Open day a scuola ieri pomeriggio.
Inno alla gioia, l'adattamento dell'ultimo movimento della Nona Sinfonia di Beethoven, adottato dal Consiglio d'Europa nel 1972 come inno ufficiale dell'Unione europea, viene suonato dalla orchestra degli alunni dell'istituto comprensivo Ardito-Don Bosco in accoglienza al libro Tante donne di Vittoria De Marco Veneziano, di seguito canta alcune canzoni il coro dell'Istituto comprensivo Manzoni-Augruso, iniziando con "Quelle che le donne non dicono" di Fiorella Mannoia, scritta da Enrico Ruggeri e da Luigi Schiavone, e tutta la presentazione del libro finisce sulle note della marcia di Radetzky,
una marcia militare, opera di Johann Strauss padre, composta in onore del maresciallo Josef Radetzky per celebrare la riconquista austriaca di Milano dopo i moti rivoluzionari in Italia del 1848. Una marcia che ha perso però il significato di sconfitta di un anelito liberale dell'Europa ed è diventata il saluto finale di ogni concerto a Capodanno.
Musica quindi nella sala dell'Istituto Tecnico Economico "Valentino De Fazio" insieme alle letture dei brani del libro.
Martina e Benedetta hanno letto la storia di Artemisia Gentileschi e quella delle gelsominaie di Milazzo, una storia di stupro e violenza la prima, una storia di violenza e lavoro la seconda.
Un libro dalla copertina rosa magenta dedicato a tante figure di donne che hanno messo a frutto il loro talento o che sono state perseguitate, costrette a piegarsi agli eventi come la triste storia di Mariannina Coffa, eppure donne sempre in grado di vincere ogni limite come Simona Atzori.
Un inno al libro, ai tanti libri letti, all'amore per la lettura, perché Libro è sinonimo di conoscenza e di emancipazione ci ha ricordato Vittoria mostrandoci fotografie delle donne da lei scelte, tutte con un libro in mano.
E nell'applauso che verrà fatto a chiunque sia meritevole mi piace chiudere con le parole della dirigente Simona Blandino, un invito ad andare oltre l'invidia, ad ammirare chi sa, a voler riconoscere il valore dello studio e della preparazione ed essere felici del talento in possesso delle donne e degli uomini. In grande serenità.
Alleluia.
"Insisti, persisti, raggiungi e conquista" con le parole della mamma tedesca di Vittoria De Marco Veneziano iniziano gli incontri nella settimana dell'Open day a Lamezia Terme
Ippolita Luzzo
domenica 22 gennaio 2017
Il Banchetto di Nozze in Carmine Abate
Siamo all'Istituto Tecnico Economico "Valentino De Fazio" per l'incontro con Carmine Abate, scrittore di origine arbereshe che presenterà il suo ultimo libro Il Banchetto di Nozze.
Scopriamo per pura coincidenza che anche la Dirigente è di origine arbereshe, precisamente di Pallagorio, paese a cui io sono legata come prima esperienza lavorativa nella scuola. Scopro ora con mia sorpresa che anche Robert De Niro è arbereshe. Incontro dunque affettuoso, la Dirigente, anche se aveva più volte detto che sarebbe andata via per un altro impegno, è rimasta fino alla fine ed una alunna, Fera Domenica, grande lettrice di Abate, era seduta beata accanto all'autore. Presenta il libro la professoressa Liliana Piricò. Nella conversazione con Carmine Abate una parola emerge: "La rabbia". La rabbia costruttiva che deve trovare un canale di comunicazione, sia con la letteratura oppure con altro, la rabbia contro l'ingiustizia e contro un modello lavorativo, allora come oggi, distorto. Anche Abate scrisse per rabbia vedendo il lavoro del suo papà, emigrato in Germania.La rabbia, dice la Dirigente, deve trovare il canale per essere magica vera importante. Dobbiamo dare un senso ai sacrifici dei nostri nonni che lavorarono duramente per permettere ai figli di studiare.
Io dai miei appunti leggo uno studio di Karol Karp dell'Università Niccolò Copernico, Torùn, Polonia.
