La scuola è fatta da bianche gru e da alunni in fiore. " Oggi 28 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, nell’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo di S. Eufemia, alle ore 16,00, si è tenuto il recital degli alunni delle classi quarte, intitolato “La memoria rende liberi”, in omaggio a Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e testimone dei campi di concentramento nazisti." leggo il comunicato stampa e partecipo su invito dell'insegnante che ha curato, insieme alle colleghe, l'evento.
La Dirigente scolastica mi saluta cordiale con:- Ah abbiamo la blogger!- ed io felice faccio alcune fotografie a ciò che entrambe abbiamo notato, le gemme. L'albero dell'istallazione ha le gemme. Le gemme fioriranno a primavera, pensiamo. Le gemme, come la libertà, in fiore, una promessa. Leggo ancora sul comunicato "Nell’ambito della manifestazione, alla Segre è stata dedicata anche un’opera installazione
“Un albero della memoria per coltivare la speranza”, arricchito da gru di carta realizzate dai bambini e splendidi origami ottenuti utilizzando fotocopie delle pagine del suo libro “Fin quando la mia stella brillerà”. Le gru costruite con gli origami, presso i popoli orientali rappresentano la speranza e sono segno beneaugurante che si dona a chi è malato e sofferente. Quest’opera dunque, è una metafora della speranza. Essa, nel solco fertile delle parole della Segre, permette di sognare un mondo migliore, in cui “la memoria rende liberi”."
L’albero dei giusti, l’albero delle gru, costruito con rami in gemme e sui rami i fogli del libro di Liliana Segre, in forma di gru. Leggono gli alunni stralci del libro di Liliana Segre, testimone di ciò che non dovrà essere dimenticato. Leggono alternando canzoni che conosciamo: La guerra di Piero, Ad Auschwitz, Imagine, e scorrono immagini su un video dal campo di concentramento. I bimbi sono bellissimi, mai ho visto bimbi così belli, così interessati. In un altro video vediamo le classi all'opera, mentre preparano gli origami e mentre li appendono all'albero. L'istallazione resterà in ricordo, nella scuola, resterà come memoria di un sapere artistico che illumina sempre il fare. Una promessa di libertà. In canto.
Ippolita Luzzo
lunedì 28 gennaio 2019
giovedì 24 gennaio 2019
La donna in grigio Anna Maria Villalonga
Titolo originale dell'opera: La dona de gris
Libres de Delicte, Barcelona 2014
Traduzione dal Catalano di Laura Mongiardo.
Edizione della Goccia ottobre 2018
Mai avrei conosciuto Anna Maria Villalonga se non tramite Laura Mongiardo, traduttrice dal catalano di questo noir che vi farà stare col respiro sospeso. La donna in grigio è un ottimo noir, ha i tempi perfetti, le situazioni si uniscono con logica consequenzialità e il ritmo della storia è incalzante.
"Tutto ebbe inizio come un gioco per scongiurare la routine. Non gli pass per il capo che, talvolta, i giochi ci sfuggono di mano, impossibili da controllare" L'idea del libro è mia compagna da anni, scongiurare la solitudine interessandomi della vita raccontata. Nasce proprio così il regno della Litweb " Senza nulla di concreto da fare, si sente ogni giorno più slegato dalla realtà. L'aspetto delle cose, le sensazioni, le voci... Tutto ha assunto una cadenza nuova... immagina di essere andato a finire in un universo parallelo, in un mondo identico a quello di sempre ma... una scenografia dipinta male... Nessuno lo attende a casa al suo rientro e nessuno sentirebbe la sua mancanza se un giorno se ne andasse. Se ne sta al mondo immobile, solo, divenuto l'ombra di qualcun altro, accettando come propria la vita altrui. Non è una persona, è un automa" Bisogna lottare contro l'abulia e trovare un motivo per vivere, un interesse. Il protagonista da subito ci appare simile, nella diversità delle situazioni. Lui ha perso suo padre, è in pensione e vive solo.
"Vuole fuggire dalla noia" ed è questo che ce lo rende caro, carissimo. Fuggire dalla noia come se si stesse costruendo un romanzo, come se fosse possibile incontrare i personaggi letterari al bar, oppure far diventare un personaggio letterario la donna che ora entra nel bar e "Né giovane né anziana, né alta né bassa, né bella né brutta. La normalità che trasuda, tanto evidente quanto la propria, attira la sua attenzione. Vestita di grigio, fa un cenno al cameriere e infila la testa nella borsa fino ad estrarne un portamonete. A causa del movimento, il foulard che porta al collo, l'unico dettaglio di civetteria che la contraddistingue, scivola delicatamente, come una piuma, e cade a terra."
Presento così il protagonista e la donna al bar, alle prese con un caffellatte e una ensaimada, una brioche, a tre e cinquanta.
Il foulard sarà il filo conduttore della storia, e mi guardo intorno toccando il mio foulard, le mie sciarpe, da oggi in poi anch'esse un topos letterario.
Mi rendo conto di aver imparato a memoria le strade e la casa, la vicina di pianerottolo e il cameriere del bar, Hector, e seguo la tragedia, perché assumerà i toni della tragedia la storia di Glòria Riera Munoz, della donna in grigio.
Guardo sempre al destino benigno quando arrivano simili libri a casa, da me, nel regno uguale, nel regno della costruzione di un personaggio e della relazione fra personaggi.
Come può nascere una storia? Nasce se c'è un interesse, ci dice Anna Maria Villalonga, nasce se si vuole cercare, ricercare, partecipare. Essere quasi un destino. Chiamerei destino il personaggio principale, certo un destino anch'esso annoiato e abulico e quindi in cerca di un diversivo. Conosceremo Albert e Cèlia, conosceremo Cris, ed avremo la grande pietas verso ogni personaggio colpito dalla sorte, nella lotta fra il bene e il male.
