Per LameziaSummertime ritorna Il Caso Spotlight, da me visto all'indomani dell'Oscar. Questo il mio pezzo di quella sera.
Al cinema, al cinema, ore 22, al cinema ieri sera.
La sala al completo.
Molti gli spettatori venuti per vedere Il Caso Spotlight da poco Oscar 2016 come miglior film e migliore sceneggiatura.
Anche io, grazie a Carla, sono al cinema. Grazie di nuovo per avermi dato l'opportunità di vedere un bel film.
Da una storia vera: un’inchiesta premiata col premio Pulitzer.
Un film che dovrebbero dare nelle scuole, nei corsi di giornalismo, nelle redazioni che non ci sono più.
Una lezione di giornalismo investigativo.
Vedo il film con nella testa i racconti di alcuni giornalisti che vanno a chiedere nelle procure atti processuali e nelle cartellette, spariti i fogli, non stanno più documenti importanti, testimonianze. Seguo il ricercare le fonti e fare verifica che siano prove certe e non per sentito dire, vedo l'andare di persona a bussare porta per porta, a chiedere e chiedere ancora senza cercare quella scappatoia del fare come fanno tutti: Copiare quel che si è già detto.
Vediamo i giornalisti sottolineare testi, raffrontarli, selezionare nomi, cercare quelle associazioni che illuminano di verità i fatti. Credo sia quello il momento più importante del film, quella lettura minuziosa dei nomi, delle motivazioni con cui i preti venivano spostati dalle diocesi, a premiare il film, l'inchiesta, ed il giornalismo tutto, se fatto come si deve fare.
Spotlight: luce della ribalta; proiettore, riflettore, faretto. Puntare il riflettore su qualcuno, su qualcosa. Dal vocabolario.
attenzione pubblica, ribalta. Essere al centro dell’attenzione.
Siamo nel 2001 in pieno crollo delle torri, l'inchiesta continua.
Un film in un giornale. Il quotidiano The Boston Globe.
Un film in una stanza di questo giornale, la stanza della squadra di Spotlight, quattro giornalisti "Il caporedattore del team Spotlight, Walter “Robby” Robinson, i cronisti Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll" indagano, su suggerimento del nuovo direttore, ad un caso di abuso sui minori perpetrato da un prete, da molti preti, troppi preti, e coperti dal cardinale Bernard Law autore di un libro sul catechismo. Il catechismo del cardinale mi sembra l'ultima irrisione verso abusi continui che molti hanno subito sotto la grande istituzione della Chiesa. Lo stesso Cardinale ora sta a Roma e compiuti ottanta anni il 21 novembre 2011 è diventato arciprete emerito della Papale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore.
Al di là quindi se una inchiesta possa cambiare e scalfire un Totem granitico come La Chiesa, nei suoi comportamenti più omertosi, resta la grande lezione giornalistica del gruppo, della validità di credere possibile la verità, se supportato dalla fiducia di un direttore. Sempre il Capo fa un giornale. Nello stesso giornale molti anni prima erano arrivati lettere sui fatti e non erano stati presi in considerazione. Il direttore di un giornale è l'anima di un giornale. Questa la grande verità premiata agli Oscar questo anno.
mercoledì 30 marzo 2016
martedì 29 marzo 2016
Leggo
Leggo negli occhi, nei gesti, nei vestiti, leggo il romanzo che non fu scritto mai.
Leggo da voi, nei vostri messaggi, nelle confidenze, nel silenzio di tutti.
Leggo al di là del vostro vestito, della professione, della famiglia e dell'età.
Leggo e poi chiudo con un sospiro, con rassegnazione, quel libro che scriver non so.
Certo potrei, se mi impegnassi, scriver di quello che ho letto in giro, nelle giornate della pasquetta, nel martedì del carnevale, nel giovedì del capodanno, nel venerdì di ferragosto.
Sarebbe un bel libro in bianco, con frasi e risate, quante risate!, su chi non è presente quel dì, sul parlare e mangiare tanto per fare una bella festa.
Leggo e continuo su quella pagina a fermare il dito, a prender matita e a sottolineare quel verso, quella risata che, all'improvviso, mi appare di scherno su chi la legge e su chi la fa.
Leggere è quell'azione che non si vede, leggere non è come il parlare, il camminare, oppure il mangiare.
