domenica 17 novembre 2013

Michele Branchi- L'infinito buio



Michele- L’infinito buio

Una indagine difficile per il commissario Capurro

Un commissario fragile e solitario, convinto però che chiunque compia un assassinio, un atto criminale di qualsiasi natura poi voglia raccontarlo. Chiunque.

Da Dostoevskij a noi, basta aspettare e inevitabilmente la rivelazione verrà fatta, come una liberazione.

Giallo psicologico e di introspezione accurata, giallo di ambienti che abitano strade, case e Genova.

Mi trovo sul comodino L’infinito buio per una bella amicizia, per temi condivisi con l’autore.

Identico infatti lo scetticismo che, attraverso i tasti, si possa davvero amare, innamorarsi, essere amici.

Identico il convincimento del pericolo della suggestione che una immaginazione può creare.

Identica l’ammirazione per grandi autori che capirono, prima di internet, come una molteplicità di stimoli azzerino oppure fanno disconoscere l’unico motivo valido.

Ricordo  la chiacchierata sul grande inquisitore, sull’uomo che condanna Gesù, ritornato sulla terra per liberarci.

La stessa cosa potrebbe succedere ora.

Non riconoscere chi viene per dare la luce, la conoscenza, liberarci dalla schiavitù, per dare amore.

Il popolo è ondivago, manipolabile e segue… segue

Seguirà l’inquisitore che, benché turbato dal bacio, continuerà nella sua opera di condanna.

Forse la grande e difficile arte del narrare sta proprio nello svelare, non troppo, quello spiraglio di luce fra noi e le tenebre.

Poco però per non abbagliare.

Indagini quindi fino ad entrare nella mente dell’assassino per capire, per accendere la luce.

Mi piacciono i gialli, mi piace un genere che, indagando su un omicidio, in effetti indaga sulla miseria di vivere come si vive, nel vuoto assoluto di luce.

Fissati tutti, convinti che l’altro, che gli altri siano i cattivi, gli invidiosi, i maligni, convinti che uccidendo un altro, si possa eliminare il male, il malessere profondo di abitare nell’individualità.

Riflessioni autunnali, con accanto il libro dalla copertina rossa, come un tramonto.

venerdì 15 novembre 2013

Uomini visti da donne



23 settembre 2010

Uomini visti da donne



Una signora va a fare la spesa in un grande supermercato della città. Nello spazio antistante vi è un ampio parcheggio e alcune ragazze marocchine vendono fazzoletti – chiedono un euro. Un uomo distinto, conosciuto, si avvicina alle ragazzine. Parla con loro e poi convince una delle due forse la più piccola a salire in macchina, la sua macchina. La signora osserva incuriosita, perplessa, sulle prime avrà pensato che l’uomo si propone di aiutare le ragazze, ma deve ricredersi. Lui ha il classico atteggiamento dell’adescatore, l’occhio torbido, la voglia stampata sulla faccia. Così turbata la donna rimane indecisa e torna a casa. Sarebbe creduta? No, lei stessa si risponde. Lo racconta ad una amica. Anche l’amica non crede. Questo uomo è un uomo devoto, pio, un uomo molto religioso. Non può aver fatto, pensato di usare minorenni, senza difesa, per un piacere personale. Sembra assurdo. – Zitta – Zitta. Passa il tempo. Poi stranamente all’amica scettica viene raccontata la medesima storia dalla moglie dello stesso uomo. Oh no, la moglie non può dire:- Sai, mio marito… - Non può. Però racconta, racconta storie di violenze, di uomini adulti, molto adulti, rispettabili, rispettabilissimi, con sessualità non risolte, con mogli invisibili, che non toccano più, uomini che desiderano toccare o farsi toccare da bimbette marocchine, ucraine, o semplicemente da bimbette facilmente avvicinabili e indifendibili quando si sarebbero messe a raccontare. Chi crederebbe a queste bimbette? La moglie continua nel suo sfogo addolorata, mortificata, - Certo – spiega – non si fa così.- Sta bene attenta a non dire – Sai è mio marito questo uomo, sai è lui che torna a casa con questo odore un po’ così, di selvatico, addosso come un lupo. – Non dice così. Chi la crederebbe? Ascolta al telefono ancora scettica, molto sorpresa l’amica, e pensa a come la vita gira da sola e mette in comunicazioni situazioni diverse per poi evidenziarne una, una sola, e prosegue il suo giro. Continua a chiedere questa moglie che venga scritto, che venga scritta la vergogna di uomini ammantati da spirito cristiano, di uomini che hanno figlie, figli giovani, che vanno con bimbe. Solo dopo tanto tempo riesco a scriverne. Mi sembrava inverosimile. Ma quando ho letto che Simenon si vantava di essere andata a letto con una ragazzina, che Gandhi voleva una bimbetta nel letto la sera, che Montanelli aveva avuto in dono in Etiopia una bella bimba profumata, ebbene allora ho cercato di mettere su foglio una stranezza. La donna non è uguale all’uomo. Le bimbe poi sono più fresche. La donna non cerca bimbetti da infilarsi in macchina. Se lo fa è una maniaca, una pazza pericolosa. L’uomo è uomo. – Mio marito è un signore – disse sempre la stessa moglie una volta a chi le domandava se il marito la soddisfaceva sessualmente. Ma che risposta è? E’ la risposta giusta. Più i mariti sono indegni più le moglie incensano. Le donne non sarebbe credute. Visionarie. Si meravigliano con gli occhi increduli, non vogliono capire, ma come? Simenon se ne vanta e lei moglie ne soffre? Ma va! Nel libro di Giuseppina Torregrossa, alcune moglie siciliane parlavano delle zoccole dei loro mariti, se ne vantavano, una ne lodava la bellezza, con orgoglio affermava che suo marito sì che aveva gusto, avevano visto quanto era bella, quanto era appariscente la zoccola del marito? Mi sembrava anche questo inverosimile. Ma nel mio raccogliere le tante storie che voi donne mi raccontate ormai convinte che io le trasformerò in letteratura, una donna colta, intelligente, critica, analizzando anni accanto ad un marito femminaro, è questa la parola giusta?, osservava  che lei avrebbe accettato qualsiasi donna  purché tante donne accanto al marito, ed anche ora che lui ne aveva scelta un’altra, avrebbe capito se questa nuova fosse stata più bella di lei. Strana competizione. La nuova però non è più bella - non è più intelligente – non esiste. Le donne sono sempre in lotta fra loro per il possesso di un individuo ana – senza. Uomini visti da donne.