" L'uomo si china e raccoglie il foulard, che è rimasto incastrato tra le gambe di uno sgabello. Fa un tentativo di chiamarla" ed io rileggo ogni istante ripetendo il gesto e svolgendo la trama.
Tradotto con uno stile musicale, aderente al racconto, voi amerete tanto questo libro almeno quanto io l'ho amato e lo raccomando al regno immaginario della Litweb raccogliendo il foulard.
Ippolita Luzzo
Libres de Delicte, Barcelona 2014
Traduzione dal Catalano di Laura Mongiardo.
Edizione della Goccia ottobre 2018
Mai avrei conosciuto Anna Maria Villalonga se non tramite Laura Mongiardo, traduttrice dal catalano di questo noir che vi farà stare col respiro sospeso. La donna in grigio è un ottimo noir, ha i tempi perfetti, le situazioni si uniscono con logica consequenzialità e il ritmo della storia è incalzante.
"Tutto ebbe inizio come un gioco per scongiurare la routine. Non gli pass per il capo che, talvolta, i giochi ci sfuggono di mano, impossibili da controllare" L'idea del libro è mia compagna da anni, scongiurare la solitudine interessandomi della vita raccontata. Nasce proprio così il regno della Litweb " Senza nulla di concreto da fare, si sente ogni giorno più slegato dalla realtà. L'aspetto delle cose, le sensazioni, le voci... Tutto ha assunto una cadenza nuova... immagina di essere andato a finire in un universo parallelo, in un mondo identico a quello di sempre ma... una scenografia dipinta male... Nessuno lo attende a casa al suo rientro e nessuno sentirebbe la sua mancanza se un giorno se ne andasse. Se ne sta al mondo immobile, solo, divenuto l'ombra di qualcun altro, accettando come propria la vita altrui. Non è una persona, è un automa" Bisogna lottare contro l'abulia e trovare un motivo per vivere, un interesse. Il protagonista da subito ci appare simile, nella diversità delle situazioni. Lui ha perso suo padre, è in pensione e vive solo.
"Vuole fuggire dalla noia" ed è questo che ce lo rende caro, carissimo. Fuggire dalla noia come se si stesse costruendo un romanzo, come se fosse possibile incontrare i personaggi letterari al bar, oppure far diventare un personaggio letterario la donna che ora entra nel bar e "Né giovane né anziana, né alta né bassa, né bella né brutta. La normalità che trasuda, tanto evidente quanto la propria, attira la sua attenzione. Vestita di grigio, fa un cenno al cameriere e infila la testa nella borsa fino ad estrarne un portamonete. A causa del movimento, il foulard che porta al collo, l'unico dettaglio di civetteria che la contraddistingue, scivola delicatamente, come una piuma, e cade a terra."
Presento così il protagonista e la donna al bar, alle prese con un caffellatte e una ensaimada, una brioche, a tre e cinquanta.
Il foulard sarà il filo conduttore della storia, e mi guardo intorno toccando il mio foulard, le mie sciarpe, da oggi in poi anch'esse un topos letterario.
Mi rendo conto di aver imparato a memoria le strade e la casa, la vicina di pianerottolo e il cameriere del bar, Hector, e seguo la tragedia, perché assumerà i toni della tragedia la storia di Glòria Riera Munoz, della donna in grigio.
Guardo sempre al destino benigno quando arrivano simili libri a casa, da me, nel regno uguale, nel regno della costruzione di un personaggio e della relazione fra personaggi.
Come può nascere una storia? Nasce se c'è un interesse, ci dice Anna Maria Villalonga, nasce se si vuole cercare, ricercare, partecipare. Essere quasi un destino. Chiamerei destino il personaggio principale, certo un destino anch'esso annoiato e abulico e quindi in cerca di un diversivo. Conosceremo Albert e Cèlia, conosceremo Cris, ed avremo la grande pietas verso ogni personaggio colpito dalla sorte, nella lotta fra il bene e il male.
" L'uomo si china e raccoglie il foulard, che è rimasto incastrato tra le gambe di uno sgabello. Fa un tentativo di chiamarla" ed io rileggo ogni istante ripetendo il gesto e svolgendo la trama.
Tradotto con uno stile musicale, aderente al racconto, voi amerete tanto questo libro almeno quanto io l'ho amato e lo raccomando al regno immaginario della Litweb raccogliendo il foulard.
Ippolita Luzzo
lunedì 21 gennaio 2019
Lettere e disarmonia di Francesco Giampietri
Gennaio 2019 con un libro carissimo in arrivo. Quasi un fratello, così lo sento al primo sfogliare.
“Ricucio la trama sfibrata/ e nascondo la cicatrice/ In un mondo che si trasforma/ mi trasformo anch’io”
Ogni pensiero, ogni pezzo, ogni quadro di questo libro mi appartiene a cominciare da "Camere di vita quotidiana", i nonni, l’infanzia, l’amore come “illusione benefica di immortalità” dalla etimologia stessa della parola.
Stranissimo incastro con altra mia etimogia. Francesco cita “A-mors” amore, toglimento di morte ed io “A-moveo” muovere verso” non più la a privativa ma l’andare incontro.
