Parafrasando Anthony De Mello- Credevamo di essere aquile
E invece siamo polli, nemmeno liberi di razzolare.
La vita è quella cosa che non ci accade mai mentre siamo
disoccupati a fare altri pensieri.
Anthony De Mello ci invita con una favoletta ad essere
consapevoli delle nostre potenzialità
E ci racconta di un’aquila che, precipitata, da uovo, in un
pollaio, crebbe credendosi sempre un pollo. Da adulta vide nel cielo stormi di
aquile e li ammirò domandosi chi fossero. Lei morì senza sapere che, anche
lei, era un’aquila.
Potenza del pensiero, della suggestione, della situazione
che ingabbia e imprigiona, potenza di una educazione che, invece di liberare, offusca.
Forse.
Cosa dice Anthony De
Mello?
Di credere in noi, aquile e aquilotti , capitati in un
grigio pollaio che ci impedisce di volare.
Noi, a dir la verità, non abbiamo bisogno di simili
consigli.
Tutti ci crediamo aquile, tutti voliamo felici nei cieli più
blu , tutti, convinti che siamo all’apice del successo, che elaboriamo teorie degnissime,
che siamo altruisti e magnanimi e che più aquile di noi, al mondo, proprio non
potrebbero volare più in alto.
Fermi su questo pensiero poi crediamo gli altri tutti meno,
tutti in difetto, tutti mancanti di una o più ali per poter volare.
Se noi, per caso, non sempre voliamo, la colpa è sicuramente dei nostri simili che, come
una zavorra, ci tengono ancorati al pollaio, invidiosi delle nostre ali e rancorosi se dovessimo
saltare lo steccato.
Così va il mondo, stamani, all’alba chiara di un duemila e tredici, con accanto a me il libro di De Mello, un libro di uova che si
schiudono in luoghi diversi e che, aquile o no, crescono male in pollai, ma-
Credevo di volare e non volo-
cantava Lucio Battisti nel lontano 1970
Ripensiamoci un momento e con umiltà, prima di riprendere il
volo, fermiamoci a riflettere.