domenica 24 ottobre 2021

Giuseppe

 Giuseppe                                                                   16 Marzo 2012

Giuseppe, il marito di mia cugina,  era alto, bello, intelligente.

A soli trentatré anni era professore universitario di diritto privato, all’università di Bologna.

Era il pupillo di Prodi, era un uomo delizioso.

Pugliese e nello stesso tempo cittadino del mondo, colto, senza far pesare la sue conoscenze,

affabile ed aperto a qualsiasi suggestione, a qualsiasi problematica.

Passionale, irruento, mia cugina spesso frenava, con la sua arguzia e moderazione, gli slanci imperiosi di lui contro i soprusi, le inciviltà, la maleducazione.

Parlare con lui mi piaceva molto e ricordo ancora l’ultima volta, eravamo seduti, io e lui, nel soggiorno di casa sua, in piazza San Vitale, e lui mi disse:- Ippolita, mi hanno letto la mano e mi hanno detto che morirò. Ora.- 

E poi mi aggiunse, sorridendo,- però  io ho comprato una macchina con l’airbag.- 

Io non ricordo cosa risposi, ma  credo nei presagi, credo nelle straordinarie coincidenze, nella fatalità ed in disegni più o meno leggibili se solo volessimo.

Ma non vogliamo e non tutti possiamo.

Giuseppe morì dopo pochi mesi da quella conversazione, con un incidente stradale causato da solo, mentre con la sua automobile prendeva una curva ad alta velocità.

L’auto si capovolse, l’airbag si aprì, lui restò illeso ma non vivo.

Mia cugina trovò il suo testamento, trovò le sue ultime volontà su come voleva essere seppellito nella nuda terra e lei fece tutto quello che lui  aveva scritto.

Mia cugina aprì poi una splendida lettera d’amore che lui le lasciava  testimoniandole un amore che veramente, in vita  aveva avuto per lei, tanto da seguirla a Marsiglia, quando ancora appena laureati, lei faceva la chemioterapia per un tumore al seno .

Lui non la lasciò un attimo ed in Francia, allora in Italia non esistevano queste cure, diede lezioni private a studenti per mantenersi  da vivere e per seguire un amore importante.

Mia cugina guarì dal tumore allora ma non guarì per molto tempo dalla stravolgente notizia che lui non ci fosse più.

Ma lui, nella sua lettera, la pregava di risposarsi e lei dopo anni e anni  incontrò un uomo che si chiama Giuseppe, che  è pugliese, più piccolo di lei di sette anni, e si è risposata ed ha un figlio e la vita va con un marito attento.

Non è il Giuseppe meraviglioso che è andato via per sempre ad una curva, con in macchina  i dolcini per una sua zia  ricoverata in ospedale…

Un uomo che noi tutti abbiamo amato, stimato, e che continua a parlarmi sorridendo di diritto privato, civile, pubblico, continua a parlarmi di affetti veri, di Bari, di orecchiette, di dolci e nuotate, di Erode, ricordi?  Continua a parlarmi  per riconciliarmi con tutti i Giuseppe  che sono quaggiù.

Ippolita Luzzo

Stasera con Mirella e la cascia che ci portiamo dietro 

I miei migliori auguri a tutti i Giuseppe per il loro onomastico , in anticipo, ma oggi la sento così….


lunedì 11 ottobre 2021

Ti ho lasciato

Quando una pianta non riceve più acqua si secca. Lo stesso succede a tutti noi quando ad ogni nostro gesto di generosità viene opposto uno sberleffo, una smorfia di riprovazione. Togliere l'acqua in fondo è facile, chi lo fa nemmeno in colpa si sente, l'altro non muore subito, lentamente si spegne e tutto finisce nel silenzio. 

Stamattina dopo tanto tempo ho deciso di ritornare sui tasti per ricordare a tutte le belle persone che mi hanno tolto l'acqua che non esiste solo una fonte, ma molteplici sono le sorgenti a cui abbeverarsi. 

Acqua copiosa scende stamani dal cielo e poi sorge il sole ad illuminare la pianura di Lamezia Terme, acqua copiosa giunge dal web, dai social. ad invitarmi a tornare sui tasti, dopo tanto tempo, dopo aver lasciato il blog, essermi lasciata seccare inutilmente. 

