole. Il gruppo di scrittura da lei organizzato è stato per lei un recipiente in cui far affluire le sofferenze. Scambiando personaggi con la persona, ci racconta di come si sia rifiutata di farsi identificare con la nonna, uno dei personaggi del libro.
Sorride Sonia mentre ci presenta le otto ragazze, due gemelle, ci racconta di una di loro che ha paura di guardarsi nello specchio.
Sorride e ci conquista nel suo sentirsi lei desiderosa di essere guidata, di essere confortata, e con questo spirito si rivolge a Domenico Dara chiedendo a lui forse la guida.
Domenico non ha ricette da dare sulla scrittura, chiunque può scrivere e deve scrivere, se lo sente, in modo originale. Insegnare a scrivere una scrittura creativa non si può, l'atto del creare è libero.
Vero è però che il racconto cura, che raccontarsi è una autobiografia della cura del sé, che la scrittura è riparazione e trova il filo logico, dona un senso, ridona significato alla vita, dona un ordine ad avvenimenti che ordine non hanno. La vita è un labirinto e la scrittura è un filo.
Ogni storia è degna di essere raccontata e letta ed in quel momento possiamo, leggendo le storie di autori classici, essere Ovidio, nelle Metamorfosi, oppure Madame Bovary di Flaubert. Sull'esigenza del libro ricorderà il film Fahrenheit 451 quando verranno distrutti i libri ma ogni uomo imparerà un libro a memoria per non perderne la memoria e continuare a raccontare raccontandosi.
Domenico ci parla delle lettere che alcuni studenti di un liceo scientifico di Firenze fecero a qualcuno a loro caro, su invito, in occasione della presentazione del suo libro Breve Trattato sulle coincidenze.
Su dodici dieci avevano scritto al nonno che non c'era più ed anche le altre due erano a due genitori morti.
Come nel libro di Fabrizio Coscia che io mi sono portata dietro "La bellezza che resta""Per molto tempo dopo la morte di Čechov, nel suo diario Olga Knipper continuò a scrivere lettere al marito, in una ostinata, imperterrita negazione della realtà. "E mentre ti scrivo - si legge in una di queste - sento che sei vivo, da qualche parte, mentre aspetti la mia lettera"
La scrittura è un rammendo ma la frattura resta, la lacerazione è lì, nella sua nudità, il grado zero.
Legge il frammento di Isa, il gesto della madre di Isa ogni sera a ripetere sempre gli stessi gesti, come un rituale per dare una rassicurazione.
Tre volte chiudeva e riapriva porte, cassetti, tre volte e controllava sempre. L'ossessione di perdersi e ritrovarsi nel gesto ripetuto.
Ogni parola ha il suo significato, ogni gesto, segreto anche a chi l'ha detto o fatto.
Eva invece la conosciamo attraverso il racconto della nonna in un'insalata di parole. Anche il soffitto della sua camera era pieno di parole.
Scrivere non è un atto naturale, conclude Domenico, scrivere venne dopo nella storia degli uomini; al sorgere della civiltà, ci insegna Esiodo nel Prometeo Incatenato, concludo io così questi pochi appunti su una serata che finisce in una lettera d'amore, che esiste nel libro, dice Sonia, ed a me ritorna in mente quella a Teresa Sperarò, dove vi mando, nella lettura del nostro scrittore.
Ippolita Luzzo
lunedì 3 aprile 2017
Pasquale Allegro Collezioni di cielo
Ho creato un luogo inesistente dove stare per conforto al cielo che non ho e leggo per convincermi sia possibile colorare di parole quel cielo che non c'è.
Negli anni questo luogo che non esiste è diventato un regno abitato da scrittori, artisti, giornalisti, da persone che mi chiedono un pensiero, un conforto. Quello stesso che io chiedevo al cielo che non ho. La creazione letteraria di un immaginario. Oggi con noi
Pasquale Allegro fa collezioni di cielo raccontando di un suo alter ego che trascorre "la giornata fatta di passi su passi a echeggiare per i corridoi vuoti degli uffici"
"A volte si cammina per dirigersi da qualche parte, a volte si cammina e basta."
ed anche Pasquale nel confortare il personaggio che gli sussurra "non esiste un rifugio contro un nemico chiamato solitudine" risponde "Quel rifugio esiste da qualche parte... magari è questione di tempo e si può sempre incontrare..."
Un racconto di formazione scritto come un diario
Collezioni di cielo di Pasquale Allegro
Delicato dipinto acquarellato in tinte pastello diluite in mille soffuse sfumature.
Racconto di tanti racconti su momenti che il protagonista racconta a se stesso su foglio.
