mercoledì 1 aprile 2015

Dove eravate tutti- Paolo di Paolo

Dove eravate tutti- Paolo di Paolo



Leggo e mi commuovo. Mi trovo gli occhi pieni di lacrime e mi do della cretina dicendomi che è solo un romanzo.
Non mi succede da moltissimo tempo di piangere commossa. Anche il protagonista sta piangendo
"Nessun gioco di prestigio era riuscito. Perciò, a questo punto l’unica cosa  confortante a cui pensare era che… in linea di massima"
" Il mondo sarebbe per noi irriconoscibile se mancassero sei, sette persone. Solo sei, sette, sui miliardi che siamo"
Sei o sette con i quali ci intratteniamo su banalità del quotidiano:- Puoi ridarmi la chiave della macchina? Hai perso di nuovo il telecomando? Non potresti smettere di ripetermi le stesse cose e smettere di criticare ogni cosa io faccia?-"
Sembra, nel leggere, sentire un coro di singole unità che cantano il Prologo, su una scena, in stanze tutte per noi, nelle stanze di case, tante case, con ripetitori accesi sulle onde di una radio famiglia, radio conviventi, radio amici, radio ascolto.it
"Di quanti luoghi e ore dispone un figlio, per parlare a sua madre?"
Due persone, di qualsiasi sia la natura del legame, hanno in ostaggio molte cose l’una dell’altra. 
Molte cose che non sono oggetti. 
Molte cose che non si possono scrivere, non si sanno scrivere. 
Non si devono scrivere. 
Solo  la letterarietà rende possibile la trasposizione del racconto, con i suoi tempi.
Il tempo che sedimenta e cambia tutto, il tempo che comincia a correre strano, poi si cresce, non si cresce, in effetti.
Dovete eravate tutti di Paolo Di Paolo si trova in biblioteca, donazione di Gianni e Graziella Riga.
Graziella Riga, professoressa di latino e greco al Liceo classico di Lamezia Terme e deputata per il PCI, forse unica donna deputata. fino ad allora, nel mio paese. Sono morti entrambi, fratello e sorella. Soli.
Lei è stata trovata dalla donna delle pulizie sulla poltrona, seduta davanti la TV.
Nelle grandi e vuote case rimaste dopo che soffiò a lungo il vento del deserto.
Dove eravate tutti:- "Cosa devo vedere? Com'è crudele mettersi a scrivere della vita degli altri" perché scriviamo sempre cose che non abbiamo raccontato a nessuno.  "Per questo si chiamano segreti, sono le cose segrete che uno affida all'altro senza pensarci troppo" in un  patto di fiducia
" Quando mostra uno strano segno sul polpaccio e spiega che storia c’è dietro"
questa cosa mi è successa davvero, un amico caro nel mostrare il polpaccio, dove stava tatuato un cuore rosso grondante sangue e nel raccontare la storia del segno, ha aggiunto:- Non lo direte a nessuno, vero?- 
Non posso restituire questo libro in biblioteca, me lo ricomprerò.
Lo tengo da giorni e giorni accanto a me e staccarmi mi addolora. Un libro amico mio è. Mi succede raramente ormai.
Paolo Di Paolo mi assomiglia  ed abita nella stessa casa  ideale dei riferimenti che portiamo in testa.  
Ippolita Luzzo 




martedì 31 marzo 2015

La democrazia come la tunica di Gesù


Giocarsela ai dadi come la tunica di Gesù.
La nuova democrazia sarà un gioco.
Tiriamo a sorte e vincerà il più fortunato, colui o colei, che avrà la dea bendata a fianco a sé.
Il governo di una città, di un comune, di una nazione, almeno la sorte avrà favorevole.
Giocare ai dadi e dirsi un numero, indovinare il numero vincente sarà la nuova abilità richiesta a chi vorrà mettersi a capo della città.
Questa retorica del voto, strumento di democrazia, è fin troppo scoperta, fin troppo usata, non serve a niente.
I voti sono il risultato di accordi, ormai.  Le leggi per votare hanno creato mille sottigliezze per non dare importanza al voto.  Il voto non esiste più. Esiste solo lo scambio.
Il dominio, il gioco. 
I soldati si giocarono la tunica di colui che poi, qualcuno in nome suo, governò il mondo terreno e  ultraterreno.
Giochiamo al gioco antico e affidiamo la nostra città al gioco della dea che, bendati, ci giocherà nell'eterno girotondo... del meno peggio ci capiterà
Ai dadi, ai dadi
"I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. 
Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo
 Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:

Si son divise tra loro le mie vesti
 
e sulla mia tunica han gettato la sorte.
E i soldati fecero proprio così.