Anche questo libro è fatto di pezzi e ogni pezzo contiene il tutto, come la logica dell’ologramma. Ogni pezzo ha in sé rimozione e ricomposizione del tempo, degli incontri, ed insieme, per mano, io e Francesco passeggiamo nei boschi narrativi mostrandoci il Liceo Classico in un vecchio convento carmelitano, la facoltà di filosofia, il binario 20 bis “la metafora più compiuta del Molise. Dal Molise, suo luogo di nascita, Venafro, a Roma, ora in pullman leggendo un romanzo e chiacchierando con un occasionale ragazzo biondo esilissimo dagli occhi cristallini. Stazione Termini, ed è la nostra stazione nel biglietto scritto di getto lasciando “Roma alle spalle sul primo treno regionale”ed ora “(Mal)destri: il ricordo di Tangentopoli, di una politica mediatica, fenomeno di Bagaglino. Crescere intanto e osservare posticci immagini di escort al servizio di ciò che era ideologia e speranza. Non esiste una destra liberale e il telegiornale è la fabbrica della paura. Una delle fabbriche. Troveremo conforto in Spinoza? Ci diciamo io e Francesco mano in mano camminando nello scorrere degli anni. Forse è il caso di spegnere il televisore, mi dice lui, ed io l’ho già spento da anni il televisore e non saprei più riaccenderlo. Pensieri su pensieri: su ciò che sia diventata ora la politica, subordinata alla tirannia di nuovi campi come Auschwitz.
Un mondo dove troviamo campi di concentramento nelle varie campagne e serre di raccolta di pomodori, di fragole e di ogni altro cibo.
Pensare come forma di resistenza. L’imperativo di Francesco è meditare, pensare. Nel “Pensiero d’appendice” la riflessione su noi e gli altri, sul diverso, sullo straniero. “L’invenzione del nemico è l’esaltazione del pregiudizio” del resto Lèvi-Strauss scrive che è proprio del barbaro respingere quanti, esso stesso, considera barbari. E Van Gennep parla di civiltà se vi è apertura. Come se ci leggessimo i nostri stessi pensieri, le conferme, in Marginalia stiamo con Deleuze: siamo macchine desideranti. Un vuoto da riempire con la creatività, con il cinema, con Virzì, un regista di sentimenti nel suo film con un omaggio a Livorno.
Se di incontri si può parlare su Facebook allora questo con Francesco Giampietri è uno dei più compiuti, nella somiglianza di immagini conservate: Hegel adulto, Talete caduto nel pozzo per distrazione, il Socrate di Aristofane in un cesto, Luciano con l’asta dei filosofi, per venderli al maggiore offerente. I filosofi visti come stravaganti e d'altronde quando io scelsi filosofia mio padre in disaccordo mi disse profetico: “Povera e nuda vai, Filosofia” eppure “la filosofia è la chiave di volta per la comprensione e poi la spiegazione dell’informazione”
"La filosofia è un metodo, una via da seguire”
Francesco Giampietri è storico del pensiero filosofico e collabora con l’Università di Roma Tre. Questo è il suo Diario minimale dove smonta pezzo per pezzo nel tentativo di darsi da fare per contrastare l’ozio, primo passo verso la stupidità, e per rimandare ad altro, affinché si raggiunga un senso delle cose.
“L’armonia è una ispirazione” ci lascia in regalo lui a chiusura di una resistenza umana. “Resistere è creare.” “Quello che fai accadere ti salverà”
Con l’augurio che il libro di Francesco giunga nelle menti pensanti e possa io parlarne in una scuola, in una libreria, in uno dei meravigliosi luoghi del nostro vivere possibile, lo affido al Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo
“Ricucio la trama sfibrata/ e nascondo la cicatrice/ In un mondo che si trasforma/ mi trasformo anch’io”
Ogni pensiero, ogni pezzo, ogni quadro di questo libro mi appartiene a cominciare da "Camere di vita quotidiana", i nonni, l’infanzia, l’amore come “illusione benefica di immortalità” dalla etimologia stessa della parola.
Stranissimo incastro con altra mia etimogia. Francesco cita “A-mors” amore, toglimento di morte ed io “A-moveo” muovere verso” non più la a privativa ma l’andare incontro.
Anche questo libro è fatto di pezzi e ogni pezzo contiene il tutto, come la logica dell’ologramma. Ogni pezzo ha in sé rimozione e ricomposizione del tempo, degli incontri, ed insieme, per mano, io e Francesco passeggiamo nei boschi narrativi mostrandoci il Liceo Classico in un vecchio convento carmelitano, la facoltà di filosofia, il binario 20 bis “la metafora più compiuta del Molise. Dal Molise, suo luogo di nascita, Venafro, a Roma, ora in pullman leggendo un romanzo e chiacchierando con un occasionale ragazzo biondo esilissimo dagli occhi cristallini. Stazione Termini, ed è la nostra stazione nel biglietto scritto di getto lasciando “Roma alle spalle sul primo treno regionale”ed ora “(Mal)destri: il ricordo di Tangentopoli, di una politica mediatica, fenomeno di Bagaglino. Crescere intanto e osservare posticci immagini di escort al servizio di ciò che era ideologia e speranza. Non esiste una destra liberale e il telegiornale è la fabbrica della paura. Una delle fabbriche. Troveremo conforto in Spinoza? Ci diciamo io e Francesco mano in mano camminando nello scorrere degli anni. Forse è il caso di spegnere il televisore, mi dice lui, ed io l’ho già spento da anni il televisore e non saprei più riaccenderlo. Pensieri su pensieri: su ciò che sia diventata ora la politica, subordinata alla tirannia di nuovi campi come Auschwitz.
Un mondo dove troviamo campi di concentramento nelle varie campagne e serre di raccolta di pomodori, di fragole e di ogni altro cibo.
