domenica 1 settembre 2013

Gianni Amelio-La mia vita e il primo settembre 2013



L’inserto della Domenica della Repubblica ha una pagina tutta per Amelio, regista e cugino del direttore di Banca nuova di Maida.
Ci trovammo a parlare di Amelio con suo cugino, quando rispose alla mia domanda curiosa se lo conoscesse.
Un parente deluso e ignorato.
 Gianni Amelio aveva tagliato rapporti con tutti e quando era morto il papà, fratello del papà di lui, non era andato. Non aveva avuto più niente a che fare coi suoi parenti, un uomo freddo e senza affetto.
Raccontandomelo lui si soffiò più volte il naso, si commosse, si addolorò ed io, che adoro Gianni Amelio, stetti zitta.
Rileggo l’articolo di Franco Montini, l’intervista ad Amelio, e lui, il regista prende a parlare del padre.
Del padre che gli fece scrivere, nel rinnovargliela, sulla carta di identità- operatore cinematografico e non regista, un padre che lui non aveva conosciuto, essendo emigrato in Argentina e tornato quando lui aveva sedici anni. Due estranei. Non ne hanno fatto un dramma, lui dice. Il regista andrà subito via da casa e …” ci ho fatto sopra qualche film”
Insieme allo sconcerto di un pomeriggio che invera quella mia conversazione in banca una malinconia mi pervade.
Leggo gli appunti di Piero Tanca, surrealista, leggo le sue considerazioni sul tempo e su una  generazione, suppongo la nostra,  nata negli anni cinquanta, un decennio che vede la trasformazione netta fra un modo e un altro di intendere il ricordo, la memoria, gli affetti, l’amicizia.
Ci ripenso, con maggiore serietà senza rimpianto, non avrei cosa rimpiangere, i tempi sono belli o brutti relativamente ad altro…diceva lo strutturalismo, ci ripenso per saper cosa fare del mio tempo ora, di una serie di contatti che vorrei fermare, raccogliere e preservare, di affetti familiari troncati, non conosco moltissimi miei parenti, non ne so nulla.
Proprio stamattina passava davanti a me e a mia sorella un cugino, giocatore di calcio, che non vedevamo da chissà quanto.
Non ce la siamo sentite di fermarlo e salutarlo, ci era estraneo, estraneo benché consanguineo.
Quando con i parenti non vivi ricordi, in nessun tempo, le trame che uniscono, logore e cenciose, si sfilacciano e buchi, vuoti, restano i rapporti.
Questo nostro vivere esaltato ed eccitato senza il tempo dell’attesa e della selezione, senza il contatto con un altro, contatto da conservare in scatola che non possediamo più, mi da una vertigine acuta. Come se vivessi su una giostra volante, su montagne russe velocissime e una forza sola centrifuga mi scaglia lontano dalla forza centripeta che dovrebbe riportarmi a me. Inutilmente.
Ippolita Luzzo 
    

sabato 31 agosto 2013

Post numero 13- 31 agosto 2013

Mi piace la sequenza numerica
Mi piace pensare che questo strabiliante e sorprendente agosto finisca così, con tredici post prodotti  nel 31 agosto, nel giorno in cui il numero è bifronte, lo puoi leggere da una parte all'altra.
Il post di un film-
Django di Tarantino mi lascia sconcertata e nauseata, un film vigliacco, vile e cretino.
Sul tempo e la storia che proprio non c'è, sulla vera epopea di un popolo schiavizzato, lui, il regista, ci gioca sopra come un gatto col topo, come la pistola sempre pronta a sparare di  Django.
Personaggi antipatici, tutti, dialoghi improponibili e da burla se non fosse che sono in un film di Tarantino, pardon!
Film? Pagliacciata buona soltanto per sentire una bella colonna sonora, e scordarsi di essere su un set cinematografico, siamo soltanto sul palco di un teatro di avanspettacolo che sta sceneggiando un Buffalo Bill, un circo.
Chissà perchè  permettono sempre le canagliate!
 Chi ha invece capito di essere in presenza di un capolavoro vorrà spiegarmi la bellezza e i riferimenti, vorrà chiarirmi il valore intrinseco ed estrinseco, lo ascolterò volentieri.
Per ora io non ho retto al secondo tempo e seccata dalla lungaggine e dalla scemenza, dalla piaggeria,  sono andata via. 
Mi darà questo blog i pochissimi click che mi mancano per raggiungere i tredicimila click sul mio blog? Sarò scaramantica e fissata col tredici... ma adoro questo numero
Chissà Tarantino che bel film ne farebbe!

