Da Emanuele Fittipaldi e suo libro "Avarizia" a Gioacchino Criaco " Il salto zoppo", dal film W la libertà a Slurp di Travaglio, segno gli appuntamenti che sono riuscita a seguire nella edizione con sei dita di questo duemilasedici. Sei dita, dice l'artista, perché è la sesta edizione e, siccome immagino tante altre edizioni, il pensiero di una mano a dieci dita mi incuriosisce un po', ma credo che, a quel punto, si ritornerà alla mano tradizionale e due mani insieme basteranno.
Trame porta a Lamezia in prima serata, il 15 giugno, Roberto Andò, con una scelta di suoi film da vedere quasi allo scoccar della mezzanotte. Riesco a vederne due soli, W La Libertà, tratto dal suo libro"Il trono vuoto" vincitore del Campiello 2012, che consiglio da leggere, e Le Confessioni, che voglio rivedere, in orario plausibile.
Giovedì 16 giugno è la volta di Emanuele Trevi con "Il popolo di legno", di Ignazio Marino con "Un marziano a Roma"
e dopo Otello Profazio e Mimmo Modugno, omaggiati da Peppe Voltarelli nel chiostro di San Domenico, siamo già a Sabato 18 con Giacomo di Girolamo " Contro l'antimafia" presentato con Franco La Torre e Attilio Bolzoni. Unico libro che compro anche se avrei comprato molto volentieri quello di Salvatore Striano " Mi ha salvato Shakespeare".
L'isola del giorno dopo" testimonianza del sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini e siamo già all'ultimo giorno a domenica 19.
Riesco a seguire Giorgio Glaviano " Sbirritudine" Storia vera di un poliziotto, e Gioacchino Criaco con Il Saltozoppo, la Calabria magica.
Il festival finisce con Slurp, lecchini, cortigiani e penne alla bava... lo spettacolo di Travaglio che mise in scena sé stesso, nel senso che stava lui sul palco a far da autore regista e maestro, mentre la lettrice aveva solo da leggere quello che il maestro le suggeriva di leggere, da brava allieva. Lo spettacolo ha avuto un grande successo di botteghino. Tutto esaurito. Eppure eppure... Slurp.
Intanto che riassumo, da semplice fruitrice, continuo a pensare a quella libertà che è la paura della democrazia, a quella libertà che è partecipazione, a quella libertà negata che sarebbe dignità.
W la libertà con Roberto Andò, e nel cercare gli appunti persi, continuo domani
domenica 26 giugno 2016
giovedì 23 giugno 2016
La via dell'agave Francesco Scopelliti
Imperia sembra Lamezia Terme, stamattina, mentre leggo i racconti di Francesco Scopelliti, lasciati dal corriere al cancello della cooperativa.
"Imperia. La città facile del conosco un amico, che conosce un amico che è amico di... gente distrutta da tutto il possibile di questi anni"
...e descrive Lamezia come Imperia, entrambe le città con il mare, senza che questo mare diventi turismo e vita, diventi opportunità, anzi quasi un impiccio, da usare come pattumiera.
Un mare da noi oramai perduto, inquinato irrimediabilmente.
Un mare da noi oramai perduto, inquinato irrimediabilmente.
Voglio far conoscere la mia città proprio da un'agave, da me fotografata su una collinetta, nella periferia verso la frazione di Bella. Un balcone sul mare Tirreno, nel golfo di Sant'Eufemia e mentre leggo Francesco vedo proprio il fiore alto e fiero nel cielo azzurro di un paesaggio e scrivo le sue parole "Non si è capito che quello dell'agave non è un gesto individuale, ma una semplice affermazione di volontà. Volontà senza secondi fini.Volontà che si muove oltre vita e morte. Volontà che non vuole interpretare la trasformazione, ma essere la trasformazione"
Fiorire per il gusto di esserci. Di far colore nell'azzurro del cielo.
Mi trovo a parlare con i suoi racconti e mi fermo su "Guerre" il gioco della guerra fra bambini, quando erano le strade il parco giochi e mi riporta lo stesso visivo di I ragazzi della via Pal, senza le conseguenze del libro ora da me citato.
