Alla XII Giornata del Contemporaneo indetta dall'AMACI, Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani, partecipa Aleph Arte per il VII anno consecutivo con Un'Opera di Maria Teresa Zingarello
"Ventimiglia circa un anno fa: alcune decine di profughi a cui è stato negato l'accesso alla frontiera, avvolti in coperte isotermiche, protestano sulla scogliera di Ponte San Ludovico al confine con la Francia."
È l’immagine di quei corpi avvolti in manti dorati a colpire l’artista Maria Teresa Zingarello che ci invita ad apporre un modulo dorato sulle mura di un appartamento vuoto, disabitato, fino alla sua completa saturazione.
Qui in itinere le fasi iniziali dell'installazione, con il mio contributo la coperta isotermica viene poggiata sulla parete dell'appartamento spoglio. Mentre poggio la coperta isotermica sul muro mi domando dove siano ora quei corpi, quelle persone che, avvolte nella coperta e argentei, poggiavano plastiche sulla scogliera in una performance bella se non fosse drammatica.
Gli occhi di Maria Teresa visualizzano lo sconcerto ed il brillio dell'arte che vorrebbe comunicare lo scarto fra un luogo e gli abitanti, fra la storia e gli individui, nella impossibilità di qualsiasi bellezza salvifica. I luoghi rimangono testimoni di un passaggio. Come il segno della testata del letto resta impresso sulla parete e null'altro ci dice se non la perfezione della forma così quei corpi sulla scogliera, avvolti, spariti dal luogo, non lasciarono traccia nel sĭtŭs. I luoghi del non essere diventarono ormai molti altri. Nella saturazione delle pareti Maria Teresa riprende un abbraccio caldo, caldissimo, che protegga tutti dalla desolazione dell'abbandono, del non essere.
Sabato la conclusione.
Trovo intanto un mio pezzo da un altra installazione fatta da Maria Teresa e ve l'aggiungo come ricordo.
"Dall'anello di Staccioli al triangolo di Silvia Puija e Maria Teresa Zingarello. Da Braudel a luna rossa, pensieri e parole e... Il cielo in una stanza. Una perdita geometrica di identità matematica. Uno nessuno e centomila. La dispersione nel mare, l'aspersione nell'accoglienza. Nel divenire storico dell'aporia"
L’intervento si articola in due luoghi distinti: un appartamento disabitato in Via Rampa Mancini n. 2 al cui interno l’artista invita a rivestire un intero ambiente con coperte color oro, e Palazzo Panariti in cui sarà visibile l’esito del progetto, una documentazione di tutto il processo artistico partecipato. Vi aspettiamo A Palazzo
venerdì 14 ottobre 2016
domenica 9 ottobre 2016
Amarcord a Tropea
Sono alcuni anni che insieme a Gabriella e Pietro ad ottobre andiamo a Tropea.
Ogni anno Gabriella cerca la pianta di cappero che vorrebbe far crescere nel suo giardino e non vi riesce. Qui ogni parete di arenaria è abitata da rigogliose piante di capperi, ma impresa ardua, se non impossibile, si dimostra quella di strappare una talea e riprodurla altrove.
Ogni anno Gabriella cerca la pianta di cappero che vorrebbe far crescere nel suo giardino e non vi riesce. Qui ogni parete di arenaria è abitata da rigogliose piante di capperi, ma impresa ardua, se non impossibile, si dimostra quella di strappare una talea e riprodurla altrove.
Ci limitiamo ad ammirare quel verde di capperi e oleandri e risentire lo "sciauro" delle piante frammisto alla salsedine del mare.
Gabriella ha vissuto a Tropea da quando aveva due anni fino ai dieci anni e, da qualche anno, con noi cammina nel tempo della sua infanzia, regalandoci una Tropea viva dei suoi giochi per le strade, dei suoi amici, del momento in cui aspettavano, lei, le sue sorelle e la mamma, l'arrivo del padre alla stazione.
Gabriella ha vissuto a Tropea da quando aveva due anni fino ai dieci anni e, da qualche anno, con noi cammina nel tempo della sua infanzia, regalandoci una Tropea viva dei suoi giochi per le strade, dei suoi amici, del momento in cui aspettavano, lei, le sue sorelle e la mamma, l'arrivo del padre alla stazione.
Una Tropea lontana di sessanta anni fa.
Lei racconta di quel gran sentirsi liberi nelle strade di Tropea fin da molto piccoli. Poter stare fuori, andare a comprare il pane all'angolo e, nel mentre, mi mostra il locale dove ora ci sta altro, riflettiamo sulla libertà che i bimbi di oggi non hanno mai conosciuto.
L'anno scorso passammo da Chiara Condò, la libraia di "Il Pensiero Meridiano" e comprammo Paolo Zardi.
Oggi l'attività apriva alle 16,30 e noi dovevamo andare via, ritorneremo.