giovedì 29 agosto 2013

Nino Racco, cantastorie



Arrivi alle cose in base alle ispirazioni che hai- Nino Racco, cantastorie



-Il dovere più che professionale di tipo religioso di smuovere attraverso il racconto il vissuto dello spettatore in relazione a quel fatto storico onnipresente, un valore terapeutico, la salvezza di poter dire le cose-

Queste parole le ha dette lui, io le pensavo assistendo al suo brigante Musolino, che si agita, canta e si inerpica su per la sassaiosa Abbazia Benedettina, sui suoi resti dell’anno mille, da quando Costanza D’Altavilla la fece costruire.

Penso  alla canagliata fatta  alla scuola italiana, alla scuola media inferiore, togliendo un’ora di storia, spappolando una cattedra di lettere che avrebbe dovuto tenere fermo il bandolo del nostro civismo.

Non è così che ci vogliono.

 Una storia straziata e ridotta in poltiglia, testi confusi e tempo che non c’è impediscono a tutti di approfondire storie ancorai vicine e lontane che insegnano sempre la stessa cosa.

La coerenza, signori, la coerenza dov’è?

Durante il percorso di una vita errante che sia quella del bandito oppure del martire, coerenza proprio non ce ne sta.

Si trovano invece depistaggi, menzogne, testimoni fasulli, comprati e non, si trovano sempre uomini forti, capi indiscussi che non accettano un nuovo potere, che sono pronti a capovolgere qualsiasi spoglio elettorale, perché, ormai questo lo sappiamo bene, oggi come nel 1897 a luglio, quando si votò il sindaco di Santo Stefano in Aspromonte, il voto è soltanto una scheda qualsiasi che accettare non si può se non coincide con l’ordine costituito.

Quindi, dunque, niente di nuovo sotto il sole di Santo Stefano e di ogni Santo, certo allora Musolino si trovò in mezzo, andò in carcere e poi scappò, diventò così un fenomeno mediatico e uccise in errore e non la sua lista.

La vendetta non è mai giusta, non porta mai sazietà e pace, ribalta sempre il confine labile fra il bene e il male senza ritorno.

Così Il nostro brigante stritolato e compresso dal suo destino, potrà soltanto dialogare con il busto eretto del suo avvocato.

Una storia di tante mistificazioni, ci fecero un film negli Anni cinquanta, ora lui, Nino Racco, porta la storia nei nostri luoghi che ancora risentono le stesse imposture.

 Noi dialoganti per finta e per davvero tentiamo ancora l’unica carta del dire a tutti… giustizia, perché un nostro dovere è divulgare quello che altri hanno patito… dalla voce di Nino Racco, cantastorie di strada.

mercoledì 28 agosto 2013

Esiste l'amore -



Che cos’è l’amore, di cosa parliamo quando parliamo d’amore.