Ritornare al Regno della Litweb, Ritornare all'Utopia, ritornare a scrivere si può, malgrado coloro che tolgono l'acqua continuino con malcelata ostilità a bloccare le fonti. 

domenica 26 settembre 2021

Francesco Forlani L'estate corsa

 




I principi di Scienza Nuova di Gianbattista Vico: "Che sono gli tre lavori che 
deve fare la poesia grande, cioè di ritruovare favole sublimi confacenti all’intendimento popolaresco, e che perturbi all’eccesso, per conseguir il fine, ch’ella si ha proposto, d’insegnar il volgo a virtuosamente operare, com’essi l’insegnarono a se medesimi; lo che or ora si mostrerà" La fantasia a creare storie per insegnare a se medesimi ci ricorda Francesco Forlani nella Estate Corsa, in uscita il 7 ottobre nelle librerie italiane. 

Frank, il protagonista legge  un’inserzione su Libération, un giornale che nel 1973 annuncia la sua nascita reclamando la restituzione della parola al popolo:Cercasi scrittore in residenza. Vitto, alloggio, rimborso spese, gettone. Durata un anno. Disponibilità a trasferirsi. Seguivano indirizzo mail a cui inviare la candidatura e le referenze richieste"

"Frank non abita lontano dalla redazione di Libé. C’è un autobus diretto dalla rue Monge e se si dà una mossa – per Frank darsi una mossa equivale a una decisione tanto grave quanto imprescindibile – in una ventina di minuti dovrebbe arrivarci. C’è stato due volte in quella redazione; una per discutere con Jean-Baptiste del corso e l’altra in occasione dell’uscita del suo libro che aveva voluto recapitargli di persona. Per accedere ai piani alti bisogna percorrere una rampa a spirale, come quelle dei parcheggi.

Più che un giornale è un’officina delle idee e per quanto lo stampino a Saint Denis e al posto delle macchine da scrivere ci siano comodi computer, si sente l’odore d’inchiostro, lo stesso che ti lascia le dita sporche di grasso come quelle dei meccanici. Lo accompagna una strana euforia mentre raccoglie curriculum, riviste, una rassegna stampa e un paio di copie salvate dal macero e dagli editori" 

Con il protagonista entriamo nelle stanze del giornale e incontriamo i due redattori alla cultura e uno di loro raccomanda a Frank di guardare ai fatti con la giusta distanza. "Certo, quel mix di appartenenza e di estraneità che dà allo sguardo la possibilità di vedere oltre, e soprattutto meglio, il bene che vive in un luogo per fare in modo che chi vi abiti non abbia più dubbi sul proprio stare al mondo. Perché proprio quello è il migliore dei mondi possibili indipendentemente dal fatto che quelle radici non si siano scelte, ma soprattutto da quanto sia magnifica o terribile quella che i più, con una certa enfasi, dicono essere: terra mia” aveva concluso Marongiu."

Frank accetta l'offerta e dovrà andare in Corsica, "Corsica, anello tra le due nazioni. Così la definisce Nicolò Tommaseo" e troviamo Frank in biblioteca a spulciare documenti, dopo aver lasciato Parigi, dopo aver incontrato il vicesindaco di Piana, dopo aver conosciuto la storia che gli è stata affidata. Dovrà trovare l'identità di un morto che era stato inventato trent'anni prima dal sindaco del paese per fermare gli incidenti stradali su un tornante pericoloso. "Il suo giubbotto di salvataggio ancora una volta era tutto in quella frase di Tacito appresa da ragazzo sui banchi dell’università: Fingunt simul creduntque (‘Credevano in ciò che avevano appena immaginato’) Se lo immagino esisto, avevo scritto io una volta in un pezzo, e mi ritrovo a copiarvi stralci e stralci dell'Estate corsa per farvi entrare insieme a me nella storia che Francesco Forlani ci racconta per raccontarci altro, per darci la bellezza dell'indagine, la goduria della lettura, lo sguardo doppio sugli avvenimenti "Ci sono due modi di vedere le cose e le persone. Si possono contemplare, ammirare, riconoscendone un valore superiore, quasi una possibilità di riscatto interiore in una tale esperienza di bellezza o di sublime manifestazione di una presenza tanto inattesa quanto catartica. Ci si sente migliori quando la bellezza diventa un viatico imprescindibile come le parole di un amico prima d’intraprendere un viaggio; lo sguardo allora si lascia fagocitare e allo stesso tempo nutrire e l’estasi è indotta a un’immobilità quasi feroce dei muscoli se non si avvertisse dentro un movimento frenetico dato dal battito accelerato del cuore, il freddo alle ginocchia, le vertigini. Diverso è lo sguardo del predatore perché anticipa un movimento, una sequenza ripetuta mentalmente, un piano d’azione che non lascia adito al fallimento, non ammette sconfitta. In realtà esiste un altro modo di guardare ma si tratta piuttosto di un non vedere, come effettivamente accade alle due donne sedute sulla panchina, molto prese nella conversazione."