Fogli sparsi nei giorni grevi e leggeri di una età incerta che richiede decisione e scelte.
Difficile sapere dove andranno le strade che si aprono, si chiudono, si percorrono senza.
… il giornale di una vita accartocciato tra i pensieri, in una rubrica tra il passato e noi.
I vari giorni, tutti i suoi giorni, sono rimasti fissi nel pensiero e sono rimasta a chiedermi quanto sia difficile vivere da giovani, quanto sia difficile vivere da vecchi.
Ho sentito lo spartiacque generazionale fra me lettrice di età adulta ed un protagonista che vuole accompagnato nelle sue decisioni per convincersi che stia facendo la cosa giusta.
Fai la cosa giusta… abbiamo fatto la cosa giusta?
Il protagonista sceglie gli affetti, ritorna, guarda il figlio crescere, intesse un tessuto di sentimenti, di affetti, di relazioni, di rimandi, di tempo fatto di abbracci, di sorrisi, di amicizia
Augurandosi che sia quella la cosa giusta
Collezioni di cielo è una preghiera alla sorte, un lungo sogno fatto con brevi passaggi, quasi dei flash, affinché la sorte sia benigna, affinché lui riesca ad imbroccare il vero, il suo.
Saranno in tanti a si rivedersi in quei momenti e si sentiranno consolati di non essere soli nel disorientamento epocale di una generazione senza cielo.
Commozione e quasi tenerezza nasce in lettori adulti leggendo questo diario, lettori che, smaliziati, privi di ogni giorno nuovo, dolorosamente o prosaicamente sanno che qualsiasi sia la strada che si prenda niente e nessuno ci rassicurerà nel nostro sbilenco cammino fatto di rinunce in nome di altro, altro che ha la stessa sostanza delle nuvole.
La vita è bella per questo, vivere vuol dire crederci ancora anche inventando luoghi immaginari.
Credere possibile raccontare ad un nostro caro quel cielo che vediamo solo noi.
Credere possibile che esista un giardino, una casa, una città non vuota
Una città abitata da un cielo azzurro, da rondini felici che garriscono al vento fresco di un divenire che odori ancora di alterità
Collezioni di cielo è un regalo; donandomi il tuo libro ed affidandolo al regno benigno di una Litweb, una letteratura libera, ricordo ancora quando lo hai donato allora, il tutto ancora in bozza, spillato, come Kavafis, e tenuto al caldo di una borsa capiente che mi è sembrata la calda cuccia, il tepore affettuoso, il ventre materno che nutre e fa nascere il figlio… la tua borsa, la borsa dello scrittore
Collezioni di cielo… poi farai collezioni di mare…
Con amicizia, ricordando il Breve trattato sulle coincidenze, quella sera da Domenico Dara, ricordando Pessoa ed il Maggio dei Libri del 2013, Frontiera per noi, sotto il cielo del regno.
Ippolita Luzzo
Negli anni questo luogo che non esiste è diventato un regno abitato da scrittori, artisti, giornalisti, da persone che mi chiedono un pensiero, un conforto. Quello stesso che io chiedevo al cielo che non ho. La creazione letteraria di un immaginario. Oggi con noi
Pasquale Allegro fa collezioni di cielo raccontando di un suo alter ego che trascorre "la giornata fatta di passi su passi a echeggiare per i corridoi vuoti degli uffici"
"A volte si cammina per dirigersi da qualche parte, a volte si cammina e basta."
ed anche Pasquale nel confortare il personaggio che gli sussurra "non esiste un rifugio contro un nemico chiamato solitudine" risponde "Quel rifugio esiste da qualche parte... magari è questione di tempo e si può sempre incontrare..."
Un racconto di formazione scritto come un diario
Collezioni di cielo di Pasquale Allegro
Delicato dipinto acquarellato in tinte pastello diluite in mille soffuse sfumature.
Racconto di tanti racconti su momenti che il protagonista racconta a se stesso su foglio.
Fogli sparsi nei giorni grevi e leggeri di una età incerta che richiede decisione e scelte.
Difficile sapere dove andranno le strade che si aprono, si chiudono, si percorrono senza.
… il giornale di una vita accartocciato tra i pensieri, in una rubrica tra il passato e noi.
I vari giorni, tutti i suoi giorni, sono rimasti fissi nel pensiero e sono rimasta a chiedermi quanto sia difficile vivere da giovani, quanto sia difficile vivere da vecchi.
Ho sentito lo spartiacque generazionale fra me lettrice di età adulta ed un protagonista che vuole accompagnato nelle sue decisioni per convincersi che stia facendo la cosa giusta.
