lunedì 3 ottobre 2016

Docherty: leggere per capire

Il libro Docherty di McIlvanney William, pubblicato in edizione originale nel 1975, viene proposto nel 2015 in edizione italiana dalla casa editrice Paginauno e arriva in Litweb, più volte segnalato alla lettura da Giovanni Tranchida, un editore molto attento a questo autore del quale ha pubblicato altri suoi romanzi.
Sul sito editoriale di  Giovanni Tranchida leggo "La rassegnazione e la passività possono essere combattute promuovendo una letteratura dell’impegno: la convinzione che il cambiamento non sia solo auspicabile ma anche realizzabile è la base del potere rivoluzionario dell’arte. Questo l’ideale forte che molti degli autori del catalogo Tranchida, come  lo scozzese William McIlvanney, traducono nelle loro opere incentrate su personaggi che  non si sottraggono all'idea di poter cambiare il mondo lottando quotidianamente senza arrendersi mai."
Docherty
Ambientato in High Street a Graithnock in Scozia era il proseguimento di Soulis Street e Fore Street, insieme erano state le vie principali della città.
Ho letto questa descrizione con in testa la via del centro storico dove io ho abitato da ragazza ed ora non più, non più nemmeno abitata da coloro che vi erano alla fine degli anni sessanta. Ho ritrovato nel libro molte somiglianze di luogo e personaggi, di uno stato familiare e sociale. "Là dove si possedeva quasi  nulla il condividere era un riflesso  generato dalla  precauzione"
La storia inizia con un prologo del 1903, la nascita del capostipite della famiglia, Cornelius Docherty e attraversa il secolo raccontando come vivevano i minatori nella Scozia, giungendo e oltrepassando la seconda guerra mondiale con il ritorno di Mick, uno dei Docherty, senza braccio, senza un occhio.
Un libro che ci pone in continuazione una riflessione e che io ho martoriato di orecchiette. Sono più le orecchiette fatte che le pagine, ad alcune pagine ho messo due orecchiette, questo per dire quanto sia importante leggerlo e rileggerlo, non come lettura, bensì come studio, come qualcosa di scritto che sembra si sia perso per sempre, sia come corpo sociale che come corpo narrativo. 
Tutto il racconto è compatto, narra  descrive e disegna luoghi, modi di pensare, credenze religiose, rapporti religiosi, vita familiare e valori in cui credere.
Una grande malinconia forse ci potrebbe prendere alla distanza di quegli anni settanta  nel rivederci noi tutti ora  senza più quelle costruzioni che servivano ad un tessuto individuale per credersi un tutt'uno con la storia.
Davvero è sparita per sempre questa tensione che si percepisce in Docherty? Davvero quel mondo non esiste più? Se lo domanda anche il traduttore Carmine Mezzacappa, rispondendosi poi con i temi conduttori delle due case editrici che hanno deciso di pubblicarlo ed insieme pubblicare una letteratura civile, così la chiamo io, intendendo la civiltà le conquiste dei diritti per le classi sociali e per gli individui. Il diritto al rispetto. 
Docherty è un libro che viene ora  pubblicato in edizione italiana per insegnare a chi legge come possedeva un corpo l'arte del racconto negli anni settanta. Un corpo sociale. Lo leggo con calma e lo rileggo  per restare su una pagina ricreando modi di vivere e luoghi perduti.  
Nelle pubblicazioni continue di pagine senza storia, nelle pubblicazioni scellerate, le chiamo io, del nome di successo, del personaggio del momento che scrive quattro cavolate quattro, per vendere, Docherty sembra una proposta: il romanzo storico, da rileggere come testimonianza di un'epoca scomparsa. Scomparso il lavoro, scomparso l'orgoglio di essere bravi nel proprio lavoro, scomparsa l'appartenenza ad un nucleo familiare, ben poco resta a Docherty oggi in piena dissipazione. 
Una scrittura che è un monito ai tempi veloci e semplificati in cui viviamo e richiede l'impegno della continuità. 
Nella scia delle due case editrici che propongono una alternativa come scelta.       