Pensare come forma di resistenza. L’imperativo di Francesco è meditare, pensare. Nel “Pensiero d’appendice” la riflessione su noi e gli altri, sul diverso, sullo straniero. “L’invenzione del nemico è l’esaltazione del pregiudizio” del resto Lèvi-Strauss scrive che è proprio del barbaro respingere quanti, esso stesso, considera barbari. E Van Gennep parla di civiltà se vi è apertura. Come se ci leggessimo i nostri stessi pensieri, le conferme, in Marginalia stiamo con Deleuze: siamo macchine desideranti. Un vuoto da riempire con la creatività, con il cinema, con Virzì, un regista di sentimenti nel suo film con un omaggio a Livorno.
Se di incontri si può parlare su Facebook allora questo con Francesco Giampietri è uno dei più compiuti, nella somiglianza di immagini conservate: Hegel adulto, Talete caduto nel pozzo per distrazione, il Socrate di Aristofane in un cesto, Luciano con l’asta dei filosofi, per venderli al maggiore offerente. I filosofi visti come stravaganti e d'altronde quando io scelsi filosofia mio padre in disaccordo mi disse profetico: “Povera e nuda vai, Filosofia” eppure “la filosofia è la chiave di volta per la comprensione e poi la spiegazione dell’informazione”
"La filosofia è un metodo, una via da seguire”
Francesco Giampietri è storico del pensiero filosofico e collabora con l’Università di Roma Tre. Questo è il suo Diario minimale dove smonta pezzo per pezzo nel tentativo di darsi da fare per contrastare l’ozio, primo passo verso la stupidità, e per rimandare ad altro, affinché si raggiunga un senso delle cose.
“L’armonia è una ispirazione” ci lascia in regalo lui a chiusura di una resistenza umana. “Resistere è creare.” “Quello che fai accadere ti salverà”
Con l’augurio che il libro di Francesco giunga nelle menti pensanti e possa io parlarne in una scuola, in una libreria, in uno dei meravigliosi luoghi del nostro vivere possibile, lo affido al Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo
martedì 15 gennaio 2019
Letteratura nascente sotto l’ombra dei grandi
Ci sono moltissime rassegne letterarie, festival letterari e
saloni letterari, caffè letterari e poi c’è la Litweb, un modo di stare nel
letterario con una lanterna in mano, come Diogene, per vedere l’attimo
nascente, il pullulare di nuove suggestioni.
Tutto è stato detto, tutto è stato scritto, però cambia il modo di dire e di scrivere, a secondo dei tempi. Noi viviamo tempi apparentemente di libertà, di opportunità, eppure sono tempi confusi e abbondanti, e l’abbondanza non sempre sazia, anzi a volte disgusta.
Nel desiderio di scegliere cosa leggere e cosa proporre sembra interessante fermarsi sul momento nascente di una letteratura scherzosa e profonda, divertente e consolante, di denuncia e civile, mai inutile.
Tutto è stato detto, tutto è stato scritto, però cambia il modo di dire e di scrivere, a secondo dei tempi. Noi viviamo tempi apparentemente di libertà, di opportunità, eppure sono tempi confusi e abbondanti, e l’abbondanza non sempre sazia, anzi a volte disgusta.
Nel desiderio di scegliere cosa leggere e cosa proporre sembra interessante fermarsi sul momento nascente di una letteratura scherzosa e profonda, divertente e consolante, di denuncia e civile, mai inutile.
Il grande fermento letterario dell’inizio anni 2000 fino al
2018 letto e incontrato sulle riviste
nuove nuovissime di Caterina Arcangelo con FuoriAsse, FLR, di Alessandro Raveggi, di Antonio Russo De Vivo , Alfredo Zucchi, Luca
Mignola, Andrea Zandomeneghi con
Crapula, e Maria Rosaria Vado e Nando
Vitali con Achab. Da” Achab” a
“Crapula”, da Urban Apnea di Stefania (Dafne Munro) ed Emanuele ai consigli di
Vanni Santoni agli scrittori esordienti. "Scrivete e fatevi conoscere sulle
riviste letterarie. E leggete le riviste
letterarie , da “Verde rivista” a “In fuga dalla bocciofila”, Un vivacissimo scrivere vivente scuote le
foglie, anzi i fogli di ciò che è il mercato letterario in mano alle grandi
organizzazioni, ai grandi dell’editoria nazionale. Quello che giunge nelle librerie, nelle televisioni, nelle graduatorie di vendite è un
prodotto a volte perfetto , però spesso privo di quella vitalità che hanno gli
scritti sconosciuti, nati dall’urgenza di comunicare un senso, un disagio, una
risata. Piccole e medie editoria di
qualità cercano spazi, autori che faticano ad arrivare nelle librerie, mentre
assistiamo ad offerta esagerata di
prodotti spesso non letterari.
Sullo strapotere mediatico e di distribuzione dei grandi
comparti editoriali si è molto discusso, vedendo confluire in un vertice sempre
più ristretto ciò che riguarderebbe la libertà del narrare, dello
scrivere.
Sarà quindi questo il nostro un tentativo di dare spazio alla vita letteraria nascente lontana dai colossi editoriali, lontana dalle scuole di scrittura super accessoriate , una vita letteraria , la nostra, vicina al gesto semplice del narrare la vita nel difficilissimo spazio che non c’è. Nel tentativo di legare il nostro territorio al fermento nazionale, nella conoscenza e valorizzazione di autori che mai arriverebbero al sud, benché del sud.
Sarà quindi questo il nostro un tentativo di dare spazio alla vita letteraria nascente lontana dai colossi editoriali, lontana dalle scuole di scrittura super accessoriate , una vita letteraria , la nostra, vicina al gesto semplice del narrare la vita nel difficilissimo spazio che non c’è. Nel tentativo di legare il nostro territorio al fermento nazionale, nella conoscenza e valorizzazione di autori che mai arriverebbero al sud, benché del sud.
