mercoledì 20 gennaio 2021

Annarosa Maria Tonin L'uomo nell'ombra


Per la casa editrice Digressioni nel 2020 Annarosa Maria Tonin pubblica un racconto "Anatolia" e un saggio atipico, quasi una serie di bozzetti, "L'uomo nell'ombra"
Il raffinato racconto "Anatolia" viene ben recensito e accolto, ho appena letto la recensione di Nicola Vacca per Gli amanti dei libri,e vi invito a leggerla "A cosa serve  la letteratura se non a raccontare la vita attraverso la fitta rete dei suoi misteri?
Anatolia di Annarosa Maria Tonin è un romanzo molto particolare e tra le sue pagine il lettore troverà lo scorrere inquieto della vita attraverso diversi registri di narrazione dei quali fanno parte i personaggi.", e io invece vorrei fermarmi su "L'uomo nell'ombra" letto da me come se fossero piccoli racconti, ritratti in pittura e in parole.  

"L'uomo nell'ombra" sono quattordici dipinti, 
ritratti d'epoca, quando non esisteva lo smartphone, spiegati e raccontati con passione e competenza ma soprattutto con affetto. 
Impariamo a conoscere i grandi protagonisti della Storia, Luigi XV, la regina Enrichetta Maria, Carlo IX, Filippo II, Massimiliano I, ed insieme a loro, ai sovrani, gli imprenditori, Iseppe Da Porto , la famiglia Lange, oppure altri occasionali soggetti, il ragazzo col cane, la bevitrice di assenzio. Due opere del primo Novecento fanno da cornice iniziale e finale, e poi stiamo nel trionfo di Paolo Veronese, Francisco Goya, Sofonisba Anguissola e molti altri. 
Dovrete leggerlo per restarne ammaliati. Io sono rimasta legata al quarto dipinto, "Il conto eretico" di Paolo Veronesi, Iseppo Da Porto con il figlio Adriano, opera del 1555, circa. La tela è ora conservata alla Galleria degli Uffizi, mentre allora stava a Vicenza, nel fulgore del periodo di Palladio. 
Andrea Palladio, amico del conte da Porto, progetta il palazzo, mentre l'abbellimento delle pareti  è affidato a grandi pittori, come Paolo Veronese, anche lui amico del conte. Due tele saranno dipinte da Paolo, in una il padrone di casa con il figlio, e nell'altra la moglie Livia e la figlia Porzia, con un delizioso abito verde, chiamato proprio verde Veronese. Invidio queste splendide amicizie del conte, faccio amicizia col conte, e improvvisamente ne vedo una somiglianza perfetta con un mio amico scrittore. Potenza dell'arte, dei visi, della memoria! Sembriamo lì insieme a loro, e intanto Annarosa ci racconta il periodo storico, la condanna per eresia del conte, e insieme ci spiega i dettagli dell'opera.  
Del 1561 un altro ritratto, queasta volta di Carlo IX ci ricorda il massacro degli Ugonotti, e alla fine leggo nella bibliografia di riferimento, (a cura di Giovanni Comisso) Gli ambasciatori veneti, e tutto un lavoro accuratissimo di ricerca storica. 
Leggendo ho pensato molto a Fabrizio Coscia, anche lui raffinato saggista di opere pittoriche, e mi piacerebbe quasi vedere entrambi i due studiosi cimentarsi insieme in una conversazione. 
Sogni per ora, in tempi così difficili, ma chissà!
Intanto i miei applausi ad Annarosa Maria Tonin nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo
  
Annarosa Maria Tonin è nata il 22 aprile 1969 a Vittorio Veneto (TV), dove vive. Laureata in Lettere Moderne a Cà Foscari con una tesi di storiografia dal titolo “Per una storia della corte praghese di Rodolfo II. Gli inviati veneti (1595-1609)”, ha svolto attività giornalistica e di ricerca ed è stata docente di Materie Letterarie e Storia dell’Arte. Si dedica alla scrittura narrativa e saggistica e all’organizzazione di eventi culturali legati alla promozione della lettura. Collabora con la rivista cartacea di cultura Digressioni.
Ha pubblicato le raccolte di racconti “Vento d’autunno” (2011), terza classificata al Premio Kafka Italia 2012, “Tele di ragno” (2016), “Le visitatrici” (2018) e i romanzi “Rivelazione” (2014), “La scala a chiocciola” (2015), “Il segreto di Alvise” (2017). 

mercoledì 13 gennaio 2021

Stanno smontando il mare e altri racconti di Piergiorgio Paterlini

 

