Il Cinque Maggio della Litweb
Lui, D'Elia, folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge commosso si stampi.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel comunicato
tenea dietro al baleno;
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: noi
chiniamo la fronte al Massimo
Giornale, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
serve al regno della Litweb;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò nel regno Litweb
Come sul capo al naufrago
del vero comunicatore…
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine dei comunicati
cadde la stanca man!
Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne mano dal giornale,
e in più spirabile aere
pietosa il trasportò;
e l'avviò, pei floridi
sentieri della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortale Stampa!
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
La stampa che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò
il suo comunicato
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