Vi affido in lettura un libro godibile e scintillante di trovate, un libro nel quale ritroverete l'estro e il gioco di Francesco Forlani nell'immaginare, nel momento creativo del farsi. Andremo tutti con Frank in Corsica, basterà aspettare il 7 Ottobre in libreria, per Felici Editore

Ippolita Luzzo 







Francesco Forlani è stato direttore artistico del magazine Paso Doble e, a tutt’oggi, della rinata rivista Sud. È redattore di Nazione Indiana e collabora con la rivista parigina L’Atelier du Roman. Ha partecipato alla redazione dei Racconti in bottiglia per Rizzoli-Corriere della Sera. Tra le sue opere pubblicate, in italiano e in francese, Métromorphoses (Le Manuscrit), Autoreverse (L’Ancora del Mediterraneo), Turning doors. La veranda di Montale (Quintadicopertina), Il peso del ciao (L’Arcolaio), Parigi, senza passare dal via (Laterza), Peli (Fefè), Manifesto del comunista dandy e Penultimi (entrambi editi da Miraggi). A Parigi insegna italiano nelle scuole della periferia parigina, esperienza da cui è nato il suo ultimo romanzo scritto in francese, Par-delà la forêt (éditions Léo Scheer).

giovedì 23 settembre 2021

Fouad Laroui Lo Strano caso dei pantaloni di Dassoukine

 


Leggere è una goduria quando si incontrano racconti così piacevoli come questi di Laroui. Splendidamente tradotti da Cristina Vezzaro che ha mantenuto il tono surrealista dell'autore, i racconti ci fanno sorridere con intelligenza e uno dei racconti " Il quarto d'ora dei filosofi" ci riporta alla scuola, ad un incontro fra un alunno, ormai adulto, e una sua insegnante di filosofia, incontrata per caso, ora insieme nella stessa aula dove avvenne il fattaccio. 

Le domande che la filosofia pone e come ognuno di noi le fa sue ritornano nei nostri ricordi.. L'alunno rimprovera all'insegnante di averla angosciato con i "Pensieri" di Pascal sulla breve durata della vita e sull'eterno silenzio negli spazi infiniti. Nel gustoso dialogo poi succederà altro che non racconterò lasciandovi la ricerca intonsa dal mio ridere felice. 

In "Nato da nessuno parte" trovo una situazione a me familiare. Molti, sapendo che scrivo, mi raccontano le loro storie, la loro vita, affinché io ne faccia un pezzo, e questo succede al narratore. Mentre lui sta seduto al bar un giovane marocchino lo avvicina e gli racconta di non essere nato nel luogo indicato dal certificato di nascita e da qui parte una serie di rivelazioni che lo hanno sempre più sorpreso e causato dubbi sulla sua identità. Dubbi che riguardano però anche chi sa con certezza dove e quando sia nato. 

Sono Favole filosofiche, sono parabole? Si chiede il giornale "Le Monde" io credo siano divertissement, soprattutto "Lo strano caso dei pantaloni di Dassoukine" il racconto che dà il titolo alla raccolta. Narra la storia di un uomo, nipote di caid e figlio di primo ministro,  incaricato dal governo marocchino, giunto in Belgio per trattare l'acquisto di una partita di cereali a Bruxelles. Un racconto surreale e felicissimo che andrete raccontando come faccio io dopo averlo letto. Dassoukine arriva a Bruxelles e già in albergo si scontra con un tizio che, inavvertitamente, vedendolo con un piatto in mano, poggiato da un cameriere sbadato, lo scambia proprio per un cameriere. 

