domenica 2 dicembre 2018

Antonio Saladino Lo scultore del tempo

Trasformo stamattina le strofe della canzone A muso duro di Pierangelo Bertoli,
" canterò le mie canzoni
per la strada
ed affronterò la vita
a muso duro
un guerriero senza patria
e senza spada
con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto
nel futuro" con lo sguardo fisso nel passato, lo canticchio per un po' e poi mi accorgo che la strofa originale rende di più il significato della mostra di Antonio Saladino.
Reperti Contemporanei, curata da Teodolinda Coltellaro, al Museo Marca di Catanzaro dal 24 Novembre 2018 al 19 gennaio 2019, sembra proprio creata da un guerriero senza patria e senza spada, con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro. 
Uno sguardo di pace. 
Antonio,"Lo scultore del tempo", come La scultura del tempo. Mi regala questa definizione Orazio Garofalo, un grande video-artista. 
Nel cinema di Tarkovskij la logica dell'azione intende essere una scultura del tempo, "una serie di eventi, i quali, a loro volta, ineriscono a delle circostanze obiettive, che appartengono allo spazio - o, come affermerebbe Wittgenstein, ad una serie di stati di cose, i quali formano i contesti o le situazioni entro cui il tempo stesso si svolge, con il suo ritmo mutevole." Il tempo, questo sconosciuto e questo luogo abitato da noi, sembra bianchissimo e in pace nelle sculture di Antonio, sembra armonia, equilibrio e luce, sembra bellezza e ordine, un ordine che stia a governare ogni espressione. 
Da una conversazione di Paolo Lago con Paolo Landi, come sopra,   prendo questo stralcio "Ed è forse la "zona" una sapiente scultura del tempo, una sua iconizzazione e una sua stasi. La "zona" è il tempo che non scorre più e si ferma, tremando della propria angoscia e della propria solitudine." Nelle opere di Antonio in mostra, nell'intera mostra, vi è pace e serenità, si entra in un non luogo, diventato in quel momento il giardino delle muse.
Una stasi del tempo bello, fermo nel suo momento di perfezione. Nel ritornare alle immagini della mitologia,  Il classicismo in fondo era questo tentativo dell'uomo di fermare il tempo, con la creta, con i colori, di fermare  la perfezione e guardarla come se fosse ciò che siamo. 
"Dove si guarda è ciò che noi siamo" ha scritto una mia amica, facendo in letteratura quello che ha creato Antonio Saladino:
Contenitori di terracotta dai contenuti sorprendenti, dai nomi conosciuti.
Le ciotole di Venere, Apollo, Zeus, Narciso, Reliquie, Rotoli di Scrittura critica.
Sembrano in fila a chiedere udienza ad un re immaginario gli abitanti di questa mostra: Il portatore di nuvole, la portatrice di gioielli, il portatore di scarti, la portatrice di urna, il portatore di angeli, tutti in fila davanti alla Vanitas.
Ricordando Qoelèt, c'è un tempo per tutte le cose, un tempo per demolire e un tempo per costruire."Mi sono accorto che nulla c'è di meglio per l'uomo che godere delle sue opere, perché questa è la sua sorte. Chi potrà infatti condurlo a vedere ciò che avverrà dopo di lui?"
Sarà la Vanitas da omaggiare? mi chiedo io sorpresa dal mio stesso vaneggiare. 
Ho abitato la mostra tutto il tempo dell'installazione, dell'inaugurazione, del gioco, con i coloratissimi pezzi del Custode di tavolette, ed ogni tavoletta era un bozzetto, una storia, un racconto, un pezzo di noi, del nostro immaginario.
Ciò che noi conserviamo è ciò che noi vorremmo che si conservasse in eterno: l'efebo di Mozia, le tombe etrusche, le sette meraviglie del passato, le ninfe, il mito. 
Stiamo sul mito del nostro interrogarci, stiamo nel rispetto e nella cura della terra, della creta, stiamo e staremo se ci prenderemo cura.
Le opere di Antonio Saladino ci rimandano al monito tranquillo del saggio che guarda nel passato per regalarci come ultima spes la luce, La portatrice di luce, alla quale è dedicata la mostra di Reperti contemporanei.
Ippolita Luzzo 