Fai la cosa giusta… abbiamo fatto la cosa giusta?
Il protagonista sceglie gli affetti, ritorna, guarda il figlio crescere, intesse un tessuto di sentimenti, di affetti, di relazioni, di rimandi, di tempo fatto di abbracci, di sorrisi, di amicizia
Augurandosi che sia quella la cosa giusta
Collezioni di cielo è una preghiera alla sorte, un lungo sogno fatto con brevi passaggi, quasi dei flash, affinché la sorte sia benigna, affinché lui riesca ad imbroccare il vero, il suo.
Saranno in tanti a si rivedersi in quei momenti e si sentiranno consolati di non essere soli nel disorientamento epocale di una generazione senza cielo.
Commozione e quasi tenerezza nasce in lettori adulti leggendo questo diario, lettori che, smaliziati, privi di ogni giorno nuovo, dolorosamente o prosaicamente sanno che qualsiasi sia la strada che si prenda niente e nessuno ci rassicurerà nel nostro sbilenco cammino fatto di rinunce in nome di altro, altro che ha la stessa sostanza delle nuvole.
La vita è bella per questo, vivere vuol dire crederci ancora anche inventando luoghi immaginari.
Credere possibile raccontare ad un nostro caro quel cielo che vediamo solo noi.
Credere possibile che esista un giardino, una casa, una città non vuota
Una città abitata da un cielo azzurro, da rondini felici che garriscono al vento fresco di un divenire che odori ancora di alterità
Collezioni di cielo è un regalo; donandomi il tuo libro ed affidandolo al regno benigno di una Litweb, una letteratura libera, ricordo ancora quando lo hai donato allora, il tutto ancora in bozza, spillato, come Kavafis, e tenuto al caldo di una borsa capiente che mi è sembrata la calda cuccia, il tepore affettuoso, il ventre materno che nutre e fa nascere il figlio… la tua borsa, la borsa dello scrittore
Collezioni di cielo… poi farai collezioni di mare…
Con amicizia, ricordando il Breve trattato sulle coincidenze, quella sera da Domenico Dara, ricordando Pessoa ed il Maggio dei Libri del 2013, Frontiera per noi, sotto il cielo del regno.
Ippolita Luzzo
domenica 2 aprile 2017
Danzeranno gli insetti Sonia Lambertini
danzeranno gli insetti
il ritmo assordante non mi farà dormire
e come nei banchetti degni di rispetto
trionferanno gli avanzi
le formiche ne faranno scorta
...
come insetti avvoltoi
pronti a beccare ciò che resta
ultimo pasto di dio.
...
senti il passo della libellula lo sfregare delle antenne
...
dalla libellula sul filo d'erba si guarda nell'acqua
...
costretta al regno oscuro dell'ombra.
Arriva nel regno della Litweb Sonia Lambertini con la sua raccolta di poesia che in alcuni momenti sembra essere stata richiesta a gran voce dai nostri insetti, da tutta la Lit Art che a maggio volerà sulle carte francesi di Caterina Luciano, durante e fuori dal Salone del Libro di Torino. Anche da Caterina vi sono libellule così che rispondono al momento con un volo
Quando nulla ti è dovuto e non sai come
conosci il cerchio nero che ti assedia chiedi
quale strano progetto ha preso i tuoi occhi
per riempirli di colore giallo ocra e rosso
con emozione quindi abbiamo accolto Sonia e le sue poesie, come sorelle, come far parte di una stessa famiglia con tutto ciò che di famiglia comporta nelle difficoltà.
La somiglianza. Mentre scrivo ricordo che Caterina fece anche sulla famiglia delle tele.
Ci somigliano i versi di Sonia e di sicuro ne leggeremo qualcuno di questi per stringerci forte in una comunanza di affetto e di parità
Brinderemo con lei che qui già brinda con noi alla meraviglia dei deboli, dei dubbiosi, di chi ha in mano un verso, un colore, una frase.
Brindo alla contraddizione
alla scelta sbagliata, all'incoerenza
...
io cerco solo meraviglia
Nel piacere di leggere poesie che ci ricordano il nostro quotidiano difficile incedere in mattine come tante
Certe mattine le cose ti cadono addosso
...
ho perso il filo che ho nascosto in tasca
...
Quando pensi che nulla esista
puoi tentare l'azzardo
dello stare e del dire
del gioco delle parti
Una partita a Torino a Maggio
Ippolita Luzzo
il ritmo assordante non mi farà dormire
e come nei banchetti degni di rispetto
trionferanno gli avanzi
le formiche ne faranno scorta
...
come insetti avvoltoi
pronti a beccare ciò che resta
ultimo pasto di dio.
