Leggo e rileggo, la prima volta e la seconda volta, mi fermo e comincio a portarmi in testa Mario, che ora mi sembra abbia le sembianze di un compagno di classe. ora di un compagno di strada. Un compagno, certo di pensieri più o meno condivisi, un coetaneo. Un amico che non avrei frequentato ma che lo scrittore ci porge con tanta attenzione da far perdonare ogni difetto. Il libro perdona ogni cosa, e sono tanti i personaggi che noi amiamo senza per questo poter prenderli ad esempio. Un vinto, Mario, Un vinto che vince, però solo alle carte.
Il libro Carte scoperte di Walter Pozzi riflette con noi sugli anni che vanno dal 1998 al 2003, cinque anni deludenti, nel senso del de-ludere, prendersi gioco, cinque anni di completo sfarinamento dei principi in cui ognuno di noi aveva creduto e si era accapigliato, sia in politica che nel mondo intimo degli affetti.
Chi aveva creduto in una opposizione, ora che sembrava possibile andare al governo, si accorgeva che quella opposizione si era trasformata in altro, e aveva indossato, da lupo, la pelle del custode delle pecore, come la fiaba di Esopo, per ingannare i votanti.
Ecco la fiaba "Un lupo che non aveva avuto molta fortuna nell'andare a caccia di pecore e che non mangiava da parecchi giorni, studiò un'astuta soluzione per riempirsi la pancia. Si avvicinò piano piano ad un gregge mentre il pastore e il cane dormivano e, impadronitosi del mantello, del cappello e del bastone del pastore, si rivestì con quegli indumenti così da poter essere scambiato per il vero pastore e condurre con sé le pecore per mangiarle poi un po' alla volta. "Bene, bene" diceva "è davvero una bella trovata. Con questa splendida idea farò un bel colpo. Le pecore mi seguiranno, perché mi scambieranno per il pastore, io le condurrò nella mia tana e da lì non potranno più scappare. Avrò da mangiare per un bel pezzo e non dovrò correre di qua e di là come ho fatto fino ad ora faticando per niente."
E così minando ogni certezza, sia che siano le torri gemelle, sia l'articolo 18, gli individui vengono divorati senza dar loro possibilità di riscossa. Il trasformismo che ci ha divorato, per stare ad Esopo, ed ora è diventato uniformità.
Carte Scoperte ha per protagonista Mario, un uomo che avrebbe ora 76 anni, raccontato nei suoi sessantadue, coi capelli bianchi e impomatati, unico appunto che mi spiace è proprio il fatto che metta del gel nei capelli, e per il resto Mario è un genio, ha la mia ammirazione assoluta.
Un libro letto due volte e vissuto come se vedessi quei due ambienti dove si snoda la sua vita " Mario aveva mille difetti, ma seduto al tavolo da gioco era uno spettacolo" Due luoghi dove si gioca a carte, il gioco al circolino di Orazio e del figlio Brando, alle cui pareti le foto dei partigiani, di Piazzale Loreto, e la sera il gioco al bar tabaccheria di Geremia con il poster di Che Guevara.
Mario vive in subaffitto a casa di una giovane amica che non è mai a casa. Completate le pratiche di divorzio aveva abbandonato gli abiti, il conto corrente, il figlio, Flavio, che non lo parlava più. C'era stata sofferenza all'inizio poi la troppa sofferenza aveva steso una "satura saggezza"sugli avvenimenti. "Col tempo anche il dolore per la lontananza del figlio si era trasformato in una sottile pratica intellettuale:che si facesse vita da sé, se preferiva. Ed era il dolore che aveva scelto di portarsi appresso per sempre...Il titolo Famiglia era crollato senza restituirgli la somma iniziale" Mario aveva quasi spostato su Geremia il suo affetto, guardandolo come avrebbe voluto guardare Flavio, suo figlio.
"Malgrado ciò il suo sguardo esprimeva perplessità. Sappiamo tutto, pensava. Sappiamo tutto" Ho posposto il concetto, sapere tutto, credere di sapere tutto, sapere il perché gli avvenimenti internazionali siano mossi da un capitalismo immorale, il perché gli avvenimenti accadano nel privato ci induce ad essere perplessi sulla consueta favola andata a male, quella che riguarda la storia personale come quella nazionale.
Ho sottolineato diversi momenti che vi invito a leggere con me. Con Mario. Egli " Stava vivendo una situazione di semiclandestinità... Era scomparso dal mondo della parola, quello vero, lo spazio burocratico che, senza accorgersene e senza preoccuparsene, ogni uomo abita." Idealista, individuo che insegue sogni irrealizzabili, sta nel cruciverba oramai, ed è questo lo sconcerto che si sente se si prova a completare le caselle del cruciverba.
Rileggerò ancora "Carte scoperte" scritto a strati, la storia e l'individuo, il tempo e lo spazio, seguendo una fuga che rimane vagheggiata, un gioco, un ulteriore modo di giocare e non farsi prendere gioco del corso degli avvenimenti.
In una intervista l'autore Walter Pozzi dice di sé: Trent'anni della mia vita li ho buttati, per altri cinque ho dormito, e cinque, finalmente li ho vissuti- come se anche lui poi sia andato via come Mario, come tanti di noi, dal corso di avvenimenti che sono stati lasciati via, lontano, non permettendo alla storia di continuare a deluderci.