Simone Ghelli: Non Risponde mai nessuno Edizioni Miraggi
Peppe Millanta
Vinpeel degli orizzonti Edizioni NEO
Simone Lisi: Un’altra cena Edizioni EFFEQU
Elena Mearini Strategia dell’addio LiberAria Edizioni
Giorgia Lepore: Il compimento è la pioggia edizioni E/O
Fabrizio Coscia La
bellezza che resta
Edizione Melville
Romeo Vernazza: Cenerentola ascolta i joy Division Tempesta
Editore
Elisabetta Bucciarelli La Resistenza del maschio NNE edizioni
Nicola Cosentino Vita
e morte delle aragoste Edizione Voland
Pasquale Braschi Gli Indolenti Cicorivolta edizioni
Clara Cerri Venti
posti dove non volevo andare
Alessandro Zaccuri Lo
spregio Marsilio
Maria Antonietta Ferrarolo
Il gattopardo spiegato a mia figlia
La Nuova Frontiera
Leonardo Malaguti Dopo il diluvio Exorma edizioni
Smettere di respirare Tunuè , Vanni Santoni e lo scouting letterario
Pietro Criaco Via Dall’Aspromonte Rubbettino
Sonia Serazzi Il cielo comincia dal basso Rubbettino
Olimpio Talarico, Domenico Dara e Giuseppe Aloe, Nicola Fiorita
con I Lou Palanca, Gioacchino Criaco, Giuseppe
Girimonti Greco, Raffaele Mangano, Raffaele Tarì … Claudio Grattacaso, Patrizio
Zurru…
Il Blog di Giacomo
Verri, La rivista di Enzo Paolo Baranelli, Cabaret Bisanzio.
Nella letteratura
nascente un ricordo di Alessandro Leogrande (Taranto, 20 maggio 1977
– Roma, 26 novembre 2017) Frontiera, Uomini e caporali, poi altro importante incontro Romana Petri in un omaggio a Rocco Carbone, (Reggio
Calabria, 20 febbraio 1962 – Roma, 18 luglio 2008,) nostro scrittore su riviste importanti come
“Nuovi argomenti” autore di Padre
americano e Per il tuo Bene, autore calabrese che non è più in vita ma continuerà a vivere con noi nell’ombra di
quel fiore chiamato resistenza letteraria
Ippolita Luzzo
Pezzi dal Regno della Litweb Interviste e recensioni
viene ascoltato da Gianluca Garrapa su Radioquestasera, prima intervista dell'anno https://www.mixcloud.com/QuestaSera/a-radioquestasera-ippolita-luzzo-redattrice-giornalista-regina-della-litweb-120119/?fbclid=IwAR1rpW1gjCC88w12zbTgLn-BaF_FBEhQCzYXQ5tkHUwVyltkxJbRBa_gn3M
Ad un mese circa dalla pubblicazione Pezzi dal Regno della Litweb viene recensito da Walter White sul suo sito https://writingbadweb.wordpress.com/2019/01/14/metarecensionina-23/?fbclid=IwAR3Jm82v0uf96_4qUJCrn2C_tudV0L_CC4LgO054KKJpEgmyVhH_velCK98
Alla fine del 2019 arrivano i pensieri di Emanuela Chiriacò
29 dicembre 2018 alle ore 14:23
Sono quadrate le radici di Ippolita Luzzo, i suoi pezzi di cuore, figli metafisici tatuati sulla carta battono al ritmo della prosa poetica, del vissuto letterario, e del profondo contatto con l'interiorità.
Parti molli in cui Ippolita mette le mani con guanti di coraggio e sfida: donna di verità vestita di velluto e ruvidezza, monito e carezza.
Grazie per questa lettura: un albero da abbracciare; famiglia di lettere e bene culturale.
Con affetto, Emanuela
Pezzi dal Regno della Litweb sono stati pubblicati il 3 Dicembre 2019 e poi fatti debuttare alla fiera del libro Più libri più liberi nei giorni 7 e 8 dicembre presso lo stand della Casa editrice Città del sole di Reggio Calabria alla presenza di amici carissimi ed affettuosi che mi piace ricordare per le risate e per l'affetto grande: Claudia Melica, Lidia Popolano, Paolo Vanacore, Giuseppe Girimonti Greco, Dante Maffia, Peppe Millanta, Enrico Cameriere, Roberta Macrì, Gaetano Failla, Ezio Sinigaglia, Clara Cerri, Roberta Macrì, Vito Di Battista e poi via via tutti i miei carissimi abitanti del regno della Litweb.
Gaetano Failla ha scritto su Ibs una recensione che allego “Io non sono una donna del sud”, scrive Ippolita Luzzo nel primo verso della poesia posta all'inizio del libro. “Pezzi” è un’opera che raccoglie, in armoniosa eterogeneità, articoli di saggistica letteraria, recensioni, poesie, considerazioni culturali e politiche, brani diaristici, aforismi, invettive, frammenti polemistici, sapienziali, ecc. Sin dall'esordio di questo libro ricco e vitale, l’autrice dichiara la sua non appartenenza, negando perfino il suo vincolo geografico e culturale con quel meridione italiano dove è nata e tuttora vive. L’ anticonformismo e il cosmopolitismo radicale colorano di libertà e d’impeto utopico l’attività di blogger di Ippolita Luzzo e gli scritti di questo libro. “Pezzi” è un volume pubblicato - forse non casualmente, considerando i sottili fili sincronici che ci rendono universali e senza tempo - da una casa editrice che si chiama “Città del sole”, nella esplicita risonanza utopica campanelliana. Tra vampate di ribellione e nel passo placido del flaneur che osserva con l’incanto e la profondità d’un bambino, l’autrice si scaglia contro la sua piccola città esangue e corrotta da una malattia mortale, e contro la più vasta mediocrità nazionale e internazionale. Al contempo Luzzo ci dona intuizioni contemplative e si pone come avanguardia d’una sorta di lotta di classe editoriale, si schiera cioè a difesa degli autori delle piccole e medie case editrici che rischiano di essere divorati, in una giungla libraria dominata dalle leggi del profitto, dai mostri delle grandi case editrici. “Pezzi” dunque è sia un libro su una funzione culturale che qualsiasi autore che voglia dirsi tale dovrebbe manifestare – quella della difesa di verità e bellezza - sia un’opera che in sé rivela assolutamente l’arte creativa della sua autrice, di Ippolita Luzzo, nel “regno della litweb”.