La libreria, mi racconta Gabriella, si trova in una piazza dove un tempo vi era una grande pescheria di Tropea ed allora il pesce vivo saltava nelle ceste.
Incontriamo i palazzi: Palazzo di Tocco, Palazzo Gabrielli, vicino al cannone, Palazzo Naso (ex Convento di Santa Domenica), i tanti Palazzi Toraldo,.
Siamo giunti all'Ospedale civile che ha da un lato la Chiesa di Santa Chiara e dall'altro la sua scuola elementare
L'allora scuola elementare di Tropea
Eccola giù, e immaginatevi il mare subito entrando in quel verde portone. Una scuola elementare retta dall'ordine delle suore della carità di Santa Giovanna Antida, suore che facevano da maestre. La superiora e direttrice, Suor Emanuela Alemanno, percorreva eterea i corridoi lasciando il fruscio del suo passaggio ed ognuno in silenzio stava.
L'anno scorso passammo da Chiara Condò, la libraia di "Il Pensiero Meridiano" e comprammo Paolo Zardi.
Oggi l'attività apriva alle 16,30 e noi dovevamo andare via, ritorneremo.
La libreria, mi racconta Gabriella, si trova in una piazza dove un tempo vi era una grande pescheria di Tropea ed allora il pesce vivo saltava nelle ceste.
Incontriamo i palazzi: Palazzo di Tocco, Palazzo Gabrielli, vicino al cannone, Palazzo Naso (ex Convento di Santa Domenica), i tanti Palazzi Toraldo,.
Siamo giunti all'Ospedale civile che ha da un lato la Chiesa di Santa Chiara e dall'altro la sua scuola elementare
L'allora scuola elementare di Tropea
Eccola giù, e immaginatevi il mare subito entrando in quel verde portone. Una scuola elementare retta dall'ordine delle suore della carità di Santa Giovanna Antida, suore che facevano da maestre. La superiora e direttrice, Suor Emanuela Alemanno, percorreva eterea i corridoi lasciando il fruscio del suo passaggio ed ognuno in silenzio stava.
Da sola lei, piccola, andava a scuola, da Largo Gesuiti a Piazza Ruffa, dal Palazzo Toraldo di Francia giungeva all'affaccio ed il mare in alcuni giorni d'inverno arrivava ad abbracciarla mentre lei passava, quasi a rapirla. Eccola rasentare la casa del beato Mottola e quella di Raf Vallone, amico del suo papà.
Camminando sul corso, seguendola nel tempo, incontriamo anche noi, che camminiamo con lei nel suo rappresentare, il sindaco Lydia Serra Toraldo, che abitava proprio lì, ci mostra il palazzo, seguiamo il sindaco ogni mattina andare in Comune, attraversando piazza Gesuiti, austera, decisa, in tailleur, con la busta sotto il braccio.
Amarcord è una parola della lingua italiana che indica il ricordo nostalgico, il parlare in modo malinconico di momenti ormai lontani nel tempo. Originariamente, però, il termine viene dal dialetto romagnolo “a m'arcord” che vuol dire “io mi ricordo“.
Io mi ricordo e mostro l'Università per gli stranieri dove ha insegnato Valentina Di Cesare, mia amica, conosciuta attraverso il suo libro, e intanto siamo con Pasquale Galluppi (1770-1846), suo il busto lungo il corso principale, con Raf Vallone (1916-2002) del quale avremmo voluto vedere, se non fosse stata chiusa, la mostra fotografica al primo piano presso l’antico Sedile dei nobili di piazza Ercole su corso Vittorio Emanuele.
Sul mare passa quello che era l'unico motoscafo di quel periodo, il motoscafo di Raf Vallone, che ho fotografato proprio mentre noi gustavamo un caldo e ottimo panino alla piastra con pomodoro mozzarella e insalata al lido Isola Bella.
sabato 8 ottobre 2016
Iniziano a Samarcanda i corsi di Livia Leoncini e Mario Maruca
Samarcanda ha compiuto un anno.
L'associazione culturale sita in Via Tevere 4, una traversa del corso Giovanni Nicotera di Lamezia Cz, dopo aver festeggiato l'apertura del secondo anno di attività in una serata affollata di idee, di belle presenze e di buon buffet, ottime le melanzane sotto aceto che ho gustato riempiendo più volte il piatto, parte ora con l'attività annuale dei corsi di Pittura tenuti da Livia Leoncini e i corsi di Dizione e di Espressione Corporea con Mario Maruca, attore e regista.
Ieri sera sono a Samarcanda.
Livia Leoncini sta sistemando sul tavolo la sagoma, il cavalletto da tavola, olio, additivo, tavolozza, colori ad olio, pennello. I colori vengono messi nella tavolozza, il pennello viene intinto nell'olio e poi nel colore e in corso d'opera si dosa e si capirà quanto colore serva.
