danzeranno gli insetti
il ritmo assordante non mi farà dormire
e come nei banchetti degni di rispetto
trionferanno gli avanzi
le formiche ne faranno scorta
...
come insetti avvoltoi
pronti a beccare ciò che resta
ultimo pasto di dio.
...
senti il passo della libellula lo sfregare delle antenne
...
dalla libellula sul filo d'erba si guarda nell'acqua
...
costretta al regno oscuro dell'ombra.
Arriva nel regno della Litweb Sonia Lambertini con la sua raccolta di poesia che in alcuni momenti sembra essere stata richiesta a gran voce dai nostri insetti, da tutta la Lit Art che a maggio volerà sulle carte francesi di Caterina Luciano, durante e fuori dal Salone del Libro di Torino. Anche da Caterina vi sono libellule così che rispondono al momento con un volo
Quando nulla ti è dovuto e non sai come
conosci il cerchio nero che ti assedia chiedi
quale strano progetto ha preso i tuoi occhi
per riempirli di colore giallo ocra e rosso
con emozione quindi abbiamo accolto Sonia e le sue poesie, come sorelle, come far parte di una stessa famiglia con tutto ciò che di famiglia comporta nelle difficoltà.
La somiglianza. Mentre scrivo ricordo che Caterina fece anche sulla famiglia delle tele.
Ci somigliano i versi di Sonia e di sicuro ne leggeremo qualcuno di questi per stringerci forte in una comunanza di affetto e di parità
Brinderemo con lei che qui già brinda con noi alla meraviglia dei deboli, dei dubbiosi, di chi ha in mano un verso, un colore, una frase.
Brindo alla contraddizione
alla scelta sbagliata, all'incoerenza
...
io cerco solo meraviglia
Nel piacere di leggere poesie che ci ricordano il nostro quotidiano difficile incedere in mattine come tante
Certe mattine le cose ti cadono addosso
...
ho perso il filo che ho nascosto in tasca
...
Quando pensi che nulla esista
puoi tentare l'azzardo
dello stare e del dire
del gioco delle parti
Una partita a Torino a Maggio
Ippolita Luzzo
domenica 2 aprile 2017
venerdì 31 marzo 2017
Goethe e me.Stesso cielo astronomico
Goethe e me
11 settembre 2011
Era il settembre del 1815 e Goethe con in mano la
foglia del ginko biloba discuteva sulla
stranezza della natura, sul tema della molteplicità e unicità, unificazione e
polarità.
Una foglia duplice e unica nello stesso tempo, uno e doppio
(Ho lo stesso cielo astronomico di Goethe.)
(Ho lo stesso cielo astronomico di Goethe.)
Scriverà la poesia Ginko biloba.
La foglia di quest’albero, dall’oriente
Affidato al mio giardino,
segreto senso fa assaporare
così come al sapiente piace fare.
E’ una sola cosa viva
Che in se stessa si è divisa?
O son due,che scelto hanno,
si conoscan come una?
In risposta a tal domanda
Trovai forse il giusto senso.
Non avverti nei miei canti
Che io sono uno e doppio insieme? (Goethe)
La
mia continua domanda, la stessa tensione, sempre. Ogni
cosa che dico da semplice appassionata di chi
scrive, tende sempre a chiarire, a mettere luce nella divisione e trovare
l’unione, il percorso unico.
Tutta la mia vita, tutti i miei scritti, tutto il
mio agire hanno la stessa tensione, all'unico, all'assoluto. Ma è la
stessa tensione di Goethe!
Particolare(vergine) ed universale (pesci), realtà
fisica e significato fantastico si ritrovano insieme per integrarsi in una
unione nella diversità .
Sono fantastica, suggestionante, ma con la lampada della razionalità, come Diogene,
illumino ogni cosa, l’analizzo e cerco anche di
non buttare più tutto un patrimonio di
conoscenze che mi hanno fatto attraversare quasi indenne la palude dello Stige. Posso rileggere tutta la mia vita con un
filo che mi sembra degno del mio sentire, del mio essere.
Ieri sera sono stata con Baudelaire, con Le
voyage, al tavolo del bistrot lametino, prendendo prosaicamente una coca ho
tradotto come pensavo io i versi, poi
l’ho scritta in prosa, è troppo bella!