E subito nella prima settimana del libro l'articolo presentazione di Massimo Maugeri su Letteratitudine, un vero omaggio ai Pezzi e al Regno con la grande ospitalità di Massimo che ringrazio immensamente.
L'articolo ha avuto 189 condivisioni su Facebook, certamente per la grande visibilità di Letteratitudine che ha oltre cinquantamila lettori sulla pagina e dodici anni di fervente attività letteraria
https://letteratitudinenews.wordpress.com/2018/12/12/pezzi-dal-regno-della-litweb-di-ippolita-luzzo/
Molti hanno preferito farmi sapere le loro impressioni in forma privata, con mail, telefonate, messenger, watsapp, e non sono mancate qualche perplessità da me condivise.
Uscirà proprio per questo sul blog di Giuditta Casale a Febbraio "I miei dieci buoni motivi per non leggere i Pezzi dal Regno della Litweb".
Aspettandovi sul blog di Giuditta Casale vi abbraccio e vi ringrazio tutti.
Ippolita Luzzo https://www.facebook.com/ippo.lu/media_set?set=a.2145146045507792&type=3
giovedì 10 gennaio 2019
L'agenzia della buona morte di Massimiliano Nuzzolo
Leggo gli articoli di oggi e il libro di Massimiliano Nuzzolo mi ritorna in mente:"È morto il pioniere della lotta all'Aids Fernando Aiuti
Per una caduta di oltre dieci metri nella tromba delle scale del policlinico Gemelli. Non escluso il suicidio" Molti scelgono di fare un salto, spinti dalla disperazione, ricordiamo Monicelli.
Sembra quanto mai urgente saper aiutare le persone ad andare via dalla vita, quando essa è solo peso e dolore senza più speranza di guarigione.
Si chiama eutanasia e dovrebbe, credo, essere un diritto che ognuno di noi vorrebbe. Andare via con dolcezza, con il conforto di affetti e di una medicina che lenisca.
Ciò è l'idea che sta alla base del testo di Massimiliano Nuzzolo. Un pretesto per affrontare con levità e arguzia, infelicità e rock, la morte e la vita, con l'amore per "Grease" e per le tastiere, i synth, i campionatori, il pianoforte, le chitarre, per la Musica amata.
L'agenzia della buona morte aiuta tutte le persone ad uscire dal dolore e all'improvviso l'idea diventa virale e il protagonista con i suoi compagni proveranno cosa vuol dire essere al centro della bolla mediatica.
"Il telefono inizia a squillare alle 5,45. Io rispondo. È il Corriere. Mi chiedono se ho qualche dichiarazione da rilasciare... Il giornalista al telefono mi dice di accendere la tivù. Accendo e cado dalle nuvole. Siamo in tutti i telegiornali. ... Nei giorni successivi è un vero delirio. Non riesco quasi a camminare per strada che vengo assalito da sostenitori, fans, gente che mi sputa addosso... I nostri telefoni squillano senza sosta. Ho due emittenti televisive accampate con tanto di roulotte davanti al mio giardino... E su tutto il suolo nazionale si scatenano campagne a favore e contro la nostra Agenzia." la viralità del leggere.
Il libro molto divertente, si raccontano alcune telefonate, per dire quanto possa essere grottesca, a volte, e pura fantascienza ciò che si richiede.
E leggiamo del marito che vuole morire perché tradito dalla moglie, e a ragione sembrerebbe in quanto sta tutto il giorno sul divano con il telecomando in mano, al quale viene consigliato, ridendo suppongo, di mangiare un candelotto di dinamite oppure andare in una periferia della città abitata da "energumeni di colore" con un fazzoletto della Lega al collo e pronunciare frasi razziste.
Addirittura un grande marchio sportivo vuole l'esclusiva, vuole mettere su i suoi prodotti la dicitura " Agenzia della buona morte". Insomma un vero spasso quando una idea prende a volare, anche questo verbo mi sembra appropriato.
E poi? Poi arriveranno le minacce.
Il fenomeno virale prevede l'ascesa e poi la caduta e poi insomma l'alterno muoversi dei giornali, della comunicazione, del popolo commentante. Una goduria.
Fino al caso del suicida famoso che lascia un biglietto...
Vi leggerete questo libro scritto con ironia e sagacia, vi troverete molto altro, la musica e l'amore, vi troverete il ritmo e la voglia di rileggervelo. Ne sono sicura
Ippolita Luzzo
Per una caduta di oltre dieci metri nella tromba delle scale del policlinico Gemelli. Non escluso il suicidio" Molti scelgono di fare un salto, spinti dalla disperazione, ricordiamo Monicelli.
Sembra quanto mai urgente saper aiutare le persone ad andare via dalla vita, quando essa è solo peso e dolore senza più speranza di guarigione.
Si chiama eutanasia e dovrebbe, credo, essere un diritto che ognuno di noi vorrebbe. Andare via con dolcezza, con il conforto di affetti e di una medicina che lenisca.
