giovedì 27 febbraio 2014

le sopracciglia della nonna- Il sud é niente



Le sopracciglia della nonna- Il sud è niente

La voce del silenzio (canzone)

“dal mare del silenzio
ritorna come un'onda nei miei occhi”

Appena siamo ai titoli di coda, a Vibo, una signora, stessa età della nonna, suppergiù, mi fa, vedendomi completamente persa nel film:-Veramente io un appunto lo farei. Non le sembra che la nonna abbia sopracciglia estremamente curate? Non sono esageratamente ad arco e troppo sottili per la sua età? E poi, via, chi porterebbe al sud, da anziana, sopracciglia così?-

Io, che ste cavole di sopracciglia non me le ricordavo, faccio sforzo e mi sovvengono, poi consiglio alla gentile signora di andare a dire al regista la sua osservazione, sarà sicuramente utile, ed intanto guardo le sue impeccabili sopracciglia.

Benissimo, mie care.

Ognun dal proprio mondo vede. Io credo che le donne del sud, la nonna del film, siano  donne curate, secondo i dettami di santi giornali femminili che tanto hanno segnato da nord a sud l’idea di bellezza. Perfetta, quindi. Io avevo colleghe più grandi di me, esattamente uguali alla nonna di Grazia.

Io mai fatto arco a sopracciglia, prima non voleva mio padre, poi scoprii che mi facevo troppo male ad  usare pinzette varie, e restai senza ali di gabbiano.

Ora che la vita mi sorride sempre mi sto accorgendo che non ho niente, tu sola non ci sei…pinzetta.

Quel mondo che noi ci rappresentiamo, quel sud, quel nord, le nonne che sono trasandate e curate, quel mondo che noi elaboriamo non è il mondo che tu, che voi, che tutti riportiamo nelle nostre testoline più o meno ad uso di Donna Moderna.

E dopo questo volo aulico e degno di un Mereghetti, io  ripeto che "Il sud è niente" volerà con le sue ali di gabbiano ancora oltre, senza limiti e confini

Volerà nello spazio infinito

Portando la voce del silenzio
“ Ci sono cose in un silenzio
che non m'aspettavo mai,
vorrei una voce
ed improvvisamente
ti accorgi che il silenzio
ha il volto delle cose che hai perduto.”

Canzoni, film, dipinti per dare voce ad un  silenzio che vada oltre

 una pinzetta per sopracciglia.

La mosca di Cronenberg



La mosca di Cronenberg  6 giugno 2012
Un film delizioso- Uno scienziato effettuando il teletrasporto non si accorge della mosca in cabina e la incorpora.
Il suo organismo geneticamente si modifica passo passo
Un film romantico- Tutto si trasforma nel grottesco, nel pulp, e lui diventa un mostro
La mosca che cammina sulla mano se voglio fra un minuto non c’è più… cantava Renato Pareti
Negli anni settanta, un cantautore eccezionale, bello, sono innamorata di lui, ma come glielo dico che ho cantato per anni questa canzone! Cantato… scantato…
La mosca di Tobia- Vai,  cara-  disse Tobia alla mosca- Il mondo è tanto grande
Continuavo così, quell’anno, sul bus pieno di mosche che ci portava a Rimini per un convegno sul romanzo del novecento.
Le mie compagne di viaggio ridevano e continuarono a ridere quando io presi a dire che avevo una mosca nell’occhio.
Un moscerino, via.
Tentammo di scacciarlo, ma niente.
Pensai che la notte lo avrebbe mandato via, ma all’alba il moscerino era ancora lì, è ancora qui, nell’occhio.
Impaurita mi precipitai al pronto soccorso di Rimini, e lì una brava dottoressa, oculista, mi disse:- Lei signora, ha una bella mosca nell’occhio!-
-Oddio, è grave? Andrà via?-
-Non andrà più via- proseguì lei implacabile- è un collasso vitreo dovuto ad uno stress-
- Ma, veramente ero in viaggio e parlavo di mosche, sa, mosche letterarie, avrò avuto la sindrome di Stendhal?-
Ma già la dottoressa non mi seguiva più, piegata su un foglio scriveva il referto.
Dopo un anno andai da un professore universitario in oculistica e lui mi fece:- Cara signora si preoccupi solo se, nel suo occhio, vedrà uno sciame di mosche, finché è una mosca sola la lasci volare!-
E così convivo ormai da un anno con un moscerino in un occhio e da qualche giorno leggo un moscerino sulla carta stampata… e commento un Moscone… siamo già allo sciame. Mi preoccupo?