Amavo la poesia Itaca di Kavafis, adesso le leggerò
vicine, sarà ancora più completo il racconto
di questo nostro continuo viaggiare nel mistero dell’esistere.
A Venezia ha
vinto Faust, ha vinto Goethe, abbiamo le stelle favorevoli come non mai noi della vergine quest’anno.
Adesso forse mi pubblicheranno un articolo su un giornale locale, è sulla
bellezza, sull'empatia dell’insegnamento, l’ho scritto per la
mia professoressa del ginnasio che non è più qui .
Buona
domenica
Amélie Nothomb Riccardin dal ciuffo
Riccardin dal ciuffo
Il cinguettio degli uccelli ci rallegrerà in questa primavera del 2017 con la fiaba della Nothomb.
Deodato nasce da Enide e Onorato
Enide ha quarantotto anni e pensa di essere in
menopausa. Onorato lavora come cuoco all’istituto di danza dove ha conosciuto Enide.
Sposi bambini, non avevano avuto figli per molto tempo e hanno continuato il loro felice matrimonio come due bambini. Poi nasce
questo bimbo bruttissimo eppure da subito intelligentissimo. “ Qualsiasi essere che vive un trauma così
crudele deve confrontarsi con una scelta oscura: o decide di detestare il mondo
intero per avergli riservato una parte così ingiusta, o decide di diventare un
oggetto di pietà per l’umanità. Sono rarissimi quelli che optano per la porta
stretta della terza via: riconoscere l’ingiustizia in quanto tale, né più né
meno, e non trarne alcun sentimento negativo. Non negare il dolore della
propria condizione, ma non arrivare a concludere nulla. … La grande voce nella
testa gli diceva: “Sono orribile, d’accordo. Ma io sono anche altro, sono colui
che vede paesaggi meravigliosi nel suo cervello, colui che si rallegra della
propria esistenza, colui che conosce l’intelligenza e la voluttà e che può
essere infinitamente felice di questa stessa constatazione”
Felice di leggere e di trascrivere questi pensieri
in lotta vincente sulla sofferenza e ingiustizia, in lotta dura senza
paura sugli scherni dei compagni che lo soprannomineranno Deodorante e lo
Scagazzato, lotta propositiva vedendosi sempre l’eletto, la persona scelta, in
questo caso dall'uccello per far la cacca sulla sua testa.
Gli uccelli diventeranno suoi compagni e materia di
studio, da quando un uccello lo aveva scelto, così come le donne si faranno
amare da lui scegliendolo e lasciandolo di volta in volta.
Sull'altra riva della Senna vive Altea figlia di
Rosa e Gelsomino, nipote di Malvarosa. Altea era bellissima e sua condizione di
vita rimaneva lo stupore.
Lo stupore incantato.
Anche Altea a scuola fu martire. La bellezza
eccessiva viene detestata.
Una fiaba con
questi personaggi che si incontreranno alla maniera delle fiabe di una volta,
una fiaba, riscrittura moderna di Riccardin dal ciuffo, una fiaba di Perrault, in cui una ragazza, per aver dato l’acqua ad
una povera vecchia, vede le sue parole trasformarsi in pietre preziose.
Una fiaba in cui la bruttezza e la bellezza si amano
felici al di là del bello e del brutto, in cui intelligenza e stupore si
incontrano e una coppia di bigie grosse nidificò sul castagno che tocca la loro
finestra.
Ho amato questo libro popolato da tutta una fauna
avicola che ho riconosciuto miei amici, dal passero alla tortora, ho amato il
ritmo veloce, il rumore del narrare nelle parole della nonna, di mia nonna,
nelle storie che lei mi raccontava, nel legame che io avevo con lei.
Anche Altea ama sua nonna ed il fiabesco arricchisce
la fantasia della vita facendola brillare come un gioiello.
Un libro piacevolissimo
E mi piace mettere questa vignetta di Martino Pietropoli come altra fiaba possibile sugli uccelli che noi saremo
Ippolita Luzzo
venerdì 24 marzo 2017
Romeo Vernazza Quelli Erano Giorni
Romeo, mio figlio piccolo, mi ha regalato una montagna di libri di un certo Louis L'Amour; tutte le sere me ne leggo un pezzo prima di addormentarmi.