Ciò è l'idea che sta alla base del testo di Massimiliano Nuzzolo. Un pretesto per affrontare con levità e arguzia, infelicità e rock, la morte e la vita, con l'amore per "Grease" e per le tastiere, i synth, i campionatori, il pianoforte, le chitarre, per la Musica amata.
L'agenzia della buona morte aiuta tutte le persone ad uscire dal dolore e all'improvviso l'idea diventa virale e il protagonista con i suoi compagni proveranno cosa vuol dire essere al centro della bolla mediatica.
"Il telefono inizia a squillare alle 5,45. Io rispondo. È il Corriere. Mi chiedono se ho qualche dichiarazione da rilasciare... Il giornalista al telefono mi dice di accendere la tivù. Accendo e cado dalle nuvole. Siamo in tutti i telegiornali. ... Nei giorni successivi è un vero delirio. Non riesco quasi a camminare per strada che vengo assalito da sostenitori, fans, gente che mi sputa addosso... I nostri telefoni squillano senza sosta. Ho due emittenti televisive accampate con tanto di roulotte davanti al mio giardino... E su tutto il suolo nazionale si scatenano campagne a favore e contro la nostra Agenzia." la viralità del leggere.
Il libro molto divertente, si raccontano alcune telefonate, per dire quanto possa essere grottesca, a volte, e pura fantascienza ciò che si richiede.
E leggiamo del marito che vuole morire perché tradito dalla moglie, e a ragione sembrerebbe in quanto sta tutto il giorno sul divano con il telecomando in mano, al quale viene consigliato, ridendo suppongo, di mangiare un candelotto di dinamite oppure andare in una periferia della città abitata da "energumeni di colore" con un fazzoletto della Lega al collo e pronunciare frasi razziste.
Addirittura un grande marchio sportivo vuole l'esclusiva, vuole mettere su i suoi prodotti la dicitura " Agenzia della buona morte". Insomma un vero spasso quando una idea prende a volare, anche questo verbo mi sembra appropriato.
E poi? Poi arriveranno le minacce.
Il fenomeno virale prevede l'ascesa e poi la caduta e poi insomma l'alterno muoversi dei giornali, della comunicazione, del popolo commentante. Una goduria.
Fino al caso del suicida famoso che lascia un biglietto...
Vi leggerete questo libro scritto con ironia e sagacia, vi troverete molto altro, la musica e l'amore, vi troverete il ritmo e la voglia di rileggervelo. Ne sono sicura
Ippolita Luzzo
mercoledì 9 gennaio 2019
Il Film su Van Gogh è un dipinto
Il giallo Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità: un dipinto su pellicola
siamo a Parigi e poi in Provenza. Ad Arles con Vincent Van Gogh Sono gli anni del trasferimento alla "Casa Gialla"
"Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità: il lavoro di Schnabel
Julian Schnabel, in quanto pittore, giunge alla realizzazione di un secondo film in cui pone l'arte a protagonista. Come per "Basquiat" al regista non interessa indagare sulla creazione artistica, bensì concentrarsi sui rapporti tra Van Gogh e Gauguin, e tra il protagonista e il suo tempo. Per realizzare il film Schnabel si trasferì in Provenza per tentare di cogliere quanto Van Gogh, nei suoi anni, aveva colto."
Nel film il tormento e il malessere di un artista, dipendente dal fratello, e la sua anima errante che fa nascere la sua arte dal dolore e dal dubbio, esplodono nella luce dell'arte, del colore.
Ed ora parliamo di vivi e morti. Cos'è l'arte se non il dare la vita? e chi sono i vivi fra noi se non gli artisti? Nel dialogo fra il medico e Vincent ci sta tutta la diversa sensibilità o meglio adesione alla vita fra l'artista e il suo dono agli altri affinché anch'essi vivano. Si crede puerilmente che vivere sia compiere gesti abilitati alla sopravvivenza del corpo e gesti ripetuti ogni giorno nelle abitudini necessarie. Si crede poi che vivere sia raggiungere una stabilità e una sistemazione e tutto ciò che occorre per interpretare un ruolo e una funzione. Ebbene ciò non fa di un essere vivente un vivo, spiega Van Gogh, anzi quei vivi sono così poco vivi che lui sente l'urgenza di donare loro in regalo la luce dei suoi colori, la meraviglia della sua arte. E poco interessa all'artista se in quel momento non verrà capito il dono, anzi non venir capito sembra una terribile conseguenza del dono.
siamo a Parigi e poi in Provenza. Ad Arles con Vincent Van Gogh Sono gli anni del trasferimento alla "Casa Gialla"
"Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità: il lavoro di Schnabel
Julian Schnabel, in quanto pittore, giunge alla realizzazione di un secondo film in cui pone l'arte a protagonista. Come per "Basquiat" al regista non interessa indagare sulla creazione artistica, bensì concentrarsi sui rapporti tra Van Gogh e Gauguin, e tra il protagonista e il suo tempo. Per realizzare il film Schnabel si trasferì in Provenza per tentare di cogliere quanto Van Gogh, nei suoi anni, aveva colto."
Nel film il tormento e il malessere di un artista, dipendente dal fratello, e la sua anima errante che fa nascere la sua arte dal dolore e dal dubbio, esplodono nella luce dell'arte, del colore.