Della tunica poi non vi è più traccia

domenica 29 marzo 2015

La libertà del gesto. Marco De Martino

La libertà del gesto. Marco De Martino



I primi due passi e qualche ostacolo.
Nello spazio asfittico del sociale
 ognuno di noi cerca spazio per un  gesto
“ In ufficio o sui mezzi pubblici mi capita di pregare, il che consiste nell’aprire un libro e di leggerlo per due o tre minuti ( al mattino dura un po’ di più, un quarto d’ora)facendomi due segni della croce, uno all’inizio e uno alla fine. Fumare una sigaretta, col fatto che occorre andare dove lo si può fare, prende più tempo, e a tutti capita di perdere un minuto o due nel fare al computer qualcosa di personale e non di lavoro, oppure solo prendere il caffè. Eppure questi ultimi comportamenti non sono stigmatizzati, la preghiera sì” 
 Continua così Marco De Martino a scrivere  che una signora sul bus gli ha detto che certe cose si fanno a casa.
 Lui conclude osservando come sul bus altri leggono giornali e libri e scrivono su smartphone e nessuno si meraviglia.
Rivendica quindi la libertà del gesto, di fare la croce, di recitare una preghiera sottovoce, di sgranare un rosario, anche in Metropolitana.
Un gesto libero e un libero gesto.
Fuori da contesto in cui nostri gesti siano consueti, tutti i gesti sembrano poco consoni.
Ed il confine labile, in cui noi ci muoviamo gestualmente per essere accettati, comporta regole precise.
Ci alziamo infatti tutti in piedi a dire Ave Maria, all’esortazione di Don Giovanni Masi, collaboratore del Vescovo di Lamezia Terme, facciamo il segno della croce ed ascoltiamo attenti, in silenzio, le sue parole.
Costanza Falvo D'Urso ha appena concluso sua relazione che spazia da Pascal “ Ci sono verità che superano la ragione… compito della ragione è comprendere i suoi limiti” a limiti e regole, su dubbi e certezze, su luce e buio, sulle dinamiche interiori ed esteriori in cui camminiamo nello spazio di una conversazione.
Una conversazione che Marco De Martino vuole fare con tutti, vuol far conoscere a tutti, nella fideistica consapevolezza che credere sia ragionevole e, aggiungerei io, necessario ad allargare lo spazio percorribile del pensiero.
Nell’interesse fra noi uomini, piccoli, senza la luce della grandezza.
Mi interessa il gesto e il gesto rivela più delle Parole una disponibilità umana a voler credere in sé stessi, negli altri e in un disegno universale.
Per questo ho davanti a me il gesto di Marco, nell'accettare la penna e

Scegliere il verbo interessare per stare tra noi con un gesto naturale

sabato 28 marzo 2015

La storia passa per Seminara- Santo Gioffrè


Il romanzo storico di Santo Gioffrè a Lamezia

“ Inizia con grande affresco di battaglia nei pressi di Seminara 1503
Calabria Spagnola dopo la parentesi aragonese”

Parla Francesco Bevilacqua ed io prendo appunti, in sintonia con suo  fluire.
Questo romanzo vi sorprenderà per lo stile del linguaggio

“ Con che linguaggio lo scrive? Barocco, quasi contorto, ricco, come se fossimo in quel tempo lì”

Com'è giusto che sia, asserisco anche io, fra me e me.

Dopo grande affresco storico su battaglia che viene studiata nelle Accademie Militari perché attuata con una tecnica nuova e sorprendente, il romanzo  passa alla storia individuale di  Consalvo e del  suo daimon.
Consalvo, il condottiero, Consalvo vincitore ma ammalato è soccorso da Carlotta che lo cura e lo salva.
I due diventano amanti in uno scambio sensuale che farà di Consalvo un uomo nuovo. Lui un goto, diverrà romano, ed insieme  un uomo del rinascimento. Carlotta pacifica Consalvo all'umanesimo.