Manuelita Iacopetta, una delle prime socie fondatrici di Samarcanda, ascolta Livia e intanto ha già in testa un'idea di cui subito ci fa partecipi ma che non posso scrivervi per non sciupare l'Oh di meraviglia. Eccola intenta a pensare!
Arrivano le prime allieve e mi sposto nella stanza dove Mario Maruca terrà il corso di dizione ed in futuro quello di espressione corporea: Il corpo come strumento musicale.
Il Corso di Dizione sarà utilissimo per fare bella figura, cioè "per comparire", in effetti sarà un serio e valido modo per presentarsi in campo lavorativo. Saper pronunciare le parole senza inflessione dialettale è una specializzazione per tanti ambiti lavorativi. Saper parlare e farsi capire senza doppie e lamento strascicato poi rende più bella la persona.
Leggerezza e impegno in entrambi i due corsi, serietà e gioco, bellezza è, come gli oggetti che vedo in ogni stanza.
Manuelita mi mostra la Collana di San Gennaro, da lei assemblata e presente nella mostra che verrà inaugurata il 13 novembre dopo la messa domenicale in Cattedrale negli adiacenti locali del museo Diocesano.
Vi accludo comunicato della stampa.
I miei sono solo appunti di una serata amicale.
Saluto quindi Manuelita Iacopetta e le sue socie Giovanna Adamo ed Adele Paola augurando loro un ottimo prosieguo delle iniziative che certamente saranno seguite con l'entusiasmo già manifestato nella serata del compleanno.
"LA MISERICORDIA NELL’ARTE
Il progetto, organizzato dalle associazioni culturali “Theodora”, “Passato Prossimo” e “Arte Antica”, in collaborazione con il Museo Diocesano di Lamezia Terme, mette in mostra alcune riproduzioni di opere d’arte, realizzate dall’artista Livia Leoncini.
Filo conduttore dell’esposizione, la rappresentazione della misericordia nell’arte, tema dell’Anno Giubilare indetto da Papa Francesco, che si concluderà il prossimo 20 novembre.
Nelle sale del Museo Diocesano di Lamezia Terme, saranno esposte alcune tele che riprodurranno le opere di artisti di diversi secoli, appartenenti a correnti artistiche diverse, che hanno in comune la scelta di voler rappresentare la misericordia di Dio nei tratti al tempo stesso divini e umani della compassione di fronte alla sofferenza e al dolore, della tenerezza, dell’accoglienza e del perdono verso chi sbaglia e si pente.
Arricchiranno la mostra, anche due Croci bizantine e il drappo con lo stemma episcopale del Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora dell’artista Manuelita Iacopetta."
L'associazione culturale sita in Via Tevere 4, una traversa del corso Giovanni Nicotera di Lamezia Cz, dopo aver festeggiato l'apertura del secondo anno di attività in una serata affollata di idee, di belle presenze e di buon buffet, ottime le melanzane sotto aceto che ho gustato riempiendo più volte il piatto, parte ora con l'attività annuale dei corsi di Pittura tenuti da Livia Leoncini e i corsi di Dizione e di Espressione Corporea con Mario Maruca, attore e regista.
Ieri sera sono a Samarcanda.
Livia Leoncini sta sistemando sul tavolo la sagoma, il cavalletto da tavola, olio, additivo, tavolozza, colori ad olio, pennello. I colori vengono messi nella tavolozza, il pennello viene intinto nell'olio e poi nel colore e in corso d'opera si dosa e si capirà quanto colore serva.
Manuelita Iacopetta, una delle prime socie fondatrici di Samarcanda, ascolta Livia e intanto ha già in testa un'idea di cui subito ci fa partecipi ma che non posso scrivervi per non sciupare l'Oh di meraviglia. Eccola intenta a pensare!
Arrivano le prime allieve e mi sposto nella stanza dove Mario Maruca terrà il corso di dizione ed in futuro quello di espressione corporea: Il corpo come strumento musicale.
Il Corso di Dizione sarà utilissimo per fare bella figura, cioè "per comparire", in effetti sarà un serio e valido modo per presentarsi in campo lavorativo. Saper pronunciare le parole senza inflessione dialettale è una specializzazione per tanti ambiti lavorativi. Saper parlare e farsi capire senza doppie e lamento strascicato poi rende più bella la persona.
Leggerezza e impegno in entrambi i due corsi, serietà e gioco, bellezza è, come gli oggetti che vedo in ogni stanza.
Manuelita mi mostra la Collana di San Gennaro, da lei assemblata e presente nella mostra che verrà inaugurata il 13 novembre dopo la messa domenicale in Cattedrale negli adiacenti locali del museo Diocesano.
Vi accludo comunicato della stampa.
I miei sono solo appunti di una serata amicale.
Saluto quindi Manuelita Iacopetta e le sue socie Giovanna Adamo ed Adele Paola augurando loro un ottimo prosieguo delle iniziative che certamente saranno seguite con l'entusiasmo già manifestato nella serata del compleanno.
