L’intellighenzia nostrana si chiama Adriana
E ti domanda:- A che titolo parli?
Scrivi forse su un giornale, su una rivista, vai in
televisione?-
Appurato che parli solo perché hai tanto studiato, solo
perché hai un parere diverso su quell’atto teatrale, lei, Adriana, gira la
testa, ti ignora soltanto, come se fossi una cacca nauseabonda, per lei che
scrisse su un vero giornale.
L’intellighenzia nostrana continua poi a parlare di cultura
in verticale, in orizzontale, presentando libri, come se fossero cadaveri
imbalsamati,
citando sempre quella
speranza, ultima dea che ci illuderà.
Dobbiamo però stare tutti zitti, oppure parlare se abbiamo
un titolo
Un solo titolo da esporre chiaro nell’intero mondo del Lasciatemi
stare.
L’intellighenzia, purtroppo, ha sempre un registro
Per buoni e cattivi,
per chi far parlare.
Devi essere sempre perbene o trasgressivo, solo se ormai sei
famoso
Devi sempre dire che esiste un mondo sodale, basta guardarsi
intorno,
Devi sempre porgere l’altra guancia a chi ti schiaffeggia con
il silenzio.
Ora che impari, impari bene, vedrai, Adriana ti risaluterà,
ti tenderà una copia del suo giornale
l’ultima copia di un Manifesto che amammo tanto un tempo che
fu
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Se fosse che fosse la volta buona
Verrebbe da dire:-Ma smettetela!
I vostri titoli non valgono un’acca, non valgono, certo,
neppure i miei
Vale soltanto un po’ di rispetto, di modestia, di cortesia-
Ma già usando parole desuete
Si nota che titoli proprio non ho
Per Adriana e per la sua specie,
per tutto un gruppo di
amici cari
Che parlano e mangiano tre volte al dì
Non accorgendosi di tutto il livore, di tutto la rabbia,
dello squallore
Di tempi ed esistenze, di tutto un vivere di tanti e tante
Senza più onore, senza parole