venerdì 11 novembre 2022

Alessia Principe incontra il Regno della Litweb ed è subito amore

 Nel regno di Ippolita Luzzo, dieci anni fa creò il blog “Litweb”: il suo canto (letterario) libero

VIDEO | La appassionata critica, originaria di Lamezia, ha presentato a Cosenza il suo libro “Il primo pezzo non si scorda mai” (Città del Sole) che ripercorre i primi passi di un blog diventato di culto https://www.lacnews24.it/cultura/nel-regno-di-ippolita-luzzo-dieci-anni-fa-creo-il-blog-litweb-il-suo-canto-letterario-libero_162405/?fbclid=IwAR3c1lPYwW1kiGY6TGTmZFmvM4SPXSL15nGtnEc0oqtyX0ThXvdbc6vtdRg

Svelta, leggerissima nel passo anche sui terreni sdrucciolevoli dei temi considerati “intoccabili”. Chiedete a Ippolita Luzzo, critica letteraria senza polvere sulle spalle, cos’è la letteratura calabrese, vi restituirà un sorriso. «Non c’è, così come la letteratura femminile, non esiste». Eretica al punto giusto, indomita Joan de Wad, sovrana degli spiritelli dei boschi antichi nel Devon, ti travolge in un temporale estivo di calura e tempesta, scaldandoti al fuoco fatuo di un notturno in brughiera. Coltissima e affilata, non le manda a dire, non si incatena negli stereotipi, il suo è il canto libero di una sirena senza malizia. «La letteratura non può avere recinti di genere o geografici, è letteratura, punto. Esiste solo la scrittura e narratori che hanno la capacità di farsi strada ovunque grazie alle proprie idee».


A Cosenza Ippolita ha presentato il suo libro “Il primo pezzo non si scorda mai” (Città del Sole, pagg 96, euro 12) insieme alla giornalista Rosalba Baldino e al libraio Pino Sassano (Mondadori Cosenza), che ripercorre, titolo per titolo, il primo anno del “Regno della Litweb”, una contea virtuale che affaccia su promontori d’arte. Pittura, poesia, narrativa, impressionismi affettivi, disegnano lo skyline di uno spazio abitato da persone reali e non da fantasmi di avatar che passano e vanno via.

Il peso specifico delle parole

“Esiste l’amore, ne sono certa, esiste e continua a creare, a conoscere, a comunicare che la vita è amore, che mangiare un gelato allo yogurt bianco sulle strade di un paese sconosciuto può essere il più bel momento amorevole della nostra estate”, scrive sul blog. A Cosenza parla del suo amore per il giornalismo d’antan, quello delle lotte e dell’Europeo, degli editoriali che facevano opinione e tremare i polsi. In quei tempi la recensione era attesa e temuta, a scrivere di cultura era Claudia "Acidy" Cassidy, Oltreoceano, o la cianurica penna di Elsa Maxwell. In Italia, invece, Camilla Cederna allentava le trame del potere alzando un sopracciglio. Sembrano trascorsi duecento anni. Allora non c’era il chiasso multiforme delle espressioni sconnesse e ultrapop che i social riempiono con sacchi di "like", ma le parole erano mattoni e contavano perché avevano un’anima in ferro e non in bit.


C'era una volta la Nutella

Tutto è cominciato con un pezzo sulla Nutella, datato 2012. Le confessioni di uno scrittore che cercava conforto. Da lì una cavalcata infinita. Ippolita Luzzo nel 2013 vince il premio Parole Erranti il 5 agosto 2013 a Cropani, nell’ambito dei Poeti a duello, nel 2016 il concorso “Blog e Circoli letterari” indetto da Radio Libri a Roma. Dal 2017 fa parte della giuria del Premio Brancati e nel 2018 si aggiudica il Premio Comisso #15righe, dedicato alle migliori recensioni dei libri finalisti. Il suo blog viene nominato dal sito Correzione di Bozze fra le riviste letterarie più autorevoli. La Classifica di Qualità della rivista L’Indiscreto ha anche la sua impronta come giurata. Ippolita è ricercatissima nella sfera della narrativa, nel 2021 è presidente di giuria del concorso Sperimentare il Sud e nel 2022 è in giuria nel Premio Malerba. I giovani autori vedono in lei un porto in cui respirare, rifornirsi di idee e spunti, prima di riprendere il mare in perfetta solitudine, così come deve essere.