Puoi leggere tranquilla ogni persona senza che lei si accorga di niente, puoi fare i tuoi appunti, puoi metter le orecchie a quel suo libro, in ogni momento.
Infatti lo faccio e non mi diverte sgualcire il libro della vostra esistenza.
Mi sto di lato, sto in un canto a leggere soltanto una pagina scritta.
Quella che scrivono i veri autori
Leggo da voi, nei vostri messaggi, nelle confidenze, nel silenzio di tutti.
Leggo al di là del vostro vestito, della professione, della famiglia e dell'età.
Leggo e poi chiudo con un sospiro, con rassegnazione, quel libro che scriver non so.
Certo potrei, se mi impegnassi, scriver di quello che ho letto in giro, nelle giornate della pasquetta, nel martedì del carnevale, nel giovedì del capodanno, nel venerdì di ferragosto.
Sarebbe un bel libro in bianco, con frasi e risate, quante risate!, su chi non è presente quel dì, sul parlare e mangiare tanto per fare una bella festa.
Leggo e continuo su quella pagina a fermare il dito, a prender matita e a sottolineare quel verso, quella risata che, all'improvviso, mi appare di scherno su chi la legge e su chi la fa.
Leggere è quell'azione che non si vede, leggere non è come il parlare, il camminare, oppure il mangiare.
Puoi leggere tranquilla ogni persona senza che lei si accorga di niente, puoi fare i tuoi appunti, puoi metter le orecchie a quel suo libro, in ogni momento.
Infatti lo faccio e non mi diverte sgualcire il libro della vostra esistenza.
Mi sto di lato, sto in un canto a leggere soltanto una pagina scritta.
Quella che scrivono i veri autori
venerdì 25 marzo 2016
Una Via Crucis Continua
Sembrano tante le stazioni che con la croce sulle spalle pellegrini e fedeli stiano facendo stamattina. Più del consueto. Le 15 Stazioni della Via Crucis cominciano davanti al Sinedrio dove Gesù è condannato a morte. Ed il volto di Gesù stamattina è il viso di Giulio Regeni, torturato in Egitto dai servizi segreti per farlo parlare, per sapere da lui qualche verità. Gli avranno chiesto chi lui fosse, cosa sapesse, quali documenti avesse in mano, e nel chiedere gli toglievano le unghie ad una ad una. Ho letto pochissimo sulle torture inflitte, ho letto pochissimo, eppure stamattina Giulio Regeni con il volto di Gesù mi racconta la sua stazione, con la Croce sulle spalle.
Seconda stazione.
Dopo averlo schernito, i soldati spogliarono Gesù della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Dice Gesù: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua".
Seconda stazione.
La croce, simbolo di umiliazione, di scherno e di uomini in mano ad aguzzini, mi porta nelle stanza di Foffo e Prato, questi due che seviziano Varani, lo uccidono perché lui grida, ci mette troppo a morire, nella terza stazione lui cade sotto la croce.
Nel cammino verso il Calvario Gesù incontra il Cireneo, la Veronica che asciuga il suo volto e Gesù cade la seconda e la terza volta accorgendosi che molti godono della sua caduta. Come i tanti commentatori insulsi godono nell'avere carne fresca dilaniata ogni mattina per riempire i loro talk show senza nessun rispetto.
Le nostre stazioni quotidiani continuano così, nei vestiti stracciati dei morti in Siria, nei barconi capovolti in un mare sempre più tomba, nello sguardo sbrecciato delle nostre vie deturpate, stanno qui tutte le stazioni di un dolore senza fine. Esplosioni di un malessere voluto da concentrazioni di interessi a noi sconosciuti. Noi vediamo solo il sangue, la Via Crucis continua senza una Resurrezione.
Quel che mi dispiace è che Regeni non possa resuscitare. Quel che mi dispiace è che dopo tre giorni non possano resuscitare le tante persone uccise e annegate in ogni luogo di questo mondo crudele. Quel che mi dispiace rimane una preghiera silenziosa. Una Via Crucis continua
martedì 22 marzo 2016
The Final XXI Sec Paolo Zardi Romasecretstore
Auguri al libro che compie un anno. XXI Secolo di Paolo Zardi
Auguri cari con mio pezzo in regalo. Non potendo essere a Roma a The Final XXI Sec- Romasecretstore- organizzato da Satellite Libri, sarà come esserci con un post.