    

sabato 1 dicembre 2018

Tutti i discorsi degli anni precedenti

Tristram Shandy: le cose che fate entrare sono le stesse che fate uscire.
La regina Elisabetta è apparsa in tutte le case britanniche il 25 dicembre per il tradizionale discorso di fine anno.
Una tradizione avviata nel 1932 da Re Giorgio V. E come alla corte della dinastia dei Windsor anche qui, nel regno della Litweb prepariamo il discorso. Mi aprono il blog nel 2012 e mi accorgo solo ora che in quell'anno non ho fatto un discorso di fine anno, sempre che non vogliamo prendere per vero un invito agli alunni vicini e lontani http://trollipp.blogspot.com/2013/01/miei-cari-alunni-vicini-e-lontani.html
poi l'anno passò e all'alba del 2014 scrivo questo https://trollipp.blogspot.com/2013/12/discorso-di-fine-anno.html 
Finisce il 2014 con un canto
 http://trollipp.blogspot.com/2014/12/istitutional-cantando-tutte-le-papere.html
 e andiamo verso il 2015 e a dicembre 2015 scrivo http://trollipp.blogspot.com/2015/12/discorso-di-fine-anno-2015-ciascuno-il.html 
andando verso il 2016 con il famosissimo discorso del 2016
 http://trollipp.blogspot.com/2016/12/discorso-di-fine-anno-domine-2016.html
che ci catapulterà nel mondo delle uova. Sarà un uovo il domani? Una meraviglia, ho risposto all'alba del 2018 http://trollipp.blogspot.com/2017/12/discorso-di-fine-anno-2017-il-paese.html
chiederò alla Stampa di suggerirmi i discorsi mancanti 

mercoledì 28 novembre 2018

L'Amica Geniale Elena Ferrante

Elena Ferrante mi ha confessato di non aver visto la serie televisiva e di essere alle prese con una nuova quadrilogia dal titolo: La nemica geniale.
In attesa di fatti e misfatti delle amiche e nemiche, geniali sempre, che porteranno tanti premi e continue repliche, noi guardiamo stupefatti a tanto successo applaudendo il genio di chi lo racconta con tanta genialità.
Con vera stima. 
Conoscerò Elena Ferrante e la inviterò nel Regno della Litweb.
Sono sicura che accetterà.
In un regno inesistente un'autrice che non si sa chi sia può ben venire senza tema di apparire.
Aspettandola
Ippolita Luzzo   