giovedì 10 novembre 2022

Dario Pontuale Certi ricordi non tornano Carta Canta Editore 2018


I libri non hanno una data di lettura e a volte scelgono loro stessi di essere letti, come nel caso del libro di Dario Pontuale che da qualche giorno decide di uscire dalla libreria del soggiorno e offrirsi in tutta la sua storia ora a me vicina. Lo leggo con una diversa partecipazione in questi giorni, stamattina ne parlo con una amica, passeggiando al Parco Impastato, con un'amica che sta vivendo la scomparsa della memoria di sua madre, il suo non essere più riconosciuta, il suo non poter capirla più, scomparsa la madre nelle nebbie di una malattia su cui ancora non vi sono soluzioni. 

Alfiero, uno dei protagonisti della storia viene colpito dall'Alzheimer e perderà i ricordi, però i ricordi sono qui sul foglio, sul libro, e noi sfogliando possiamo ritornare all'incontro fra Alfiero un bibliotecario volontario, non di professione, e Michele, l'adolescente sorpreso a dipingere una A di anarchia su un muro del civico 49, il palazzo dove entrambi abitano e situato in un quartiere periferico della città, un quartiere nato intorno ad una fabbrica di liquori ormai dismessa La Fortezza. 

La Fortezza è diventata altro nel tempo, un luogo di incontro e di eventi, un luogo di aggregazione, ma la società proprietaria dell'impianto vorrebbe di nuovo riprenderla.

Un libro non è solo trama però, un libro parla se dice tanto altro e a noi dice di un rapporto di crescita e affettuoso fra Alfiero e Michele, il figlio che Alfiero non ha avuto ma che ha scelto. Lui e Luciana non avevano potuto avere figli per un incidente occorso alla moglie, ma Michele è il figlio voluto e incontrato, il testimone di tante letture, di tanti momenti, è colui che deve conservare il segreto di una confessione. 

Bello il rapporto di coppia fra Alfiero e Luciana, bello il rapporto amicale filiale fra Alfiero e Michele, fra Michele e Luciana, più di quello di Michele con i suoi familiari, perché sono più belle le famiglie scelte di quelle che a cui si appartiene per nascita, bello trovarsi e ritrovarsi sulle letture insieme, su L'isola del tesoro, su Delitto e castigo. Bello ritrovare nel baule di Alfiero tutti i volumi sull'anarchia, sugli anarchici e in fondo il libro è su di loro, sugli anarchici. 

Comincia con un A di Anarchia dipinta su un muro del civico 49 e continua con la storia di anarchia del padre di Alfiero, fino al ritrovamento di Bakunin, Kropotkin, Proudhon, nel baule di Alfiero, l'uomo con gli occhiali di Pertini. Non solo gli occhiali, dire io. e nel baule una firma Jules Bonnot, una frase sulla morte come destino degli anarchici ma se uno sopravvive spiegherà al mondo le ragioni dell'anarchia. E poi il libro di SunTzu L'arte della guerra, un libro di sapienza e di saggezza, un libro sul conflitto, sul conflitto dentro di noi e intorno a noi. 

Dario Pontuale ama i libri e ce li fa amare rendendoli vivi nelle storie che racconta, facendoli di nuovo protagonisti di storie a loro volta e io amo i libri che parlano di altri libri raccontando le storie degli uomini, delle donne, alle prese con il flusso incessante del tempo che tutto involve meno i libri, i libri restano senza essere trasformati dal fluire del tempo, sono ricordi e sono letture, sono il presente. 

Tutto questo mi fa pensare la lettura del bel libro di Dario Pontuale che raccomando a chi legge nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo    


mercoledì 9 novembre 2022

Raffaele Mangano La riga sulla emme


"La vita è un imbroglio misterioso e inspiegabile. A volte persino affascinante. Ma resta comunque un imbroglio" 

Il singolare testamento di un uomo che leggeva di tutto: L'ultimo libro aveva per titolo Oracolo manuale, ovvero l'arte della prudenza, o in tempi andati La congiura di Catilina, in latino, e su queste pagine aveva segnato una frase sull'amicizia " amicizia, una delle parole più abusate e pronunciate a vanvera" eppure l'amicizia di Leone Mariani e Raffaele Mangano durò oltre il rapporto lavorativo e professionale e diventò confidenziale a tal punto da essere designato Raffaele come esecutore delle ultime volontà dell'amico.