lunedì 24 febbraio 2014

Non è importante quello che vuoi tu.- Fabio Mollo



-Non è importante quello che vuoi tu.
Ma di quello che puoi o non puoi-

Questa la risposta di chi deve riferire al potente sulla decisione di Cristiano di vendere la sua bottega, ormai messo alle strette da minacce velate da consigli affettuosi e regali allusivi, da serrata corte che si restringe di più, il mancato arrivo delle partite di stocco, la serranda già alzata, segnali inequivocabili che deve andare via.
Cedere
Bisogna cedere in  un sud sempre più di malavita, anche nei luoghi meno pensati, cedere al prepotente che si allarga, al supponente che si presenta e bisogna vendere quel voto che fu concepito come espressione popolare ed invece non lo è mai stato.
Forse è dappertutto così.
Sicuramente.
Sicuramente quella verità che Grazia vuole sentire dal suo papà è una verità intima e dolente, una verità che rasenta la follia, l’impossibilità di dirla fuori, di poter urlare il proprio dolore.
Credo il film non sia da circoscrivere al solo sud, non sia solo Reggio Calabria, non sia solo violenza e silenzio.
Leggendo testi antiche e tragedie greche, leggendo dappertutto, questo sconcerto che si chiama non accettazione ha dato vita all’arte. Alla Grande Arte.
Testi di soprusi su innocenti, su buoni, su impossibilitati a difendersi perché non si vede da cosa difendersi nelle ombre di un malessere imposto da altri.
Un silenzio biblico e non, dai primi testi che sono apparsi continuiamo ad urlare la strage degli innocenti.
Cambia poi il registro, un film, una fotografia nordica, un mare dalle mille bolle che accoglie corpi di emigranti annegati, di rifiuti avvelenanti, un mare che nemmeno vediamo più sporco e cattivo quando felici ci immergiamo.
Sempre facciamo finta che tutto va bene, come  dice la canzone di Dario Fo, tutto va bene, facciamo finta perché abbiamo voglia di vivere ma non il coraggio di farla finita.
Non possiamo.
Certo non possiamo, nemmeno sulle inezie, però…
E qui la grandezza di Fabio e di Miriam, di Vinicio e di tutti quelli che credono e sanno come muoversi, la grandezza di darci secchi messaggi di disciplina, di asciugare ogni cosa all’essenziale, di essere bravi e preparati, di saper ascoltare la musica dentro e di andare lontano e ritornare solo se siamo più forti e capaci. Noi non  aspettiamo che il prepotente ci venda quella partita di pesce stocco, noi dobbiamo sapere dove andare a pescare, noi tutti, di ogni paese dobbiamo vivere fuori per sapere guardare la libertà di dire le nostre ragioni.
Un grande film nordico, freddo e severo, che andrà ancora e ancora in giro…per ora è solo l’inizio, dicevamo un tempo, continuiamo la lotta.
La lotta per essere veri e il verbo che parla.



venerdì 21 febbraio 2014

Una botta e via- La signora milanese e la signora calabrese



La signora milanese e la signora calabrese

Uguali

Lei, la milanese, è ricca, ben sposata, molto ben sposata, con palco alla Scala, posizione vip, vicinissima Borrelli, vicinissima l’Elkann e la Borromeo.