lunedì 26 novembre 2018

A Chiara Tempesta un pezzo antico: Una Bambola sul letto

L'altro giorno Chiara domanda ai social schizzinosi sull'arredamento delle case dei Casamonica come fossero le loro case e se ricordano le bambole sul letto.
Chiara mi ha fatto ricordare un mio pezzo del 2011 dal titolo Una bambola sul letto e la ringrazio per avermelo inconsapevolmente ridonato:
Una bambola sul letto   29 ottobre 2011- 
Una volta nel sud le donne, dopo aver rassettato il letto matrimoniale, sistemavano al centro, subito dopo i due cuscini, una grande bambola, una bambola come una bambina, vestita con abiti pretenziosi, di lusso, merletti, pizzi, con le scarpine, scarpine vezzose, una bambola con i capelli boccoli boccoli, il viso dipinto di roseo splendore, gli occhi immobili, fissi su tanto stupore.
Io ne ero spaventata, proprio non riuscivo a capire quella messinscena, macabra ed offensiva, quel simulacro di donna perfetta, immobile   fissa buttata su un letto, seduta, con le gambe aperte, divaricate per dare al fantoccio maggiore seduta.
Sfuggivo la vista, giravo gli occhi, ma sempre vedevo le donne che, fiere, se la mostravano, ne erano fiere, e non vedevo com'era preziosa!
Ero bambina ed avrei dovuto come le altre bambine avere una bambola che non volli mai, per  tanto tempo mi rifiutai, poi verso i dieci anni mia mamma,  vedendola una stranezza,  me la comprò .
Era una bambola piccola, con i capelli docili al pettine. Io cominciai a pettinare e ripettinare ed in capo a due giorni la ridussi calva, senza più bellezza, senza un orpello. 
Non credo che ho avuto più una bambola in mano, un bambolotto, un orsacchiotto.
Non ho mai più voluto bambole, ricordo però, con grande languore, un Pinocchio di legno che mi avranno rubato, sottratto, come tutte le cose negli anni a venire, un Pinocchio snodabile con tanto di naso, un cappello rosso e le gambe lunghe.
L’avevo comprato, c’ero riuscita dopo tante insistenze, me l’ero sudato col nonno, sfibrandolo con cantilene sempre più insistenti, che io volevo, volevo soltanto un Pinocchio di legno!
Ed adesso che vorrei giocare di nuovo i giochi che non ho fatto mai, adesso mi trovo a parlare davvero con un Pinocchio di carta, di mail, convinta di avere un discorso in mano, un senso, una storia, un motivo in più.
Mi ostino e non voglio vedere che ormai noi tutti non siamo gli stessi e che anche i Pinocchi sono contenti se possono ancora giocare con bambole, vestite eleganti, attizzate, vogliose, troie infoiate da manovrare, usare soltanto per mettere in moto un congegno per farle partire e poi, credo, ridere dentro di tanto sudare mentre loro, di legno, son sempre freddi, puliti, immacolati, sorpresi che lei si sia bagnata.
Ma ormai è tardi per disarticolare un buffo soggetto con un abbecedario, è tardi, tardissimo, proprio così, sarà come allora, anche allora qualcuno poi lo rubò il mio pinocchio di legno e non lo rividi mai più
Qualcuno che non lo amava affatto, qualcuno che poi lo buttò giù, ma d'altronde è così, è sempre così, nel mondo perbene che perbene non è.
Al mondo perbene, che perbene non è, basta mettere soltanto una bambola sul letto, con gli occhi fissi su tanto splendore
Ippolita Luzzo 

sabato 24 novembre 2018

Il dialogo è una cosa opinabile su Whatsapp

Dialogo:
Colloquio tra due o più persone, nel linguaggio politico, confronto d'idee, opinioni o programmi allo scopo di raggiungere un'intesa: un dialogo costruttivo e distruttivo. 
Comunicazione verbale, fatta di messaggi su whatsapp sempre dialogo è? Scritta e registrata su whatsapp. Cosa opinabile e divertente fra due soggetti, normalmente abili alla risposta. 
Dopo aver riso questa mattina a sentire messaggi registrati su whatsapp e aver commentato con chi me li faceva ascoltare:"Cosa vuol dire questa frase in italiano?" mi sono sovvenuta di altra piacevolezza.
 Allora eravamo in estate e una mia amica aveva da risolvere su quale fila dovesse stare il suo ombrellone in quello stabilimento balneare. Chiama dunque su whatsapp il proprietario dello stabilimento ed iniziano a messaggiare per chiarirsi su questo difficilissimo busillis. La vedevo impegnata a rispondere.  
Lei alla fine, stremata e ironica, mi disse ad un certo punto: "Ora ti faccio vedere come procede la conversazione." Ed io mi trovai a leggere quei messaggi che non avrebbero sfigurato in una commedia di Ionesco, tanto erano strabilianti, fra lei che chiedeva e lui che rispondeva picche, non voleva, era evidente, spostare l'ombrellone, eppure la conversazione deviava, prendeva inaspettate rive, benché i due dialoganti si conoscessero da anni. 
Stamattina uguale, con in più il dire parlato registrato. 
Questo andazzo di registrare ciò che si dice sembra comodo ma si può ritorcere verso chi registra, perché mentre nel parlato orale si può sempre smentire, nel registrato e nello scritto le parole stanno lì a mostrare quanto la conversazione, il dialogo, sia una cosa opinabile, irreale, inesistente.
Il dialogo diventa subito insulto, offesa, disprezzo, mascherato da una leggerissima copertina webbica che non copre più nemmeno i piedi.
Infatti è un conversare con i piedi e Whatsapp condanna alla storicità del detto.
Un detto opinabile 
Ippolita Luzzo  