 Leone crede nel daimon, nel destino, come i greci, e ognuno di noi ha un daimon " Soprattutto bisogna tener conto del daimon" dice all'amico nel raccontare la sua vita insieme al primo libro letto, L'isola del tesoro, insieme al libro che lo ha "marchiato" Delitto e castigo di Dostoevskij insieme alle disposizioni su come trovare o sistemare le penne stilografiche, la Collezione Mariani di cui farà dono a Raffaele. 

Abbiamo seguito la genesi di questo libro di Raffaele Mangano. Eravamo con lui mentre misteriosi foglietti cadevano dalla sua libreria con su scritto qualcosa che aveva a che fare con Leone Mariani, l’amico di Raffaele scomparso nel 2003 a Milano. 

Abbiamo imparato a conoscere Leone che ritroviamo nelle prime pagine del libro ormai sofferente e in fin di vita però sempre capace di grande arguzia e intelligenza.

 Gli vogliamo subito bene mentre lui fa stranissime richieste al suo amico, su come debbano essere disperse le sue ceneri e su come debbano essere distrutti alcuni suoi documenti e fotografie conservati in una misteriosa cassetta.

 Leone Mariani nato a Bruxelles nel 1920 ha attraversato il secolo con una totale indipendenza di pensiero e di legami, ha fatto poi parte di una casa editrice e veniva considerato un maestro, sempre consultato, anche se il suo vero ruolo non fu mai definito.

 Vi innamorerete di questo uomo così come vuole Raffaele che noi tutti facciamo davanti a personalità libere e generose

con i versi di Leone rimaniamo 

Ho fatto quattro chiacchiere col vento

Ha parlato sempre lui, 

Scompigliandomi i capelli 

e continuiamo a leggere Raffaele raccontare del suo amico confidarsi mentre insieme sono a tavola nel piacere dell'amicizia. 

Ed anche noi nel Regno della Litweb con Raffaele capiamo il sentimento di amicizia che vive sulle pagine del libro e "si innalza altissimo e va" 

Ippolita Luzzo 

sabato 5 novembre 2022

La Musica dell'anima Ritratto di Eleonora Duse


La stagione musicale di AMA Calabria consta di 21 appuntamenti e Lamezia Terme è tappa d'obbligo in un programma variegato di offerte: orchestre da camera, gruppi vocali, recital solistici e due spettacoli multidisciplinari: La musica miracolosa Storia del pianista del Ghetto di Varsavia e ieri sera 
 presso il foyer del Teatro Grandinetti lo spettacolo  La musica dell’anima ritratto di Eleonora Duse tra le note della sua epoca  testo di Maria Letizia Compatangelo. con la partecipazione di Pamela Villoresi accompagnata dal pianista Marco Scolastra. 


Come si racconta una vita in musica, accompagnata dalle musiche, vissuta attraverso le note e resa poi palpitante dalla recitazione interiore e generosa di Pamela Villoresi, che ci ha donato Eleonora Duse compagna e amica, donna indipendente e innamorata, donna di scelte in anticipo con i temi.

 Morta nel 1924 Eleonora Duse aveva intuito la trasformazione epocale del suo tempo, la nuove voce del teatro, non più urlato, aveva portato sulle scene personaggi più vicini alla realtà, personaggi innamorati e indifesi dallo stesso sentimento che li agitava, personaggi stritolati dal destino, dalla società, dal pregiudizio. 

Le musiche di Gioacchino Rossini, di Costantino De Crescenzo, di Prokofiev Capuleti e Montecchi raccontano l'infanzia e prima adolescenza di Eleonora, che dovrà sostituire la madre, ammalata di tisi,  sul palcoscenico del teatro dove la piccola compagnia teatrale dei suoi genitori si esibivano. 