Attraverso i suoi racconti impariamo a conoscere Francesco e a conoscere luoghi e situazioni che il lettore sentirà simili e vicini al suo vivere.
"Lo stato ideale" dà una filosofia di vita che ci appartiene quando" perdi il confine fra pianura e prateria" In ogni futura dimensione parallela
Racconti, ci dice l'autore, che non insegnano nulla, se non la loro stessa memoria.
Ed invece io sento una carica affettuosa, una bella attenzione, non solo alle persone attorno ed agli ideali per cui ci si muove, ma anche verso la parola scritta, quel rispetto verso il foglio, verso la carta dove si è deciso che noi eravamo, chi eravamo e come eravamo come una pelle tatuata, nel racconto Carta, Forbice, Sasso.
Continuo a sfogliare e leggere e, dal mio luogo non luogo oggi abitato da lui, incontro Opiemme, che non conoscevo. Leggo la sua postfazione e mi affianco al suo scritto sul disagio che accomuna una terra: Scorbutica, scontrosa, inospitale, precaria. Una terra schiacciata fra acqua e monti, dove salutare è una fatica. A queste terre dove viviamo Francesco chiede con noi il diritto di esistere e il riconoscimento per tutti, non solo per i privilegiati, chiede nell'Ultimo stato di fondo, in fondo il coraggio di mangiare i fichi d'India, che sono frutti con spine dolorose e gustosi all'interno.
Bello anche il titolo del racconto, "Ultimo stato di fondo", che vedrei come romanzo unico in una prossima pubblicazione.
Il Ponente Ligure è la via dell'Agave, mentre le lettere del disagio sono le radici che, in copertina, delimitano il golfo Ligure e come nel Golfo di Sant'Eufemia danno il nutrimento a generazioni di individui che continuano a fiorire per affermare una volontà senza secondi fini. Voler essere trasformazione.
mercoledì 22 giugno 2016
Dalla Pop art alla post art
Venti post/umi per voi, era una prima raccolta di venti pezzi dal mio blog, Ippolita la regina della Litweb, nel 2014. Il titolo scelto da Bruno Corino, inventore della Litweb, rimandava ad una mia poesiola in prosa dal titolo Io Pubblicherò Postuma. Post/umi infatti. La raccolta dei pezzi dal blog continua con La favola della gabbietta, scritta a puntate, nell'estate del 2012 e raccolta per il Maggio dei libri del 2015 e prosegue con Litweb Marchio Depositato, pezzi sui libri letti nel 2015, presentato al Tropea Festival Leggere e Scrivere, con grande felicità.
Ora assemblo l'arte, le occasioni che mi hanno vista presente, il fruire e discorrere sulla bellezza, sulle forme artistiche più varie. Unisco tutti i pezzi sotto questo post, il ventesimo, che sta in alto e riassume un po' tutto uno svolazzare che nella carta, vediamo, era già presente.
Carta vetro francese per poter inglobare le particelle del pigmento
Scaccia mostri delle crisalidi, intitola questa carta del settembre 2014 Caterina Luciano inventando per me il personaggio alato che vedete in mantello coccinella pronta a combattere e a far linguaccia ai mostri.
Ma i mostri sono le zanzare? Quindi le scaccio affinché non attacchino le crisalidi? Chiedo a Caterina
e lei mi risponde:- Certo, sono succhiatori o succhiatrici di sangue di tutti gli esseri viventi. Il tuo ruolo è di trovare e aiutare le crisalidi, per me erano artisti di vario genere:scrittori, pittori, crisalidi che diventeranno farfalle grazie a te.-
Beh, faccio io, grazie della stima. Evviva Evviva, certo che vorrei fosse così, ma non esageriamo sui miei compiti. Gli artisti sono già grandi artisti ed io mi limito a dirlo al mondo della Litweb con un megafono, con lo stile e nel regno che ci ospita.
... poi continuo
martedì 21 giugno 2016
Emanuele Trevi a Trame
Voglio incontrare Emanuele Trevi per parlare di Rocco Carbone. Ed è così che mi presento e dico a lui che ho letto tutti i libri di Rocco, dopo Padre Americano, pubblicato postumo con prefazione proprio di Emanuele Trevi. Una prefazione che ho imparato a memoria.
