mercoledì 4 maggio 2022

Calati junco

 9 febbraio 2010

Calati jiunco ça passa la chjna


Piegati giunco che passa la piena, la furia dell’acqua, il fiume in piena, senza argini, 

piegati giunco, abbassati, per resistere, rimarrai così saldamente al tuo posto, perché non potrai essere trascinato  dall’irrompere tumultuoso delle acque, 

piegati giunco, ma fermo, non vacillare, stabile, non è un simbolo di sconfitta, è una dolorosa, reale constatazione, quando gli avvenimenti ci travolgono, quando ogni nostro agire è come un boomerang contro di noi, quando “taci, il nemico ti ascolta…” e il sospetto attanaglia anche le menti più ben disposte, allora è tempo di – calati jiunco ça passa la chjna. -

La piena, proprio per la sua irruzione tempestosa, dilavante, cieca, non dura molto. La furia che ha in sé trasporta, scortica, sposta, e tutto involve, ma poi si placa. 

Finita l’esuberanza, la tracotanza, l’imperio, - dicono i poeti – la quiete dopo la tempesta. 

Ma durante la tempesta non basta piegarsi, ancorarsi, non basta: quanti umili, fragili, o forti sono stati cancellati, e allora bisogna imparare ad affidare le nostre sorti, con umiltà riconoscere il momento e pregare, e con nuovi occhi guardare quel che resta, quel che non c’è più, la miseria, la pochezza dei nostri averi.

Chjcati jiunco, perché di una cosa siamo sicuri tutti, che passa la piena e se ne va.

Ippolita Luzzo 

 







sabato 9 aprile 2022

Angelo Di Liberto Lea


Lea, fiaba di Angelo Di Liberto, con i disegni di Cecco Mariniello, pubblicata da Gallucci Editore, nella collana BROS. Dedicata a tutti i nostri animali perduti, scrive in esergo Angelo, ed io aggiungo a Moby, Orso, Akita, Nina,  aggiungo Gala, la mia cagnolina amata, e Spillo, il labrador che non siamo riusciti salvare da una comune gastroenterite.

 La fiaba per ogni età, ma certamente da raccontare insieme ai più piccoli, é ambientata a Palermo, per lo più nel Giardino Inglese, anzi questo fiabesco giardino è il luogo magico della salvezza. Un giardino che ha tra ogni spettacolare pianta anche un ficus gigantesco, quasi un personaggio fra i personaggi. 

Raccontata in modo semplice e con andamento quasi da c'era una volta, la storia di Gertrude, insegnante in pensione, e di Lea, la cagnolina che adotta subito, dopo averla scelta fra altri sette cuccioli, Lea, la più timida, quella che il proprietario voleva tenere per sé. Gertrude aveva già incontrato la madre di Lea, al Giardino Inglese, Nina il suo nome, e ne aveva avuto quasi un lascito.

 Non racconterò la storia ma solo l'incontro tra Marco, il bimbo con problemi di linguaggio, e la cagnolina, per dire come avere un cane possa influenzare positivamente le relazioni.  La fiaba raccontata da Angelo Di Liberto ha un andamento simile a tutte le fiabe della nostra infanzia. I buoni e i cattivi e per fortuna nelle fiabe vincono i buoni. 

Lea, continuo a mormorare ricordando Gala, la mia cara cagnolina, setter con macchie arancio, che io non sono riuscita a salvare dai cattivi. Gala era stata data a dei contadini quando io sono stata esiliata lontanissimo da casa per insegnare di ruolo nella scuola media. Quei contadini la legarono ad un lungo filo di ferro e suo unico movimento fu poter scorrere avanti e indietro lungo quel filo. Fu molti anni fa ma ogni volta ne sono funestata.

 Seguo con partecipazione il rapimento di Lea e poi tutto ciò che avviene. Una fiaba che ci appartiene e vorrei vedere Lea conosciuta per ogni contrada del Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 


giovedì 31 marzo 2022

Francesco Permuniam Calabiani


"Ho fatto i conti con la mia infanzia", dice Francesco Permuniam di questo suo libro e continua col raccontare come fosse un bambino delicato, "un bambino marrone" per via della melassa con la quale, in penuria di latte, veniva nutrito. Un bambino che trascorreva il tempo ascoltando i topi scorrazzare nel solaio col timore che potessero entrare nel suo corpo attraverso le orecchie e il naso. 