"LA MISERICORDIA NELL’ARTE
Il progetto, organizzato dalle associazioni culturali “Theodora”, “Passato Prossimo” e “Arte Antica”, in collaborazione con il Museo Diocesano di Lamezia Terme, mette in mostra alcune riproduzioni di opere d’arte, realizzate dall’artista Livia Leoncini.
Filo conduttore dell’esposizione, la rappresentazione della misericordia nell’arte, tema dell’Anno Giubilare indetto da Papa Francesco, che si concluderà il prossimo 20 novembre.
Nelle sale del Museo Diocesano di Lamezia Terme, saranno esposte alcune tele che riprodurranno le opere di artisti di diversi secoli, appartenenti a correnti artistiche diverse, che hanno in comune la scelta di voler rappresentare la misericordia di Dio nei tratti al tempo stesso divini e umani della compassione di fronte alla sofferenza e al dolore, della tenerezza, dell’accoglienza e del perdono verso chi sbaglia e si pente.
Arricchiranno la mostra, anche due Croci bizantine e il drappo con lo stemma episcopale del Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora dell’artista Manuelita Iacopetta."
venerdì 7 ottobre 2016
Benvenuto nel servizio automatico dedicato ai clienti Sky
La storia infinita per disdire un abbonamento Sky
Si protrae da anni questo tentativo di disdetta ed intanto Sky abusa della mia carta di credito.
Non sono mai stata abbonata Sky, un tempo lontano lo era mio marito. Poi ha disdetto, con raccomandata spedita regolarmente tramite posta e con relativa consegna di decoder al negozio accreditato Sky.
Da allora un continuo di telefonate ed una sera io, incautamente, per far cessare quel continuo richiedere soldi, detto alla assistente Sky il numero della mia carta di credito affinché possano servirsi solo per quella volta del prelevamento necessario al pagamento. Una sola volta, ripetei, restando intesi che quell'abbonamento era disdetto.
Mi ritrovai invece la somma accreditata più volte nei mesi successivi e andai in banca a cercare di bloccare. La banca si arrese, non era suo compito e mi suggerirono di ritelefonare a Sky. Ritentai con loro, ricordando i patti, e loro mi rimandarono alla mia banca consigliandomi di strappare la mia carta di credito e di chiederne un'altra. cosa che ancora non ho fatto.
Ora rimanderò a Sky questa lettera con raccomandata e ricevuta di ritorno, dopo aver trascorso tutta la mattinata a fare digita uno e digita due.
"Benvenuto nel servizio automatico dedicato ai clienti Sky,
seguendo la voce guida potrai gestire in completa autonomia il tuo abbonamento.
Buongiorno, (nome dello sfortunato cliente) attenda stiamo elaborando i dati.
Le comunichiamo che a causa di un ritardo di pagamenti le è stata sospesa la visione dei canali sky e il pagamento della penale di euro 71,70.
Ancora?
Un inferno nella comunicazione Sky
Attendo fiduciosa confidando nella stampa. Farò articolo su tutti i giornali dove scrivo, raccontando la vicenda.
Benvenuti nel servizio automatico Clienti Sky
Si protrae da anni questo tentativo di disdetta ed intanto Sky abusa della mia carta di credito.
Non sono mai stata abbonata Sky, un tempo lontano lo era mio marito. Poi ha disdetto, con raccomandata spedita regolarmente tramite posta e con relativa consegna di decoder al negozio accreditato Sky.
Da allora un continuo di telefonate ed una sera io, incautamente, per far cessare quel continuo richiedere soldi, detto alla assistente Sky il numero della mia carta di credito affinché possano servirsi solo per quella volta del prelevamento necessario al pagamento. Una sola volta, ripetei, restando intesi che quell'abbonamento era disdetto.
Mi ritrovai invece la somma accreditata più volte nei mesi successivi e andai in banca a cercare di bloccare. La banca si arrese, non era suo compito e mi suggerirono di ritelefonare a Sky. Ritentai con loro, ricordando i patti, e loro mi rimandarono alla mia banca consigliandomi di strappare la mia carta di credito e di chiederne un'altra. cosa che ancora non ho fatto.
Ora rimanderò a Sky questa lettera con raccomandata e ricevuta di ritorno, dopo aver trascorso tutta la mattinata a fare digita uno e digita due.
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Buongiorno, (nome dello sfortunato cliente) attenda stiamo elaborando i dati.
Le comunichiamo che a causa di un ritardo di pagamenti le è stata sospesa la visione dei canali sky e il pagamento della penale di euro 71,70.
Ancora?
Un inferno nella comunicazione Sky
Attendo fiduciosa confidando nella stampa. Farò articolo su tutti i giornali dove scrivo, raccontando la vicenda.
Benvenuti nel servizio automatico Clienti Sky
martedì 4 ottobre 2016
05 Ottobre – Ore 15.00 – Palazzo Gagliardi – Vibo Valentia – Sala B
In un pomeriggio affollato di idee.