Lui mi conferma che anche altri hanno sentito il bisogno di ricordargli quella prefazione: una prefazione che testimonia il valore dell'amicizia.
La frase stupenda che poi Emanuele mi regala è confidarmi di quanto sia stato sollevato di aver ricomposto una distanza fra lui e l'amico e di essersi riavvicinati proprio poco prima dell'incidente mortale. Suo compito fu quindi, come testimonianza, occuparsi del romanzo di Rocco, intervenire su qualche parola, pensando su come sarebbe intervenuto lui e
E meno male che ci eravamo riavvicinati... mi dice più volte. Se vi capita comprate e leggete Padre Americano di Rocco Carbone, vi piacerà, così come vi piacerà moltissimo la prefazione di Emanuele Trevi. .
Emanuele Trevi, Critico letterario e editor, viene presentato dal giornalista Luigi Saitta, nel chiostro del Palazzo Nicotera per Trame, Rassegna di libri sulle mafie.
Il popolo di legno è il libro di Emanuele, un libro su un luogo e un popolo che gli appartiene:La Calabria.
La mamma di Scalea, in provincia di Cosenza, è quasi presente nel libro, così come sono presenti Salgari e Sandokan, Cuore e i Teletubbies, L'isola del tesoro e il genio di Pinocchio.
Lui crede che Pinocchio sia un libro geniale, così pensa che il suo bagaglio culturale sia una sacca di carbone che a volte impedisce il cammino, col suo peso, a volte lo rende più spedito.
E ci racconta un sud letto sui viaggi di Norman Douglas, Old Calabria, ci racconta l'origine della parola Paparazzi dal libro di George Gessing che si intitola "Sulle rive dello Jonio" dove troviamo un nome prestigioso: "Paparazzo" che era il suo albergatore catanzarese.
E dalla famiglia di Trevi, originaria di Nicotera, risaliamo alla Calabria degli scrittori. Dal privato al mondo narrato In Anime Nere, di Gioacchino Criaco, a Corrado Alvaro e alle mappe seguendo le sorgenti delle acque.e poi Goethe, Stendhal, come l'esperienza si trasforma nella forma narrata.
Un sud raccontato attraverso Il Topo, un personaggio surreale, come i personaggi di Beckett, che vanno dal buffo all'amaro, dal dramma al riso, al ridicolo della vita con una forma di disprezzo.
"Leggete al contrario Le avventure di Pinocchio", ci dice Trevi, la letteratura è il luogo dell'individuo, del particolare, del dettaglio, della visione, della fantasia.
Nella singolarità di ognuno vediamo le cose, lui, per esempio, cerca i difetti nelle persone che ama e in ogni situazione è portato a dire: sì, però, e a mettere in luce quello che stava in ombra.
sabato 18 giugno 2016
Capusutta ovvero Aristofane fra noi
Ho visto Aristofane sorridere nel vedere Socrate, femmineo, inneggiare al ballo, al divertimento, nella confusione delle nuvole che mistificano ogni cosa. Nella risata della corsa, della vitalità del gesto, del gioco, Riminio? è questo il verbo che una roulette vivente con coda di cavallo chiede ai partecipanti ad una tombola. Estraiamo i numeri. Vinciamo. Ed invece alla fine del giro "Anche stavolta non ha vinto nessuno" dice lei.
"Riminia! Riminia! Urlano gli attori in coro. Girala! Girala! La traduzione dal lametino. Chiara rotea la testa, è lei il gioco del Lotto. Lei estrae i numeri sulla ruota di Lamezia Terme. Gli attori ascoltano e controllano i numeri estratti. In scena è di nuovo la febbre del gioco. La gran truffa legalizzata. Aristofane è vivo e vegeto in mezzo a noi, diventa il mondo di oggi. Ancora una volta la tradizione parla le parole del presente. In questa periferia del mondo in cui succede la magia." da #4storieper4luoghidellaNonScuola.
Aristofane ci stava tutto, in una contaminazione che rispettava il senso del testo originale, non come tanti altri rimaneggiamenti di teatro dove il testo viene piegato a vaudeville e lontana farsa. No, qui eravamo nel testo, ho proprio percepito la connessione con l'autore che ci regalava il suo assenso.