 -Io sono sempre  la moglie – mi dice una gentile ed elegante signora – dicono tante falsità su mio marito !  Ci vogliono male – E così continua, lei che può, a camminare imperterrita al braccio di questo uomo che manifesta, malgrado le tante donne avute, così dicono, una devozione encomiabile verso la sposa. Sarà vero? Voglio credere che fra noi possa ancora esistere  la possibilità di guardarci negli occhi. La sessualità è uno strano miscuglio di desideri, di appagamento, di potere, di risentimento, di violenza, ingabbiarla in un matrimonio è un artificio ormai logoro. Per le donne, per la maggior parte delle donne, questo artificio era la loro difesa, era l’unico spazio possibile. Io penso ancora  che sia per l’uomo che per la donna possa essere una bellissima opportunità di conoscenza. Ci saranno pure uomini e donne umani o è solo letteratura? Nella conoscenza solo letteraria della mia vita, ho filtrato la realtà sempre attraverso le parole dei miei libri, ho creduto possibili amori e interessi, ho percepito poi un malessere soffocato, tra quello che si vuole e quello che sia ha, tra quello che si crede giusto e quello che è giusto. Ho visto poi la grande differenza tra vita e letteratura. Un uomo visto con gli occhi di una donna è solo un marito - un figlio - un padre - prepotente ma ancora potente. Che sciupio di forze! Quanta energia per reggerli! Ma senza di loro la vita sembra che non abbia sapore, odore, senso, senza di loro la vita non è vita, è un’altra cosa.

giovedì 14 novembre 2013

La casa che abitiamo e gli amori che viviamo su facebook



La casa che abitiamo e gli amori che viviamo su facebook



Razionalmente scrivendo nesso non c’è. Razionalmente vivendo nemmeno.

Posso però solo razionalmente spiegare.

Siamo abitanti di case che ci riflettono. Ognuno  ha la casa che è.

Disordinata oppure ordinatissima, pulita o sporchetta, con troppa chincaglieria o spoglia, essenziale.

Case colorate e allegre, oppure monocromatiche e fredde, case con uccelli impagliati su trespoli, con chitarre e spartiti, con mille bomboniere e centrini, con sigarette spente e cenere dappertutto, con bagni odoranti profumi inebrianti o puzzolenti da fogna.