Romeo Vernazza autore del libro Quelli erano giorni appare qui in questo regalo come il cameo di alcuni celebri registi nelle loro opere, nel dialogo narrativo del suo papà, protagonista del libro.
Salvatore Vernazza nato nel 1910 a Lerca, un paese dell'entroterra ligure. Nella prima infanzia dovrà abbandonare quelle case con le aie e gli archi, il pozzo, la chiesa, e via verso l'ignoto con la sua unica preziosa dote tenuta con cura in tasca "un pugno di biglie, quasi tutte vedrolle, in verità, ma c'erano anche due rare marmoline, leggermente ovali. Per me erano come i diamanti della corona."
In cinque sul carro, il suo papà andava via da Lerca per incomprensioni familiari sconosciuti al bambino. Sarebbero diventati una famiglia numerosa, di dieci figli in tutto, cinque fratelli e cinque sorelle.
A Valleggia a Valleggia.
Il babbo divenne fattore per conto di una nobile famiglia di Genova e si abitava in una casetta posta sul retro del bellissimo palazzo dell'ambasciatore. E in quel bel giardino davanti al doppio scalone che portava al piano nobile c'erano grandi alberi e palme e un boschetto di bambù.
Abbiamo tutti un giardino nella nostra infanzia!
Ciao Sarva, lo salutavano. Era sereno.
Nel 1922 aveva dieci anni e l'Italia divenne fascista.
Vita raccontata, Una storia vera, Quelli erano i giorni, il saluto di un figlio a suo padre, il saluto di un padre ai suoi figli, il saluto dell'autore ad un secolo, alla guerra insensata, ai sopravvissuti e sommersi, ai sommersi e salvati, ad una storia che viene in continuazione rivista, manipolata falsificata, corrotta, in spregio a tutti coloro che furono mandati a morire. In offesa a chi lottò contro invasione, contro soprusi e nefandezze.
"Chi vive esperienze di violenza e privazione della libertà diventa un sopravvissuto anche di sé, del suo essere di allora che non c'è più. Si è altro, dopo, spesso senza volerlo o capirlo"
Così anche l'autore confessa che non riuscirebbe più a scrivere dopo questo libro, non riuscirebbe perché troppo grande il tormento della guerra, della illogicità di alcuni periodi storici, da superare la comprensione e solo l'affetto enorme verso il suo papà lo ha spinto a compiere questa immersione che lo ha lasciato in lacrime.
Mi confessa di aver pianto mentre correggeva le bozze ed io stessa ho letto in questa stessa situazione emotiva che vorrei raccomandare a tutti di provare per avere ancora rispetto della storia delle individualità coinvolte in orrori senza senso.
Quelli erano i giorni letto col terrore di star a vivere ancora nell'insensatezza e nella violenza, nella miseria e nei campi, nella guerra e nella solitudine.
"L'inferno è non sapere se siamo vivi o morti" da Paradiso e Inferno, sarà una montagna di libri, tutte le sere leggeremo un pezzo, come Salvatore, prima di addormentarci.
A Torino, al Salone del Libro, dal 18 al 22 maggio, lo troverete allo stand di Tempesta Editore
Ippolita Luzzo
mercoledì 22 marzo 2017
Dal MAON la mostra di Nadar
Nascita della fotografia.
Nadar al Maon di Rende
Un saggio di Bonnefoy del 2014 così conclude: “Nelle sue fotografie, Nadar aveva perfettamente ragione di ricercare, di rispettare gli sguardi. Essi bastavano a rievocare il possibile che rimane vivo in una realtà che sembra morta. Bastavano a preservare l’invenzione del fotografico dalle sue deleterie virtualità. Non era più il fuori spettrale, il nulla, a fare il suo ingresso nel ballo mascherato [riferimento a Poe], ma l’aria fresca del mattino, quando si spengono le luci.”