Il teatro è luogo di rappresentazione. C'è una scena e ci sono gli attori e in platea gli spettatori. Si mette in scena un testo che, secondo i greci, doveva creare la catarsi fra il pubblico.
Ogni attore ha un ruolo.
A volte i ruoli si mescolano e gli attori stanno fra gli spettatori, e gli attori non sono attori, bensì chiunque voglia cimentarsi a recitare una parte per vincere quella personale difficoltà ad esser fra la gente.
Dal teatro parrocchiale al teatro dialettale, dal teatro scolastico al teatro di strada, sono varie le forme e l'uso di una modalità scenica. C'è chi usa il teatro per far distrarre, per far la grassa risata della commedia plautina, e mette in scena doppi sensi di pancia per smuovere risata, c'è chi usa il teatro per elegie religiose e recita preghiere edificanti su santi e miracoli, c'è chi usa il teatro come ribellione e chi come integrazione.
Tantissimi i dilettanti, le compagnie che si dilettano a inscenare un loro omaggio ad Eduardo De Filippo, ricordo un Gennariellu, recitato a Napoli, in una cantina, da una compagnia di avvocati, ricordo poi altri testi, di qualsivoglia costrutto, recitati dappertutto.
Anche io ho scritto un monologo e un attore lo ha recitato! Dilettanti che ci dilettiamo amando il teatro che ci rappresenterà.
Non sto parlando di coloro che lavorano nel teatro ma di tutta una folla che calca la scena.
Dilettanti.
Dilettanti.
Adoro il teatro dei laboratori scolastici, adoro le messe in scena dove il teatro viene usato per integrare, per creare comunità, appartenenza, per far vincere ritrosie e timidezze, per trasformare menti giovani dando a loro entusiasmo e possibilità, curiosità e vivacità.
Per tutto questo sono stata felice ieri sera di assistere allo spettacolo Le nuvole, Riadattamento dalla commedia di Aristofane, che il movimento Capusutta ha portato in scena al teatro Comunale Costabile di Lamezia Terme
Capusutta III Movimento, dicono nella locandina, ed in effetti nel 2010 è iniziato il progetto Capusutta, guidato da Punta Corsara, Compagnia teatrale, costituitasi nel 2011 a Napoli, che ha continuato quello che era stato iniziato al teatro Mercandante dal regista M. Martinelli, del Teatro delle Albe, di Ravenna e che univa pratica teatrale e pedagogia ed ha portato l’esperienza della non-scuola in Calabria, da cui è nata la riscrittura del primo testo Donne al parlamento di Aristofane.
Punta Corsara ora è una realtà teatrale e così forse mi auguro che diventi anche Capusutta, nella sua specifica estemporaneità di possibile teatro fra diverse commistioni.
Un teatro di spettatori che diventano attori, momentaneamente, e che poi riprendano il testo nella vita per uscirne trasformati.
Un teatro di ragazzi dai cinque ai venticinque anni, con situazioni complesse di emarginazione, come era il punto di partenza e allo stesso tempo di arrivo del progetto Capusutta e cioè le esperienze di Scampia e quella di Ravenna.
"Nel 1983 Martinelli ha fondato a Ravenna la non- scuola del Teatro delle Albe, così chiamata perché "non vuole creare attori ma incendiare il cuore degli adolescenti con il teatro. Mandare in corto circuito la loro ignoranza in materia con i grandi classici, da Aristofane a Brecht". Questa esperienza è stata poi esportata a Napoli, nel quartiere di Scampia con il nome di Arrevuoto, progetto triennale del Teatro Mercadante. Nel 2007 il progetto si è trasformato in Punta Corsara che da pochissimo è diventata associazione ed è guidata da Emanuele Valenti. Punta Corsara ha messo su una compagnia costituita dai ragazzi più motivati del quartiere napoletano che ora girano tutta l'Italia con i loro spettacoli. "Proprio questo è l'obiettivo finale che vogliamo raggiungere - ha affermato Tano Grasso - formare a Lamezia una compagnia stabile che reciti in tutto il Paese". Così scrisse Tano Grasso allora assessore alla cultura di Lamezia Terme. Ora le nuvole di Aristofane dovrebbero sciogliersi in una pioggia che pulisca le mistificazioni del nostro presente
Le nuvole di Aristofane erano in realtà una parodia della scuola sofista. Una presa in giro di Socrate. Aristofane si divertiva a scoprire gli effetti paradossali dei ragionamenti filosofici e di alcuni insegnamenti. Nelle nuvole vi è un padre che assillato dai suoi creditori manda il figlio dal filosofo affinché impari come difendersi dagli stessi. Come non pagare il debito. Quegli stessi argomenti usati per i creditori però possono essere usati contro di lui in futuro facendolo rammaricare della sua scelta. Credo che sia questo il momento in cui piombiamo nel 2016 direttamente da Atene.