Amore dal latino a- moveo, andare verso

 un movimento di conoscenza creazione comunicazione
Pensiero e azione, il movimento che origina il tutto individuale donando l’entusiasmo di sapere e di fare, di esserci e di volere.
Detto così l’amore esiste, è il motore della vita, del nostro essere individui sociali, del nostro credere e combattere per amore.
L’amore esiste nel nostro piccolissimo vissuto chiuso e impaurito, esaltato e insofferente, esagitato e sconvolto, esiste per darci una ragione di andare, di muoverci verso l’altro, dal quale vorremmo tutto quello che ci manca, dal quale vorremmo sicurezza, felicità, sguardi.
Nello spaventevole e onnicomprensivo sentimento inglobiamo il tutto e diventa un tessuto forte che regge, deve reggere le vite singole e comuni, perché senza amore, senza rispetto, senza dignità, tutto diventa Spring Breakers, appunto, una vacanza totale, un nulla, un niente, un beverone di alcool, fumo e denaro.
Questo in generale, nel particulare, direbbe Guicciardini, che tutti me compresa, dovremmo riprendere in mano, nel particulare la potenza del sentimento si rimpicciolisce e si ingrandisce sui bisogni elementari del singolo.
Bisogno di essere riconosciuti, bisogno di essere vista bella, bellissima, unica, grande, bisogno di dominare, di possedere, di mangiarsi quasi l’altro e di esserne divorata, bisogno inesausto di stare con l’altro per fonderlo e poi insieme distanziarlo per muoversi.
Bisogno di trascorrere con lui, con lei, il tempo per un ricamo, una tela, sulla quale imprimere i momenti da ripercorrere insieme, nell’eternare fuggenti sensazioni di essere soli nell’universo, di essere potenti perché in due, di esserci proprio perché l’altro o l’altra sta guardando  lo stesso cielo.
Esiste l’amore, ne sono certa. Esiste ed è per sempre, esiste e continua a creare  a conoscere, a comunicare a noi tutti che vita é amore, che mangiare un gelato allo Yogurth bianco sulle strade di un paese sconosciuto può essere il più bel momento amorevole della nostra estate.
Esiste quello che non hai, perché più bello sarà andare a cercare  amore nelle pieghe di una tovaglia che ondeggia, nella ballata sul mare salato di Hugo Pratt, che riscritta su un telo si asciuga al sole di una terrazza al caldo vento di Agosto.

martedì 27 agosto 2013

A Daniela Rabia- Naufragio alla vita, Emily-



A Daniela Rabia- Naufragio alla vita, Emily-

L’Emily Dickinson,  che tu amerai, scrive  lettere a Mister Higginson.

Scrive lettere al mondo che non le risponderà mai.

Scrive compita, affettuosa e sincera, credendo vero, credendo grande il suo interlocutore.

Lui è soltanto un uomo comune, lei è la più grande poetessa americana.

Così sarà.

Usciamo stasera dalla visione di un film insieme

-Spring Breakers – vacanza di primavera, la tradizionale settimana di vacanza totale che hanno gli studenti degli Stati Uniti in luoghi di mare come Miami.

Vacanza totale di sole, di ballo e di sballo, di orge, di alcool, di niente.

Ne usciamo stanche e dispiaciute  che per alcuni la vita sia fatta di male e di sempre, di nulla perfetto elevato a coscienza, di corpi sciupati, una vita senza, eppure con cartamoneta sparsa e infilata in mutande, in modo che sia soltanto una cosa, il corpo e il denaro.

“ tornando a casa, stavolta, finalmente,

non ho respirato più quell’odore di morte,

quel nulla invadente, non mi ha più travolta.”

Un papavero-
 hai scelto questa poesia per salire sul palco la sera del dodici Agosto, ed anche stasera uguale resta la tua e la nostra considerazione.

Noi, manco morte, saremmo andate in luoghi abitati da turbe impazzite ballanti e gridanti Osanna al denaro, noi, manco morte, avremmo bevuto un sole bicchiere che non fosse di acqua, noi, manco morte, avremmo preso in mano una pistola e sparato a qualcuno.

“Stiamo ferme sul ciglio della strada,

la mia dolce amica ed io,

mute nel chiarore,

guardandoci fisse negli occhi,

 e tenendoci stretta la mano,

nel loro ciarlare vano…”

Dalla nostra infanzia rubarono entrambe un giardino, il tuo di mattonelle rosse scheggiate.

Ti “resta la visione di una immagine fissa,

lucente, irriflessa nella memoria che scorre”

Ed io, mostrandoti il luogo del mio giardino sparito per una sala di matrimoni, rifaccio l’atto magico di farlo apparire.

Noi siamo infanzia

“ Anime limpide e serene”

… salvatesi di una salvezza che non conosceranno mai;

che è scampare la vera tragedia del naufragio

…un divenire che diviene certezza

Della sua scontatezza indelebile.”

Dal Titanic ci siamo salvate e ora?