Mi trovo a Rende al Maon per puro caso, come tutto ciò che mi accade. Sono accompagnata da una editrice di Palermo e da un fotografo che usa dissolvere l’immagine. Suoi lavori nella rassegna fotografica intitolata “La coda dell’occhio” tempo fa presentati a Reggio Calabria.
I suoi sono scatti diretti, senza elaborazione grafica di ciò che, nello spazio fotografico, giace tra la soglia del secondo piano e l’infinito. Immagini che sono espressione dell’assenza, dell’alienazione dalla realtà materiale percepita nel vissuto.
L’autore di questi scatti, Daniele Rizzuti, con entusiasmo mi propone il Maon, la visita al museo dove si terrà l’inaugurazione della prima mostra di Nadar, uno dei padri della fotografia, ad essere realizzata nel centro-sud d'Italia, con una sessantina di opere originali, cartes de cabinet e cartes de visite, del secondo Ottocento e dei primi del Novecento. Un evento atteso da lui e dagli appassionati di fotografia e che rimarrà al Maon di Rende fino al 10 giugno 2017.
Tonino Sicoli e Marcello Walter Bruno, i curatori, ci parlano di Felix Nadar, il Tiziano della Fotografia, che nel 1858 solcò con una mongolfiera i cieli di Parigi, e in questo modo poté sperimentare le potenzialità della fotografia aerea. Un odierno drone. Un uomo curioso e intuitivo del nuovo che nasce. Nel suo studio avvenne la prima mostra collettiva dei pittori impressionisti, organizzata il 15 aprile 1874 da alcuni artisti allora sconosciuti, come Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir. Un anticipatore.
Lui stesso giocando col suo nome di famiglia Tournadar (Tourne à dard) usò questo come pseudonimo, vedendosi come un dardo che punge.
Nasce con lui la fotografia, il realismo del soggetto, e i suoi personaggi qui ora stanno con noi, mescolati agli ospiti della serata che continuano a scattare istanti per imprigionare l’antico e il nuovo nel gioco eterno dell’esserci.
Ci siamo.
Incontro Gianluca Covelli, critico d’arte, impegnato ora in una mostra sul futurismo, Orazio Garofalo video maker fra i più interessanti video-artisti del Meridione e che sono sicura farà video nel regno immaginario della Litweb, almeno spero, e insieme guardiamo e guardiamo… da allora ad oggi alla follia del quotidiano fotografare, fotografarsi, bimbi, costumi, mare, cielo, alla follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite, alla follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui, di occhio che scatta.
Ne usciremo mai?
Le camere sono oscure, chiare, le camere delimitano, scelgono, profondità o superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o immobile, tutte le camere della nostra percezione, poi ci fanno credere quello che ci appare vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo foro, stretto o un obiettivo con zoom.
Ci sono cose e persone, qui, in questa fotografia, che non si vedono, ma che, tuttavia sono presenti, scriveva Cipparrone, ed io infatti percepivo quel che era presente eppure non fotografabile.
Il tempo, i rapporti, le sensazioni, la stima e la gioia di voler stare su quella mongolfiera.
Da Barthes « La società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda »
Scrissi una volta “Solo una nuvola resterà del movimento, e le nuvole vagano, e noi guardiamo gli oggetti fermi e capaci ancora di essere usati di essere testimoni di un mondo che esiste nella rappresentazione di un interiore che un solo foro ha, quello della pazienza di saper aspettare.”
Un plauso alla mostra che resterà nei nostri momenti indelebili.
Ippolita Luzzo
Nadar al Maon di Rende
Un saggio di Bonnefoy del 2014 così conclude: “Nelle sue fotografie, Nadar aveva perfettamente ragione di ricercare, di rispettare gli sguardi. Essi bastavano a rievocare il possibile che rimane vivo in una realtà che sembra morta. Bastavano a preservare l’invenzione del fotografico dalle sue deleterie virtualità. Non era più il fuori spettrale, il nulla, a fare il suo ingresso nel ballo mascherato [riferimento a Poe], ma l’aria fresca del mattino, quando si spengono le luci.”
Mi trovo a Rende al Maon per puro caso, come tutto ciò che mi accade. Sono accompagnata da una editrice di Palermo e da un fotografo che usa dissolvere l’immagine. Suoi lavori nella rassegna fotografica intitolata “La coda dell’occhio” tempo fa presentati a Reggio Calabria.