Ippolita Luzzo
"Riminia! Riminia! Urlano gli attori in coro. Girala! Girala! La traduzione dal lametino. Chiara rotea la testa, è lei il gioco del Lotto. Lei estrae i numeri sulla ruota di Lamezia Terme. Gli attori ascoltano e controllano i numeri estratti. In scena è di nuovo la febbre del gioco. La gran truffa legalizzata. Aristofane è vivo e vegeto in mezzo a noi, diventa il mondo di oggi. Ancora una volta la tradizione parla le parole del presente. In questa periferia del mondo in cui succede la magia." da #4storieper4luoghidellaNonScuola.
Aristofane ci stava tutto, in una contaminazione che rispettava il senso del testo originale, non come tanti altri rimaneggiamenti di teatro dove il testo viene piegato a vaudeville e lontana farsa. No, qui eravamo nel testo, ho proprio percepito la connessione con l'autore che ci regalava il suo assenso.
Il teatro è luogo di rappresentazione. C'è una scena e ci sono gli attori e in platea gli spettatori. Si mette in scena un testo che, secondo i greci, doveva creare la catarsi fra il pubblico.
Ogni attore ha un ruolo.
A volte i ruoli si mescolano e gli attori stanno fra gli spettatori, e gli attori non sono attori, bensì chiunque voglia cimentarsi a recitare una parte per vincere quella personale difficoltà ad esser fra la gente.
Dal teatro parrocchiale al teatro dialettale, dal teatro scolastico al teatro di strada, sono varie le forme e l'uso di una modalità scenica. C'è chi usa il teatro per far distrarre, per far la grassa risata della commedia plautina, e mette in scena doppi sensi di pancia per smuovere risata, c'è chi usa il teatro per elegie religiose e recita preghiere edificanti su santi e miracoli, c'è chi usa il teatro come ribellione e chi come integrazione.
Tantissimi i dilettanti, le compagnie che si dilettano a inscenare un loro omaggio ad Eduardo De Filippo, ricordo un Gennariellu, recitato a Napoli, in una cantina, da una compagnia di avvocati, ricordo poi altri testi, di qualsivoglia costrutto, recitati dappertutto.
Anche io ho scritto un monologo e un attore lo ha recitato! Dilettanti che ci dilettiamo amando il teatro che ci rappresenterà.
Non sto parlando di coloro che lavorano nel teatro ma di tutta una folla che calca la scena.
Dilettanti.
Dilettanti.
Adoro il teatro dei laboratori scolastici, adoro le messe in scena dove il teatro viene usato per integrare, per creare comunità, appartenenza, per far vincere ritrosie e timidezze, per trasformare menti giovani dando a loro entusiasmo e possibilità, curiosità e vivacità.
Per tutto questo sono stata felice ieri sera di assistere allo spettacolo Le nuvole, Riadattamento dalla commedia di Aristofane, che il movimento Capusutta ha portato in scena al teatro Comunale Costabile di Lamezia Terme
Capusutta III Movimento, dicono nella locandina, ed in effetti nel 2010 è iniziato il progetto Capusutta, guidato da Punta Corsara, Compagnia teatrale, costituitasi nel 2011 a Napoli, che ha continuato quello che era stato iniziato al teatro Mercandante dal regista M. Martinelli, del Teatro delle Albe, di Ravenna e che univa pratica teatrale e pedagogia ed ha portato l’esperienza della non-scuola in Calabria, da cui è nata la riscrittura del primo testo Donne al parlamento di Aristofane.