Si prende in considerazione tutto il corpus dell'autore nelle tre dimensioni per concentrarsi sulla lingua, l'immagine della Germania e l'immagine dell'Albania
Terzo convegno internazionale Studia Romanistica Beliana
Letteratura italiana dell'immigrazione, dice Karol Karp
E ricordo che
"Carmine Abate è nato a Carfizzi ed è proprio a Carfizzi, che nasce il primo Parco Letterario dedicato a lui, ad uno scrittore vivente.
Ci sarà una sede centrale in una vecchia casa signorile, già Centro Sociale. Accoglierà tutte le varie edizioni dei libri di Abate in cui è contenuta la storia del paese, dalla sua fondazione per opera di profughi albanesi, alla fine del Quattrocento, fino ai giorni nostri, passando dalle occupazioni delle terre all'emigrazione.
Saranno compresi nel Parco Letterario i luoghi più importanti e simbolici e in ogni luogo sarà presente una targa di metallo con una frase dell’autore che lo riguarda.
La prima reazione di Abate, quando ha ricevuto la notizia del Parco Letterario a lui dedicato, è stata di stupore." Ora invita i ragazzi ad andare a visitare quei luoghi descritti nei suoi romanzi.
Riproponendo un pezzo su Carmine Abate chiudo il mio intervento
Vivere per addizione al tempo del Banchetto di nozze
Seguiamo l’epopea di un popolo, nel Ballo tondo e nelLa moto di Scanderbeg, ritmata dal tamburello e fisarmonica del gruppo arbëreshe di Anna Stratigò.
Voliamo sul mare insieme all’aquila bicefala che portò sui nostri monti calabri gli albanesi in fuga dalla loro terra,
la fuga personale di Carmine Abate che insieme al padre, al nonno,
continua attraverso mari e continenti, dall’Albania in Italia, e poi in America, in Germania, in Trentino, andata e ritorno mille e mille volte su tornanti da stringistomaco…
Una vita di addizioni, di aggiunte, con sapori, lingua e quartieri da esplorare.
Una vita da emigrante
Da migrante con una valigia di cartone, con la laurea in lettere, con ostinazione e conservazione.
Abate ha fatto il salto, ha scoperto il cerchio magico che tutto racchiude e racconta l’epopea della famiglia Arcuri, racconta La collina nel vento di Rossarco.
Resistere resistere resistere…
Col colore oro del pomo trentino, frutto non frutto, liscio e tondo, la sfera che rotola sul piano inclinato di terre e di mari, Carmine Abate assaggia l’indifferenza, il freddo e insieme il rispetto, la dignità di essere un uomo che… dovunque vada sarà per tutti un altro da loro.
Per i calabresi è un germanese, per i trentini un calabrese, per i tedeschi altro ancora
Un abitante la terra di mezzo.
Una dieresi, due punti che indicano una separazione nello stesso segno grafico
Chi resta e chi va via
Insieme
Andiamo tutti con Tolkien nella terra di mezzo, nel luogo non piatto del vissuto fra individui che articolano suoni e fonemi su chitarre sbilenche e corrose dal tempo
Andiamo tutti a suonare ancora il canto errante del Pastore alla luna perlacea dei tempi che sono.
La terra di mezzo esiste- disse Tolkien
Io abito la terra di mezzo- Carmine Abate
E tutti noi abitanti nel mezzo, migranti aiutati dal dono del dire, del raccontare,
Fra un mare sporco e un cielo inquinato vogliamo credere che esista un luogo, perché lo creiamo in quell’istante, un luogo di mezzo che ci ospiterà nel continuo vagare. Il nostro quartiere, la casa, la scuola, il paese, la chiesa, un film, una canzone.
Metà per metà … una moltiplicazione
Altro che addizione!
Un bene immenso da farne divisione…
Dopo tanta sottrazione
Ippolita Luzzo
sabato 21 gennaio 2017
Le magnifiche sorti e progressive
Abituati ai film, alle fiction, ai videogame, ai giochi sul computer, prendiamo per vero ciò che vediamo sullo schermo e applichiamo alla realtà la stessa onnipotenza dell'uomo attore, del robot che muoviamo con un click, con una freccia, destra sinistra e olé.