Ho intitolato così questo incontro con proposte diverse.
Nella curiosità che sempre ci sospinge credo
che l’unico legame fra tutti noi sia il viaggio, nello spazio geografico,
come quello di Fabio Truzzolillo in Marocco, quello interiore e geografico con Matilde di Daniela Rabia, il viaggio nel mistero di Maria Concetta
Preta con l’Ombra di Diana, il viaggio nel racconto di Mattia Milea con Dalla
Calabria alle Langhe o il viaggio nel passato storico di Giusy Starapoli Calafati con La terra del ritorno, e infine il viaggio nella lotta per i diritti delle donne di Anna Pascuzzo con Pari, dispari e donne
Volendo
anche il mio è un viaggio con pezzi sugli artisti che mi hanno trasportato nell'immaginario ricco e fantasioso dell’arte.
Viaggiamo dunque nello spazio e nel tempo, viaggiamo con la mente e con il corpo, viaggiamo facendo l'autostop, oppure scegliendo la nostra automobile, nel mio caso la mia panda viola...
Sì, Viaggiare... Sì viaggiare
evitando le buche più dure,
senza per questo cadere nelle tue paure
gentilmente senza fumo con amore
dolcemente viaggiare
rallentare per poi accelerare
con un ritmo fluente di vita nel cuore
gentilmente senza strappi al motore.
E tornare a viaggiare
e di notte con i fari illuminare
chiaramente la strada per saper dove andare .
Con coraggio gentilmente, gentilmente
dolcemente viaggiare.
In questa occasione è stato proclamato il vincitore del concorso Quel libro nel cassetto bandito dalla Fondazione Nicola Liotti di Monterosso Calabro
Angelo Calvisi Adieu Mon Coeur
Un libro che canterà con noi il viaggio possibile del cuore.
A Palazzo Gagliardi per presentare Lit Art con Litweb e per moderare l'incontro fra tante esperienze narrative. In effetti non ho moderato e nemmeno ho presentato il libro! Presentai invece il regno e la sua casa, da una foto di Ale Vinci, dissi, in alto, fra cielo e terra, con tanto verde. Morano Lionella è rimasta in piedi per ben due ore a moderare ed io per tutte le due ore mi sono domandata quale fosse il baricentro che riuscisse a farla stare in piedi. Io mi sarei accasciata a terra dopo cinque minuti. Infatti appena si è seduta mi sono tranquillizzata. Evviva. Ci siamo divertite tutte e conservo foto di Dario Marsic per ricordo.
In questa occasione è stato proclamato il vincitore del concorso Quel libro nel cassetto bandito dalla Fondazione Nicola Liotti di Monterosso Calabro
Angelo Calvisi Adieu Mon Coeur
Un libro che canterà con noi il viaggio possibile del cuore.
A Palazzo Gagliardi per presentare Lit Art con Litweb e per moderare l'incontro fra tante esperienze narrative. In effetti non ho moderato e nemmeno ho presentato il libro! Presentai invece il regno e la sua casa, da una foto di Ale Vinci, dissi, in alto, fra cielo e terra, con tanto verde. Morano Lionella è rimasta in piedi per ben due ore a moderare ed io per tutte le due ore mi sono domandata quale fosse il baricentro che riuscisse a farla stare in piedi. Io mi sarei accasciata a terra dopo cinque minuti. Infatti appena si è seduta mi sono tranquillizzata. Evviva. Ci siamo divertite tutte e conservo foto di Dario Marsic per ricordo.
Maria Concetta Preta (L’ombra di Diana), Giusy Staropoli Calafati (La terra del
ritorno), Mattia Milea (Dalla
Calabria alle Langhe). Daniela Rabia (Matilde),
Anna Pascuzzo (Pari, dispari e
donne) e Fabio Truzzolillo, autore
di “In Marocco” dialogano con Ippolita
Luzzo (Dalla Pop Art alla Post Art) e Stefania
Mangiardi, responsabile del blog La ragazza che annusava i libri.
lunedì 3 ottobre 2016
Docherty: leggere per capire
Il libro Docherty di McIlvanney William, pubblicato in edizione originale nel 1975, viene proposto nel 2015 in edizione italiana dalla casa editrice Paginauno e arriva in Litweb, più volte segnalato alla lettura da Giovanni Tranchida, un editore molto attento a questo autore del quale ha pubblicato altri suoi romanzi.
Sul sito editoriale di Giovanni Tranchida leggo "La rassegnazione e la passività possono essere combattute promuovendo una letteratura dell’impegno: la convinzione che il cambiamento non sia solo auspicabile ma anche realizzabile è la base del potere rivoluzionario dell’arte. Questo l’ideale forte che molti degli autori del catalogo Tranchida, come lo scozzese William McIlvanney, traducono nelle loro opere incentrate su personaggi che non si sottraggono all'idea di poter cambiare il mondo lottando quotidianamente senza arrendersi mai."