E da "quella atroce condizione infantile che ho preso a costruire i miei primi castelli di chimere. E ho poi proseguito da adulto" sul fantasticare come volo, come uscita, come liberazione, come veder meglio le tenebre dell'infanzia. 

Calabiani antologia privata dei miei demoni infantili, di Francesco Permunian è situata nel Polesine, terra di Ossessione, scrive Rolando Damiani nella prefazione. Ed il libro porta in copertina una locandina di un evento, di una sagra avvenuta a Caverzere nel 1899. 

Cavarzere è un paese diviso dal fiume Adige e al centro del paese la via Roma poi verso sud la strada di Adria, a circa un chilometro da Cavarzere si trova Ca'Labia. Nel libro troviamo una piantina della zona, con le case e gli abitanti, con i loro soprannomi e la composizione familiare, con qualche fotografia di allora, di cento anni fa. tutti poveri tranne qualche proprietario terriero. 

Nel fascinoso racconto io rivedo Oblivia di Pippo Russo, quella strada e gli abitanti in un onirico racconto. Anche il passato ci sembra un sogno lontano, un incubo o una bella storia lontana lontana. "Oblivia è un luogo incantato. Vive immerso in una natura d'irreale bellezza, lontano dal mondo e in un tempo senza tempo. La gente di Oblivia non conosce altri che la gente d'Oblivia, Oblivia è irraggiungibile perché l'unica strada che la collegava al resto del mondo franò un giorno a valle; e gli abitanti stabilirono che fosse meglio così, e che quel posto potesse bastare a se stesso. Soprattutto, Oblivia porta nel nome la dimenticanza" così scrive Pippo Russo e così trovo in Permunian nella sua Ca'Labia. 

Il racconto è inframezzato da versi, da incontri, da fotografie, e siamo già al suo primo incontro con Mario Giacomelli, a Senigallia, quarant'anni fa, quando un giovane poeta incontra il geniale fotografo di fama internazionale e dall'incontro nasce la collaborazione di un progetto visionario. 

Permunian mandò nel 1982 le sue poesie a Giacomelli e lui faceva "un'operazione espressiva" con un effetto espressivo-evocativo, come ben dice, nella rigorosa e importante postfazione Licia Maione. 

Da Ca'Labia al mondo tutto con l'incontro di anime elette, un'affinità elettiva che supera ogni distanza e vive nel magico luogo dell'arte e della fantasia. 

Un libro da amare moltissimo e che è amato moltissimo nel regno inventato, Il Regno Della Litweb

Ippolita Luzzo 

Ippolita Luzzo 2022


 Ippolita Luzzo 2022

Ippolita Luzzo, laureata in filosofia con tesi su Max Stirner, L’Unico e la sua proprietà. 

Da giugno 2012 scrive sul blog “Il Regno della Litweb di Ippolita Luzzo” quasi un giornale di cui lei è editorialista, direttrice e cronista. Col suo blog indaga e legge ogni momento letterario ed artistico per lei autentico interpretando in modo originale il senso del testo.

Ha vinto il premio Parole Erranti il 5 agosto 2013 a Cropani, nell’ambito dei Poeti a duello, X Festivaletteratura della Calabria.

Nel 2016 ha vinto il concorso “Blog e Circoli letterari" indetto da Radio Libri nell’ambito di Più Libri più liberi al Palazzo dei Congressi a Roma.

Dal 2017 fa parte della giuria del Premio Brancati.

Il 6 ottobre 2018 vince il Premio Comisso #15righe, dedicato alle migliori recensioni dei libri finalisti.

Sempre ad ottobre 2018 il suo blog è stato inserito dal sito Correzione di Bozze fra i Lit-blog e le riviste online nazionali che si occupano di letteratura.

Fa parte, fin dal primo momento, della giuria scelta per la Classifica di Qualità dalla rivista L’Indiscreto.

Dal 2019 Il Regno della Litweb collabora con Il Premio Comisso 15 Righe nella giuria di valutazione delle recensioni sui libri in concorso.