venerdì 23 novembre 2018

Giuliana Majocchi Maria Caterina Prezioso PINA & MAX

Ed eccoci a leggere Pina & Max:" Una strada di corse, di sguardi e di orme lasciate sulla battigia che il mare sapiente si porta via. E il tempo, finalmente dal fiato lungo dei buoni camminatori, un
tempo sovrano che ci accarezza le corde dell’anima e ci ricorda
di quella natura che non ci ha mai abbandonato. Un gioco,
il dono di un gioco."
nella prefazione leggiamo. 
Pina:"Nel paese tutti la conoscono ed è accolta sempre affettuosamente.La sua andatura dinoccolata la rende molto particolare,per non parlare poi di quel color champagne…"
 Si sta raccontando la vicenda di una bellissima cagnetta color champagne, e di Max il cane di Massimo "Max. Il suo bellissimo cane lo aveva conquistato da dietro una vetrina di negozio.Era talmente bello quel cucciolo di Husky da sembrare finto."
Qui partecipiamo ad una storia di incontri come se venisse raccontata dai protagonisti, quindi con i personaggi umani più sfocati rispetto alla storia vera e propria che è l'incontro fra i due cani, Pina e Max. "Qualcuno stava bussando alla porta, solo questo la mente di Massimo riuscì a registrare... Afferrò la maniglia e la fece roteare. Davanti a lui c’era Pina, seduta, la testa leggermente inclinata,che lo guardava. Quell’uomo alto, magro, in slip e i capelli scompigliati, era ridicolo. Si alzò, e scostando leggermente Massimo, s’intrufolò in camera. Sapeva dov’era, spinse la tenda, una annusata, un’occhiata, girò le spalle e Max fu subito dietro di lei. I due, velocemente, sfiorarono i piedi di Massimo, che incredulo era rimasto fermo, “imbambolato” con la mano incollata
alla maniglia."
In questa storia vista dagli occhi dei cani gli uomini rimpiccioliscono, rimane Il Grottino, l'albergo che accetta cani, a giganteggiare con la sua ospitalità. Gli uomini come tutti come Massimo accusano il vuoto.
"Solo il cane era diventato molto importante, era il suo occhio
gelido sul mondo e nessuno lo sapeva. Afferrò con forza
il guinzaglio e richiamò Max con un fischio. Max si bloccò,
poi si voltò per guardarlo, all’uomo sembrò di vedere ancora
quel sorriso, al successivo fischio riprese a correre verso di
lui. Max, riconosceva l’ordine del capobranco, o era semplice
affetto, o forse intuiva che l’uomo dal volto sorridente e triste
di un clown, aveva in lui, il suo vero e unico compagno di
giochi"
Una scrittura a due mani come due sono i protagonisti, come duale è il mondo animale e umano che si incontrano e si scontrano, si legano e poi si abbandonano. Dedico questo pezzo alla mia Gala, il setter dolcissimo, dal nome della musa amata da Salvador Dalì, il setter da me salvato e accudito e poi lasciato per non poter più occuparmi di lei. 
Ippolita Luzzo 