Chopin, E.A. Mario, pseudonimo di Gaeta, Cottrau, Satie, man mano che si cresce, ed Eleonara incontra Matilde Serao, sua amica moltissimi anni, altra donna simbolo di donne indipendenti. A Napoli Eleonora incontra e si innamora di Martino Cafiero, resterà incinta e porterà a termine la gravidanza recitando. Dovrà però lasciare il bimbo ad una balia e il bimbo morirà subito dopo senza che lei possa rivederlo. Matilde Serao sarò accanto a lei sostenendola ed è bella questa amicizia di due donne che nel Primo Novecento erano alla guida di giornali, Matilde, e di teatri, Eleonora.  

Wagner e Liszt, Beethoven, Joplin per il trionfo, i grandi teatri, l'incontro con Sarah Bernhardt, grande attrice francese, insieme ad Eleonora le più talentuose attrici di quel tempo.

e poi gli amori Arrigo Boito, D'Annunzio 

e ancora Wagner e Liszt, Grieg, Gershwin e Cage, nel finale al freddo e al gelo davanti al teatro di Pittsburgh. Morirà invitando tutti ad amare la vita, il teatro, la musica, morirà dopo essere stata per la prima volta applaudita dalla figlia sul palcoscenico. 

Per un motivo per me incomprensibile Eleonora Duse darà alla figlia ogni possibilità economica di studiare e di fare una vita brillante ma le impedirà di assistere alle sue rappresentazioni teatrali. La prima volta che la figlia riesce ad aggirare il veto e ad applaudirla abbracciandola sarò l'ultima volta nel gioco beffardo degli avvenimenti umani. 

Finisce poi in camerino con Pamela Villoresi mentre lei con una giornalista rilascia una intervista e noi entriamo per sentire da lei quanto di Eleonora sia stata in lei, le situazioni che erano simili e ricorda sorridendo il grande freddo, il freddo che anche lei aveva provato da ragazza, attrice giovanissima, in un teatro a Catanzaro che aveva un tetto semimovente, quella sera era rotto quindi e per tetto un cielo di stelle!

 Ippolita Luzzo 

L'evento è promosso da AMA Calabria e si realizza con il sostegno del Ministero della Cultura Direzione Generale Spettacolo e della Regione Calabria nell’ambito del progetto Calabria Straordinaria.


venerdì 28 ottobre 2022

Verso il Mar Ionio George Gissing tradotto da Mauro F. Minervino


Oggi nelle librerie il libro di George Gissing, pubblicato a puntate nel 1900 su una rivista inglese molto importante "The Fortnightly Review" e poi in volume nel 1901 e ora con la curatela e la traduzione di Mauro F. Minervino e un testo inedito di Virginia Woolf sui Romanzi di George Gissing abbiamo il piacere di rileggerlo nel 2022 pubblicato da Exòrma Edizioni. Il libro è arricchito con disegni e schizzi originali di Gissing e tiene conto di appunti e note del diario  e dalle lettere ai suoi familiari spedite dai luoghi della Calabria. Scrivo questo perché in passato si è già pubblicato Gissing nel suo viaggio ma non con questa ricchezza di particolari, con un approccio di grande studio e ricerche e con tanta cura. Un vero gioiello come del resto ci ha abituato la 
 Exòrma Edizioni, i cui libri profumano di una pregiata carta e ci inebriano già nello sfogliare. 

Mi sento molto vicina a Gissing per le sue annotazioni sull'incomunicabilità fra le mura domestiche, nella "quotidiana e meschina cronaca famigliare" dalla quale lui cercherà di evadere, suppongo, viaggiando e scrivendo. Le lettere all'amico Bertz, "Trollope?" ed io sobbalzo nella assonanza avendo Trollipp come link nel blog. Molti i libri di Gissing e nella lettera al suo amico Edward Clodd  é anche lui alla prese con un contratto decente e una buona casa editrice, anche lui esprime dubbi sul suo agente letterario! Disprezzo e indifferenza dei contemporanei e ammirazione e rispetto poi per oltre un secolo e ancora nel futuro. Come nei romanzi così in questo diario del suo viaggio da Napoli a Paola, a Cosenza  a Catanzaro, e infine a Reggio Calabria dove fa una visita al Museo ed ovviamente è l'unico visitatore, scopre così che il governo italiano non ha ancora preso il museo sotto la sua responsabilità e incontra il direttore del museo, un uomo entusiasta, dedito alla cura dei reperti, dove aveva speso sedici anni della sua vita e a nessuno interessava. Prima di partire gli fu aperto il libro dei visitatori per apporre una firma. La maggior parte della ventina di firme erano tedeschi e sulla prima pagina trova il nome di Francois Lenormant, Membre de l'Istitut di France nel 1882. Voglio riportare questo episodio per evidenziare con Gissing e con Lenormant di cui ho scritto tanto, tutto lo sciupio, il disinteresse, l'indifferenza, la miseria spirituale di luoghi ricchissimi di storia. 