Intanto, nel grande sacco, nella grande cornice degli avvenimenti mondiali:  Isabella e Ferdinando bruciano gli eretici
 arrivano i soldi dall'America in Spagna e nasce colonialismo

Francesco Bevilacqua ha portato una valigia di libri, il suo trolley personale ed estrae un libro dopo l’altro, per dirci cosa sia e cosa vuol dire romanzo storico e a cosa serva se non a dare ad ognuno il ritorno ad Itaca, al nostro paese, alle  radici.
Incomincia da Enrico de Martino e dal  villaggio che devi avere e che puoi avere solo se lo conosci, se lo vedi, se lo narri.

 Come  Santo Gioffrè genius loci di Seminara: il custode
 che narra, regalandoci con la narrazione gli occhi per vedere i nostri luoghi.

Nella poesia che unisce: ora Francesco sta leggendo dei versi di Rilke, che dedica a Santo Gioffrè “Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.”
 Provvisoriamente lasciamo un luogo per ritornarvi
E qui mi fermo sulla ultima considerazione di Francesco  sul potere che corrode,  fa diventare stupidi le persone non forti, non abbarbicate ad una personalità costruita con sapienza, la  sola ad offrire questa unica verità: Il potere è un servizio.
 Quando comincia a parlare Santo Gioffrè sui tempi indolenti della scrittura, sui personaggi da lui amati e studiati, Leonzio Pilato, il primo umanista, Artemisia Sanchez, storia ispirata ad una storia vera della Calabria di fine ‘700, la Madonna nera di Seminara…
Quando parla lui smetto di scrivere
Seguendo simboli e significati, regni costruiti con violenza, barbarie,  e ricostruiti, unificati sotto  la grande potenza di una immagine sacra, la Madonna; Madonna che da bianca  diventa nera, nella rinascita e nella luce delle beatitudini di San Luca.
 Nella commistione di un potere che ha avuto bisogno, per regnare, del sacro, mi fermo.

 Sul regno  

martedì 24 marzo 2015

Latin Lover- Dimmi quando tornerai

Latin Lover- Dimmi quando tornerai


Dimmi quando quando quando... l’anno, il giorno e l’ora in cui forse tu mi bacerai
Atto d’amore al cinema anni sessanta settanta, atto d’amore agli interpreti, a chi ha fatto il cinema italiano, lo ha nutrito, profumato e custodito.
Con la scia del profumo del seduttore che seduce ancora, in un nuovo approccio amoroso verso pellicole così, scivolano i fotogrammi di Film Western, rosa e drammatici, immagini che si sfogliano nell’album dei ricordi animati. 
Loro, i nostri grandi attori, Volonté, Tognazzi, Mastroianni, Gassman, De Sica,  insieme ai nostri registi Monicelli, Rossellini, Comencini.
Il cinema: Alla Mostra del Cinema Di Venezia, in una  stanza sommersa  di  rose bianche, si incontrano il padre e la figlia americana, sconosciuta, in un probabile ed impossibile connubio sentimentale che non ci sarà.
Cinema americano e cinema italiano: un abisso.
Ecco perché diventa scimmiottamento quello tentato da Muccino, rifare una commedia su personaggi e rifacimenti da Los Angeles.
Cristina Comencini sceglie il ritorno, la commemorazione in terra natale, nella casa di lui, dell’attore morto da dieci anni, nel letto matrimoniale accudito dalla prima moglie.
Un cinema che ora fragile è, scontato e senza originalità, impasticcato e ripetitivo, tranne le eccezioni, grandi eccezioni.  Questo lo è. Un film con grandi attori, una grande Virna Lisi, a cui il film è dedicato, sua ultima apparizione, un grande Neri Marcorè, una simpaticissima  Angela Finocchiaro… tutti diretti splendidamente da Cristina Comencini

Ed alla fine, al commiato del  prossimo funerale dove le famiglie si rincontrano per dirsi ancora quanto siano sorelle un brivido… e una speranza

Il nostro cinema deve tornare al  mondo e nella girandola degli incontri  potrà infine suonare il piano con gli Oscar in una canzone mai tramontata. Dimmi quando tu verrai