Tutto facile, tutto semplice.
Abituati ad un pensiero semplice e privo di connessioni conosciamo, pensiamo di conoscere, il sì o il no, il buono o cattivo, e con la stessa caparbietà esaltiamo e condanniamo fenomeni e istituzioni, confondendo Stato con stato, soccorritori con volontari, e donando subito la patente di superman oppure di inadatti e incapaci a chiunque non soddisfi il nostro immaginario di super potenza.
Abituati a vederci come i dominatori del mondo e non come canne al vento...
Sempre attuali sono le riflessioni di chi invita a ripensare sul ruolo dell'uomo nella natura, sulla natura potente che tutto involve, come il tempo, sul nostro essere niente.
Riflessioni già fatte al tempo dell'Illuminismo, riflessioni da fare sempre, anche ora che siamo sempre più in balia di un immaginario di superpotenza e poi basta una valanga, un pugno di neve e siamo sepolti.
Basta una scossa, un fremito e siamo già ignudi, senza tetto, senza luce. Basta un mare in tempesta e giù dai barconi cadono i corpi, annegati.
Un niente della natura può lasciarci inermi, scriveva Leopardi, a chi si inorgogliva dei progressi del secolo. Un niente. Siamo quindi sempre in balia degli eventi, siamo sempre ospiti su questa terra, e se lo ricorderemo saremo più attenti. Almeno ce lo auguriamo
Da Leopardi.
La Ginestra
Dipinte in queste rive
son dell’umana gente
le magnifiche sorti e progressive. (cit. daTerenzio Mamiani, cugino di Leopardi)
Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti
abbandonasti, e vòlti addietro i passi,
del ritornar ti vanti,
e procedere il chiami.
In fotografia Rigopiano sotto la valanga
Tutto facile, tutto semplice.
Abituati ad un pensiero semplice e privo di connessioni conosciamo, pensiamo di conoscere, il sì o il no, il buono o cattivo, e con la stessa caparbietà esaltiamo e condanniamo fenomeni e istituzioni, confondendo Stato con stato, soccorritori con volontari, e donando subito la patente di superman oppure di inadatti e incapaci a chiunque non soddisfi il nostro immaginario di super potenza.
Abituati a vederci come i dominatori del mondo e non come canne al vento...
Sempre attuali sono le riflessioni di chi invita a ripensare sul ruolo dell'uomo nella natura, sulla natura potente che tutto involve, come il tempo, sul nostro essere niente.
Riflessioni già fatte al tempo dell'Illuminismo, riflessioni da fare sempre, anche ora che siamo sempre più in balia di un immaginario di superpotenza e poi basta una valanga, un pugno di neve e siamo sepolti.
Basta una scossa, un fremito e siamo già ignudi, senza tetto, senza luce. Basta un mare in tempesta e giù dai barconi cadono i corpi, annegati.
Un niente della natura può lasciarci inermi, scriveva Leopardi, a chi si inorgogliva dei progressi del secolo. Un niente. Siamo quindi sempre in balia degli eventi, siamo sempre ospiti su questa terra, e se lo ricorderemo saremo più attenti. Almeno ce lo auguriamo
Da Leopardi.
La Ginestra
Dipinte in queste rive
son dell’umana gente
le magnifiche sorti e progressive. (cit. daTerenzio Mamiani, cugino di Leopardi)
Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti
abbandonasti, e vòlti addietro i passi,
del ritornar ti vanti,
e procedere il chiami.
In fotografia Rigopiano sotto la valanga
mercoledì 18 gennaio 2017
Il bicchiere mezzo pieno. Storie di Calabria
"In Calabria esiste, soprattutto nei piccoli paesi il rimpianto nostalgico del passato. Oh com'era bella Cinquefrondi! e Taurianova? Taurianova era una piccola Parigi" racconta questa sera all'Uniter Nicola Fiorita facendo a me ricordare Argiroffi e Le azzurre sorgenti dell'Acheronte.