"Il mare, a proposito. Qui volevo arrivare e qui volevo portarvi. Perché, finalmente, a metà ottobre, avrebbero smontato il mare. Era naturalmente l'operazione più complessa, più delicata, più laboriosa. Tutti i suoni erano già stati sbaraccati, rimanevano adesso i sapori e gli odori. Venivano smontati gli odori delle creme solari, quelli della mucillagine, e il sapore dell'acqua salata quando si mescola al sudore agli strangozzi alla piscia di migliaia di bagnanti. Infine, i colori. Bisognava smontare con particolare cura l'azzurro dell'acqua, e il verde, e il blu, e anche il marrone, e i riflessi rosso accecante del tramonto, il rosa tenue dell'alba. Fino a che il mare non fosse tornato al suo colore a riposo, il grigio, un grigio il più uniforme possibile."

"Pronto per essere rimontato, ogni volta come nuovo, ai primi di marzo o giù di lì"

Il racconto fa parte di una raccolta da domani in libreria, questo era stato già pubblicato su " La Repubblica" del 30 giugno 2015

Mi fermo su questo perché l'unica volta in cui io sono stata a Rimini era inverno ed il mare non lo ricordo. Ricordo proprio quel grigio uniforme, gli alberghi fatiscenti, nonostante sulla carta fossero tre stelle, e poi il pronto soccorso efficiente, il convegno sul romanzo delizioso. Dovrei trovare il pezzo ma non è necessario perché basterà leggere questo racconto per sentire Rimini nel cuore.

I racconti sono suddivisi in tonalità di luce e "Stanno smontando il mare" sta nel "Buio, poi troveremo in  "Oltre il buio" apocalittici eppure ragionevoli racconti sulla nostra estinzione, come pianeta, come organizzazione sociale, come individui mortali. Estinzione che ci appartiene in quanto viventi anche se "Nessuno è pronto"

Noi però facciamo la lettura inversa e da "Oltre il buio" risaliamo accendendo di volta in volta ogni racconto per raggiungere la "Mezza luce" della "Scuola serale" il bellissimo racconto sulla scuola, sul potere della letteratura che illumina, che libera, che regala la "Luce Piena" dell'amore che va e viene, nell'amicizia dei "I liceali" negli affetti padre e figlio leggendo "La Tregua"

Nulla è facile, ma tutti noi possiamo avere con noi "La borraccia" che può essere qualsiasi oggetto testimone di un momento, di un incontro, di un affetto. "Guardo con affetto la mia (la sua) borraccia, e le chiedo di proteggermi ancora, fino alla fine. è lì per questo, è stata sempre lì per questo e sono certo che lo farà" " A ricordarci la gioia irripetibile dei vent'anni. A ricordarci di ricordare"

Io non avendo avuto nulla da ricordare ho però sul tavolo una fotografia di qualche anno fa, sono ad un festival di letteratura e mi piace ricordare che tutto può avere inizio nonostante ed ora nel Regno della Litweb leggiamo libri bellissimi.


Ippolita Luzzo



lunedì 11 gennaio 2021

Essere rosso di Javier Argüello


"Raccontiamo le nostre vite - come sto facendo io adesso - con la speranza di riuscire a dargli un senso che in realtà non hanno, e releghiamo gli episodi più dolorosi in sotterranei dimenticati, sperando così di liberarci di essi. E invece li lasciamo in eredità ai nostri figli. Ciascuno di noi porta nel suo fardello i dolori non sopiti dei propri genitori"

"La storia dell'umanità è la storia degli scontri, delle umiliazioni, delle violenze, delle invasioni, degli sfruttamenti, degli stupri, delle imposizioni e delle offese che nell'insieme come specie ci siamo inflitti, e nulla cambierà finché continueremo a cercare dei colpevoli"

Essere rosso è il racconto di Javier, dei suoi genitori, di come suo padre diventerà un funzionario delle Nazioni Unite, di come incontrerà sua moglie, la mamma di Javier, al festival della gioventù comunista a Vienna. Racconta molto altro, le due diverse origini dei genitori, il caso fortuito di come il padre di Javier possa continuare gli studi, il caso fortuito di incontri e situazioni che creano la storia di un individuo. E poi il 1973, a settembre, in Cile, il golpe e le strade vuote di Santiago del Cile. Il padre di Javier cercherà di salvare i dissidenti da un regime di torture, di fucilazioni in massa, nei campi sportivi. 