La notte faceva caldo e dalla stanza al piano terra la finestra è aperta. I pantaloni spariscono e la mattina dopo la ricerca di un paio di pantaloni lo porterà ad indossare i pantaloni da pagliaccio. Vedrete. 

Le sorprese della lettura sono veramente tante, e con il narratore anche noi sentiremo quel "radicamento dell'erranza" che non prescinde dalla memoria delle origini e ci pone sempre alla domanda su chi noi siamo. 

Un libro bellissimo a cominciare dalla copertina e dal profumo.

Un libro Del Vecchio Editore 

Ippolita Luzzo



Fouad Laroui: Scrittore marocchino, è nato a Oujda, al confine con l'Algeria, nel 1958. Ha studiato al liceo francese di Casablanca e in Francia come ingegnere, presso la prestigiosa École Nationale des Ponts et Chaussées di Parigi, conseguendo un dottorato in materie economiche. In passato ha lavorato nel settore minerario a Khouribga, una delle aree estrattive del Marocco più conosciute al mondo, mentre oggi divide il suo tempo tra Amsterdam, Casablanca e Parigi. Ha pubblicato varie opere di narrativa, tutte segnate da uno humour pungente e da un'innata attitudine al racconto, tra le quali: Un anno con i francesi (2015), in cui a tenere banco è lo choc culturale di un giovane marocchino che scopre la visione del mondo dei francesi; La vecchia signora del riad, tradotto in Italia nel 2020 e vincitore del Premio Goncourt; Le tribolazioni dell'ultimo Sijilmassi (2020); Lo strano caso dei pantaloni di Dassoukine (2021).   

mercoledì 15 settembre 2021

Giovanni Tizian Direttore artistico di Trame Festival


 Primo settembre 2021 Trame 10 Festival dei libri sulle mafie  ore 20: " Domani" Come nasce un giornale con Giovanni Tizian, Emiliano Fittipaldi, Nello Trocchia. Si discute di giornalismo d'inchiesta, del tempo per fare un'inchiesta, della possibilità di fare un'inchiesta, e delle ripercussioni sulla carriera di un giornalista per l'inchiesta fatta. Le denunce che vengono fatti ai giornalisti per mettere a tacere inchieste scomode, e come il nostro sistema giudiziario non preveda di far pagare chi denuncia i giornalisti e poi perda la causa. Sarebbe questo un buon sistema per mettere un freno alle denunce come mezzo per impedire che si sappiano corruzioni e ricatti. 

Parlano Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian ricordando le inchieste passate, nei giornali dove era possibile denunciare l'esito di ricerche. 

Difficile fare giornalismo ma

e su quel ma si ritorna a sfidare i tempi di transizione e trasformazione, si ritorna a sfidare la crisi del giornale di carta, e si propone una nuova testata giornalistica con l'intento di riprendere il mestiere della stampa, il Giornalismo d'inchiesta.

Seduta fra il pubblico ascolto Emiliano, Giovanni e Nello, nella felicità di vedere ancora quanto entusiasmo e serietà abbiano, quanta competenza e voglia di verità, quanto siano credibili, quanto riescano ancora a dare senso al giornale, a leggere un giornale.

Desidero far conoscere a tutti voi Giovanni Tizian Direttore artistico di Trame Festival

"Giovanni Tizian a Domani è capo servizio e inviato cronaca e inchieste. Ha lavorato per L’Espresso, Gazzetta di Modena e ha scritto per Repubblica. È autore di numerosi saggi-inchiesta, l’ultimo è il Libro nero della Lega (Laterza) con lo scoop sul Russiagate della Lega di Matteo Salvini. 

Laureato in criminologia presso l'Università di Bologna, ha iniziato pubblicando su «La Gazzetta di Modena» le sue prime inchieste, con cui nel 2012 ha vinto il Premio per i giornalisti di provincia "Enzo Biagi". Sempre nel 2012 gli sono state assegnate la menzione speciale al "Premio Biagio Agnes" e la Colomba d'oro per la pace. Al giornalismo ha affiancato l'impegno civile e sociale, collaborando con "daSud", l'associazione antimafia con sede a Roma costituita nel 2005 da giovani emigranti meridionali che non hanno intenzione di lasciare le loro terre in mano alle cosche."