Nel 2021 è Presidente di giuria del concorso Sperimentare il Sud 

nel 2022 è in giuria nel Premio Malerba.

Scrive su giornali e riviste on line e cartacei.

Molti suoi pezzi stanno nelle cartellette degli autori che, fidandosi, le mandano i loro scritti.

Nella libertà di lettura.

mercoledì 30 marzo 2022

Liliana Madeo Si regalavano infamie


 Leggere bene, con Liliana Madeo, leggere la storia come se fosse un romanzo. Liliana Madeo, giornalista delLa Stampa, si occupa qui di una vicenda che l'ha molto presa tanto da indagare e conoscere meglio  l'amicizia fra due donne potentissime nella Bisanzio del VI secolo dopo Cristo, alla corte dell'imperatore Giustiniano.

Antonina e Teodora le potenti di Bisanzio è il sottotitolo del romanzo, e sembra la biografia di entrambe, tanto la ricerca è accurata. 

Antonina è però la protagonista, Antonina morta e infamata, Antonina qui raccontata dalla figlia Giovanna, dallo storico Procopio, cronista dell'epoca terribile in cui la vicenda si svolge. Antonina, vedova di un mercante e sposa di Belisario, il più grande generale dell'impero. 

Guerre e intrighi, tradimenti e torture, si succedono in una storia sempre crudele e in bilico fra esaltazioni e umiliazioni. L'amicizia fra Teodora, moglie dell'imperatore Giustiniano, e Antonina, moglie del più valente generale dell'impero, si snoda fra avvenimenti storici terribili, dettati dalla sete del potere, più che dalla voglia di ricchezza, dettati da rivendicazioni di ruoli, da voglia di riscatto e di autorità su tutto. Calpesteranno entrambe figli e affetti pur di soddisfare ambizioni e pur di sentire sempre di avere in mano lo scettro del comando. Il segno del comando, lo intitolerei io.

 Raccontato con grande maestria, il romanzo è avvincente e ci invita a riflettere sulla orribile contemporaneità con questi nostri tempi insanguinati da anni e da guerre altrettanto insensate, sofferte dal popolo, sofferte da chi, incolpevole, si trovi in mezzo nei giochi di potere.

Scorrono le immagini della guerra in corso nel mentre io leggo le guerre del sesto secolo dopo Cristo. Con Liliana Madeo, leggiamo intrighi e invasioni, generali e potere, terribile potere che sevizia l’umanità e nel nostro terrore cerchiamo rifugio nella letteratura.

Ippolita Luzzo 


lunedì 28 marzo 2022

Emanuela Monti Memorie di un'avventuriera Aphra Behn


 Liberamente ispirato alla vita di Aphra Behn, scrive l'autrice, Emanuela Monti, nel sottotitolo e spiega il perché nella sua introduzione. Dopo aver fatto, con un iniziale sgomento, la tesi di laurea, che le era stata assegnata, lei si appassiona a questa scrittrice del Seicento, drammaturga di un secolo di transizione. Non sono state però le opere lasciate da Aphra Behn ad appassionare Emanuela, bensì la vita.

 Una figura di donna fuori dall'usuale, con risvolti incredibili. Di tutto ciò che le fonti rimandano , biografi e critici disquisiscono ancora, a volte non trovandosi d'accordo, ma si può tentare di immaginare, ed è ciò che ha fatto Emanuela Monti, pur nella rigorosa ricostruzione storica. 

La prima donna scrittrice, la prima donna che viene pagata per il valore del suo scritto, dice Virginia Woolf, invitando tutte le donne a ricordare Aphra Behn. 

Nella Londra del 1682, ad agosto, a ferragosto, inizia il racconto con una lettera dell'attrice Lady Slingby all'uomo che Aphra aveva amato. Una lettera di richiesta di aiuto rimasta inevasa. L'uomo si ritrae. Aphra e l'attrice sono in prigione a causa di un dramma recitato al Duke's Theatre, perché il Re si era offeso. 

 Aphra uscirà dalla prigione e troverà questa lettera nelle sue carte, e siamo nel 1686 e leggo con partecipazione un discorso sull'amore che un po' appartiene a tutti. L'amore come un gioco crudele, l'amore come come sfida, e vince sempre chi ama sé stesso, così lei ci racconta del suo amore con John Hoyle, carnefice e vittima, e la vittima non merita indulgenza, essendo una stolta pedina di un gioco sterile. 