I suoi sono scatti diretti, senza elaborazione grafica di ciò che, nello spazio fotografico, giace tra la soglia del secondo piano e l’infinito. Immagini che sono espressione dell’assenza, dell’alienazione dalla realtà materiale percepita nel vissuto.
L’autore di questi scatti, Daniele Rizzuti, con entusiasmo mi propone il Maon, la visita al museo dove si terrà l’inaugurazione della prima mostra di Nadar, uno dei padri della fotografia, ad essere realizzata nel centro-sud d'Italia, con una sessantina di opere originali, cartes de cabinet e cartes de visite, del secondo Ottocento e dei primi del Novecento. Un evento atteso da lui e dagli appassionati di fotografia e che rimarrà al Maon di Rende fino al 10 giugno 2017.
Tonino Sicoli e Marcello Walter Bruno, i curatori, ci parlano di Felix Nadar, il Tiziano della Fotografia, che nel 1858 solcò con una mongolfiera i cieli di Parigi, e in questo modo poté sperimentare le potenzialità della fotografia aerea. Un odierno drone. Un uomo curioso e intuitivo del nuovo che nasce. Nel suo studio avvenne la prima mostra collettiva dei pittori impressionisti, organizzata il 15 aprile 1874 da alcuni artisti allora sconosciuti, come Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir. Un anticipatore.
Lui stesso giocando col suo nome di famiglia Tournadar (Tourne à dard) usò questo come pseudonimo, vedendosi come un dardo che punge.
Nasce con lui la fotografia, il realismo del soggetto, e i suoi personaggi qui ora stanno con noi, mescolati agli ospiti della serata che continuano a scattare istanti per imprigionare l’antico e il nuovo nel gioco eterno dell’esserci.
Ci siamo.
Incontro Gianluca Covelli, critico d’arte, impegnato ora in una mostra sul futurismo, Orazio Garofalo video maker fra i più interessanti video-artisti del Meridione e che sono sicura farà video nel regno immaginario della Litweb, almeno spero, e insieme guardiamo e guardiamo… da allora ad oggi alla follia del quotidiano fotografare, fotografarsi, bimbi, costumi, mare, cielo, alla follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite, alla follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui, di occhio che scatta.
Ne usciremo mai?
Le camere sono oscure, chiare, le camere delimitano, scelgono, profondità o superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o immobile, tutte le camere della nostra percezione, poi ci fanno credere quello che ci appare vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo foro, stretto o un obiettivo con zoom.
Ci sono cose e persone, qui, in questa fotografia, che non si vedono, ma che, tuttavia sono presenti, scriveva Cipparrone, ed io infatti percepivo quel che era presente eppure non fotografabile.
Il tempo, i rapporti, le sensazioni, la stima e la gioia di voler stare su quella mongolfiera.
Da Barthes « La società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda »
Scrissi una volta “Solo una nuvola resterà del movimento, e le nuvole vagano, e noi guardiamo gli oggetti fermi e capaci ancora di essere usati di essere testimoni di un mondo che esiste nella rappresentazione di un interiore che un solo foro ha, quello della pazienza di saper aspettare.”
Un plauso alla mostra che resterà nei nostri momenti indelebili.
Ippolita Luzzo
lunedì 20 marzo 2017
La stanza profonda di Vanni Santoni
"Nella cantina buia dove noi", la versione di Vanni sulla cantina dei giochi da tavolo e di ruolo.
"Che gioco è, chiede ancora Elia.
Eh, è un gioco di ruolo, dici.
Anch'io li faccio.
Veramente? Dici, e guardi il Bollo.
Ma che, gli dai retta?
Invece è vero! Ho anche Final Fantasy XV!
Ah, intendi al computer...
Alla console.
Vabbe’, è uguale...
Perché, voi come giocavate?
Noi? Con dadi e mappe.
E schede, dice il Bollo, e manuali.
Manuali?
Per le regole, per gli incantesimi..."
"Da quella stanza immaginaria e dalle sue porte era già cominciata una partenogenesi vertiginosa di possibilità, direzioni, eventi, mondi."