Amandoli come li hanno amati loro questi luoghi potranno ancora vivere di vita letteraria se non di vita pubblica e di realtà difficile. 

Verso Il Mar Ionio qui con le parole di Mauro F. Minervino:

"Esce il 28, e lo troverete in tutte le librerie. E' un libro a cui tengo moltissimo, più che l'avessi scritto io. 

Io e il suo autore ci conosciamo si può dire da sempre. La letteratura e i buoni libri fanno miracoli e possono invertire la freccia del tempo, e renderci contemporanei. Il genio di Gissing, insieme ai suoi  ventisette romanzi e ai suoi più di cento racconti mi fa compagnia, da quando ancora studente gli dedicai la mia tesi di dottorato in etno-antropologia. 

Questo libro mi è costato molto lavoro, molto tempo, molti viaggi e il rischio di molti "altrove", per inseguirne il suo fantasma situato tra due mondi, il Nord e il Sud, i due poli eterni di ogni fuga, di ogni ritorno, ammaliato dalle stesse sirene che portarono così lontano il vittoriano solitario dalle brume di Londra, lontano, su questi stessi luoghi più di cento anni fa, felicemente perso in cerca della luce meridiana, la vita desiderata, "an other new life". 

E adesso, finirlo e vederlo stampato, dopo anni di lavoro e di vita, molto duri e molto difficili per me, significa (ben oltre gli scopi culturali evidenti nella proposta di un libro così), ritornare a tentare di dare ordine e senso anche ad un grumo di cose così personali da essere diventate col tempo inesprimibili. 

Cos'altro dire di George Gissing, così antimoderno, così innamorato della vita, così scandalosamente "unclassed"? che dire di un inglese che nel 1897 voleva farsi calabrese? Leggetelo, non ve ne pentirete."

Verso il Mar Ionio nel Regno della Litweb orgogliosa di poter ospitare meraviglie

Ippolita Luzzo 

 

venerdì 21 ottobre 2022

Una Partita a scacchi


 Una partita a scacchi 14 ottobre2011 

Ricordo che guardavo affascinata i pezzi sullo scacchiere, il cavallo, il re, la donna, la torre, l’alfiere.

Ricordo la sfida fra un russo Spassky ed un americano Fischer, ma dove?

Bobby Fischer incontra Boris Spassky, allora campione del mondo e vince, è quasi sicuro di vincere il torneo, ma commette un errore incredibile, perde una partita già vinta.

Comincia, allora, a fare richieste sempre più esigenti, si ritira dando la vittoria a tavolino all’avversario.

Fu montata una campagna giornalistica contro, tutti i giornali scrivevano sulle sue stranezze, lo stesso Kissinger chiese a lui di giocare la terza partita. Come una sfida metaforica tra due stati.

Fischer vinse e continuò a vincere per tutta la seconda parte del torneo. Era la prima volta che un americano, veramente un ebreo-polacco, vinceva un campionato mondiale di scacchi.

Stamani, con la pioggia, con il vento, mi sono svegliata così, con lo scacchiere davanti, con le mosse da studiare, con questa triste storia di un uomo geniale, morto a 64 anni ed ormai impazzito con le sue ossessioni.

Bobby Fischer era un genio ma non tranquillo, non risolto, una intelligenza fredda, disturbata da una emotività repressa, una intelligenza monocorde, univoca.