Birdman: Obbligo o verità

Birdmam- Obbligo o verità

Dal gioco fatto sui parapetti del teatro St. James di New York alla fiaba trucida di una alienazione.
Il carro di Fetonte e uno sguardo verso il cielo. Dagli Uccelli di Hitchcock a un solo Spiderman
Come siamo finiti in questa fogna?- si domanda il protagonista alla prima scena battendo colpi decisi sulla  porta di un camerino.
  Birdman: Tutto ok?- Inizia così con un continuo rassicurarsi americano fra i personaggi, fra gli attori. Tutto bene. Va tutto bene. Siamo fragili, siamo delle merde, ma va tutto bene.

E la fiaba nera termina con lo sguardo azzurro su un cielo azzurro in volo.
 Dal testo al sottotesto e di nuovo in alto con un grande salto. Il salto nel volo che questo anno premia. A Sanremo Il Volo e a Los Angeles l'uomo che vola.
Nella costruzione artata sia nell'uno che nell'altro caso.  
Capolavoro americano o capolavoro in toto? Boh! L'alienazione, prodotto del capitalismo, ha preso le forme dell'uccello mascherato che incita il protagonista a buttarsi giù.
- Sei un altro- gli dice- sei me, siamo fortissimi insieme, eravamo soldi successo e sazietà. Lanciati nel cielo, orsù, vola e lascia il teatro agli sfigati, ai comunisti, ai nostalgici di un tempo che fu.-
 Anche io, straorzata da un film che batte una colonna sonora a tamburo continuo, volo da Fetonte e al suo carro di fuoco, prima ed ultima, quasi, immagine del film, nel mondo dei soldi e del minimale. Ecco perché Carver. Esseri,  ridotti, nel senso di rimpiccioliti, ristretti in banalissime conversazioni. Le conversazioni del commerciale.
  Unico ossequio al teatro vero è la ribellione dell'attore di teatro che, nella strafottenza del personaggio, rimane il solo a dirla europea. Non robot ma erezioni. Non assoluto e relativo bensì il mondo come rappresentazione.
Nella scena finale del dramma  recitato sul palco è il sangue della tragedia che decreterà il successo. Sempre il sangue e non la catarsi ad attirare le mosche di capitalistico ricordo.

Per questo  io vidi una palla di fuoco nel cielo di New York, sui grattacieli visti dal St. James Theatre.

sabato 21 marzo 2015

Non sono Sibilla Aleramo alla libreria Ubik

Dopo tanti anni leggo questa lettera in una serata dedicata a Dino Campana e Renato Denardis alla libreria Ubik di Catanzaro lido





A Dino Campana    14 aprile 2012
Una canzonetta volgaruccia era morta
E mi aveva lasciato il cuore nel dolore
E me ne andavo errando senz’amore
Lasciando il cuore mio di porta in porta:
Con lei che non è nata eppure è morta
E mi ha lasciato il cuore senz’amore:
Eppure il cuore porta nel dolore:
Lasciando il cuore mio di porta in porta.
Dino Campana- la sera di fiera- Canti Orfici


Non sono Sibilla Aleramo  1-03-2010

Non sono Sibilla Aleramo
ma come lei sono una donna
e ho scritto una lettera d’amore ad un uomo
che potrebbe essere chiunque
e come per tutti noi è solo uno,
uno al quale abbiamo consegnato un compito-
Essere testimone della nostra vita-
e non vogliamo capire che questo uomo
non riesce ad esserlo nemmeno nella sua vita.
Ecco il testo

Ma non c’è.
Un foglio bianco,
perché qualunque testo,
qualunque lamento, qualunque gioia,
non raggiunge la lastra scivolosa.
La lettera d’amore è scritta solo per noi,
non esiste un orecchio per questo testo che non c’è,
non esiste un occhio per vedere oltre il nulla trasparente,
la lastra riflette la luce e rimbalza ogni parola
come un eco lontana        sempre più lontana                 sempre più fievole.
La lettera che non c’è vola leggera nelle valli della fantasia
e riscrive le parole più varie, più dolci, più care,
ma solo parole per noi.


Ippo   potamos- fiume