"Paginauno di Walter Pozzi è un progetto indipendente più ampio della sola casa editrice: nel 2007 è nata la rivista Paginauno, che si occupa di analisi politica, inchieste, cultura e letteratura, e nel 2010 il progetto si è ampliato divenendo casa editrice. Il tutto affonda le radici in una realtà  precedente, quella della scuola di scrittura creativa, nata nel 2003 e che dal 2005 ha preso il nome di Paginauno.
La rivista è aperta anche a chi non è scrittore, è aperta a tutti: basta la serietà e l’impegno, la passione verso una tematica, la volontà di approfondirla e di inserirsi in una piattaforma di discussione che si pone in alternativa alla cultura cosiddetta ufficiale. E infine è nata la casa editrice con questo motto "la libertà esiste solamente quando viene data possibilità di scelta. Ma la scelta è possibile se esiste alternativa. E quando non esiste, non ce n’è: occorre crearla."            

venerdì 30 settembre 2016

Tutto il grottesco di Woody

Una commedia esagerata durante la quale io ho riso ad ogni assurdità, su tutto ciò che sopra le righe veniva detto. Il riso del grottesco: in genere a tutto ciò che, per essere goffo, paradossale, innaturale, muove il riso pur senza rallegrare.
Un  gioco al rialzo su vizi e modi di fare, mettendo in ridicolo cinema e malavita, amore e non amore. 
Café Society è un locale di intrattenimento, e la pellicola, pardon non più, il film è in digitale, ci intrattiene con la magia del cinema. Un colore delizioso, la patina del tempo, si deposita sui personaggi e sugli ambienti aranciati, vestita di plumetis lei, la donna amata da zio e nipote, ed in rosso l'altra. Bianco e rosso contrapposto.  
Il film inizia in piscina, in una villa di Los Angeles, siamo ad Hollywood, tutto sfavilla e il produttore o l'agente dice la prima battuta che io ripeto spesso e non dirò più:"Io sono il primo a scoprire..." e dice il nome dell'attore che ora non ricordo. Non lo dirò più. 
Nel continuo gioco della sovraesposizione vediamo un gangster ammazzare un vicino di casa della sorella per una radio troppo alta, già però intuiamo il gioco e ne ridiamo prima, così come rido alla telefonata dello zio di Robert  al fioraio per omaggiare la segretaria del weekend trascorso. " Mandale cinquanta rose rosse, interruzione perché passa la moglie e riprende, anzi cento rose rosse. Cento? Cento... Cento. Rido ancora adesso scrivendo mentre  visualizzo cento rose rosse che, se mi fossero recapitate, mi farebbero fuggire via da qualsiasi spasimante. Scemo, direi io. 
 “La vita è una commedia scritta da un sadico commediografo.” fa dire il regista a Robert, il nipote giunto da New York a Los Angeles per lavorare con lo zio . I due mondi si fronteggiano, Il cinema e la strada, la storia e la narrazione, il tempo sta finendo. L'epoca  è la seconda metà degli anni Trenta, due coniugi hanno cenato da Hitler, dice in un passaggio la voce narrante, e la Storia sta nel cinema a dare il rintocco della mezzanotte. Ai brindisi finali ognuno si troverà accanto al coniuge sbagliato, al cinema sbagliato, alla cenere dispersa, e resterà quel gesto quasi iniziale di Robert del dare i soldi, di pagare la ragazza per far l'amore e non averlo poi fatto per non aver responsabilità, essendo lei alla sua prima volta. 
Così noi usciamo con la sensazione di aver pagato il biglietto per vedere un film che non abbiamo voluto vedere.
La trama era questa:" Famiglia ebrea. New York. Bobby Dorfman in cerca di lavoro lascia la bottega del padre e la East Coast per la California, dove lo zio gestisce un'agenzia che cura la carriera dei divi hollywoodiani. Bobby non resterà a lungo e tornerà a casa per dirigere con charme il "Café Society", il  night club dove Allen suona il sassofono." Ed è il sassofono di Woody  che suona con la sua voce narrante una favola grottesca.
Per tutto il film e prima che finisse avevo indovinato la scena finale e ho mormorato "è finito"
Dell'amore nessuna traccia 