La incontro sul viale stazione di Lamezia e la saluto. Fa parte delle parentele acquisite. Lei rallenta, stranamente. Si ferma e facciamo due passi insieme.

Inizia subito l’attacco contro una donna che io conosco superficialmente, che fu allevata nella famiglia del marito e che visse sempre con loro tanto da avere un lascito, un appartamentino, un vitalizio, da una famiglia che lei aveva tanto amato.

Qui, la signora milanese, ingioiellata e imbellettata, ricca in anni che dovrebbero dare saggezza mi fa:- Capisci, capisci, questa donna mi ha rubato anche una coperta! Come se non bastasse il resto, anche una coperta!-

Sono imbarazzata, mi verrebbe voglia di rispondere:- Io non conosco la ladra, ahah, se vuole posso comprarle una coperta, ahah-

 Saluto velocemente e vado via, prima che il mio diavoletto impertinente risponda per me.

Passano gli anni e l’altra mattina incontro una signora calabrese, molto dotata intellettualmente, laureata.

La saluto educatamente e lei anch’essa per la prima volta si ferma, mi intrattiene.

Su una sua collega che, non sposata e non avendo figli, fa , secondo lei, sposata e genitrice, una vita grama senza botta.

Insomma una botta e via, forse qualche volta la può rimediare, continua l’esimia, arricchendo le sue osservazioni con altri coloriti e poco opportuni giudizi su chi viva sola

Se c’è una cosa che mi lascia male è la volgarità e questa non ha ambienti, non ha ricchezza, non ha bellezza.

La volgarità degli animi risiede sia in una ricca gentil signora milanese che in una splendida laureata calabrese.

Non è il luogo bello o brutto che fa un animo bello o brutto, io credo che si nasca diversi, sensibili o meno.

L’educazione serve per frenare istinti, correggere, indirizzare, chiarire, far sapere…tutto il resto lo abbiamo innato.

martedì 18 febbraio 2014

svivere a Lamezia



Il natio borgo selvaggio

Alla maniera di, in un maniero mi ritirai.

Troppo selvaggio fu il vivere qui.

Tenni aperto il ponte solo per alcuni che avessero in mano un libro, un film, una musica, colori e politica, passione politica.

Solo per chi non era di qui

Per tanti anni ignorai le tribù, mi appartai nel mio mondo, non ascoltando che danze lontane, non vedendo che intorno tutto era solo un borgo selvaggio.

Continuo a vivere nel mio maniero, con ordini perentori.

Quel ponte deve cadere giù solo e sempre più raramente, una selezione spietata.

Tutto a posto?

Certo è tutto a posto, miei cari concittadini,
tutto a posto e niente è in ordine.

Leopardi si illuse che fosse il suo borgo ad esser selvaggio, si illuse che fuori fosse migliore.
Io non ho questa illusione.

Io scelgo ogni persona, io scelgo per sintonia, per comune sentire, scelgo chi far entrare in Litweb.

Scelgo felice di essere al mondo che steccati non ha, dopo aver alzato il ponte.
Perché solo se ho chiuso a chi vorrebbe rinchiudermi allora  posso essere libero.

Per tutti è così

Alziamo convinti un bellissimo Alt agli esseri inutili, ai cattivi e gelosi, a chi vorrebbe il possesso di una mente libera, a chi vorrebbe sbirciare dentro per trovare chissà che cosa.

Fuggiamo felici dal nostro borgo e andiamo fuori, fuori davvero, ci accorgeremo che siamo in tanti a voler vivere diversamente.

Ci accorgeremo quanto sia facile ignorar selvaggi e nativi locali.

Siamo pur sempre cittadini di un regno senza confini e senza danari, il regno della fantasia.

Leopardi avrebbe approvato

Sempre caro mi fu quell'ermo colle

Vivere senza eppur viverci dentro

Non ho bisogno di fuggire lontano

Io a Lamezia non sono mai stata