Ed ora parliamo di vivi e morti. Cos'è l'arte se non il dare la vita? e chi sono i vivi fra noi se non gli artisti? Nel dialogo fra il medico e Vincent ci sta tutta la diversa sensibilità o meglio adesione alla vita fra l'artista e il suo dono agli altri affinché anch'essi vivano. Si crede puerilmente che vivere sia compiere gesti abilitati alla sopravvivenza del corpo e gesti ripetuti ogni giorno nelle abitudini necessarie. Si crede poi che vivere sia raggiungere una stabilità e una sistemazione e tutto ciò che occorre per interpretare un ruolo e una funzione. Ebbene ciò non fa di un essere vivente un vivo, spiega Van Gogh, anzi quei vivi sono così poco vivi che lui sente l'urgenza di donare loro in regalo la luce dei suoi colori, la meraviglia della sua arte. E poco interessa all'artista se in quel momento non verrà capito il dono, anzi non venir capito sembra una terribile conseguenza del dono.
In ciò l'arte continua il dialogo fra essere vivente e non esserlo, nella dicotomia del gesto impellente e della distanza, nel disagio e nella ricchezza di suggestioni. Come vive l'artista? ci chiede e ci va vedere questo film che si pone come un paesaggio di vicinanza al vissuto intimo del pittore. Il pittoreregista ci risponde con immagini di una natura vista attraverso gli occhi dei quadri di Van Gogh, una natura colorata o spoglia ma parlante nella desolazione dei girasoli grigi e ripiegati nella landa invernale e nei girasoli gialli ed esplosivi dell'estate, nei campi verdi di Arles, nelle foglie e nei rami protesti verso il cielo blu. L'artista ha in sé il dono della grazia, diceva quel grande umanista di Bazlen, che ha dato vita alla casa editrice Adelphi insieme a Roberto Calasso. Ed è Roberto Calasso a raccontarlo nel libro L'impronta dell'editore, quando diedero vita ai libri unici, ai libri che nessun altro avrebbe pubblicato perché straordinari. La grazia, lo stato di grazia, per l'artista è quel momento in cui lui, incurante del gusto del momento, sente di dover regalare la sua personalissima visione del creato, della creazione.
Ippolita Luzzo
Fin qui il mio apporto al film e di seguito riporto una recensione di Gianni Canova
Ippolita Luzzo
Fin qui il mio apporto al film e di seguito riporto una recensione di Gianni Canova
"Ha 63 anni, ma interpreta in modo credibile un artista che di anni ne aveva solo 37.
Si sottopone a tutti i rituali iconici con cui la leggenda di Vincent Van Gogh vive nell’immaginario collettivo (il cappello di paglia, la benda che copre l’orecchio mozzato, la barba non rasata…) senza per questo mai lasciarsi catturare dalla “maniera”.
Presta il suo viso scavato e spigoloso a incarnare le asprezze, le rotture, le cesure, le furie e le malinconie che segnarono gli ultimi anni della vita di Van Gogh riuscendo comunque a non risultare mai scontato. Se l’è meritata, Willem Dafoe, la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile al Festival di Venezia per la sua performance nei panni del protagonista nel film di Julian Schnabel Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità.
Il modo, lo sguardo, la forma. Di questo, del resto, discutono Van Gogh e Gauguin in uno dei loro tanti dialoghi sull’arte presenti nella sceneggiatura del film. “Perché – chiede uno all’altro – la gente guarda un quadro? Per vedere le persone dipinte o i dipinti delle persone?”. Già: cosa ci interessa in un’opera d’arte (un quadro, ma anche un romanzo, o un film)? Perché guardiamo la Gioconda? Per sapere qualcosa dell’enigmatica signora che vi è ritratta o perché ammaliati dal modo in cui Leonardo la ritrae? La risposta è quasi implicita: e ho come l’impressione che dovremmo applicare lo stesso criterio anche al cinema e ai film. Anche a questo film.
Che è più interessante per come mette in scena van Gogh che per quello che racconta di Van Gogh (l’ipotesi della morte per omicidio invece che per suicidio come sostengono le fonti più accreditate).
Schnabel usa spesso la soggettiva per farci vedere il mondo come si può ipotizzare lo vedesse Van Gogh., lascia che il nostro sguardo sia invaso dai colori (i gialli-girasole, i verde-albero, i blu-cielo) che colpivano la visione di Van Gogh e poi diventavano quadri.
La sceneggiatura spesso si ferma, gira su sè stessa, si accende, contempla, schizza. Ed è in questi momenti che il film vibra e vola: quando Schnabel cerca di fare con la macchina da presa ciò che Van Gogh faceva col pennello. Cogliere l’attimo. Rendere il flusso della vita. Creare contrasti, accoppiamenti spregiudicati, rompere le proporzioni. Vedere come gli altri non vedono.
Ecco: questo ci offre Schnabel con questo film. Un’esperienza di visione. Per apprezzarla però bisogna rendersi disponibili a vedere in un altro modo. E non comportarci anche noi come quei bambini o quei saccenti o quei paesani che osteggiavano Van Gogh, e lo sbeffeggiavano, e lo isolavano, semplicemente perché non lo capivano."
In soli quattro giorni dall’uscita ufficiale nelle sale cinematografiche italiane, il film evento Van Gogh - Sulla soglia dell’eternità ha raggiunto oltre un milione di incassi: record al box office.
L’opera cinematografica con la regia di Julian Schnabel che racconta gli ultimi anni della vita del celebre pittore olandese è al sesto posto nella classifica Cinetel e al terzo posto come miglior media copia. Distribuito da Lucky Red in associazione con 3 Marys Entertainment, la pellicola infatti supera il milione di incassi al box office, per un totale di 1.241.021 euro e di 179.753 spettatori.
In 256 copie, il film Van Gogh - Sulla soglia dell’eternità registra anche un’ottima media copia di 4.848 euro, collocandosi al terzo posto della classifica subito dopo Ralph Spacca internet e Aquaman.
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