" Il giorno in cui trovò il telefono" forse il titolo sarebbe stato questo se l'urgenza di universalizzare a tutto un secolo la mutevolezza e la distanza fra pulsioni e realtà non avesse avuto la meglio. Quindi il particulare, la vicenda di Eleonore, in coma, e del marito, che trovò il suo telefono e vide nella memoria centinaia di foto salvate, e l'universale, il mondo intorno che erutta croste e cacche di cani, al guinzaglio di imbecilli, questi due elementi si incontrano e animano il romanzo nella mente di un venditore di filtri per l'osmosi inversa. Un depuratore. Il protagonista è un uomo di quarantacinque anni, padre di due figli, sposato, con mamma ottantenne, sorella e cognato, ed una moglie in coma.
Intorno tutto sbrecciato; "nel momento in cui la sua vita si era trasformata in una lunga, macchinosa indagine" nessun poliziesco lo aiuterà a trovare risposta ai suoi dubbi. Lo soccorrerà l'infanzia, la ricerca di luoghi abitati da Eleonore, con segni tali da aprire un pianeta sconosciuto. E Poi?
Sconosciuti. Con una scrittura essenziale e con un tono narrativo sempre teso, seguiamo il marito alla ricerca di rapporti amicali, intrattenuti dalla moglie. Rapporti con sconosciute, per lui. Ci siamo interrogate, un giorno, con mia sorella, su cosa sapessimo una dell'altra, oltre ai legami familiari. Era pochissimo, eppure viviamo a cinquanta metri di distanza. Così per tutti, ed il libro chiede una seria e composta riflessione su affetti, attenzioni e rispetto di identità e scelte. Dove vogliamo e con cosa vogliamo riempire un vuoto che il secolo in corso ci mostra con una crudezza impietosa.
Nel coma di un secolo che stenta a vivere con dignità ci sta la tragica coscienza di essere, come individui, preda di inconfessabili verità. Nel film recente anche Paolo Genovese, regista, nel sottotitolo di Perfetti sconosciuti ha usato una frase di Marquez: "Ognuno di noi ha tre vite, una vita privata , una vita pubblica e una vita segreta" continuando "C'è in tutti noi una parte inconfessabile, qualcosa di noi che non vogliamo far conoscere agli altri, e oggi questa parte passa attraverso i cellulari." Sembra lo stesso dialogo che si faceva un anno fa Paolo Zardi nel dare a noi lettori il suo romanzo da leggere. Un altro titolo di un libro di Zardi " Il giorno che diventammo umani" sembra essere il perfetto sigillo di chiusura del libro XXI secolo, con l'augurio che libri così possano sempre trovare lo spazio per giungere nel particulare delle case di ognuno di noi.
Auguri cari con mio pezzo in regalo. Non potendo essere a Roma a The Final XXI Sec- Romasecretstore- organizzato da Satellite Libri, sarà come esserci con un post.
" Il giorno in cui trovò il telefono" forse il titolo sarebbe stato questo se l'urgenza di universalizzare a tutto un secolo la mutevolezza e la distanza fra pulsioni e realtà non avesse avuto la meglio. Quindi il particulare, la vicenda di Eleonore, in coma, e del marito, che trovò il suo telefono e vide nella memoria centinaia di foto salvate, e l'universale, il mondo intorno che erutta croste e cacche di cani, al guinzaglio di imbecilli, questi due elementi si incontrano e animano il romanzo nella mente di un venditore di filtri per l'osmosi inversa. Un depuratore. Il protagonista è un uomo di quarantacinque anni, padre di due figli, sposato, con mamma ottantenne, sorella e cognato, ed una moglie in coma.
Intorno tutto sbrecciato; "nel momento in cui la sua vita si era trasformata in una lunga, macchinosa indagine" nessun poliziesco lo aiuterà a trovare risposta ai suoi dubbi. Lo soccorrerà l'infanzia, la ricerca di luoghi abitati da Eleonore, con segni tali da aprire un pianeta sconosciuto. E Poi?