Continueremo a restare aggrappate alla zattera di fortuna, al relitto che galleggia nel mare nostro e solo, oppure molleremo gli ormeggi ad ancore in secche e troveremo la brezza di veleggiare?

Per ora lasciamo che sia lei a volare per noi, la poesia, ancorandoci e liberandoci come un aquilone tenuto per mano dai bambini all’uscita di scuola.

E’ primavera… e l’albatros vola




domenica 25 agosto 2013

da solitaria fra tacchi altissimi- W gli sposi



Da solitaria fra tacchi altissimi- w gli sposi



La liturgia è iniziata, io fisso i tacchi sottilissimi e lunghi della signora, forse coetanea, più o meno, davanti a me.

Due o tre frasi su di lei, non propriamente da riportare, mi ritornano in mente

Il vento le sussurra dopo averle sentite dette da chi la conosce

Io non la conosco, certo so il nome e il cognome, il lavoro e il marito, nulla più.

Eppure da quelle frasi che altri mi hanno detto, da due o tre immagini pubbliche, io guardo i suoi tacchi  che corrispondono a quello che …

Sono i tacchi della persona appoggiata , che si appoggia e svetta, con religiosità intensa, ha anche il cellulare aperto, ogni tanto da un occhiata… una minuzia eh, lo faccio anche io. Ma non si può, non si deve e non si vuole, soprattutto.

Tacchi vari, più grossi, più alti, zeppe,

 scarpe lacoste rasoterra, ai piedi di un ragazzo mi riconciliano con le nostre zampette, ornate.

L’azzurro intenso veleggia il mare dell’abbraccio materno, sempre vigile, verso il rosa pesca vellutata, olezzante di frutta appena colta, un peplo romano scende a colonne sfilanti un tempio attico, lei è bellissima.



Capitelli, fregi e putti, foglie di acanto, e sono già lontano, nei luoghi storici di canti pagani che accompagnavano la sposa con ditirambi e imenei.



Una arancio rosso mi rapisce, io mi innamoro all’istante, salvo scoprire che è lei la donna che vidi bambina in fiore, che è sempre lei, deliziosa umana, figlia dell’amica di assonanze.

Abbiamo colori diversi questa sera, chissà che colore avrebbe scelto sua mamma se avesse lasciato Roma per venire fin quaggiù!



Un cerchietto, un vestito a palloncino giallo mi danno  Audrey Tautou, sarà del gruppo francese, penso io, e il giallo si ripete in un’altra e un’altra ancora.

Sono molto soddisfatta del mio vestito con del giallo, mi sento un po’ francese, come lo sposo, principe azzurro perfetto dei romanzi di Delly e Liala.

Il principe azzurro, alto, biondo, occhi azzurri, giovane, che lavora nel campo ingegneria aerospaziale, modi educati e affettuosi, intelligente, disponibile all’ascolto, e questa è la favola più grande. 
Un uomo che ascolta e che invera quel che tu dici.

Meglio dei romanzi che tutte abbiamo letto

Qui siamo oltre.

Tu chiacchieri con una tua amica, dietro in macchina, di quello che vorresti fare, lui ha già conservato ogni parola e la traduce in realtà.

Una vera sciccheria, una goduria senza equivoci.



Me lo sbaciucchio, bacio la sposa e già mi sono seduta fra due donne che dal romanzo sono andate oltre il racconto, nell’esistenzialismo di Sartre e della Beauvoir, fra incastri e bivi, fra strade ferme e coincidenze, di un passato ripetuto mille e mille,  ricostruito ogni volta per non fare troppo male

La nostra serata finisce così… da domani chi lo sa

Il ritorno è interessantissimo. Io mi rinnamoro di una lei, bruna, effervescente e saggia, di una donna in verde ottanio il suo vestito, un verde blu che non lo è più, di una donna verde come la speranza vera che insieme si possa ancora comunicare bellezza, verità e sentimento in un frullato denso, di vitaminica energia…  e mentre lui  le cede  il volante della sua automobile, e mentre lei si toglie le scarpe anch'esse con zeppe o tacchi altissimi, e mentre  mette la cintura di sicurezza, io " m'accorgo che la vita è poesia se c'é l'amore"    w gli sposi.