...
senti il passo della libellula lo sfregare delle antenne
...
dalla libellula sul filo d'erba si guarda nell'acqua
...
costretta al regno oscuro dell'ombra.
Arriva nel regno della Litweb Sonia Lambertini con la sua raccolta di poesia che in alcuni momenti sembra essere stata richiesta a gran voce dai nostri insetti, da tutta la Lit Art che a maggio volerà sulle carte francesi di Caterina Luciano, durante e fuori dal Salone del Libro di Torino. Anche da Caterina vi sono libellule così che rispondono al momento con un volo
Quando nulla ti è dovuto e non sai come
conosci il cerchio nero che ti assedia chiedi
quale strano progetto ha preso i tuoi occhi
per riempirli di colore giallo ocra e rosso
con emozione quindi abbiamo accolto Sonia e le sue poesie, come sorelle, come far parte di una stessa famiglia con tutto ciò che di famiglia comporta nelle difficoltà.
La somiglianza. Mentre scrivo ricordo che Caterina fece anche sulla famiglia delle tele.
Ci somigliano i versi di Sonia e di sicuro ne leggeremo qualcuno di questi per stringerci forte in una comunanza di affetto e di parità
Brinderemo con lei che qui già brinda con noi alla meraviglia dei deboli, dei dubbiosi, di chi ha in mano un verso, un colore, una frase.
Brindo alla contraddizione
alla scelta sbagliata, all'incoerenza
...
io cerco solo meraviglia
Nel piacere di leggere poesie che ci ricordano il nostro quotidiano difficile incedere in mattine come tante
Certe mattine le cose ti cadono addosso
...
ho perso il filo che ho nascosto in tasca
...
Quando pensi che nulla esista
puoi tentare l'azzardo
dello stare e del dire
del gioco delle parti
Una partita a Torino a Maggio
Ippolita Luzzo
venerdì 31 marzo 2017
Goethe e me.Stesso cielo astronomico
Goethe e me
11 settembre 2011
Era il settembre del 1815 e Goethe con in mano la
foglia del ginko biloba discuteva sulla
stranezza della natura, sul tema della molteplicità e unicità, unificazione e
polarità.
Una foglia duplice e unica nello stesso tempo, uno e doppio
(Ho lo stesso cielo astronomico di Goethe.)
(Ho lo stesso cielo astronomico di Goethe.)
Scriverà la poesia Ginko biloba.
La foglia di quest’albero, dall’oriente
Affidato al mio giardino,
segreto senso fa assaporare
così come al sapiente piace fare.
E’ una sola cosa viva
Che in se stessa si è divisa?
O son due,che scelto hanno,
si conoscan come una?
In risposta a tal domanda
Trovai forse il giusto senso.
Non avverti nei miei canti
Che io sono uno e doppio insieme? (Goethe)
La
mia continua domanda, la stessa tensione, sempre. Ogni
cosa che dico da semplice appassionata di chi
scrive, tende sempre a chiarire, a mettere luce nella divisione e trovare
l’unione, il percorso unico.
Tutta la mia vita, tutti i miei scritti, tutto il
mio agire hanno la stessa tensione, all'unico, all'assoluto. Ma è la
stessa tensione di Goethe!
Particolare(vergine) ed universale (pesci), realtà
fisica e significato fantastico si ritrovano insieme per integrarsi in una
unione nella diversità .
Sono fantastica, suggestionante, ma con la lampada della razionalità, come Diogene,
illumino ogni cosa, l’analizzo e cerco anche di
non buttare più tutto un patrimonio di
conoscenze che mi hanno fatto attraversare quasi indenne la palude dello Stige. Posso rileggere tutta la mia vita con un
filo che mi sembra degno del mio sentire, del mio essere.
Ieri sera sono stata con Baudelaire, con Le
voyage, al tavolo del bistrot lametino, prendendo prosaicamente una coca ho
tradotto come pensavo io i versi, poi
l’ho scritta in prosa, è troppo bella!
Amavo la poesia Itaca di Kavafis, adesso le leggerò
vicine, sarà ancora più completo il racconto
di questo nostro continuo viaggiare nel mistero dell’esistere.
A Venezia ha
vinto Faust, ha vinto Goethe, abbiamo le stelle favorevoli come non mai noi della vergine quest’anno.
Adesso forse mi pubblicheranno un articolo su un giornale locale, è sulla
bellezza, sull'empatia dell’insegnamento, l’ho scritto per la
mia professoressa del ginnasio che non è più qui .
Buona
domenica
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