Sconosciuti. Con una scrittura essenziale e con un tono narrativo sempre teso, seguiamo il marito alla ricerca di rapporti amicali, intrattenuti dalla moglie. Rapporti con sconosciute, per lui. Ci siamo interrogate, un giorno, con mia sorella, su cosa sapessimo una dell'altra, oltre ai legami familiari. Era pochissimo, eppure viviamo a cinquanta metri di distanza. Così per tutti, ed il libro chiede una seria e composta riflessione su affetti, attenzioni e rispetto di identità e scelte. Dove vogliamo e con cosa vogliamo riempire un vuoto che il secolo in corso ci mostra con una crudezza impietosa.
Nel coma di un secolo che stenta a vivere con dignità ci sta la tragica coscienza di essere, come individui, preda di inconfessabili verità. Nel film recente anche Paolo Genovese, regista, nel sottotitolo di Perfetti sconosciuti ha usato una frase di Marquez: "Ognuno di noi ha tre vite, una vita privata , una vita pubblica e una vita segreta" continuando "C'è in tutti noi una parte inconfessabile, qualcosa di noi che non vogliamo far conoscere agli altri, e oggi questa parte passa attraverso i cellulari." Sembra lo stesso dialogo che si faceva un anno fa Paolo Zardi nel dare a noi lettori il suo romanzo da leggere. Un altro titolo di un libro di Zardi " Il giorno che diventammo umani" sembra essere il perfetto sigillo di chiusura del libro XXI secolo, con l'augurio che libri così possano sempre trovare lo spazio per giungere nel particulare delle case di ognuno di noi.
sabato 19 marzo 2016
Veronica Montanino al Marca. Paint it black
Al Marca con Veronica Montanino Paint it black
Senza confini se non lo smalto, la vernice lucida e nera che cola uniforme su tutto. Entriamo nel mondo nero, nerissimo di Veronica, La canna da pesca e l'amo, in evidenza, i tubi, i salvagenti, l'ombrello, e sembra che il mondo sia tutto nero come nella famosa canzone dei Rolling Stones
poi andiamo oltre, senza confini, nel colore che rutilante ci accoglie nelle altre sale e giungiamo al suo video, alle stanze dei bottoni di un potere che colorare ci può, tanto, troppo, per far diventare tutto nero.
Una scatola di bottoni in una merceria coloratissima. Molte scatole di bottoni rovesciate su un piano smaltato e lucido.
Tantissimi smarties sui volti dei bambini al cioccolato, sui corpi spennellati per essere preparati al sacrificio del rito. Era così un tempo il colorare i visi, i corpi, nel sacro offrire al Dio un corpo disegnato.
Entriamo nella stanza dei giochi, nella festa di compleanno dei tanti adolescenti, nelle bamboline messe in ordine in una ciotola,
nel telefono e nel braciere in rosa fucsia dei tantissimi blog letterari, nel cerchio e nelle spirali, nelle torte e nei piatti su tavole sempre più smaltate. Antologia di segni. Insieme alla soffitta che, svuotata dai mille oggetti, sta qui colorata, come pavimento.
Il trionfo del non color. Oltre il color.
La profusione dello smalto, della vernice, mi ricorda le unghie super lavorate che donne in nero mostrano ad ogni cerimonia. Il troppo raggiunge il nero e così mi si svela forse il gioco dell'artista nel mettere il nero in prima pagina. Dal titolo dei giornali della cronaca. Sbatti il mostro in prima pagina.
" Vedete?" Sembra ci dica Veronica, " Il mondo è tutto nero, sempre. Con il gioco dei colori poi possiamo spennellare e divertirci sia sui corpi che sui luoghi per prepararci al nulla. Perché festa non ci sarà."
E nessuna letizia giunge da quei colori, nessuna liberazione, nessuna voglia di combattere. Sazi e scontenti.
Alan Jones, newyorchese, scrittore, critico e curatore di mostre d’arte, uno dei massimi conoscitori della scena della Pop Art, questa sera con noi parla di fantasia, di fantasmagoria e poi lancia la provocazione che l'arte vada cercata nelle osterie, perché nei musei, l'arte non è più arte è ideologia.
Mi soccorre Pessoa stamattina e con lui un grazie infinito ad Antonio Pujia Veneziano che, strappandomi alla monotonia della mia esistenza, ieri sera mi portò al Marca, regalandomi una bellissimo incidente, non di certo insignificante.