giovedì 29 settembre 2016

Letteratura è

Scrivevo così sul mio profilo un anno fa e stamani facebook me lo ricorda. Lo rileggo, reputo valido quel mio pensiero e però bisognoso di essere salvato, integrato e conservato nel blog.
"Letteratura è un bel libro, un bel film, un testo teatrale e una canzone. Letteratura è fotografia, cucina, moda e idee sul mondo. Letteratura è la vita scritta in mail, lettere e raccomandate. Letteratura è un quadro, una statua, una terracotta. Letteratura è sport, ciclismo, calcio e pugilato. Sci d'acqua e sci di fondo, in fondo cosa credi? si scia nel verso e nella melodia. Unico letterario avvolge e svolge la trama di miliardi di racconti."
Letteratura è, conferma Massimo Onofri sulle pagine dell'Avvenire, ed insieme critica letteraria, fatta sui post di facebook, in un luogo adibito di solito al cazzeggio e al vaniloquio, alla vetrina e a vendite varie. 
Letteratura è, confermo qui dalla Litweb.
Letteratura web, la chiamò Bruno Corino, vedendola sul nascere, come interazione di menti.
In una bella intervista di Lina Latelli, nel 2013, io già spiegai quel che ora viene alla luce " La Litweb  (letteratura del web) nasce da un'idea  del cosentino Bruno Corino,  laureato in Filosofia, che volge tutta la sua attenzione  al fenomeno dell'espansione della scrittura nei siti letterari sul web. I siti letterari sono luoghi nei quali ognuno può postare, cioè  presentare i suoi scritti, comprensivi di  poesie, racconti, articoli, ed altro, sui quali il lettore  può lasciare  un commento. La nuova forma di scrittura ha dato origine ad un moltiplicarsi di autori  che, con blog,  book, e con l'opportunità di stamparsi un  libro da soli, ha dilatato la letteratura nel mondo. Ora scrivono tutti e la scuola, dando a tutti le abilità di base, avrebbe illuso chiunque di poter essere uno scrittore. Illusione amplificata dal web". Incuriosita da questo mondo letterario virtuale e avendo osservato il fenomeno  sia all'esterno che all'interno, la professoressa  Luzzo ha incominciato a porsi tante domande sia sul divario  tra realtà e virtuale, sia  sull' esigenza di scrivere per essere visibili con le proprie opere. "Questa letteratura è un diario a cielo aperto, a volte pregevole, a volte infarcito di errori grammaticali e contesti puerili. Ma chi nel virtuale deciderà se un testo è pregevole o no? E può essere un click in più o in meno su "mi piace"  a sancire il successo ad un lavoro? Senza pensare che il click, a volte, è fatto  soltanto con leggerezza o legato ad un  futile narcisismo". Le pungenti domande non sono state  accettate sempre dai fruitori dei siti infastiditi dalla richiesta di riflettere  su ciò che viene scritto. "La scrittura  non è semplice. Ha bisogno del " labor limae" , di un continuo arricchimento del lessico  sempre nutrito da molte letture e tanto studio". La professoressa sul suo blog periodicamente riflette ed analizza i fenomeni del virtuale e quello dell'espansione del letterario.  Bastano pochi lettori attenti affinché venga sempre il desiderio di parlare con l'altro. "Pier Paolo Pasolini  negli "Scritti corsari" parlava solo con Gennariello, Manzoni si rivolgeva solo a 4 o 5 lettori, io mi rivolgo  ai miei nick (anonimi) di cui rifiuto la non conoscenza perché anche i  lettori del virtuale sono esseri umani e perciò hanno un nome e una propria identità. Il web, nonostante ancora non sia accolto favorevolmente da tutti, tuttavia offre l'opportunità  di superare  l'isolamento culturale, di intraprendere le relazioni senza confini tra le menti degli uomini e rendere concreto ciò che sembrerebbe impossibile."