Punta Corsara ora è una realtà teatrale e così forse mi auguro che diventi anche Capusutta, nella sua specifica estemporaneità di possibile teatro fra diverse commistioni.
Un teatro di spettatori che diventano attori, momentaneamente, e che poi riprendano il testo nella vita per uscirne trasformati.
Un teatro di ragazzi dai cinque ai venticinque anni, con situazioni complesse di emarginazione, come era il punto di partenza e allo stesso tempo di arrivo del progetto Capusutta e cioè le esperienze di Scampia e quella di Ravenna.
"Nel 1983 Martinelli ha fondato a Ravenna la non- scuola del Teatro delle Albe, così chiamata perché "non vuole creare attori ma incendiare il cuore degli adolescenti con il teatro. Mandare in corto circuito la loro ignoranza in materia con i grandi classici, da Aristofane a Brecht". Questa esperienza è stata poi esportata a Napoli, nel quartiere di Scampia con il nome di Arrevuoto, progetto triennale del Teatro Mercadante. Nel 2007 il progetto si è trasformato in Punta Corsara che da pochissimo è diventata associazione ed è guidata da Emanuele Valenti. Punta Corsara ha messo su una compagnia costituita dai ragazzi più motivati del quartiere napoletano che ora girano tutta l'Italia con i loro spettacoli. "Proprio questo è l'obiettivo finale che vogliamo raggiungere - ha affermato Tano Grasso - formare a Lamezia una compagnia stabile che reciti in tutto il Paese". Così scrisse Tano Grasso allora assessore alla cultura di Lamezia Terme. Ora le nuvole di Aristofane dovrebbero sciogliersi in una pioggia che pulisca le mistificazioni del nostro presente
Le nuvole di Aristofane erano in realtà una parodia della scuola sofista. Una presa in giro di Socrate. Aristofane si divertiva a scoprire gli effetti paradossali dei ragionamenti filosofici e di alcuni insegnamenti. Nelle nuvole vi è un padre che assillato dai suoi creditori manda il figlio dal filosofo affinché impari come difendersi dagli stessi. Come non pagare il debito. Quegli stessi argomenti usati per i creditori però possono essere usati contro di lui in futuro facendolo rammaricare della sua scelta. Credo che sia questo il momento in cui piombiamo nel 2016 direttamente da Atene.
Ippolita Luzzo
venerdì 17 giugno 2016
IL ROMANZO
Ad una pizza una persona mi chiede cosa ne pensi io di quel libro. Lo ha scritto un suo compagno di scuderia, scrivono dunque nella stessa casa editrice, eppure al mio diniego, "non ho letto il libro", lei mi fa smorfia e afferma che nel libro nulla ci sta scritto. Nulla e niente. Anche se si tratta di studioso e autore di punta della casa.
La guardo e mi interrogo sul perché mi debba sentire così male quando questo parlare di lor colleghi raggiunga luoghi come trattorie e tranci di pizze.
Sul Romanzo.
Mi arriva dopo qualche tempo notizia di ennesima presentazione della stessa persona, in pubblica sede titolata, elogiare il suddetto romanzo che in pizzeria non le piaceva, ora avrà aggiunto mozzarella e rucola, e il libro le piace moltissimo al banco di un festival letterario, in una libreria.
Sul romanzo si dicono tante parole, quelle che però fanno più male sono le smorfie, il disgusto privato e la smanceria pubblica.
Una nausea.
Il romanzo che si scriverà avrà dunque come contenuto quella cattiveria, quell'offendere uno scritto, avrà quella recensione eccessiva e benevolente proprio perché fasulla. Più sarà fasulla più benevolente sarà.
Mi prende tentazione di segnarmi tutti loro, che agiscono come quella persona, e di farne i personaggi di un testo, di una sceneggiatura.
Sul romanzo che nascerà ci saranno come protagonisti i tanti recensori, falsi come sanno essere falsi loro, che improvvisamente, con la legge del contrappasso, saranno infettati dal mio virus, dalla tentazione di dire al festival quel che dicono al tavolo della pizzeria.