Docherty
Ambientato in High Street a Graithnock in Scozia era il proseguimento di Soulis Street e Fore Street, insieme erano state le vie principali della città.
Ho letto questa descrizione con in testa la via del centro storico dove io ho abitato da ragazza ed ora non più, non più nemmeno abitata da coloro che vi erano alla fine degli anni sessanta. Ho ritrovato nel libro molte somiglianze di luogo e personaggi, di uno stato familiare e sociale. "Là dove si possedeva quasi nulla il condividere era un riflesso generato dalla precauzione"
La storia inizia con un prologo del 1903, la nascita del capostipite della famiglia, Cornelius Docherty e attraversa il secolo raccontando come vivevano i minatori nella Scozia, giungendo e oltrepassando la seconda guerra mondiale con il ritorno di Mick, uno dei Docherty, senza braccio, senza un occhio.
Un libro che ci pone in continuazione una riflessione e che io ho martoriato di orecchiette. Sono più le orecchiette fatte che le pagine, ad alcune pagine ho messo due orecchiette, questo per dire quanto sia importante leggerlo e rileggerlo, non come lettura, bensì come studio, come qualcosa di scritto che sembra si sia perso per sempre, sia come corpo sociale che come corpo narrativo.
Tutto il racconto è compatto, narra descrive e disegna luoghi, modi di pensare, credenze religiose, rapporti religiosi, vita familiare e valori in cui credere.
Una grande malinconia forse ci potrebbe prendere alla distanza di quegli anni settanta nel rivederci noi tutti ora senza più quelle costruzioni che servivano ad un tessuto individuale per credersi un tutt'uno con la storia.
Davvero è sparita per sempre questa tensione che si percepisce in Docherty? Davvero quel mondo non esiste più? Se lo domanda anche il traduttore Carmine Mezzacappa, rispondendosi poi con i temi conduttori delle due case editrici che hanno deciso di pubblicarlo ed insieme pubblicare una letteratura civile, così la chiamo io, intendendo la civiltà le conquiste dei diritti per le classi sociali e per gli individui. Il diritto al rispetto.
Docherty è un libro che viene ora pubblicato in edizione italiana per insegnare a chi legge come possedeva un corpo l'arte del racconto negli anni settanta. Un corpo sociale. Lo leggo con calma e lo rileggo per restare su una pagina ricreando modi di vivere e luoghi perduti.
Nelle pubblicazioni continue di pagine senza storia, nelle pubblicazioni scellerate, le chiamo io, del nome di successo, del personaggio del momento che scrive quattro cavolate quattro, per vendere, Docherty sembra una proposta: il romanzo storico, da rileggere come testimonianza di un'epoca scomparsa. Scomparso il lavoro, scomparso l'orgoglio di essere bravi nel proprio lavoro, scomparsa l'appartenenza ad un nucleo familiare, ben poco resta a Docherty oggi in piena dissipazione.
Una scrittura che è un monito ai tempi veloci e semplificati in cui viviamo e richiede l'impegno della continuità.
Nella scia delle due case editrici che propongono una alternativa come scelta.
"Paginauno di Walter Pozzi è un progetto indipendente più ampio della sola casa editrice: nel 2007 è nata la rivista Paginauno, che si occupa di analisi politica, inchieste, cultura e letteratura, e nel 2010 il progetto si è ampliato divenendo casa editrice. Il tutto affonda le radici in una realtà precedente, quella della scuola di scrittura creativa, nata nel 2003 e che dal 2005 ha preso il nome di Paginauno.
La rivista è aperta anche a chi non è scrittore, è aperta a tutti: basta la serietà e l’impegno, la passione verso una tematica, la volontà di approfondirla e di inserirsi in una piattaforma di discussione che si pone in alternativa alla cultura cosiddetta ufficiale. E infine è nata la casa editrice con questo motto "la libertà esiste solamente quando viene data possibilità di scelta. Ma la scelta è possibile se esiste alternativa. E quando non esiste, non ce n’è: occorre crearla."
Sul sito editoriale di Giovanni Tranchida leggo "La rassegnazione e la passività possono essere combattute promuovendo una letteratura dell’impegno: la convinzione che il cambiamento non sia solo auspicabile ma anche realizzabile è la base del potere rivoluzionario dell’arte. Questo l’ideale forte che molti degli autori del catalogo Tranchida, come lo scozzese William McIlvanney, traducono nelle loro opere incentrate su personaggi che non si sottraggono all'idea di poter cambiare il mondo lottando quotidianamente senza arrendersi mai."
Docherty
Ambientato in High Street a Graithnock in Scozia era il proseguimento di Soulis Street e Fore Street, insieme erano state le vie principali della città.