Sulla Lettura Vanni Santoni aveva già messo luoghi immaginari e creato un mondo letterario dove mancava però il regno della Litweb, scrissi io scherzosa, reputando degno anche il mio regno immaginifico al pari dell'Isola del tesoro.
Ora nella Stanza profonda ritrovo le mappe delle tante letture insieme ai giochi da tavolo, al fantasy, e saltello giuliva fra l'erbetta come la vispa Teresa fra questi giochi che ricordo a malapena, non avendo mai giocato.
" Giri per il mondo, hai la mappa del mondo. Entri in una città, un quadratino nero sulla mappa del mondo, ed ecco da lì aprirsi una mappa della città. Fai uno scontro in una taverna, e subito si disegna la mappa di quello stanzone, tavoli e sedie e banco, per permettere posizionamenti e spostamenti tattici. Qualunque quadratino bianco, qualunque dungeon, è sempre pronto a dipanarsi in dedalo, in formicaio di mostri e trappole, cunicoli oscuri e sale mirabolanti."
Che lettura da fare! Ritorno indietro, leggo e rileggo felice La Stanza Profonda conoscendo ora tutti i giochi che Vanni presenta insieme a quel mondo, al loro significato, al tempo che se ne è andato.
"C’era anche il fatto che un piccolo paese italiano, nei primi anni ottanta, era ancora feroce: aveva le rapine e l’eroina e gli incidenti in motorino, tutti senza casco, tutti in coma, e i lavori erano veri, tutti di merda"
I giochi "In un simile contesto, il gioco di ruolo sarebbe poi giunto come il salto di paradigma definitivo: fatteli da solo, gli immaginari; fatteli come vuoi, fatteli con chi vuoi, fattene infiniti."
E leggendo rotolano gli anni "Là dove non c’è niente,
non c’è neanche potere... E la libera associazione sotto regole
condivise, nel vuoto perde o acquista in valore?"
"Ora è nuovamente un monumento al niente, proiettato
verso un’epoca in cui il passato sarà così passato da schiacciarsi,
con buona pace dei nonni partigiani: gli anni trenta, gli
ottanta, arriverà a dire qualcuno, qual era, poi, la differenza?
In entrambi c’era qualcosa, e ora non c’è niente..."
"Serviva gente disposta a fare un atto di fede, ad apprendere regole che sembravano sempre troppe e troppo esoteriche"
Ho fretta di farvi conoscere queste frasi che riporto dal libro, ho fretta di tornare alla lettura per giocare con quei bimbi, con quel tempo. Le medie Boccaccio, i calzini usati nello spogliatoio al Notturni, i librigame, il negozio Stratagemma e le canzonature per gli occhiali. Ah gli occhiali! Agli occhiali che portavo dall'età di undici anni ho dato tutte le colpe possibili di quello che non mi succedeva.
W le mappe, dunque.
"Come spiegare a una ragazza cosa sono i giochi di ruolo? Meglio glissare.Ma prima o poi, se la frequentazione diventa assidua, se ne dovrà render conto.
... E quindi cos'è che fai con i tuoi amici..?
Niente... Un gioco di ruolo, nulla di che.
Ma, quelle robe con i pupazzetti?
Subito alzare le mani, fare la faccia offesa: NO, figurati (dico, ma scherzi?).
E da lì, se proprio ci si trova con le spalle al muro: Si tratta di una specie di teatro...
Ah, bello..."
Gustare questo libro sarà un piacere per gli occhi e per la lingua, sono impaziente di tornare al mio gioco di ruolo, al mio gioco da tavolo, al gioco bellissimo che si chiama bella scrittura.
Vi do la mappa, poi fate voi, e vi troverete nell'area specifica delle vertigini. Evviva.
" Se la parola crea il mondo, la mappa circoscrive il possibile, l’area specifica delle vertigini: ogni bosco può nascondere una strega, ogni villaggio adoratori del demonio, ogni pozzo, grotta o tomba un dungeon, ma non vi saranno streghe fuor dai boschi, sette là dove non ci sono villaggi, dungeon sulla terra sgombra e compatta..."