 Vado a spulciare la biografia a casa, vado a vedere e dietro la persona scopro la storia di suo padre, bancario che mentre da Locri, sua sede di lavoro,  rientra a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria la sera del 23 ottobre 1989 viene ucciso.

Trovo un'intervista di Anna Foti e voglio riportare qualche stralcio:" Il 23 ottobre 1989, a colpi di lupara, veniva assassinato tuo padre, Peppe Tizian mentre da Locri rientrava a Bovalino dopo una giornata di lavoro. Quanti anni avevi? Cosa ricordi o cosa ti è stato raccontato di quella sera?

Avevo 7 anni, ricordo poco e niente. Immagini confuse, una nebulosa di ricordi. Ricordo che mi è stato raccontato subito come un incidente, poi la verità. Terribile.

Peppe Tizian, un funzionario di banca che non si è piegato al malaffare mafioso. Un esempio di integrità. Un uomo per bene che, come tanti (troppi!) per la sua rarità assurge, quando è troppo tardi per onorarne e difenderne la vita, ad eroe. Ma secondo te, tuo padre era un eroe o un uomo per bene. Come vorresti che fosse ricordato?

Come un lavoratore normale, non credo negli eroi (in questo pese gli eroi servono solo a liberare la collettività dalle responsabilità e dall’impegno quotidiano, come dire: “tanto ci pensano gli eroi a salvarci, noi possiamo stare tranquillamente a guardare’’). Vorrei che fosse ricordato come Peppe Tizian, padre, lavoratore, uomo, con i suoi sogni, i suoi ideali, i suoi sbagli, il suo impegno.

Quella sera la tua vita è cambiata e forse anche il futuro che avresti scelto. Tu oggi racconti la ndrangheta nella tua attività giornalistica. Ormai emiliano di adozione, hai drammaticamente ritrovato anche lì il fenomeno mafioso. Come sei arrivato scegliere questo mestiere e perché hai scelto di occuparti proprio di mafia?

Ho iniziato quando mi sono accorto di alcune logiche che regolano la vita economica anche in Emilia. Il favore, la corruzione, gli incendi dolosi, le minacce, la cocaina. Mi sono chiesto chi stesse dietro a tutto questo. E piano piano con la Gazzetta di Modena abbiamo iniziato a raccontare il potere dei clan in Emilia, e al nord. Potere che non porta il nome solo di ‘ndrangheta, ma anche di clan dei casalesi.

Rischi la vita, come l’ha rischiata e drammaticamente perduta tuo padre. Perché pensi che valga la pena di onorare la funzione sociale del giornalismo fino a questo punto?

Quando ho iniziato a scrivere non credevo di dovere arrivare a questo punto per continuare a lavorare. Ma questa è l’Italia. Un Paese che mal sopporta l’informazione, la libera informazione. Onorare la funzione sociale del giornalismo vuol dire innanzitutto raccontare quello che costringe il nostro Paese in questa immobilità. Stretto tra corruzione e mafia. Quella funzione sociale non la si onora perché viene assegnata una scorta, ma si onora lavorando assiduamente per contribuire alla formazione di una coscienza collettiva, credo che il giornalismo e l’informazione possano essere uno strumento a disposizione dei cittadini con i quali essi possono leggere la realtà che li circonda. Spetta a loro poi chiedere conto alle Istituzioni. Spetta a loro boicottare i locali di cui scriviamo negli articoli e li indichiamo come mafiosi.

Ti sei mai sentito solo nel dire la verità? Le verità hanno un prezzo o un valore?

Solo mai. Siamo in tanti e altrettanti hanno creato una rete senza precedenti, una rete che chiede diritti, regole, giustizia. E verità. Senza verità non ci può essere giustizia. L’Italia dei misteri ha bisogno di sapere, di conoscere, chi l’ha ridotta così. Credo sia un valore fondamentale per una democrazia vera."

 Il valore della conoscenza, la voglia di giustizia, i diritti che spettano ai cittadini, sono le basi del mestiere di uomo e di giornalista che Giovanni Tizian ci ha trasmesso in questi cinque giorni di Festival vissuti intensamente. 