Javier racconta dell'Europa, dell'Ungheria, della Russia, nel momento in cui la Lettonia, la Bielorussia e l'Ucraina sono diventati stati indipendenti. Racconta di come i movimenti storici intrecciano i destini individuali, Stalin, la guerra fredda,  e in fondo "non si trattava né di colori , né di idee ma di persone che ritenevano lecito annientare l'altro per difendere i propri interessi"  

"Il nemico si nasconde a destra e a sinistra e "Si traveste da destra e da sinistra e ha sempre lo stesso volto"

Un libro da portare nelle scuole, da far leggere agli alunni che un giorno mi chiesero come mai la storia fosse un susseguirsi di fatti orrendi. Io risposi con le parole di Javier, però poi guardandoli dissi loro che vi erano stati molti progressi, nella medicina, nel modo di vivere, conquiste sociali e che c'era sempre insieme la voglia del riscatto, della dignità umana che si fa spazio.

Il romanzo intreccia la vita di Javier ora, il suo ricordare Berlino, la caduta del muro, lo svelamento della dittatura, ma anche i limiti del capitalismo, la dittatura del consumismo. 

Il 25 novembre 1998 prima in Spagna, poi a Parigi e in Germania e infine la Commissione Giustizia della Camera dei Lord a Londra giudicano Pinochet colpevole per crimini contro l'umanità. 

"Tutti i libri hanno una storia. Non quella raccontata dalle loro pagine, ma quella del libro stesso." 

" Sono rosso" ci confessa Javier, perché "crede che la comunione degli uomini sia ancora un obiettivo. Per dignità e per bellezza. Per orgoglio. Per testardaggine e per obbligo" io credo al di là di come venga applicato un sentire, un sentire non è un applicazione di torture ma un luogo di libertà. 

La storia siamo noi, nella libertà di sentire, di essere uomini che stimano altri uomini nella molteplicità delle idee. 

Un grazie commosso del Regno della Litweb, regno inesistente e libero, a questo bel libro di Javier Argüello, tradotto con maestria da Francesco Ferrucci e un grazie alla Voland per portare in Italia autori come Argüello.

Ippolita Luzzo   


mercoledì 6 gennaio 2021

Paolo Romano Quando cavalcavo i mammut


Paolo Romano pubblica con le Scatole Parlanti due libri, il primo è "La formica sghemba", il secondo "Quando cavalcavo i mammut". 
Già i titoli, l'ultimo è tratto da una frase, in un tema di quarta elementare,  del figlio Giovanni, ci dicono come sia estroso e nello stesso affettuoso l'autore, legatissimo a figlio e genitori. 
Il tema del libro sui mammut è proprio il legame del protagonista  con il padre. Padre al quale io mi sono affezionata moltissimo.  
Leggendo alla mia maniera sghemba, di lato, dalla  fine, dal centro, verso la periferia, Luigi Giavatto, "impiegato alla terza sezione civile del Tribunale di Roma, ordinava fascicoli di giorni, intanto pensava al jazz, alla parte irrealizzata di vita nei cui confronti era più indulgente", lui quasi scompare nella lettura e da "insopportabile, malinconico, propenso a quello stato di accidia che guasta i soli anche i più luminosi, si stava antipatico". 
Il personaggio dunque è nevrotico e narciso, ed anche le situazioni che lo riguardano vengono descritte con un lessico che si adegua a lui. 
Diverso invece l'apparire del padre, malato, bisognoso di cure e con una storia che ci porta ad Ibla, a Scicli, alla Sicilia. 
Cambia il periodare, cambia il racconto e noi tutti con negli occhi il barocco di Scicli, seguiamo il papà di Luigi, conosciamo il suo maestro, Arcangelo Piazza, al quale io mi sono legata di grande affetto, maestro d'altri tempi. 
Arcangelo Piazza capisce che quel Peppino, alunno promettente, non doveva lasciare la scuola, e trova un modo per convincere il padre. Commovente e salvifico il ruolo della scuola nella vita del padre di Luigi Giavatto. 
Quando cavalcavo i mammut non è un romanzo, vi può irritare, come Luigi, e vi può commuovere come ha commosso me se anche voi vorreste conoscere il maestro Arcangelo Piazza e il suo alunno Peppino. 
Felice di aver potuto leggere nel Regno della Litweb il libro di Paolo Romano, con il mio radar curioso e attento, faccio a lui e ai suoi libri i miei migliori auguri
Ippolita Luzzo 

mercoledì 30 dicembre 2020

Francesca Farina Casa Di Morti

 