venerdì 23 settembre 2016

La camera anecoica di Giuseppe Negro

23 settembre serata  inaugurale della mostra al Marca di Catanzaro. 
Giuseppe Negro: La camera anecoica 
Senza eco vuol dire l'aggettivo accanto al nome, una camera dunque che impedisce il formarsi del suono, pareti che non rimbombano e donano silenzio.
Guardo Giuseppe Negro mentre parla con me, curvo, in una posa fetale, e mi verrebbe voglia di raddrizzarlo, poi capisco che quel suo curvarsi è adeguato alle parole che mi sta dicendo: il suo mantenere tutta l'espressione artistica nella sfera dell'intimità, nel suo mondo di affetti, di casa sua, fra pareti che gli appartengono.
La serata, già al termine, io l'ho trascorsa fra incontri piacevolissimi.
Elena è appena arrivata dal San Giovanni, dove è in corso un altro evento. Entrambe ci auguriamo che il Comitato per la tutela del Complesso Monumentale del San Giovanni blocchi la decisione di snaturare la destinazione data allo storico edificio e ci avviamo verso l'artista in conversazione con Betty.    
Elena mi presenta Betty e poi va via, io resto con Betty, con lei attraversiamo l'arte con libertà in orizzontale. 
Ci raccontiamo quell'essere fruitrici libere dell'opera d'arte, senza la specializzazione che potrebbe richiedere conoscenze troppo settoriali, ci scambiamo il piacere di gustare un'opera con sensibilità personale e camminando chiacchieriamo con Sergio; il sogno diventa realtà perché la data c'è.
Cita Walt Disney Sergio“La differenza tra un sogno e un obiettivo è semplicemente una data” e continua facendo la distinzione fra "Un mondo fatto di narcisisti e di altruisti, di chi persegue unica sua ambizione l'affermazione personale e di chi invece vorrebbe sistemare il mondo in un modo un po' migliore da come l'ha trovato."
Nel dire questo Sergio ha gli occhi sparluccicanti di gioia pura perché fa un lavoro che a lui piace e ricorda un mio antico modo di dire, quando andavo a scuola, in cattedra: "Mi pagano per divertirmi, per essere felice." 
L'artista in quale delle due dicotomie potremmo pensarlo? Ha anche lui gli occhi felici, luminosi, e sento una grande empatia fra le opere e le persone, la semplicità di gesti e la giocosità umana di relazionarsi. 
Giuseppe Negro ha creato cinque ambienti, con corteccia di albero, con carbone e con antichi copri tavoli presenti nei soggiorni degli anni sessanta, stasera messi a terra come tappeti e al centro proprio un tronco con i rami.
Vedo in una stanza una grande piastra tutta composta con carbone, per me sono pezzi di carbone e lui mi spiega come abbia incollato i pezzi e, mentre  ripercorre il suo modo di lavorare, lo vedo con i suoi pezzi in mano costruire, dare vita a linee, a quadrati, a figure che cambiano a secondo della nostra posizione. Ci fermiamo a guardare.

Battiti, reliquiari, assemblaggio di legno, di legno bruciato su tela, carbone, frammenti di legno a creare pareti; il legno è un essere vivente. La serata si ferma nella mia immaginazione alla botola dove scendeva mia mamma, nella stanza della carbonella, lei con un foulard in testa, per non impregnare i capelli di polvere nera. Mi trattengo dal chiedere a Giuseppe se abbia fatto uguale alla mia mamma mentre con carbone e carbone lui compone pareti e cornici, lasciando traccia del tempo nelle stanze dell'anima.
Entrambi un fuoco dovevano accendere, per scaldare, per illuminare, senza rumore.   
Dal mondo  interiore al mondo esteriore un viaggio nel silenzio con la camera anecoica. 