lunedì 19 novembre 2018

Giovanna Villella mi presenta così

IPPOLITA LUZZO: RITRATTO DI DONNA NON CONVENZIONALE
Fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta, se dovessi paragonarla ad un artista di teatro, sarebbe una Paolo Poli in gonnella senza le metafore erotico-verbali che Poli - tuttavia -sapeva porgere con tanto candore.
Se fosse un quadro sarebbe La donna che legge di Van Gogh.
Se  fosse un libro sarebbe il suo, ovvero un non libro. I libri, i suoi libri, sono oggetti animati, abitano la sua casa, non sono mere suppellettili. Camminano, si nascondono, parlano con lei, pranzano e cenano alla sua tavola. Quando non riesce a trovarne uno, lo chiama come se fosse il gatto di casa.
Se fosse una fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie ex-aequo con la moderna Cenerentola che ascolta i Joy Division di Romeo Vernazza.
Se dovesse scegliere un mestiere farebbe la “donna di lettere” nel senso della postina però, con gli stessi poteri del postino di Domenico Dara.
Non ama defininirsi blogger, anche se ha un blog seguitissimo. Non è una donna del Sud. Recentemente ha scoperto il termine fanzine. Ma in realtà è una linker ovvero una persona che riesce a creare collegamenti  in una prospettiva multidisciplinare e di scambio continuo.
Ippolita, regina senza corona di un regno che non c’è, come l’isola di Peter Pan e di Peter Pan ha mantenuto quella euforia, quello stupore, quello spirito fanciullino che le fa battere le mani esclamando “Evviva” quando una cosa le piace, la fa felice. E a proposito di felicità, le basta davvero poco. Piccole felicità… per dirla con libro che entrambe abbiamo amato e raccontato.
Un regno doppiamente virtuale il suo, perché non è di questa terra ma neanche di lassù. Appartiene a quella vita parallela, quella second life, magistralmente raccontata nella favola della gabbietta. Un giardino recintato dove tutti siamo più o meno rinchiusi e dove lei, dopo essere stata bannata, segnalata ed espulsa, perché considerata un troll che, nel gergo di internet, è soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi, si è ritagliata il suo spazio social a cui affida le proprie riflessioni personali e metaletterarie. Così, in poco tempo, viene seguita, corteggiata, ricercata, invitata come un vero e proprio guru della letteratura soprattutto per la sua capacità di scouting nello scovare giovani talenti. Da bannata a blandita… ma non tutti è concesso di entrare a far parte del suo regno.
Il regno della Litweb, finestra sul mondo. Elemento architettonico familiare dalle molteplici declinazioni estetiche o funzionali, la finestra  gioca un ruolo essenziale nella vita quotidiana, tanto individuale quanto sociale: essa è fonte di luminosità, di visibilità, di comunicazione e, nel contempo frontiera tra due spazi, quello esterno e quello interno, spesso antitetici. Nel primo caso, quello esterno, delimita un frammento di reale che si offre alla rappresentazione. Nel secondo caso, quello interno, perimetra uno spazio altro, più intimo, votato alla contemplazione e all’immaginazione.
Tuttavia, la finestra chiusa segna una separazione radicale tra questi due spazi antitetici organizzati intorno ai poli opposti silenzio/rumore, solitudine/folla, calma/frenesia, calore/freddo.
Se invece la finestra è aperta o socchiusa, lo spazio privato può far trapelare delle informazioni personali, intime che investono lo spazio pubblico e viceversa ciò che appartiene allo spazio pubblico può interferire con il proprio privato influenzandolo e modificandolo. 
Testimone di questa reversibilità degli spazi, la finestra partecipa così al doppio gioco della esibizione e della dissimulazione diventando dunque metafora dell’occhio e quindi della stessa attività di creazione estetica, poetica o simbolica.
È così che Ippolita elabora una propria visione del mondoriuscendo in quel delicato e difficile lavoro di sintesi del “doppio sguardo” che procede dall’esterno all’interno e viceversa. 
I suoi scritti sono a prima vista deliranti, non certo nell’accezione psicopatologica di disturbo caratterizzato da un’alterata interpretazione della realtà, ma in senso etimologico. Dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione - del conformismo dire io.
In questi anni di stupido cicaleccio sentimentale e di scribacchini innalzati al ruolo di scrittori, Ippolita è una eretica della scrittura che non ama compiacere. I suoi testi, spesso, non hanno un filo conduttore visibile, ma hanno un andamento irregolare, random quasi. Zeppi di richiami e di rimandi incrociati… Si passa dalle canzoni alla filosofia, dalla nutella a Dio, dalle filastrocche alla fisica quantistica… e con leggerezza (che leggerezza non è superficialità, come diceva Italo calvino)ci invitano a leggere la contemporaneità in una prospettiva nuova, insolita a volte, ma mai banale.