Francesca Farina è nata in Sardegna e ha poi studiato a Siena e a Roma dove tutt'ora vive e organizza dal 2002 ogni mese la Maratona dei poeti ed ogni anno nel mese di giugno il "Leopardi's Day". Tra giugno e luglio coordina "L'isola dei Poeti" presso l'Isola Tiberina con Roberto Piperno. Cura un blog personale di poesia.  Scrive da sempre, annota con attenzione ogni momento interiore e di vita collettiva, sentendo la scrittura come testimonianza di vita. Qualche anno fa pubblica un romanzo immenso, una grande saga che avrebbe dovuto avere maggiore spazio sui giornali, nelle televisioni, nelle librerie ed avere moltissimi lettori. Non è stato così ma io non dubito sul valore della qualità ed ora quel libro è giunto nel Regno della Litweb 

La storia dei Barones, di cui si favoleggiava fossero arrivati sull'isola dal continente con quattro carabattole, imparentati con le prime famiglie del luogo, con i Satta, i Mameli, i Thola, i re del villaggio, di un buco di topi, un luogo che era "uno sputo in faccia al Monte Albo" viene raccontata in Casa di Morti, il romanzo fiume di Francesca Farina, insieme alla storia di ogni persona, di ogni abitante del villaggio attraverso gli anni, attraverso " Cent'anni di solitudine" e come il libro di Gabriel Marquez, forse anche con maggiore suggestione e musicalità, la storia si svolge sotto la nostra lettura in stato ipnotico. Conosco i luoghi, senza mai essere stata in Sardegna io, conosco i pastori, i Barones, le Chiese, conosco quel mondo e quei rapporti forse perché simili in Calabria almeno nei miei ricordi. Rapiti dal suono poetico, dal ritmo fascinoso e affabulante, sarete tutti come me a leggere e rileggere questo libro che dovrebbe stare nelle classifiche dei libri più belli dell’anno “Quell’arazzo variegato rappresentava il legame mai interrotto con i suoi anni d’infanzia, con la madre adorata da cui in realtà nel ricordo non si era mai separata, e per lei esso narrava un racconto ininterrotto, fatto di segni simili a dolcissime parole.” Casa di morti di Francesca Farina è una saga immensa che vi affascinerà dietro l’arazzo

Pubblicato dalla casa editrice Bertoni Editori alla quale va il plauso del Regno della Litweb e l'augurio della riscoperta di questa opera da parte di moltissimi lettori

Ippolita Luzzo 

sabato 26 dicembre 2020

Discorso di fine anno: Elogio della fuga


 Noi nel Regno della Litweb già viviamo in lidi inesplorati da tempo, eppure da questi lidi partecipiamo al mondo oppresso e insieme frenetico del 2020 che va via. 

Con Laborit questo anno stiamo, come sempre: "Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l'andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l'illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si  chiama desiderio." l'elogio dell'immaginazione mai attuata e mai soddisfacente".

Un anno che ha visto il Regno della Litweb al Premio Comisso 15 righe, non solo come giuria ufficiale ma anche come partecipazione con un video alla premiazione a Treviso, un anno che ha visto consegnare due premi, Premio Litweb per i racconti, nell'ambito del Premio Nautilus e durante il Fare Critica Festival, e il Premio Litweb per i corti nascenti durante il Lamezia International Film Festival.

Un anno importante, con Filippo La Porta, critico letterario, a cena nel Regno, con Anna Macrì, attrice, che legge i Pezzi del Regno della Litweb, e con Terri Boemi, giornalista e scrittrice,  sua l'interpretazione più seguita e condivisa del pezzo Io non sono una del Sud. 

Un anno di molte presentazioni all'aperto, nei locali, dall' Ottica Dipi al Proud Mary, e per finire al Civico Trame dove, nella felicità più assoluta, il Regno della Litweb ha presentato Malinverno di Domenico Dara, amatissimo, e Le mani in tasca, il bel romanzo di Daniela Grandinetti. 

Un anno di poca scrittura sul blog, la salute malferma, troppo malferma, e la consapevolezza che i blog abbiano fatto la loro storia, lasciando al Regno della Litweb altri territori da esplorare. 

Un gruppo, che gruppo non è, Litweb su facebook, dove intercetto l'attimo nascente e dove splendide realtà trovano la luce. Realtà già bellissime, come le proposte di Divergenze, splendida casa editrice che ha pubblicato il saggio di Antonella Nocera "Metafisica del sottosuolo" come TerraRossa con le meraviglie di Ezio Sinigaglia, L'imitazione del vero, e poi Monica Pezzella con Binari. 