giovedì 22 settembre 2016

"Lo spregio" il racconto di Alessandro Zaccuri

In libreria il noir biblico di Alessandro Zaccuri.
L'Angelo contro San Michele.
Sfida e punizione in Lucifero che si ribella a Dio e viene sconfitto da San Michele, sfida e punizione, la ubris viene  condannata dagli antichi greci alla Bibbia. Come nei miti Aracne viene punita per aver sfidato la dea Atena, così sullo sfondo nero di una valle ai confini dell'Italia la tragedia si consuma senza scampo.
Una scrittura essenziale con il verbo messo a chiusura della frase, a volte, con una narrazione che, non so perché, mi ha ricordato lo stile ed i luoghi di Giorgio Scerbanenco, la locanda de "I garganelli al ragù della Linina" di Carlo Lucarelli,  e poi un'ansia terribile, una lettura che non lascia spazi, chiusa com'è sull'errore inconsapevole, sulle conseguenze di gesti che sembrano insignificanti.
Zaccuri ha costruito con perfetta sincronia un orologio che scandisce il tempo ai personaggi e alla fine del racconto resta una tristezza e un rammarico. Quel senso di inevitabile quando sbagliamo anche noi qualcosa, vorremmo rimediare e non riusciamo. Se qualcosa si rompe si rompe per sempre, sembra il monito che Zaccuri ci dà, consegnandoci un racconto dove il vivere è sempre una complicazione, malgrado le regole. Ho abitato in quella trattoria ai confini con la Svizzera, ho visto l'arrivo di uomini mandati fin laggiù con provvedimenti giudiziari oppure per mutazione sociologica, sono stata spettatrice di una istantanea, di sequenze veloci. Ogni fatto avveniva corto, si tagliava ed era impossibile ricomporlo. Impossibile ricomporre il primo frantumarsi dell'immagine paterna,e siamo a scuola, in una terza media, in quel momento di passaggio in cui sveliamo i genitori e qui Vito, il compagno di scuola, scompone il mito di Angelo in risposta ad una offerta quasi spavalda di un caffè. I due padri, quello di Angelo e quello di Vito, si fronteggiano nelle parole dei figli e Angelo non sarà più uguale. Ci vuole veramente pochissimo a cambiare un individuo e dirottarlo verso la discesa, verso il vuoto. Basta che si perdi il riferimento, basta che si cessi di stimare il nostro idolo, in questo caso il padre. Una trattoria, il cibo, i tavoli e un caffè. Una donna, che non è la vera mamma, vista nell'unica cosa che non doveva fare, cioè riferire al padre una confidenza del figlio. Eh no, mi sono trovata io a gridare quando lei, accarezzando i capelli al ragazzino, si fa confessare quel che era successo a scuola. Ho ancora un respiro pesante, il respiro della tragicità,  come se la cupezza avesse raggiunto casa e mi impedisse di alleggerire gli altri avvenimenti che non vi racconterò per non togliervi la suspense e il piacere di scoprire da soli il meccanismo dell'orologio. Il ticchettio che sentirete quando capirete che il tempo è scaduto. Alessandro Zaccuri in libreria, forse il colore noir è improprio, più il colore del ferro, come nella statua di Lucifero, in copertina.   