Ippolita Luzzo
sabato 18 marzo 2017
Sebastiano Lo Monaco nelL'Ulisse
Tromba, sassofono, tamburo, orchestra, l’orchestra Sax in Progress dal Conservatorio Perosi di Campobasso, con Ulisse al teatro stamattina per le scuole. W le scuole che aderiscono a progetti di teatro e permettono ai loro allievi di seguire spettacoli così interessanti. W gli organizzatori che invitano le scuole e fanno seguire allo spettacolo serale una replica mattutina. Un evviva agli attori, ai musicisti, ai tecnici e a chi permette che sempre si avveri la magia del teatro. E in ultimo per esser primo W Sebastiano Lo Monaco nel suo continuo amare il teatro nel continuo raccontare il nostro testo mediterraneo.
Non ho preso appunti e quindi vado a memoria raccogliendo i momenti sulla scena dove approda una barca con un uomo lacero, stanco, approda su un'isola, Itaca, e sa di essere infine ritornato a casa, dopo quel viaggio durato venti anni. Il viaggio della guerra di Troia, più e più volte raccontato nel nostro vissuto da sentirlo ora il racconto nostro, nella memoria dell'Odissea, diretta da Franco Rosi e Mario Bava e interpretato da Bekim Fehmiu, nello sceneggiato televisivo del 1968 che io ho usato a scuola negli anni ottanta.
Qui il testo è di Valerio Massimo Manfredi, un testo quindi più vicino nel tempo eppure sempre aderente a quello che Omero cantò. Elena, Penelope, Athena, Achille, Menelao, il riassunto sarebbe superfluo. Con una musica scritta appositamente per lo spettacolo irrompono spesso gli strumenti ad accompagnare la guerra e la morte ed insieme i momenti più vanesi, l'arrivo dei Proci in festa.
Una orchestra che ha permesso la danza, il gioco, il sorridente e amabile fruire di momenti ilari, come se amando molto poi si rida per amare di più. Ed infatti abbiamo riso malgrado i momenti di grande dolore, malgrado le riflessioni su quanto sia insensata la guerra, su quanto sia terribile sapere di non poter più ritornare, su quanta malinconia opprima l'uomo nel saperlo. Eppure malgrado si sappia che morte sarà, malgrado Achille sappia, malgrado si sappia, ci deve essere qualcosa di più grande della stessa insensatezza e fa agire gli uomini in nome dell'onore, dell'amicizia, della dignità, dell'attesa, dell'amore.
Applausi
Ippolita Luzzo
Non ho preso appunti e quindi vado a memoria raccogliendo i momenti sulla scena dove approda una barca con un uomo lacero, stanco, approda su un'isola, Itaca, e sa di essere infine ritornato a casa, dopo quel viaggio durato venti anni. Il viaggio della guerra di Troia, più e più volte raccontato nel nostro vissuto da sentirlo ora il racconto nostro, nella memoria dell'Odissea, diretta da Franco Rosi e Mario Bava e interpretato da Bekim Fehmiu, nello sceneggiato televisivo del 1968 che io ho usato a scuola negli anni ottanta.
Qui il testo è di Valerio Massimo Manfredi, un testo quindi più vicino nel tempo eppure sempre aderente a quello che Omero cantò. Elena, Penelope, Athena, Achille, Menelao, il riassunto sarebbe superfluo. Con una musica scritta appositamente per lo spettacolo irrompono spesso gli strumenti ad accompagnare la guerra e la morte ed insieme i momenti più vanesi, l'arrivo dei Proci in festa.
Una orchestra che ha permesso la danza, il gioco, il sorridente e amabile fruire di momenti ilari, come se amando molto poi si rida per amare di più. Ed infatti abbiamo riso malgrado i momenti di grande dolore, malgrado le riflessioni su quanto sia insensata la guerra, su quanto sia terribile sapere di non poter più ritornare, su quanta malinconia opprima l'uomo nel saperlo. Eppure malgrado si sappia che morte sarà, malgrado Achille sappia, malgrado si sappia, ci deve essere qualcosa di più grande della stessa insensatezza e fa agire gli uomini in nome dell'onore, dell'amicizia, della dignità, dell'attesa, dell'amore.
Applausi
Ippolita Luzzo
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