Ho letto questa descrizione con in testa la via del centro storico dove io ho abitato da ragazza ed ora non più, non più nemmeno abitata da coloro che vi erano alla fine degli anni sessanta. Ho ritrovato nel libro molte somiglianze di luogo e personaggi, di uno stato familiare e sociale. "Là dove si possedeva quasi nulla il condividere era un riflesso generato dalla precauzione"
La storia inizia con un prologo del 1903, la nascita del capostipite della famiglia, Cornelius Docherty e attraversa il secolo raccontando come vivevano i minatori nella Scozia, giungendo e oltrepassando la seconda guerra mondiale con il ritorno di Mick, uno dei Docherty, senza braccio, senza un occhio.
Un libro che ci pone in continuazione una riflessione e che io ho martoriato di orecchiette. Sono più le orecchiette fatte che le pagine, ad alcune pagine ho messo due orecchiette, questo per dire quanto sia importante leggerlo e rileggerlo, non come lettura, bensì come studio, come qualcosa di scritto che sembra si sia perso per sempre, sia come corpo sociale che come corpo narrativo.
Tutto il racconto è compatto, narra descrive e disegna luoghi, modi di pensare, credenze religiose, rapporti religiosi, vita familiare e valori in cui credere.
Una grande malinconia forse ci potrebbe prendere alla distanza di quegli anni settanta nel rivederci noi tutti ora senza più quelle costruzioni che servivano ad un tessuto individuale per credersi un tutt'uno con la storia.
Davvero è sparita per sempre questa tensione che si percepisce in Docherty? Davvero quel mondo non esiste più? Se lo domanda anche il traduttore Carmine Mezzacappa, rispondendosi poi con i temi conduttori delle due case editrici che hanno deciso di pubblicarlo ed insieme pubblicare una letteratura civile, così la chiamo io, intendendo la civiltà le conquiste dei diritti per le classi sociali e per gli individui. Il diritto al rispetto.
Docherty è un libro che viene ora pubblicato in edizione italiana per insegnare a chi legge come possedeva un corpo l'arte del racconto negli anni settanta. Un corpo sociale. Lo leggo con calma e lo rileggo per restare su una pagina ricreando modi di vivere e luoghi perduti.
Nelle pubblicazioni continue di pagine senza storia, nelle pubblicazioni scellerate, le chiamo io, del nome di successo, del personaggio del momento che scrive quattro cavolate quattro, per vendere, Docherty sembra una proposta: il romanzo storico, da rileggere come testimonianza di un'epoca scomparsa. Scomparso il lavoro, scomparso l'orgoglio di essere bravi nel proprio lavoro, scomparsa l'appartenenza ad un nucleo familiare, ben poco resta a Docherty oggi in piena dissipazione.
Una scrittura che è un monito ai tempi veloci e semplificati in cui viviamo e richiede l'impegno della continuità.
Nella scia delle due case editrici che propongono una alternativa come scelta.
"Paginauno di Walter Pozzi è un progetto indipendente più ampio della sola casa editrice: nel 2007 è nata la rivista Paginauno, che si occupa di analisi politica, inchieste, cultura e letteratura, e nel 2010 il progetto si è ampliato divenendo casa editrice. Il tutto affonda le radici in una realtà precedente, quella della scuola di scrittura creativa, nata nel 2003 e che dal 2005 ha preso il nome di Paginauno.
La rivista è aperta anche a chi non è scrittore, è aperta a tutti: basta la serietà e l’impegno, la passione verso una tematica, la volontà di approfondirla e di inserirsi in una piattaforma di discussione che si pone in alternativa alla cultura cosiddetta ufficiale. E infine è nata la casa editrice con questo motto "la libertà esiste solamente quando viene data possibilità di scelta. Ma la scelta è possibile se esiste alternativa. E quando non esiste, non ce n’è: occorre crearla."
venerdì 30 settembre 2016
Tutto il grottesco di Woody
Una commedia esagerata durante la quale io ho riso ad ogni assurdità, su tutto ciò che sopra le righe veniva detto. Il riso del grottesco: in genere a tutto ciò che, per essere goffo, paradossale, innaturale, muove il riso pur senza rallegrare.
Un gioco al rialzo su vizi e modi di fare, mettendo in ridicolo cinema e malavita, amore e non amore.
Café Society è un locale di intrattenimento, e la pellicola, pardon non più, il film è in digitale, ci intrattiene con la magia del cinema. Un colore delizioso, la patina del tempo, si deposita sui personaggi e sugli ambienti aranciati, vestita di plumetis lei, la donna amata da zio e nipote, ed in rosso l'altra. Bianco e rosso contrapposto.
Il film inizia in piscina, in una villa di Los Angeles, siamo ad Hollywood, tutto sfavilla e il produttore o l'agente dice la prima battuta che io ripeto spesso e non dirò più:"Io sono il primo a scoprire..." e dice il nome dell'attore che ora non ricordo. Non lo dirò più.