Un grazie moltiplicato per mille, diecimila, centomila, milioni di lettori al giornalismo vero e alle persone vere come Giovanni Tizian dal Regno Della Litweb augurale

Ippolita Luzzo 






lunedì 6 settembre 2021

Gaetano Fera Profumo di cedro nel rambutan e nei datteri


 Gaetano Fera pubblica nel 2019 un romanzo storico basato su una storia vera, la storia ritrovata dopo quaranta anni di ricerche. 

L'autore è il figlio che ricostruisce in questo racconto la figura paterna dai documenti paterni, da una foto della Legione Straniera ritrovata in un cassetto. Mai aveva fatto cenno della sua storia il padre, Domenico Fera che, dopo essere ritornato dalla Legione Straniera, si sposa, poi emigra di nuovo in Svizzera dove in un incidente di lavoro muore  nel marzo del 63. 

Nel momento in cui inizia le ricerche nemmeno Gaetano Fera sa cosa troverà, finché un giorno, saputo delle sue ricerche, non si presentano a casa sua alcuni appartenenti alla Legione Straniera con i documenti, con le fonti, e queste testimonianze hanno reso possibile ripercorrere i fatti. 

La storia di un legionario calabrese nel quinquennio 1951-1956, le guerre in Tunisia, Marocco, Algeria, Indocina. La storia degli individui si intreccia con la storia della politica, con i conflitti mondiali, con la scelta del governo italiano di mandare a morire i suoi cittadini nelle miniere del Belgio o sui campi da guerra. 

Una guerra insensata che tanti lutti porterà per dirla con Omero, il cantore della guerra di Troia. 

Moltissimi legionari hanno aiutato Gaetano Fera nelle sue ricerche, da ogni parte di Europa, e tutto ciò che viene raccontato ha una precisa collocazione storica. Sono stati solo cambiati alcuni nomi ma i fatti sono riconducibili alle carte in possesso di Gaetano. 

La grande miseria spinge Domenico Fera a partire nell'agosto del 1951 verso Ventimiglia, per entrare in Francia. In Francia da clandestino, sembra di leggere dei notiziari di questi anni, sui migranti che vogliono ancora ora entrare in Francia da Ventimiglia. 

La storia dei popoli che si spostano, che emigrano, che stanno ai confini e cercano di entrare in una nazione più ricca, con più opportunità lavorative è la storia, la cronaca dei nostri giorni

Domenico giunge in Francia, Senza Permesso, la mattina del 31 agosto e sorpreso dalle guardie condotto in prigione. 

Il giorno dopo però gli viene fatta la proposta di entrare nella Legione Straniera, in caso contrario sarebbe rimasto in prigione. 

Firma perciò per cinque anni nella Legione Straniera e cambierà nome, diventerà Ferani Gino. Gli verranno consegnati dei soldi, i nuovi indumenti, la divisa, e si troverà insieme a soldati di molte nazionalità, in partenza per Nizza e poi a Marsiglia dove essere addestrati prima di partire per Orano, Algeria. 

Vi lascio nella lettura di ogni fase, vi lascio nei luoghi di guerra, nelle marce e nelle prove, ricordando la commozione di Gaetano Fera nel momento in cui racconta, nel paese di nascita, la vicenda di suo padre. 

Vi lascio con in mano una storia di grande sofferenza ma di utile ricostruzione, una storia da conoscere, una storia da portare nelle scuole.

Singoli individui travolti dal corso impietoso e crudele dei grandi fatti universali diventano vittime innocenti del cammino incessante della violenza del potere e della sopraffazione di una nazione su un'altra. Una grande lezione che ci farà riflettere

Ippolita Luzzo  

martedì 31 agosto 2021

Si chiamava pudore

 Si chiamava pudore una volta l'atteggiamento riservato con cui non si mettevano in mostra le cose intime, la morte, la nascita, il dolore, la malattia, le esigenze corporali.

 Si chiamava pudore ed insieme rispetto il tacere le misere cose noi siamo davanti al mistero dell'esistenza. 

Si chiamava pudore e non si fotografavano tragedie e corpi annegati ma si interpretava ogni fatto  donando con l'arte la denuncia e lo sdegno