Alan Jones nelle presentazioni gli disse:" Veneziano? Stamattina ero con i veneziani a Venezia e stasera sono con un Veneziano." Sorridendo della coincidenza con noi.
Evviva l'amore per l'arte che ci unisce e che ci meraviglia.
Saggio è colui che rende monotona l’esistenza, poiché in questo modo ogni incidente insignificante offre il privilegio della meraviglia
Fernando Pessoa
Senza confini se non lo smalto, la vernice lucida e nera che cola uniforme su tutto. Entriamo nel mondo nero, nerissimo di Veronica, La canna da pesca e l'amo, in evidenza, i tubi, i salvagenti, l'ombrello, e sembra che il mondo sia tutto nero come nella famosa canzone dei Rolling Stones
poi andiamo oltre, senza confini, nel colore che rutilante ci accoglie nelle altre sale e giungiamo al suo video, alle stanze dei bottoni di un potere che colorare ci può, tanto, troppo, per far diventare tutto nero.
Una scatola di bottoni in una merceria coloratissima. Molte scatole di bottoni rovesciate su un piano smaltato e lucido.
Entriamo nella stanza dei giochi, nella festa di compleanno dei tanti adolescenti, nelle bamboline messe in ordine in una ciotola,
nel telefono e nel braciere in rosa fucsia dei tantissimi blog letterari, nel cerchio e nelle spirali, nelle torte e nei piatti su tavole sempre più smaltate. Antologia di segni. Insieme alla soffitta che, svuotata dai mille oggetti, sta qui colorata, come pavimento.
Il trionfo del non color. Oltre il color.
La profusione dello smalto, della vernice, mi ricorda le unghie super lavorate che donne in nero mostrano ad ogni cerimonia. Il troppo raggiunge il nero e così mi si svela forse il gioco dell'artista nel mettere il nero in prima pagina. Dal titolo dei giornali della cronaca. Sbatti il mostro in prima pagina.
" Vedete?" Sembra ci dica Veronica, " Il mondo è tutto nero, sempre. Con il gioco dei colori poi possiamo spennellare e divertirci sia sui corpi che sui luoghi per prepararci al nulla. Perché festa non ci sarà."
E nessuna letizia giunge da quei colori, nessuna liberazione, nessuna voglia di combattere. Sazi e scontenti.
Alan Jones, newyorchese, scrittore, critico e curatore di mostre d’arte, uno dei massimi conoscitori della scena della Pop Art, questa sera con noi parla di fantasia, di fantasmagoria e poi lancia la provocazione che l'arte vada cercata nelle osterie, perché nei musei, l'arte non è più arte è ideologia.
Mi soccorre Pessoa stamattina e con lui un grazie infinito ad Antonio Pujia Veneziano che, strappandomi alla monotonia della mia esistenza, ieri sera mi portò al Marca, regalandomi una bellissimo incidente, non di certo insignificante.
Alan Jones nelle presentazioni gli disse:" Veneziano? Stamattina ero con i veneziani a Venezia e stasera sono con un Veneziano." Sorridendo della coincidenza con noi.
Evviva l'amore per l'arte che ci unisce e che ci meraviglia.
Saggio è colui che rende monotona l’esistenza, poiché in questo modo ogni incidente insignificante offre il privilegio della meraviglia
Fernando Pessoa
giovedì 17 marzo 2016
Il libro passerà di moda
Passerà questa moda di pubblicare un libro per raccontare la nostra infanzia, adolescenza e maturità.
Passerà la moda di scrivere del nonno morto, dello zio, del marito, della moglie e del figlio, sono morti tutti.
Passerà la moda di raccontare al mondo la nostra separazione dal primo matrimonio, dal secondo e via
Passerà, cara signora, come sono passate le mode di possedere e farsi regalare una pelliccia dopo essere state cornificate.
Passerà, cara ragazza, come passarono i canti della rivoluzione, la democrazia e il voto
passerà, caro signore, come si perse l'abitudine del pranzo domenicale dai suoceri, come passano tutte le mode, compresa quella di declamare versi e pubblicarne i libri, di parlare con gli astanti accomodati.