Nel continuo gioco della sovraesposizione vediamo un gangster ammazzare un vicino di casa della sorella per una radio troppo alta, già però intuiamo il gioco e ne ridiamo prima, così come rido alla telefonata dello zio di Robert al fioraio per omaggiare la segretaria del weekend trascorso. " Mandale cinquanta rose rosse, interruzione perché passa la moglie e riprende, anzi cento rose rosse. Cento? Cento... Cento. Rido ancora adesso scrivendo mentre visualizzo cento rose rosse che, se mi fossero recapitate, mi farebbero fuggire via da qualsiasi spasimante. Scemo, direi io.
“La vita è una commedia scritta da un sadico commediografo.” fa dire il regista a Robert, il nipote giunto da New York a Los Angeles per lavorare con lo zio . I due mondi si fronteggiano, Il cinema e la strada, la storia e la narrazione, il tempo sta finendo. L'epoca è la seconda metà degli anni Trenta, due coniugi hanno cenato da Hitler, dice in un passaggio la voce narrante, e la Storia sta nel cinema a dare il rintocco della mezzanotte. Ai brindisi finali ognuno si troverà accanto al coniuge sbagliato, al cinema sbagliato, alla cenere dispersa, e resterà quel gesto quasi iniziale di Robert del dare i soldi, di pagare la ragazza per far l'amore e non averlo poi fatto per non aver responsabilità, essendo lei alla sua prima volta.
Così noi usciamo con la sensazione di aver pagato il biglietto per vedere un film che non abbiamo voluto vedere.
La trama era questa:" Famiglia ebrea. New York. Bobby Dorfman in cerca di lavoro lascia la bottega del padre e la East Coast per la California, dove lo zio gestisce un'agenzia che cura la carriera dei divi hollywoodiani. Bobby non resterà a lungo e tornerà a casa per dirigere con charme il "Café Society", il night club dove Allen suona il sassofono." Ed è il sassofono di Woody che suona con la sua voce narrante una favola grottesca.
Per tutto il film e prima che finisse avevo indovinato la scena finale e ho mormorato "è finito"
Dell'amore nessuna traccia
Un gioco al rialzo su vizi e modi di fare, mettendo in ridicolo cinema e malavita, amore e non amore.
Café Society è un locale di intrattenimento, e la pellicola, pardon non più, il film è in digitale, ci intrattiene con la magia del cinema. Un colore delizioso, la patina del tempo, si deposita sui personaggi e sugli ambienti aranciati, vestita di plumetis lei, la donna amata da zio e nipote, ed in rosso l'altra. Bianco e rosso contrapposto.
Il film inizia in piscina, in una villa di Los Angeles, siamo ad Hollywood, tutto sfavilla e il produttore o l'agente dice la prima battuta che io ripeto spesso e non dirò più:"Io sono il primo a scoprire..." e dice il nome dell'attore che ora non ricordo. Non lo dirò più.
Nel continuo gioco della sovraesposizione vediamo un gangster ammazzare un vicino di casa della sorella per una radio troppo alta, già però intuiamo il gioco e ne ridiamo prima, così come rido alla telefonata dello zio di Robert al fioraio per omaggiare la segretaria del weekend trascorso. " Mandale cinquanta rose rosse, interruzione perché passa la moglie e riprende, anzi cento rose rosse. Cento? Cento... Cento. Rido ancora adesso scrivendo mentre visualizzo cento rose rosse che, se mi fossero recapitate, mi farebbero fuggire via da qualsiasi spasimante. Scemo, direi io.
“La vita è una commedia scritta da un sadico commediografo.” fa dire il regista a Robert, il nipote giunto da New York a Los Angeles per lavorare con lo zio . I due mondi si fronteggiano, Il cinema e la strada, la storia e la narrazione, il tempo sta finendo. L'epoca è la seconda metà degli anni Trenta, due coniugi hanno cenato da Hitler, dice in un passaggio la voce narrante, e la Storia sta nel cinema a dare il rintocco della mezzanotte. Ai brindisi finali ognuno si troverà accanto al coniuge sbagliato, al cinema sbagliato, alla cenere dispersa, e resterà quel gesto quasi iniziale di Robert del dare i soldi, di pagare la ragazza per far l'amore e non averlo poi fatto per non aver responsabilità, essendo lei alla sua prima volta.
Così noi usciamo con la sensazione di aver pagato il biglietto per vedere un film che non abbiamo voluto vedere.
La trama era questa:" Famiglia ebrea. New York. Bobby Dorfman in cerca di lavoro lascia la bottega del padre e la East Coast per la California, dove lo zio gestisce un'agenzia che cura la carriera dei divi hollywoodiani. Bobby non resterà a lungo e tornerà a casa per dirigere con charme il "Café Society", il night club dove Allen suona il sassofono." Ed è il sassofono di Woody che suona con la sua voce narrante una favola grottesca.
Per tutto il film e prima che finisse avevo indovinato la scena finale e ho mormorato "è finito"
Dell'amore nessuna traccia
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