Manca in Calabria chi la racconti nel presente con lo stesso gusto di trovar il bello, il piacevole, la possibilità che ancora si possa essere felici qui, malgrado le brutture che la cronaca ci rimanda. Manca una narrazione della Calabria. ed è ciò che hanno tentato Nicola Fiorita e Giancarlo Rafaele, i due autori di Il bicchiere mezzo pieno, una sfida quasi di risposta ad una affermazione di un curatore della Collana Laterza Contromano che dal 2004 segue un percorso di geografia narrativa.
Un libro per i calabresi sulla Calabria non avrà lettori, era stato ciò che si erano sentiti rispondere, perché in Calabria si legge pochissimo. Anche vera come argomentazione, ma i due autori hanno pensato di trovare una casa editrice del sud, Sabbiarossa, e proporre storie sconosciute di calabresi che vogliono essere felici qui, in questi terra.
Così la storia del bergamotto ad Amendolea nasce dal passaggio occasionale di un amministratore delegato inglese che si innamora di un agriturismo, "Il bergamotto", così altre storie di Melito Porto Salvo, di Serrastretta, di Cirò e del vino curato e prodotto con i vitigni autoctoni. Vino ora fra i 20 vini del futuro secondo il New York Times. Ripenso sempre ai tanti vigneti estirpati ogni qual volta si parla di vino. Ma stasera Nicola Fiorita ci parla di piccole economie, in un immaginario nazionale dove la Calabria viene vista come un luogo terribile in cui non si riesca a trovare un calabrese buono e felice. Lui vuole sfatare questo immaginario e noi con lui quasi quasi ci crediamo, come nel film "Il fondamentalista riluttante", la storia di un professore pachistano che da Princeton torna in Pakistan stanco dei sospetti e dei pregiudizi contro i pakistani. Un sogno collettivo ci offre Nicola Fiorita, il sogno di credere possibile il movimento e sentendosi lui non un rivoluzionario bensì un agit- prop, vorrebbe agitarsi perché sia migliore lo stare qui, in Calabria.
Manca in Calabria chi la racconti nel presente con lo stesso gusto di trovar il bello, il piacevole, la possibilità che ancora si possa essere felici qui, malgrado le brutture che la cronaca ci rimanda. Manca una narrazione della Calabria. ed è ciò che hanno tentato Nicola Fiorita e Giancarlo Rafaele, i due autori di Il bicchiere mezzo pieno, una sfida quasi di risposta ad una affermazione di un curatore della Collana Laterza Contromano che dal 2004 segue un percorso di geografia narrativa.
Un libro per i calabresi sulla Calabria non avrà lettori, era stato ciò che si erano sentiti rispondere, perché in Calabria si legge pochissimo. Anche vera come argomentazione, ma i due autori hanno pensato di trovare una casa editrice del sud, Sabbiarossa, e proporre storie sconosciute di calabresi che vogliono essere felici qui, in questi terra.
Così la storia del bergamotto ad Amendolea nasce dal passaggio occasionale di un amministratore delegato inglese che si innamora di un agriturismo, "Il bergamotto", così altre storie di Melito Porto Salvo, di Serrastretta, di Cirò e del vino curato e prodotto con i vitigni autoctoni. Vino ora fra i 20 vini del futuro secondo il New York Times. Ripenso sempre ai tanti vigneti estirpati ogni qual volta si parla di vino. Ma stasera Nicola Fiorita ci parla di piccole economie, in un immaginario nazionale dove la Calabria viene vista come un luogo terribile in cui non si riesca a trovare un calabrese buono e felice. Lui vuole sfatare questo immaginario e noi con lui quasi quasi ci crediamo, come nel film "Il fondamentalista riluttante", la storia di un professore pachistano che da Princeton torna in Pakistan stanco dei sospetti e dei pregiudizi contro i pakistani. Un sogno collettivo ci offre Nicola Fiorita, il sogno di credere possibile il movimento e sentendosi lui non un rivoluzionario bensì un agit- prop, vorrebbe agitarsi perché sia migliore lo stare qui, in Calabria.