Tutto il mondo lo seguì, in quel lontano 1972, tutti abbiamo detto ooohhh , ma lui che tanto ci aveva sorpreso, infelice e scontento passò il resto dei suoi giorni a pensare  a quale grande cospirazione il mondo avesse imbastito contro di lui, ad una cospirazione giudaica, lui che, probabilmente era figlio di un altro genio della matematica ebreo e da una madre polacca intelligente e capace che studiò,  si laureò, malgrado i tempi e le angherie subite.

E’ morto infelice a soli 64 anni, è morto da solo, senza affetti, perché lui disprezzava la donna, essere inferiore, non invento, disprezzava il calore di un sorriso, di una stretta di mano, di un abbraccio.

Gli scacchi sono una metafora alta, come tutti i giochi, io giocavo per ore a dama, però, col nonno, con gli zii, giocavo e giocavo a carte, imparai il tressette col morto, vincevo e gli uomini di casa   borbottavano –vinci perché non sai giocare- perché giochi senza pensare-

Giocavo per ore negli anni lunghi, lunghissimi del grande sonno, del mondo feudale che avevo intorno, il mondo non c’era a casa mia, non c’era neppure il telefono, che come nel libro – La concessione del telefono – fu messo tardi, fu allacciato da me con un inganno, con una burla, con una bugia.

Le mosse però che io ho imparato mi vengono sole, s’incastrano facili, mi vengono e vanno, ed ora, -lo vedi? -  ne parlo con te, pensando che tu, mi guidi anche tu.

 Una donna da sola che cosa può fare? Se vince, sicuro, un uomo ci sarà.

Ippolita Luzzo



REYKJAVIK - Addio a Bobby Fischer, primo e unico statunitense a conquistare il titolo di campione di scacchi, entrato nella storia per la sua sfida con il russo Boris Spassky. Fischer, che aveva 64 anni, � deceduto in Islanda in seguito a una malattia non meglio precisata. La notizia della sua morte � stata data dalla radio islandese.

Da molti esperti di scacchi era considerato il pi� grande giocatore di tutti i tempi. Soprattutto dopo che nel 1972 aveva battuto Spassky strappandogli il titolo mondiale al termine di una sfida che calamit� l'attenzione dei media di tutto il mondo. Nato negli Stati Uniti, viveva in Islanda dopo la disavventura con le autorit� giapponesi che lo hanno tenuto per otto mesi in stato di fermo per aver utilizzato un passaporto americano non valido. Nel marzo del 2005 il parlamento islandese, l'Althing, aveva acconsentito a riconoscergli cittadinanza per "ragioni umanitarie", perch�, a suo giudizio, era stato sottoposto a trattamenti ingiusti da parte dei governi giapponese e statunitense.

La scelta dell'Islanda non � stata casuale: la storica partita con Spassky del 1972, giocata quando lo scacchista americano aveva 29 anni, si era svolta proprio a Reykjavik e si era caricata di significati simbolici in piena guerra fredda fra Washington e Mosca. In seguito Fischer si era per� rifiutato di difendere la corona contro il sovietico Anatoli Karpov (1975), incorrendo nella squalifica della Federazione internazionale degli scacchi. Da allora non aveva pi� giocato incontri ufficiali fino alla sfida-spettacolo in due fasi (la prima a Sveti Stefan, in Montenegro, la seconda a Belgrado) del settembre 1992 di nuovo contro Spassky (il quale intanto aveva preso la cittadinanza francese).

Le autorit� americane gli avevano proibito di andare in Jugoslavia, allora sotto embargo dell'Onu. Successivamente � stato incriminato per avere violato l'embargo: rischiava, se fosse tornato negli Usa, fino a dieci anni di carcere. Per questo si oppose alla estradizione negli Usa al momento del fermo in Giappone e chiese asilo politico in Islanda.

