Per fortuite circostanze compro domenica il libro di Margaret Atwood, Il racconto dell'ancella, e mi sembra che questo racconto parli al libro di Michele Cocchi, La casa dei bambini.
Entrambi i racconti si svolgono in una casa prigione ed in entrambi la privazione della libertà, un senso di claustrofobia aleggia dappertutto. Il desiderio della fuga, l'elogio della fuga, come nel bel libro di Laborit, viene materializzato già dalle prime pagine del libro di Michele. Da subito i ragazzi, orfani, oppure abbandonati dalla famiglia, scappano dalla Casa, dove vengono ospitati in attesa della scelta, per essere dati in adozione, scappano e noi già parteggiamo per quella fuga senza ancora sapere nulla di loro.
La fuga finisce presto, verranno scoperti e portati dal direttore. Sandro, Nuto, Dino.
Conosciamo La Casa, conosciamo Giuliano e le mamme, cioè le donne che si occupano dei bimbi, la scuola, la mensa. "La Casa era come una nave e ognuno di loro avrebbe trovato la terra dove scendere e vivere felice"
Alla casa arrivavano le persone per scegliere i bimbi da prendere e quelle mattine erano tutti nervosi. "Aspettavano la scelta per settimane e, quando finalmente ne arrivava una, volevano che finisse il prima possibile." Essere scelti, in verità, li preoccupava.
Segno ciò che si dicono i due libri, letti insieme, uno transita nell'altro, e nel mio mondo fatto di niente trovo la mia di pagina: Qui conosciamo Caterina, la bimba della locanda, nel paese dove si trova la Casa e sentiamo le parole di sua madre al pensionante, da poco arrivato "Il paese è abitato da vecchi. I giovani se ne sono andati via. Così si era inventata Dalma."Ha sempre avuto degli amici immaginari anche quando era molto piccola. Ho paura che perda il senso della realtà"
Caterina, per giocare, si era inventata Dalma, ed "a volte non era poi tanto male perdere il senso della realtà" Da me i libri si parlano e confabulano tra loro, ed è Caterina ora ad andare alla Casa, in visita, per mano di uno di quei bambini che avevano tentato la fuga. Una fuga dal reale.
Nella Casa dei bambini la storia chiusa, chiusissima, di una ingiustizia senza possibilità di fuga.
Michele Cocchi adotta uno stile compatto, come un mattone, racconta con descrizioni accurate e costruisce come un muratore, a sua volta, con la malta, le pareti narrative del periodo.
Una prova complessa, una scrittura corposa, un esercizio di attenzione e un impegno verso i disederati, gli orfani, le vittime, verso coloro che hanno perso la possibilità di fuga.
Ippolita Luzzo
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