Per Amatrice
Cade anche il Campanile tutti giù per terra
Blogger per Amatrice
Blogger per Amatrice al freddo e al gelo
Blogger per caso
Tu scendi dalle stelle alla maniera del nostro giorno “E vivere in Abruzzo/al freddo e al gelo
Il pezzo su cosa possano fare i blogger
Scrivo su un blog che a giugno compirà 5 anni, un diario è un blog, una finestra sui giornali, sui libri, su qualsiasi cosa possa interessare.
Prendo in prestito l’immagine di Amatrice, la struttura sanitaria crollata sotto il peso della neve, il campanile, per il nostro presepe, per la realtà che viene seppellita da carte e burocrazia. Ricordiamolo, da blogger. Nella disfatta di stare a guardare terremoti e disastri, nell'impotenza di poter operare se non con un solo click. Senza tetto
Ippolita Luzzo
Blogger per Amatrice
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Blogger per caso
Tu scendi dalle stelle alla maniera del nostro giorno “E vivere in Abruzzo/al freddo e al gelo
Il pezzo su cosa possano fare i blogger
Scrivo su un blog che a giugno compirà 5 anni, un diario è un blog, una finestra sui giornali, sui libri, su qualsiasi cosa possa interessare.
Prendo in prestito l’immagine di Amatrice, la struttura sanitaria crollata sotto il peso della neve, il campanile, per il nostro presepe, per la realtà che viene seppellita da carte e burocrazia. Ricordiamolo, da blogger. Nella disfatta di stare a guardare terremoti e disastri, nell'impotenza di poter operare se non con un solo click. Senza tetto
Ippolita Luzzo
domenica 15 gennaio 2017
Niccolò Spirito di Sara Di Furia
Questo libro serve a mettere fine ad una maledizione, dice l'autrice Sara Di Furia in una intervista che mi sono appena ascoltata, in merito al libro nel libro, il libro che sarà scritto dal protagonista Niccolò Spirito, per scacciare una antica maledizione risalente al tempo delle Crociate. Un Paranormal Fantasy inserito in un definito periodo storico, nel 1793, a Venezia, e l'autrice rispetta i luoghi, le piazze, i personaggi di quel tempo.
Niccolò Spirito, primo fantasy che leggo, mi è venuto incontro alla fiera del libro a Roma, Più Libri più Liberi. Giorni fantasy per me. Fantastici.
Leggo quindi il libro amando quei giorni a Roma, gli incontri, le fotografie, le sintonie. Una fiera di conoscenze fra simili. Il mondo fantastico della piccola e media editoria indipendente. Astro del sol... ci verrebbe da cantare con tutti, mentre io mi fermo agli stand ed inneggio felice al mondo della lettura. Nel libro di Sara Di Furia la stessa passione è presente.
La voce narrante è una penna, la penna di Niccolò, questo nobile veneziano che sarà l'artefice di uno svelamento attraverso la lettura. Ed è tutto un inno alla lettura questo libro che inizia con l'incontro con Beatrice, mentre costei legge Les Femmes Savants di Molière
"mentre il buio avvolgeva, con le sue braccia stanche, i tetti dei palazzi"
e ritorniamo al motivo per cui maledizione fu gettata sugli Spirito
"lo stemma di famiglia Due spade si intersecavano a formare una
croce, facendo scaturire tre onde stilizzate del mare. Lo stemma
aveva origini molto antiche. Fu coniato durante la crociata del
1202 quando l’antenato della famiglia Spirito salpò, senza fare
mai ritorno, verso Gerusalemme, in difesa del cristianesimo. Il
padre di Niccolò amava raccontare di come quei tempi fossero
densi di moralità cristiana tradotta in atti concreti di eroismo,
in contrasto evidente con l’epoca frivola, superficiale e solo in
apparenza morale, a cui invece loro erano stati destinati. Niccolò però conosceva bene il paradosso dell’esperienza vissuta dal suo antenato e il peso che, a distanza di secoli, aveva ancora sulla sua famiglia. La crociata dei veneziani era passata alla storia come la più vergognosa per il mondo cattolico, poiché si trattò di una guerra fratricida. Il doge veneziano Enrico Dandolo infatti, essendo a conoscenza delle difficoltà logistiche della Chiesa nell'organizzare una nuova spedizione, offrì gratuitamente ai “soldati di Dio” le proprie navi, a patto che prima di arrivare a Gerusalemme si sbarcasse nella cristiana Costantinopoli. Lo scopo era in realtà la conquista della città ottenendo così il monopolio dei traffici con il Levante. Sangue versato per il vile denaro.
