venerdì 21 ottobre 2022

Una Partita a scacchi


 Una partita a scacchi 14 ottobre2011 

Ricordo che guardavo affascinata i pezzi sullo scacchiere, il cavallo, il re, la donna, la torre, l’alfiere.

Ricordo la sfida fra un russo Spassky ed un americano Fischer, ma dove?

Bobby Fischer incontra Boris Spassky, allora campione del mondo e vince, è quasi sicuro di vincere il torneo, ma commette un errore incredibile, perde una partita già vinta.

Comincia, allora, a fare richieste sempre più esigenti, si ritira dando la vittoria a tavolino all’avversario.

Fu montata una campagna giornalistica contro, tutti i giornali scrivevano sulle sue stranezze, lo stesso Kissinger chiese a lui di giocare la terza partita. Come una sfida metaforica tra due stati.

Fischer vinse e continuò a vincere per tutta la seconda parte del torneo. Era la prima volta che un americano, veramente un ebreo-polacco, vinceva un campionato mondiale di scacchi.

Stamani, con la pioggia, con il vento, mi sono svegliata così, con lo scacchiere davanti, con le mosse da studiare, con questa triste storia di un uomo geniale, morto a 64 anni ed ormai impazzito con le sue ossessioni.

Bobby Fischer era un genio ma non tranquillo, non risolto, una intelligenza fredda, disturbata da una emotività repressa, una intelligenza monocorde, univoca.

Tutto il mondo lo seguì, in quel lontano 1972, tutti abbiamo detto ooohhh , ma lui che tanto ci aveva sorpreso, infelice e scontento passò il resto dei suoi giorni a pensare  a quale grande cospirazione il mondo avesse imbastito contro di lui, ad una cospirazione giudaica, lui che, probabilmente era figlio di un altro genio della matematica ebreo e da una madre polacca intelligente e capace che studiò,  si laureò, malgrado i tempi e le angherie subite.

E’ morto infelice a soli 64 anni, è morto da solo, senza affetti, perché lui disprezzava la donna, essere inferiore, non invento, disprezzava il calore di un sorriso, di una stretta di mano, di un abbraccio.

Gli scacchi sono una metafora alta, come tutti i giochi, io giocavo per ore a dama, però, col nonno, con gli zii, giocavo e giocavo a carte, imparai il tressette col morto, vincevo e gli uomini di casa   borbottavano –vinci perché non sai giocare- perché giochi senza pensare-

Giocavo per ore negli anni lunghi, lunghissimi del grande sonno, del mondo feudale che avevo intorno, il mondo non c’era a casa mia, non c’era neppure il telefono, che come nel libro – La concessione del telefono – fu messo tardi, fu allacciato da me con un inganno, con una burla, con una bugia.

Le mosse però che io ho imparato mi vengono sole, s’incastrano facili, mi vengono e vanno, ed ora, -lo vedi? -  ne parlo con te, pensando che tu, mi guidi anche tu.

 Una donna da sola che cosa può fare? Se vince, sicuro, un uomo ci sarà.

Ippolita Luzzo



REYKJAVIK - Addio a Bobby Fischer, primo e unico statunitense a conquistare il titolo di campione di scacchi, entrato nella storia per la sua sfida con il russo Boris Spassky. Fischer, che aveva 64 anni, � deceduto in Islanda in seguito a una malattia non meglio precisata. La notizia della sua morte � stata data dalla radio islandese.

Da molti esperti di scacchi era considerato il pi� grande giocatore di tutti i tempi. Soprattutto dopo che nel 1972 aveva battuto Spassky strappandogli il titolo mondiale al termine di una sfida che calamit� l'attenzione dei media di tutto il mondo. Nato negli Stati Uniti, viveva in Islanda dopo la disavventura con le autorit� giapponesi che lo hanno tenuto per otto mesi in stato di fermo per aver utilizzato un passaporto americano non valido. Nel marzo del 2005 il parlamento islandese, l'Althing, aveva acconsentito a riconoscergli cittadinanza per "ragioni umanitarie", perch�, a suo giudizio, era stato sottoposto a trattamenti ingiusti da parte dei governi giapponese e statunitense.

La scelta dell'Islanda non � stata casuale: la storica partita con Spassky del 1972, giocata quando lo scacchista americano aveva 29 anni, si era svolta proprio a Reykjavik e si era caricata di significati simbolici in piena guerra fredda fra Washington e Mosca. In seguito Fischer si era per� rifiutato di difendere la corona contro il sovietico Anatoli Karpov (1975), incorrendo nella squalifica della Federazione internazionale degli scacchi. Da allora non aveva pi� giocato incontri ufficiali fino alla sfida-spettacolo in due fasi (la prima a Sveti Stefan, in Montenegro, la seconda a Belgrado) del settembre 1992 di nuovo contro Spassky (il quale intanto aveva preso la cittadinanza francese).

Le autorit� americane gli avevano proibito di andare in Jugoslavia, allora sotto embargo dell'Onu. Successivamente � stato incriminato per avere violato l'embargo: rischiava, se fosse tornato negli Usa, fino a dieci anni di carcere. Per questo si oppose alla estradizione negli Usa al momento del fermo in Giappone e chiese asilo politico in Islanda.

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