Passerà la moda di sventolare il premio ottenuto al festival di Pincopalla e ben riportato sulle pagine locali del giornale cittadino, regionale, con il titolone del giornalista più vicino, sia un cugino, un parente del parente.
Passerà questo elemosinare un riconoscimento, perché non sarà più di moda il titolo di scrittore, scrittrice, poeta, poetessa, autore, autrice, esordiente, capolavoro, eccellenza nel mestiere.
Passerà di moda riunire le associazioni, doppie, triple e quadruple, intorno al desco di Santa madre libro, divenne madre il libro, nel cambiamento dei ruoli sempre ben codificato dal nuovo letterario che finirà.
Finirà, me lo ripeto come un mantra, finirà il mio libro.it, anobi, le recensioni a comando, e ogni altra editoria a pagamento, perché non tutti quelli che pubblicano a pagamento sono Dino Campana, Calogero e Chissacchì.
Passerà la moda di ogni cantante, ogni presentatore, ogni cuoco, ogni prestigiatore, ogni attore con il libro scritto da chi non si sa.
Resterà il piacere di leggere un bel libro, senza la smania di pubblicarne uno, dieci, cento, mille.
Resterà il gusto di capire se un libro è scritto bene, se è scritto male, se ne sentiamo il suono, il ritmo, se sorridiamo leggendo, se ci fa compagnia, se è un libro onesto e ci libera dal nostro fastidio quotidiano.
Vedrete passerà questa moda come scomparvero i fotoromanzi, il principe azzurro, la cabina telefonica e il forno a legna.
Questa moda finirà, care signore, e tornerete a fare centrini, come disse una mia amica all'uditorio, quella volta, e tornerete a fare bricolage, cari signori, e tornerete a fare torte e pizze, e poi la sera prenderete in mano un libro vero e leggerete. Oh Leggerete! Perché leggere tornerà di moda
Passerà la moda di scrivere del nonno morto, dello zio, del marito, della moglie e del figlio, sono morti tutti.
Passerà la moda di raccontare al mondo la nostra separazione dal primo matrimonio, dal secondo e via
Passerà, cara signora, come sono passate le mode di possedere e farsi regalare una pelliccia dopo essere state cornificate.
Passerà, cara ragazza, come passarono i canti della rivoluzione, la democrazia e il voto
passerà, caro signore, come si perse l'abitudine del pranzo domenicale dai suoceri, come passano tutte le mode, compresa quella di declamare versi e pubblicarne i libri, di parlare con gli astanti accomodati.
Passerà la moda di sventolare il premio ottenuto al festival di Pincopalla e ben riportato sulle pagine locali del giornale cittadino, regionale, con il titolone del giornalista più vicino, sia un cugino, un parente del parente.
Passerà questo elemosinare un riconoscimento, perché non sarà più di moda il titolo di scrittore, scrittrice, poeta, poetessa, autore, autrice, esordiente, capolavoro, eccellenza nel mestiere.
Passerà di moda riunire le associazioni, doppie, triple e quadruple, intorno al desco di Santa madre libro, divenne madre il libro, nel cambiamento dei ruoli sempre ben codificato dal nuovo letterario che finirà.
Finirà, me lo ripeto come un mantra, finirà il mio libro.it, anobi, le recensioni a comando, e ogni altra editoria a pagamento, perché non tutti quelli che pubblicano a pagamento sono Dino Campana, Calogero e Chissacchì.
Passerà la moda di ogni cantante, ogni presentatore, ogni cuoco, ogni prestigiatore, ogni attore con il libro scritto da chi non si sa.
Resterà il piacere di leggere un bel libro, senza la smania di pubblicarne uno, dieci, cento, mille.
Resterà il gusto di capire se un libro è scritto bene, se è scritto male, se ne sentiamo il suono, il ritmo, se sorridiamo leggendo, se ci fa compagnia, se è un libro onesto e ci libera dal nostro fastidio quotidiano.
Vedrete passerà questa moda come scomparvero i fotoromanzi, il principe azzurro, la cabina telefonica e il forno a legna.