giovedì 20 ottobre 2022

Raffaele Donnarumma La vita nascosta


Professore di Letteratura Italiana contemporanea all’Università di Pisa Raffaele Donnarumma ha scritto il romanzo “La vita nascosta” con protagonista narrante un professore universitario di Letteratura Italiana,  sarà un caso? " Ho sempre guardato con sufficienza e sospetto a tanti miti e tante chiacchiere sull’ispirazione; invece, ho dovuto riconoscere che l’ispirazione esiste eccome." così ci dice l'autore nell'intervista data all'uscita del libro proprio in questi giorni a Il ramo e la foglia edizioni  e poi ancora " Nella scrittura saggistica, quella cui ero abituato, ho cercato sempre controllo, sobrietà, chiarezza. Qui invece mi sono abbandonato, mi sono consentito lussi di pensiero, di stile e di immaginazione verbale che altrimenti mi vieterei. Ho giocato a volte su una certa non dico oscurità, ma implicitezza o elusività. Mi è venuto del tutto spontaneo prestare molto orecchio alla musica – delle frasi, del ritmo con cui far susseguire le scene, della struttura generale, delle idee. Credo che sì, ad apertura di libro si riconoscano subito una voce e i suoi toni." 

Un divertissement mi è sembrato, un vero gioco di situazioni a volte inverosimili ma certamente godibili nella lettura e una riflessione seria e continua sui disastri della dipendenza amorosa. 

Il protagonista viene lasciato, viene tradito e ha tradito, incontra un altro e un altro ancora, ha un'amica, Anna, alla quale chiede consiglio.

 L'amica mi sembra un espediente letterario per avere quell'uscita fuori dal personaggio e non mi è sembrata nemmeno tanto reale quanto invece mi siano sembrati perfetti tutti i professori incontrati in Università, perfetti nel senso di una loro possibile esistenza reale. Ed ho riso molto, moltissimo, su questi ambienti claustrofobici eppure tanto frequentati, sulle palestre luoghi d'incontri come le aule di un dipartimento.

 Ed eccoci a scriverne per omaggiare una scrittura brillante, con ritmo battente, si inizia a leggere e non si smette o almeno si fa una pausa ma poi si diventa amici del personaggio e ci si ritrova a consigliarlo.

 "Ce l’hai presente D’Attilio? – Il teorico della letteratura, quello che sta a Bologna? Certo: ho anche recensito un suo libro. È uno gentile. – Gentilissimo. Ha il suo bravo profilo in tenuta leather, una specie di poliziotto o nazi, non ho capito bene. – Come nazi? mica è fascio, anzi. Sarà uno che gli somiglia: non può essere lui. – Ah sì?" e siamo precipitati in una commedia plautina, almeno un po', nello scoprire ciò che era nascosto. 

Per questo il titolo La vita nascosta, la vita nascosta anche a sé stessi, ciò che non vorremmo si sapesse di noi, di lui, di loro, ciò che alimenta il traffico delle palestre e dei siti internet, ciò che non so ma mi è stato raccontato ed è esistente, il brulichio come insetti in volo a cercare il fiore. Rido ancora se non fosse che è la distanza a farci ridere, ognuno di noi può essere una caricatura ed è ciò che fa magistralmente l'autore, ci regala delle caricature, ci regala la caricatura dei siti d'incontri, "come la letteratura inizia dove la vita finisce, in rete i più davano sfogo a pulsioni che non avrebbero saputo realizzare, erano nevrotici che affidavano alla tastiera le loro perversioni pur di tenerle a bada." e poi e poi l'amore e poi la noia, e poi la distanza la distanza fra noi e l'altro ed è ciò che il personaggio interpreta, la distanza fra lui e l'altro, la cancellazione dopo la sofferenza e poi "quando non prende nessun canale e nessuna parola si distingue. La distanza. Nelle storie d’amore, come nella vita morale, non esiste nessuna legge che valga per tutti, e basterebbe questo a far capire quanto sia contraria alla ragione la pretesa di imporre norme e divieti in quelle materie. Il cielo stellato sarà pure lo stesso, sopra le nostre teste; ma sprofondati dentro di noi, gli imperativi diventano dialetti, e neppure: gerghi idiosincratici che anche se li pronunciamo in pubblico non è detto si possano comunicare. Così, raccontare storie sentimentali produce l’illusione di ripetere sempre la stessa, insopportabile solfa; e invece, la superficie piatta della noia nasconde piccole schegge senza forma, disperse" e noi le troveremo queste schegge leggendo La Vita Nascosta di Raffaele Donnarumma

Ippolita Luzzo