La liberazione di Gerusalemme dagli infedeli divenne allora un
fine accessorio. Si trattò di un ricatto conclusosi con la strage di
fratelli nella fede e che macchiò indelebilmente con una maledizione tutti coloro che vi parteciparono. La leggenda nera infatti, racconta che per aver sparso sangue innocente, i discendenti dei crociati non avrebbero vissuto oltre i cinquant'anni, schiacciati e logorati da un morbo invisibile, e che tutto sarebbe proseguito fino a quando anche un solo uomo avesse ridato il giusto peso ai valori cristiani."
Un libro scritto da chi ama la storia ed insieme l'immaginazione, da chi vive nella storia rispettandone i passaggi ed insieme ama la letteratura, riconoscendo alla scrittura, al potere del racconto, la salvezza.
Riuscirà la penna a sconfiggere la maledizione?
Niccolò Spirito, primo fantasy che leggo, mi è venuto incontro alla fiera del libro a Roma, Più Libri più Liberi. Giorni fantasy per me. Fantastici.
Leggo quindi il libro amando quei giorni a Roma, gli incontri, le fotografie, le sintonie. Una fiera di conoscenze fra simili. Il mondo fantastico della piccola e media editoria indipendente. Astro del sol... ci verrebbe da cantare con tutti, mentre io mi fermo agli stand ed inneggio felice al mondo della lettura. Nel libro di Sara Di Furia la stessa passione è presente.
La voce narrante è una penna, la penna di Niccolò, questo nobile veneziano che sarà l'artefice di uno svelamento attraverso la lettura. Ed è tutto un inno alla lettura questo libro che inizia con l'incontro con Beatrice, mentre costei legge Les Femmes Savants di Molière
"mentre il buio avvolgeva, con le sue braccia stanche, i tetti dei palazzi"
e ritorniamo al motivo per cui maledizione fu gettata sugli Spirito
"lo stemma di famiglia Due spade si intersecavano a formare una
croce, facendo scaturire tre onde stilizzate del mare. Lo stemma
aveva origini molto antiche. Fu coniato durante la crociata del
1202 quando l’antenato della famiglia Spirito salpò, senza fare
mai ritorno, verso Gerusalemme, in difesa del cristianesimo. Il
padre di Niccolò amava raccontare di come quei tempi fossero
densi di moralità cristiana tradotta in atti concreti di eroismo,
in contrasto evidente con l’epoca frivola, superficiale e solo in
apparenza morale, a cui invece loro erano stati destinati. Niccolò però conosceva bene il paradosso dell’esperienza vissuta dal suo antenato e il peso che, a distanza di secoli, aveva ancora sulla sua famiglia. La crociata dei veneziani era passata alla storia come la più vergognosa per il mondo cattolico, poiché si trattò di una guerra fratricida. Il doge veneziano Enrico Dandolo infatti, essendo a conoscenza delle difficoltà logistiche della Chiesa nell'organizzare una nuova spedizione, offrì gratuitamente ai “soldati di Dio” le proprie navi, a patto che prima di arrivare a Gerusalemme si sbarcasse nella cristiana Costantinopoli. Lo scopo era in realtà la conquista della città ottenendo così il monopolio dei traffici con il Levante. Sangue versato per il vile denaro.