Aphra brucerà tutte le lettere che lui le ha mandato, tranne le prime. 

Mi ero ripromessa che non dovevo raccontare passo passo questo romanzo accattivante e amatissimo, per lasciare che ognuno si possa scegliere i momenti e le pagine da conservare, io ne ho conservate tante, come quest'altra, quando l'amore finisce, e lui che pur l' aveva sempre amata, ora le confessa di non amarla più, anzi che era la prima volta che lui, amando un'altra, si sentiva attratto. 

C'è sempre una grande competizione, una tensione amorosa che regge tutto il romanzo, anche se gli eventi storici vedranno Aphra protagonista come spia, al servizio del re. 

Intanto scrive poesie e romanzi, dedica a Giacomo Stuart alcuni drammi e ciò le procura attacchi violenti. Nel teatro morto il re Carlo tutto è cambiato.

Leggiamo dei suoi malanni, della sifilide, della gotta, della sciatica, e altri disturbi intestinali che neppure la liquirizia riuscirà a risolvere. 

Aphra muore nel 1689 ma in questo libro è viva e ci parla delle sue poesie, delle sue "novel", dei suoi drammi.

Un grande applauso a Emanuela Monti per avercela presentata

Memorie di un’avventuriera, pubblicato da Il ramo e la foglia edizioni. 

Ce ne andiamo tutti nell’Inghilterra del Seicento con questa biografia romanzata sulla prima donna scrittrice di professione.

 E per oggi ringrazio la mia buona stella che fa giungere nel Regno opportunità di letture stratosferiche

Ippolita Luzzo   

martedì 22 marzo 2022

Marco G. Ciaurro Saggio sulla poesia di Francesco Belluomini

 


Vocazione e custodia del senso di verità è il titolo del saggio sulla poesia di Francesco Belluomini frutto degli studi di Marco G. Ciaurro, filosofo, scrittore e organizzatore di eventi. È membro della Societé Amie de Blanchot e del Comitié de rèdaction nel sito Espace Maurice Blanchot. 

Francesco Belluomini, poeta, idea e fonda il Premio Camaiore, ora a lui intitolato. 

Belluomini si definisce operaio dei sogni e la sua opera è un grido proletario." intenso  come grado zero della scrittura. Perché non c'è grido più forte del silenzio della scrittura." Marco Ciaurro si chiede se sia possibile l'umanesimo, una via all'umanesimo, "Umanesimo del grido" che possa denunciare una natura violata e depredata in cui l'uomo disconosce il suo compito razionale e disconosce il senso interno della parola, che è la poesia.

La poesia è pur sempre la speranza che sia possibile sconfiggere il nonsenso e dare un senso alla vita. 

Dall'astratto al concreto mi piace dire che mai avrei potuto conoscere la poesia di Belluomini se Marco Ciaurro non ne avesse fatto testimonianza, ed è bella questa amichevole conoscenza sul segno linguistico.  Francesco Belluomini ha attraversato più generi, scrivendo molto, più di trenta i libri pubblicati, ma rimane soprattutto un poeta. 

La poesia è vigilanza della parola, sorveglianza del senso e del nonsenso linguistico, e  nel passaggio da pensiero ad azione, dal momento in cui quell'istante del pensato si trasforma in segno si raggiunge il circolo del senso.

 «Chi scava il verso incontra l’assenza degli dèi»: così Maurice Blanchot dà voce a chi ha avuto il privilegio e insieme la sventura di essere colpito dall’anatema della letteratura. Così leggo su Lo Spazio Letterario. 

Il linguaggio di Belluomini è respiro reale, la poesia è un varco sul pensiero in eccesso. La poesia è come una ricetta. "Nonostante tutto lo rifarei" scrive il poeta-

Moltissimi gli spunti interessanti, moltissima la commozione leggendo il saggio e vi rimando alla sua lettura sperando di avervi incuriosito. 

Ringrazio il luogo poetico dell'incontro e ringrazio Marco G. Ciaurro per l'eccezionalità della lettura

Ippolita Luzzo