martedì 20 settembre 2016

Urban Apnea nel regno della Litweb

Mi metto ai tasti e faccio un pezzo su Urban Apnea stamattina. Poi lo pubblico, lo leggono subito in otto, ma nel modificare ne rimetto un altro e lo leggono in quattro. Chiedo scusa ai miei dodici lettori se nel tentativo di lasciare un solo pezzo ed eliminare il doppione ho eliminato entrambi i pezzi. Ora passato lo sconforto mi rimetto al lavoro. Già stamani la Lavazza si rifiuta di farmi il caffè e sono le nove. Nel regno della Litweb splende il sole.
Ora cotta dal sole e gratificata da incontro marino, ricordo  Una Marina di libri e come ci siamo conosciuti con Urban Apnea, seguendo Marco Patrone, Recensireilmondo. A Palermo alberi giganteschi facevano rimpicciolire gli abitanti, come tanti lillipuziani, felici con libri e libri in mano. Li invidiavo molto, di una invidia bella, che fa desiderare tutto il buono a quel che si vede, sperando di esser ammessa in quel paradiso, pur anche come lettrice. Così è stato. Ho cominciato a leggere le proposte di questa casa editrice, a conoscere gli autori, e a raccogliere quel poco che io possa dire con un applauso.   
Urban Apnea, nel decalogo sul sito della casa editrice leggo e riporto il numero 6)" Sì, guardiamo con ammirazione al web. Lo consideriamo uno strumento di diffusione ubiquitario, a basso costo e senza precedenti. E pazienza se il monitor non odora di carta. In fondo per stare tutto il giorno davanti a Facebook pare che nessuno se ne sia mai lamentato." 
 Ho conosciuto le sue collane e fra queste L’ANIMALE UMANO
12 autori, 12 racconti, 1 al mese per 12 mesi in co-edizione digitale + cartaceo, leggendo Marco Patrone, autore di "L'estate del pollo" scherzando sul titolo, anche se il racconto era sulla malattia psichica, poi ho letto " Il messaggio dell'orso" di Antonio Martone, bel racconto che mi ricordò Pippo Russo e la sua Oblivia, ne avrò letti anche altri ma ora non ricordo se non la cura e la gradevolezza di una scrittura amata.  
Leggo con molta felicità ed ho conservato ciò che ho scritto  del racconto breve di Giuseppe Perez  ODISSEO IN ANALISI
"Uno strano Ulisse, re di Itaca, odia  le tele e i cani. Da questo  inizio  perfettamente  logico per me, anche mia sorella ha un cane Argo che io tollero poco,  nasceranno le situazioni di volta in volta sempre conosciute ma riscritte con il sorriso dello scherzo. Ci ritroviamo quindi a leggere e ridere di una Penelope , grande imprenditrice tessile  e di una dea Atena che suggerisce un corso di autoanalisi da Chirone.  Ma starò zitta sulle tante trovate che saltano monelle dallo scritto e si riposizionano lungo un piacevole scorrere degli eventi, fino allo scoprire noi lettori come nasceranno i blue  jeans! Un vero colpo di scena che vi svelerà quel che non avrete supposto mai! "
Urban Apnea  ha una collana di autori stranieri, una biblioteca virtuale, tutto il meglio della musica dal 2010 al 2014 dalla penna di dieci personaggi in bilico tra note e parole di musica, e Zona di clonazione, letto da poco 
"Curatissimo. Un racconto di fantascienza come non ne leggevo da tempo. Dai tempi di Asimov poi avevo abbandonato il genere ritenendo Asimov un maestro insuperabile. Ora, sollecitata alla lettura, leggo questo racconto, con lo stesso stato d’animo dell’adolescente, cercando di anticipare le mosse. Quindi una lettura partecipata su una scrittura essenziale, pulita, con le immagini lineari pur in un mondo di cloni. E pur se è sempre fantascienza questo racconto ci riporta il colpo di stato contro Erdogan e tutte le immagini cessano di essere fantascienza e diventano realtà"
Ora nel regno della Litweb questa bella realtà editoriale che leggeremo e leggeremo dopo aver scoperto il  sito... vi metto il linkhttp://www.urbanapneaedizioni.it/  