Da queste case a volte usciamo, sempre usciamo, per fare la spesa, andare al lavoro, fare due passi.

Più spesso restiamo a pigiare sui tasti, cosa che ormai possiamo fare dappertutto, pigiamo infatti in fila al supermercato, fermi al semaforo, ad una conferenza, al cinema, al ristorante.

Gli amori che viviamo su facebook, pigiamo.

Con una mia amica, un giorno, abbiamo letto i mi piace, i commenti, le risatine e approvazioni, il prendimi e seguimi, in modo letteralcorretto.

Abbiamo così scoperto che tizio amava una lei, che ricambiava, almeno quel giorno! Abbiamo così legato storie che avrebbero fatto un romanzone

Amori fatti nascere da un impulso, un piacere, una distrazione, perché… non si ha niente da fare.

Palesi e squadernati, gli amori su facebook sono impudichi, si rincorrono da un contatto ad un altro, si commentano ad alta voce, si offrono alla platea senza il filtro della casa.

Traslando statue bianche che lascive si accarezzano, ridendo ad ogni anelito del lui o della lei, assecondando il narciso che esiste  e blandendo la rabbia e la gelosia, gli amori su facebook tralasciano il corpo abitato, sono puri immateriali, soltanto un conclicco, non un contatto. Io ti conclicco perché tu mi piaci.

Amori senza una casa dove abitare, trascurano ormai la casa abitata, e ridicoli, buffi, agitano anche libri e pennelli, fogli e quaderni, per ornare un ornato da appendere al  vuoto.
Oscillano al vento le cetre amoranti un amore sussultante e citante, gitante, un amore per lui, per lei. Oh quanto t'amo, quanto t'amo, non lo sai...


martedì 5 novembre 2013

Le isole che non ci sono




LE ISOLE CHE NON CI SONO- 
DAL TEATRO POLITEAMA DI LAMEZIA TERME. SPETTACOLO DI PIERO BONACCURSO, 
RECITATO DA PIERPAOLO BONACCURSO, DISEGNATO E INTERPRETATO DA GRETA BELOMETTI, MUSICATO DA FABIO TROPEA. 

UNA SPERIMENTAZIONE DAVANTI AI BIMBETTI DELLA SCUOLA PRIMARIA DI BELLA E SAMBIASE.
RITORNARE ALLE FIABE PER REGALARE ALL’INFANZIA SOGNI E IMMAGINI.
ESISTONO TANTE ISOLE NEL TEATRO DI NARRAZIONE, QUESTO SI RIFÀ A LORO CON  UN RACCONTO ANIMATO CON LA SABBIA, RAPPRESENTATO CON GRANELLI.
LA STORIA DEL PIFFERAIO MAGICO E DELLA CITTÀ DI HAMELIN RISALE ADDIRITTURA AL 1600
IL RACCONTO SULLA VICENDA VERA, UN FATTO TRISTE, TRAGICO SULLA SCOMPARSA DI TANTI BAMBINI IN UNA CITTÀ TEDESCA. 
FORSE UNA MALATTIA, UNA RITORSIONE,
UNA CATTIVERIA PURA?
NELLA FIABA IL PIFFERAIO DOPO AVER LIBERATO LA CITTÀ DAI TOPI ASPETTA IL COMPENSO PATTUITO. NEGATOGLI DALLE AUTORITÀ COSTITUITE, LUI SI VENDICA, INCANTANDO COL SUO SUONO I PICCOLI E PORTANDOLI LONTANO, LONTANO, NEL VENTRE DI UNA ROCCIA.
LA PORTA SI CHIUDERÀ PER SEMPRE DIETRO DI LORO E RESTERÀ FUORI SOLO UN BIMBO ZOPPICANTE  CHE RACCONTERÀ AGLI ADULTI GIUNTI IN RITARDO IL BELLISSIMO MONDO CHE LUI NON POTRÀ VEDERE.
SULLA SCENA, A QUESTO PUNTO, COMPARE PETER PAN CHE, VOLANDO, AFFERRA IN CONSEGNA I BIMBI
E LI TRASPORTA VERSO L’ISOLA CHE NON C’È.
UNA VARIANTE PER COLLEGARE TANTE FIABE E TANTI LUOGHI DELL’IMMAGINARIO DANDO RESPIRO A FIABE TRUCI CHE DOVEVANO PREPARARE I BIMBETTI ALLE ATROCITÀ FUTURE.
NEL VOLARE E NEL DARE UN INCASTRO FRA POSTI DIVERSI SI TENTA INVECE DI SFORARE UN VISSUTO NON PARTICOLARMENTE DIFFICILE MA DENSO DI NUVOLE NERE, UN FUTURO PERCEPITO POCO O NIENTE IN ADESIONE AL NOSTRO SENTIRE DA ADULTI, E DA ADULTI IMPAURITI VORREMMO METTERE AL RIPARO I RAGAZZINI.
FORSE COME FINZIONE SCENICA POTREBBE ANCHE ANDARE E L’OPERA CHE NOI ABBIAMO VISTO CONSERVA LA CAPACITÀ DI LEGARE OLTRE STORIE VARIE STIMOLANDO LA CURIOSITÀ DI ANDARE A VEDERE, A SENTIRE LE ALTRE FIABE CHE SONO TUTTE IN QUEL LIBRO INIZIALE CHE GRETA APRE SULLA SCENA E, FACENDO SCORRERE FRA LE DITA I GRANELLI DI SABBIA CON CUI DISEGNERÀ IL RACCONTO, ENUMERA.
ANDREMO A VEDERE QUINDI PETER PAN E L’ISOLA DEL TESORO, CAPITAN UNCINO E CAMPANELLINO, IL PAESE DEI BALOCCHI E ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE E GIÀ CHE CI SIAMO LI OSPITO TUTTI NEL MIO REGNO IMMAGINARIO E LETTERARIO DELLA LITWEB, UNA FIABA ANCHE QUESTA, UNA INVENZIONE.
CANTANDO E MIMANDO, ELEONORA E CHIARA LE DUE BIMBE AL MIO FIANCO HANNO SEGUITO I GESTI DI PIERPAOLO, APPLAUDITO E SORRISO, MENTRE NOI ADULTI CI CHIEDEVAMO TITUBANTI SE RIPORTARE SULLA SCENA LA PACE E LA LIBERTÀ SAREBBE BASTATO A DARCI L’ILLUSIONE CHE AVREMMO SAPUTO POI RIPORTARLE NELLA REALTÀ.
MA QUESTA È UN’ALTRA STORIA!   