La liberazione di Gerusalemme dagli infedeli divenne allora un
fine accessorio. Si trattò di un ricatto conclusosi con la strage di
fratelli nella fede e che macchiò indelebilmente con una maledizione tutti coloro che vi parteciparono. La leggenda nera infatti, racconta che per aver sparso sangue innocente, i discendenti dei crociati non avrebbero vissuto oltre i cinquant'anni, schiacciati e logorati da un morbo invisibile, e che tutto sarebbe proseguito fino a quando anche un solo uomo avesse ridato il giusto peso ai valori cristiani."
Un libro scritto da chi ama la storia ed insieme l'immaginazione, da chi vive nella storia rispettandone i passaggi ed insieme ama la letteratura, riconoscendo alla scrittura, al potere del racconto, la salvezza.
Riuscirà la penna a sconfiggere la maledizione?
venerdì 13 gennaio 2017
Irlanda e Scozia da Paginauno
Leggo "Il regalo di Nessus" di William McIlvanney, uno dei maggiori scrittori scozzesi. Sul mito di Eracle e Deianira, sua moglie, sappiamo di quella tunica, regalo di Nessus, che Eracle indossò lacerandosi tutto il corpo per strapparsela di dosso. Cameron e la sua tunica.
"La storia di un rapporto è un po' come la storia di una società.Inizialmente è piuttosto disorganizzata.Ferisci l'altro in modo discontinuo. Ma con il tempo ogni cosa diventa classificabile e centralizzata. La specializzazione prende piede."
Edizioni Paginauno nella collana Il Bosco di Latte, nei tascabili, propone due autori irlandesi, racconti brevi. Frank O’ Connor e Liam O’Flaherty, due scrittori, entrambi del segno zodiacale della vergine, entrambi quindi con una scrittura attenta alle sfumature, ai dettagli. Due scrittori del secolo scorso, due scrittori civili, attenti alla storia del loro paese, alle rivendicazioni di autonomia, alle lotte di un popolo per conquistare dignità e riconoscimento sia umano che politico.
La storia dell’Irlanda nei quattro racconti di “Ospiti della nazione” di Frank O’ Connor diventa una storia individuale, si insinua nei rapporti coniugali e familiari e confonde i ruoli, portando alla rovina situazioni già al limite. Nel racconto “La moglie di Jumbo” fra delatori e combattenti, fra violenze coniugali e ordine costituito, la moglie di Jumbo, una donna malmenata e umiliata, mostra una lettera giunta al marito ad un uomo che sta combattendo in clandestinità. L’uomo quindi viene a sapere che Jumbo è una spia. “Ognuno di noi non sa che effetto avranno le nostre azioni” questa frase di Pomilio mi sta nella testa per tutta la durata della lettura di questo racconto che vi fermerà a considerare quanto le nostre azioni vadano al di là del fine per cui avvennero.
Resterete a guardare la casa del racconto “Le sorelle” e chissà quanti rapporti di dipendenza e solitudine vi si riaffacceranno nella memoria visiva della vostra lettura!Una folla di uomini e donne chiusi nelle stanze dei rapporti, dipendenti gli uni degli altri, come “Le sorelle“.
Il racconto che ho amato di più sta nel libro di Liam O’ Flaherty “Il cecchino”. “Il re di Inishcam”. Leggetelo e mi direte uguale. Io l’ho letto accatto al caminetto, a casa dei miei genitori, e l’isoletta di Inishcam, separata dalla terraferma era in quel momento il regno della Litweb, quel luogo non istituzionale, lontano da quel mondo dove per scrivere bisognerebbe essere accreditati. Nell’isola l’industria principale è la distillazione illegale di whiskey. C’è un re in quest’isola, io mi sono subito sentita chiamata in causa, perché “Se un uomo viene chiamato “re” anche se solo per scherzo, nel corso del tempo acquisisce atteggiamenti regali.” Un duello fra due individui che indossano ruoli contrapposti eppure capaci di stimare uno l’operato dell’altro. Mentre la guerra imbratta di sangue e sciupa la vita di soldati e civili, questo racconto sembra appartenere ad un immaginario luogo in cui possano le azioni umane rimettere le cose a posto.