E sarà un romanzo, anzi Il Romanzo, che vincerà
La guardo e mi interrogo sul perché mi debba sentire così male quando questo parlare di lor colleghi raggiunga luoghi come trattorie e tranci di pizze.
Sul Romanzo.
Mi arriva dopo qualche tempo notizia di ennesima presentazione della stessa persona, in pubblica sede titolata, elogiare il suddetto romanzo che in pizzeria non le piaceva, ora avrà aggiunto mozzarella e rucola, e il libro le piace moltissimo al banco di un festival letterario, in una libreria.
Sul romanzo si dicono tante parole, quelle che però fanno più male sono le smorfie, il disgusto privato e la smanceria pubblica.
Una nausea.
Il romanzo che si scriverà avrà dunque come contenuto quella cattiveria, quell'offendere uno scritto, avrà quella recensione eccessiva e benevolente proprio perché fasulla. Più sarà fasulla più benevolente sarà.
Mi prende tentazione di segnarmi tutti loro, che agiscono come quella persona, e di farne i personaggi di un testo, di una sceneggiatura.
Sul romanzo che nascerà ci saranno come protagonisti i tanti recensori, falsi come sanno essere falsi loro, che improvvisamente, con la legge del contrappasso, saranno infettati dal mio virus, dalla tentazione di dire al festival quel che dicono al tavolo della pizzeria.
E sarà un romanzo, anzi Il Romanzo, che vincerà
mercoledì 15 giugno 2016
Trasparenti come bicchieri. Francesco Mendicino.
Fotografa dettagli e suggestioni Francesco Mendicino.
Lui fotografa azioni di artisti nel movimento del fare, nella sua prima mostra, fotografa ora in questa mostra, appesa lungo le pareti della Pecora Nera di Amantea, grate in blu, con la luce oltre la grata, la luce della comprensione dal blu che è serenità. O almeno vorremmo che il blu compensasse la fragilità del nostro vivere fra dettagli che sembrano ininfluenti fino a quando non sono messi nel mirino della visibilità. E così guardiamo i bicchieri trasparenti della festa, immaginandola una festa per noi, che non sia greve,
diremmo alla Leopardi, guardiamo quel ciglio di strada e sotto il marciapiede il rettangolo di scolo, dove l'acqua defluisce e porta via ogni incomprensione. Guardiamo quel lampione, quella luce lungo un muro scrostato dall'umidità
e Per me la fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare con
Brassai ( Gyula Hàlàsz ) insieme alla lucerna la ciotola della luce, con olio, che ci collega ad un passato che è qui
Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento
( Henri Carter-Bresson ) e nel dire anche noi che Le fotografie mostrano, non dimostrano, come Ferdinando Scianna ci ha insegnato, vorrei essere nel blu dipinto di blu oltre la grata delle nostre difficoltà, sembra il messaggio. La fotografia è un segreto intorno a un segreto: più rileva e meno lascia capire.
( Diane Arbus )
Lui fotografa azioni di artisti nel movimento del fare, nella sua prima mostra, fotografa ora in questa mostra, appesa lungo le pareti della Pecora Nera di Amantea, grate in blu, con la luce oltre la grata, la luce della comprensione dal blu che è serenità. O almeno vorremmo che il blu compensasse la fragilità del nostro vivere fra dettagli che sembrano ininfluenti fino a quando non sono messi nel mirino della visibilità. E così guardiamo i bicchieri trasparenti della festa, immaginandola una festa per noi, che non sia greve,
diremmo alla Leopardi, guardiamo quel ciglio di strada e sotto il marciapiede il rettangolo di scolo, dove l'acqua defluisce e porta via ogni incomprensione. Guardiamo quel lampione, quella luce lungo un muro scrostato dall'umidità
e Per me la fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare con
Brassai ( Gyula Hàlàsz ) insieme alla lucerna la ciotola della luce, con olio, che ci collega ad un passato che è qui
Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento
( Henri Carter-Bresson ) e nel dire anche noi che Le fotografie mostrano, non dimostrano, come Ferdinando Scianna ci ha insegnato, vorrei essere nel blu dipinto di blu oltre la grata delle nostre difficoltà, sembra il messaggio. La fotografia è un segreto intorno a un segreto: più rileva e meno lascia capire.
( Diane Arbus )
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