Intanto potrei parlare a lungo di un 2020 di festival in zoom, qui, di "Balenando in burrasca", festival a Reggio Calabria, organizzato da Katia Colica, altra brava realtà da segnalare nel Regno con il suo libro "Non questa volta"

"Non questa volta", ci ripetiamo con Katia, con Rossella Pretto, Emanuela Cocco e tutte le Donne Difettose, Non questa volta ci ripetiamo con Patrizia Angelozzi, Sara Gandini, Daniela Di Sora, Non questa volta ci ripetiamo come a voler augurarci che noi non saremo paurose ma affronteremo lidi inesplorati con la gioia e l'entusiasmo, con la responsabilità che ci sorregge, come una zattera

Un grande augurio da Regno della Litweb

Ippolita Luzzo  


ps Ippollita non mi aveva chiamato mai nessuno...

 

 


sabato 12 dicembre 2020

Mascaró di Haroldo Conti - Exorma


"Conduce la melodia come una vita senza peso" 

L'arpa è rimasta lì, in mezzo al salone...senza il suo strumento l'arpista è un uomo a metà...l'angelo e il cieco che suona movendosi con grazia, vede le cose dal di dentro, senza la zavorra della carne, pizzica sicuro qua e là, e conduce la melodia come una vita senza peso"

Coetaneo di mio padre, Haroldo Conti vive in Argentina e nel 1975 pubblica il romanzo Mascaró, el cazador americano, che vince il Premio Casa de las Américas (Cuba). Il 5 maggio 1976, dopo il golpe militare in Argentina, viene sequestrato. Il suo nome figura fra quelli dei desaparecidos. Il generale Videla nel 1981 ammise che era morto, fu questa la prima notizia ufficiale e l'unica.  Ogni anno si celebra il Giorno dello scrittore bonaerense in onore alla sua memoria. La dittatura militare che si instaurò in Argentina nel 1976 è tristemente nota per aver trasformato gli oppositori in desaparecidos e dura quasi venti anni distruggendo e uccidendo ogni espressione di libertà. Nella prefazione di Gabriel García Márquez, scritta il 19 aprile 1981 a Bogotà, si racconta come lo scrittore Haroldo Conti sapesse di essere stato inserito in una lista di " agenti sovversivi" e di essere in pericolo. Ricevette inviti a trasferirsi in Ecuador ma rimase in Argentina, scelse di rimanere. Nel febbraio del 1976 era nato suo figlio Ernesto. Quindici giorni dopo il sequestro accettarono un invito a pranzo dal generale Videla quattro scrittori argentini. Mi fermo qui perché non capisco oltre. Non capisco le ragioni delle torture, non vi sono ragioni nelle torture, ma non capisco neppure perché nessuno poi intervenga a far smettere le torture. 

Nel prologo di Haroldo Conti  Mascaró  si presenta in un momento in cui lui si sentiva vuoto e triste dopo aver pubblicato En vida e invece arriva lui e ora "Mascaró continua a essere vivo e mi chiede sempre nuove strade" scrive Conti. 

Il circo: Nella locanda di Arenales il complesso  del paese suona e il Mañana, una nave sta per condurre Oreste verso un porto che non conosceremo. Insieme a lui si imbarcano lo stravagante Principe Patagón, il misterioso cavaliere Mascaró e altri passeggeri.

Il battello arriva e intanto noi siamo avvinti dalle immagini "sull'orizzonte scivolano matasse di ombre" e "il mare è un'entità concreta che promana dalla terra". "La storia di Arenales sta tutta in una canzone" e seguiamo la costruzione del faro, il crollo del faro, la ricostruzione del faro e la maledizione sembra perseguitare il fondatore del paese. Nella locanda si balla, si suona, si vive, ognuno a modo proprio, e le farfalle svolazzano intorno alla luce del fanale. 

La traduzione di Marino Magliani conserva l'incantamento dei luoghi, dei gesti, della musica, della felice estraneità alla realtà cattiva e insensata.

"La vita è una nave più o meno bella. Perché tenerla all'ancora? Lasciamola andare. Perché lo dico? Perché il meglio della vita lo buttiamo via cercando sicurezze. Porti, ripari e ancoraggi sicuri. E un accadere, puro e semplice, questo dico, vero, signor Mascarò?" mi ritrovo a copiarlo dal frontespizio in alto nella copertina, dopo aver chiuso il libro che rimane aperto, aperto a tutti voi che crederete come me nel potere vitale della letteratura, nel potere estraniante verso una realtà che vorrebbe annientare l'immaginazione  e non può. 

Ippolita Luzzo