domenica 18 settembre 2016

Faber di Tristan Garcia

Anna aveva letto l'Emilio e le opere di Donald Winnicot per educarlo meglio.
Faber, neonato magrebino abbandonato, era stato a tre mesi adottato dai coniugi Richard e Anna Faber. I servizi sociali gli avevano dato il nome Mehdi. Mehdi Faber è dunque il centro della circonferenza verso  cui convergono i raggi, gli altri personaggi della storia che io ho visto come una ruota di bicicletta, con noi a pedalare e correre sulla strada degli avvenimenti. Ogni raggio un personaggio, ogni pedalata ci portava su una storia diversa, oppure sulla stessa ma con lettura diversa a seconda di chi la raccontasse. Pedalando noi lettori potremmo innamorarci, così come è successo a me di Mehdi Faber, chiamato semplicemente Faber, e con lui io guardo la mia città a giusta distanza. Con Faber, che amo, vi riporto un suo pensiero:" Ho sempre voluto essere intelligente, fare il superiore. Coglievo i dettagli, ma ho perso di visto l'insieme. Non ho mai saputo apprezzare."
Non sarò dunque obiettiva nel racconto, sono troppo innamorata, e nel leggere questa storia che unisce tre ragazzini, dalla scuola elementare fino al liceo, ho cercato di sapere di Faber. Nato nel marzo del 1981 Faber appare a Mornay alla fine del 1988, adottato da una nuova coppia, dopo la scomparsa accidentale dei genitori precedenti. Ho individuato quando potrebbe esser nato, cercando di seguirlo fin dal primo vagito, a febbraio del 1981
Poi ho ricopiato le sue frasi a solo undici anni, rivolto al papà di Madeleine, la sua amica. 
"Non esiste il Male, signor Olsen, esiste solo l'umiliazione"
"Non esiste il Bene. Non esiste giustizia. Ci sono solo punizioni"
Sono stata insegnante di storia ed anche io avrò detto ai ragazzi che la storia è il  peccato come Mézières? Non credo. Avrò parlato loro di ingiustizie mai risolte, di sofferenze e di soprusi, di capitalismo e di rivolta, sentendo sempre dentro di me l'inane sforzo di incidere in un momento sociale e trascinarlo via da dove non vorremmo andasse.
Nei destini incrociati fra desideri e punizioni, fra speranze e delusioni, fra vendette e perdono, fra immedesimazione e rifiuto, il racconto ci ama, facendo sì che noi, ad un certo punto, convinti della difficoltà delle nostre azioni, e che il fine ultimo di ciò che vorremmo difficilmente potremmo attuarlo, amiamo tutti i personaggi che con Faber si sono incontrati. Nessuno riuscirà nell'impresa che si sarà assegnato. 
Il fascino ammaliante di colui che fa la storia, anche minima, anche per pochi giorni, il fascino attraversa immune il tempo e ci imprigiona in una lettura baciata dal sole. 
Il tempo è fermo, mi ritrovo a pensare, vedendo come siamo fermi ad un momento, ad una azione, ad un anno, ad un incontro, ad una frase che, benché dimenticata da anni, ritorna. 
Basta una lettera, in questo caso è questo l'espediente con cui si va a recuperare Fabien, per far ripartire il racconto, una lettera anzi tre, anzi quattro, mandata a tutti e tre, da ognuno di loro, che però non sanno di aver mandato alcunché. Presto morto la simbologia dei cerchi e le lettere tagliuzzate dal giornale...
Un testo supelativo scritto da Tristan Garcia, nato lo stesso anno di Faber, il 1981, e dallo stesso nome di un altro protagonista, Tristan, nato 15 anni dopo. Mi sembra un incrocio perfetto nella vita dell'autore, di origine algerine. Una X che si incontra in un punto, il centro del cerchio e da quel punto prende a narrare. Narra distruzione e costruzione, narra l'impasto di bene e male di cui siamo fatti, di cui sono fatti le vicende, narra la delusione e l'illusione nel momento in cui si vive nel mondo e non nei libri, per scelta.  
Faber mi arriva il giorno del mio compleanno ed io lo porgo, con tutto l'amore che posso, alla vostra  lettura
Sui principi educativi poi da Winnicott una frase celebre:"La creatività consiste nel mantenere nel corso della vita qualcosa che appartiene all'esperienza infantile: la capacità di creare e ricreare il mondo. È l’onnipotenza del pensiero propria dell’età infantile." e sull'Emilio Rousseau scrisseavete ben ragione di dire che è impossibile formale un Emilio reale: ma potete davvero credere che sia stato questo il mio scopo e che il libro così intitolato sia un vero trattato sull'educazione? È un’opera di carattere piuttosto filosofico intorno a un principio sostenuto dall'autore in altri suoi scritti, e cioè il principio che l’uomo è naturalmente buono”.
Lettera di Rousseau a Philibert Cramer del 1764.
ancora una lettera...