Questa moda finirà, care signore, e tornerete a fare centrini, come disse una mia amica all'uditorio, quella volta, e tornerete a fare bricolage, cari signori, e tornerete a fare torte e pizze, e poi la sera prenderete in mano un libro vero e leggerete. Oh Leggerete! Perché leggere tornerà di moda
mercoledì 16 marzo 2016
Sul Soffitto Éric Chevillard
Evviva la sedia e chi la inventò. Evviva la sedia e le persone sedute, nelle chiese, nelle scuole, negli uffici. Una civiltà seduta. Seduta alle tante presentazioni di libri. Umani seduti che sembrano tutt'uno con la sedia, ho sempre pensato, mentre sulle sedie io mi agito, faccio movimenti circolari, manifesto il mio disappunto oppure il mio entusiasmo. Leggo "Sul soffitto" segnalato da un amico molto caro, lo leggo da ieri sera. Non è un racconto lungo,144 pagine, eppure sono pagine che voglio rileggere e gustare come se fossi io ad averle scritte. La storia comincia con una riflessione sul colore grigio, un colore che è invisibile, tanto da farci dire di un uomo spento un uomo grigio. Ed invece non è così: "rimane il pregiudizio secondo cui il grigio sarebbe la più sottile manifestazione del visibile, ciò che si distingue appena dal nulla o se ne avvicina di più, un pregiudizio così tenace, d'altronde, che ha finito con l’accecare per davvero i popoli: quanti uomini e quante donne restano giorni, mesi, anni interi senza vedere un elefante, né un ippopotamo, come se bestie talmente imponenti fossero veramente diventate impercettibili per loro? Oggi, la sensibilità al grigio caratterizza alcuni rari esteti che possiedono un’anima da musicista. Loro lo sanno, esistono tante sfumature di grigio quanti colori schietti, ogni sua sfumatura corrisponde precisamente a uno di quei colori di cui esprime tutti i valori, solo con maggiore delicatezza e finezza, con un’esattezza e una purezza assolute."
Mentre si racconta la stranezza del protagonista che non può fare a meno di una sedia sulla testa, seguiamo i pensieri e le difficoltà di passare sotto le porte, di infilare vestiti, di andare in giro senza voler e poter cedere la sedia ad una vecchia signora. Intanto che i pensieri diventano universali, sui gruppi, sulle necessità di alcune minoranze, sul chiedere o meno che della diversità se ne occupino architetti, stilisti, esperti vari, ci viene da sorridere sulle nostre difficoltà a stare in mezzo agli altri. Tutti diversi con o senza sedia. Tutti bisognosi di aiuto, eppure tutti pronti ad essere falsamente caritatevoli verso altri ancora, individuati come soggetti a parte, e donando loro quello che non serve.Ah la carità! La carità pelosa! diceva la mia mamma. Basterebbe solo rialzare i soffitti.
L'uomo con la sedia in testa ha una fidanzata, Méline, vive in un cantiere in disuso di una biblioteca mai terminata " ma questa in realtà è un’opera del vicino Kolski" una opera simbolo di una civiltà disgustata. Con altri vicini di casa: La signora Stempf, Malton e Lanson, Topouria, Kolski, gli altri alloggi sono tutt'ora disponibili.Volete trasferirvi? Io chiedo asilo.
Nel voler sfuggire alla noia la signora Stempf racconta la storia del principe ranocchio e del bacio ai suoi piccoli mai partoriti, perché incompleti.
Sorridendo leggo le immagini che non vi racconterò. Ognuno di noi dovrà trovare il sortilegio da disinnescare, ognuno di noi dovrà fermarsi e tornare indietro nella lettura. Mentre leggo, le mie due sedie, in cantina, aspettano di essere impagliate, nello stesso modo della sedia in testa, rovesciata.
"Applichiamoci per prima cosa a risolvere dei modesti enigmi se auspichiamo di svelare infine i misteri della nostra propria condizione" Intanto Kolski si fa la doccia. Ma come? Non doveva lavarsi mai più? Non doveva fare arte del suo odore puzzolente? Questo domanderò allo scrittore se mai lo incontrerò. Un applauso al surreale che ci appartiene, al mondo rovesciato, al viaggio ludico e sferzante del Luciano di Samosata dei nostri giorni.
La traduzione di Gianmaria Finardi tiene il gioco fin quaggiù, dalla Francia allo stivale italico. Una musica per noi. «Quel che funziona sulla carta,per me, ha sempre costituitola sola realtà possibile.» Éric Chevillard
Ippolita Luzzo
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