« NELL'ANNO 1284, IL GIORNO DI GIOVANNI E PAOLO
IL 26 DI GIUGNO
DA UN PIFFERAIO, VESTITO DI OGNI COLORE,
FURONO SEDOTTI 130 BAMBINI NATI AD HAMELN

E FURONO PERSI NEL LUOGO DELL'ESECUZIONE VICINO ALLE COLLINE. »









domenica 3 novembre 2013

Inno alla s-comunicazione nel web



Inno alla s-comunicazione nel web

Io s-comunico con tanti, in realtà sono s-comunicata



Ricordo che un tempo Emily scrisse una lettera al mondo che a lei non rispose mai.

Tempi passati, ora io scrivo la mia lettera al mondo e rispondono in tanti che non conoscerò mai.

Ricordo quei giorni passati a rincorrere il vento, cantava De Andrè, ora rincorro soltanto un contatto su facebook che il mio iphone segnala con un bip.

Ricordi sbocciavan le viole, tante canzoni, ora le trovo spulciando i post dei miei contatti su  social.

S-comunichiamo felici, ridiamo convinti della facezia, della connessione, ci meravigliamo, noi oltre i quaranta anni, i cinquanta , ai sessanta.

Il nostro cervello ancora non ha completato la connessione. Un cervello rettile.

Mi siedo e vi parlo come se voi foste veri, come se io avessi trovato il motivo per darmi un motivo.

Dalla tela di ragno in cui ho disposto a raggiera i miei evanescenti rapporti reali ogni tanto ho un sussulto, uno scatto, una impennata di orgoglio e mi illudo di avere un mondo ascoltante e rispondente al di là dello schermo che mi dia un arcobaleno sereno, l’odore del fieno.  Viva la campagna cantava Nino Ferrer, e cantano i Bandabardò, viva la campagna che ci da…

Felicità, i miei rapporti webbici che mi danno risate e risate senza sporcare, senza puzzare, senza nemmeno il respiro vero, senza un gesto, un gesto naturale, che proprio non c’è stato, non c’è stato mai.

Quindi viva il tablet, viva iphone che illudono di nuovo che risposta ci sia.

A tutti voi che io non conosco e che leggo soltanto per darmi un motivo di esserci ancora.

Perché, come Kant mi insegnò, se ci siete voi, ci sono anch’io.

L’essere passa dalla campagna alla compagnia…