Negli altri racconti “La guerra civile”, “Il cecchino” le armi, fanno fuoco mirando alla testa le paure e le attese di ogni soldato. In “Verso l’esilio” sarà un’altra la morte che si affronterà, il distacco, la partenza dei figli. Una mamma dovrà morire in quell’attimo in cui tutto si compie e loro van via. “Pazienza” questa pazienza che ci fa sembrare vivi da morti, questa pazienza che sento svanire in me con un moto di ribellione e che mi viene regalata ora da letture così interessanti , così curate da indurmi a consigliarle a chi mi leggerà.
Ippolita Luzzo
"La storia di un rapporto è un po' come la storia di una società.Inizialmente è piuttosto disorganizzata.Ferisci l'altro in modo discontinuo. Ma con il tempo ogni cosa diventa classificabile e centralizzata. La specializzazione prende piede."
Edizioni Paginauno nella collana Il Bosco di Latte, nei tascabili, propone due autori irlandesi, racconti brevi. Frank O’ Connor e Liam O’Flaherty, due scrittori, entrambi del segno zodiacale della vergine, entrambi quindi con una scrittura attenta alle sfumature, ai dettagli. Due scrittori del secolo scorso, due scrittori civili, attenti alla storia del loro paese, alle rivendicazioni di autonomia, alle lotte di un popolo per conquistare dignità e riconoscimento sia umano che politico.
La storia dell’Irlanda nei quattro racconti di “Ospiti della nazione” di Frank O’ Connor diventa una storia individuale, si insinua nei rapporti coniugali e familiari e confonde i ruoli, portando alla rovina situazioni già al limite. Nel racconto “La moglie di Jumbo” fra delatori e combattenti, fra violenze coniugali e ordine costituito, la moglie di Jumbo, una donna malmenata e umiliata, mostra una lettera giunta al marito ad un uomo che sta combattendo in clandestinità. L’uomo quindi viene a sapere che Jumbo è una spia. “Ognuno di noi non sa che effetto avranno le nostre azioni” questa frase di Pomilio mi sta nella testa per tutta la durata della lettura di questo racconto che vi fermerà a considerare quanto le nostre azioni vadano al di là del fine per cui avvennero.
Resterete a guardare la casa del racconto “Le sorelle” e chissà quanti rapporti di dipendenza e solitudine vi si riaffacceranno nella memoria visiva della vostra lettura!Una folla di uomini e donne chiusi nelle stanze dei rapporti, dipendenti gli uni degli altri, come “Le sorelle“.
Il racconto che ho amato di più sta nel libro di Liam O’ Flaherty “Il cecchino”. “Il re di Inishcam”. Leggetelo e mi direte uguale. Io l’ho letto accatto al caminetto, a casa dei miei genitori, e l’isoletta di Inishcam, separata dalla terraferma era in quel momento il regno della Litweb, quel luogo non istituzionale, lontano da quel mondo dove per scrivere bisognerebbe essere accreditati. Nell’isola l’industria principale è la distillazione illegale di whiskey. C’è un re in quest’isola, io mi sono subito sentita chiamata in causa, perché “Se un uomo viene chiamato “re” anche se solo per scherzo, nel corso del tempo acquisisce atteggiamenti regali.” Un duello fra due individui che indossano ruoli contrapposti eppure capaci di stimare uno l’operato dell’altro. Mentre la guerra imbratta di sangue e sciupa la vita di soldati e civili, questo racconto sembra appartenere ad un immaginario luogo in cui possano le azioni umane rimettere le cose a posto.
Negli altri racconti “La guerra civile”, “Il cecchino” le armi, fanno fuoco mirando alla testa le paure e le attese di ogni soldato. In “Verso l’esilio” sarà un’altra la morte che si affronterà, il distacco, la partenza dei figli. Una mamma dovrà morire in quell’attimo in cui tutto si compie e loro van via. “Pazienza” questa pazienza che ci fa sembrare vivi da morti, questa pazienza che sento svanire in me con un moto di ribellione e che mi viene regalata ora da letture così interessanti , così curate da indurmi a consigliarle a chi mi leggerà.
Ippolita Luzzo
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