Il libro Carte Scoperte sarà presente con il suo autore Walter Pozzi e la casa editrice Paginauno al Pisa Book Festival
L'11-12-13 novembre presso il Palazzo dei Congressi di Pisa.
Il salone dell'editoria editoria indipendente con oltre 300 protagonisti e 160 editori.
venerdì 11 novembre 2016
lunedì 7 novembre 2016
Al Teatro di Lamezia Terme Il Pifferaio Magico
Applausi al Teatro dei Colori che ha presentato oggi, 7 Novembre, agli alunni delle scuole di primo grado, "Il Pifferaio magico", drammaturgia e regia: Valentina Ciaccia, animatori e mimi: Andrea Palladino, Valentina Franciosi, Andrea Tufo, Maddalena Celentano. Voce narrante : Gabriele Ciaccia, Musiche originali: Paolo Totti.Tecnica: Mario Serchia, Boris Granieri. Produzione: Gabriella Montuori-
Stamattina abbiamo visto il teatro nero illuminato con una lampada.
Un Teatro Coloratissimo.
Frutto di uno studio su esperienze orientali, il lavoro sulla scena diventa subito magia, le mani ondeggiano, il borgomastro comanda in una forma luminosa ad anfora, i bimbi sono vivacizzati dai fili, i fili dell'immaginazione.
Un teatro di suoni, di suggestioni e di balli, una favola che ci invita ad esser diversi ed unici. Avevo già visto il pifferaio magico, portato sulle scene da Pierpaolo e Greta, con un gioco di sabbia, tempo fa, e rivederlo stamattina con il gioco dei colori e delle luci mi ha esaltato di nuovo. Bravissimi entrambi i lavori, bravissima la compagnia del Teatro Dei Colori di Aversano che ora sta nel Regno immaginario della Litweb, dove stanno i bravissimi.
" RITORNARE ALLE FIABE PER REGALARE ALL'INFANZIA SOGNI E IMMAGINI.
ESISTONO TANTE ISOLE NEL TEATRO DI NARRAZIONE,
LA STORIA DEL PIFFERAIO MAGICO E DELLA CITTÀ DI HAMELIN RISALE ADDIRITTURA AL 1600
IL RACCONTO SULLA VICENDA VERA, UN FATTO TRISTE, TRAGICO SULLA SCOMPARSA DI TANTI BAMBINI IN UNA CITTÀ TEDESCA.
FORSE UNA MALATTIA, UNA RITORSIONE,
UNA CATTIVERIA PURA?
NELLA FIABA IL PIFFERAIO DOPO AVER LIBERATO LA CITTÀ DAI TOPI ASPETTA IL COMPENSO PATTUITO. NEGATOGLI DALLE AUTORITÀ COSTITUITE, LUI SI VENDICA, INCANTANDO COL SUO SUONO I PICCOLI E PORTANDOLI LONTANO, LONTANO, NEL VENTRE DI UNA ROCCIA.
LA PORTA SI CHIUDERÀ PER SEMPRE DIETRO DI LORO E RESTERÀ FUORI SOLO UN BIMBO ZOPPICANTE CHE RACCONTERÀ AGLI ADULTI GIUNTI IN RITARDO IL BELLISSIMO MONDO CHE LUI NON POTRÀ VEDERE."
UNA VARIANTE ANCHE STAMATTINA PER I TANTI LUOGHI DELL’IMMAGINARIO DANDO RESPIRO A FIABE TRUCI CHE DOVEVANO PREPARARE I BIMBETTI ALLE ATROCITÀ FUTURE.
NEL DARE UN INCASTRO FRA POSTI DIVERSI SI TENTA DI SFORARE UN VISSUTO DENSO DI NUVOLE NERE, UN FUTURO PERCEPITO POCO O NIENTE IN ADESIONE AL NOSTRO SENTIRE DA ADULTI, E DA ADULTI IMPAURITI VORREMMO METTERE AL RIPARO I RAGAZZINI.
« NELL'ANNO 1284, IL GIORNO DI GIOVANNI E PAOLO
IL 26 DI GIUGNO DA UN PIFFERAIO, VESTITO DI OGNI COLORE,
FURONO SEDOTTI 130 BAMBINI NATI AD HAMELN
E FURONO PERSI NEL LUOGO DELL'ESECUZIONE VICINO ALLE COLLINE. ».
Stamattina abbiamo visto il teatro nero illuminato con una lampada.
Un Teatro Coloratissimo.
Frutto di uno studio su esperienze orientali, il lavoro sulla scena diventa subito magia, le mani ondeggiano, il borgomastro comanda in una forma luminosa ad anfora, i bimbi sono vivacizzati dai fili, i fili dell'immaginazione.
Un teatro di suoni, di suggestioni e di balli, una favola che ci invita ad esser diversi ed unici. Avevo già visto il pifferaio magico, portato sulle scene da Pierpaolo e Greta, con un gioco di sabbia, tempo fa, e rivederlo stamattina con il gioco dei colori e delle luci mi ha esaltato di nuovo. Bravissimi entrambi i lavori, bravissima la compagnia del Teatro Dei Colori di Aversano che ora sta nel Regno immaginario della Litweb, dove stanno i bravissimi.
" RITORNARE ALLE FIABE PER REGALARE ALL'INFANZIA SOGNI E IMMAGINI.
ESISTONO TANTE ISOLE NEL TEATRO DI NARRAZIONE,
LA STORIA DEL PIFFERAIO MAGICO E DELLA CITTÀ DI HAMELIN RISALE ADDIRITTURA AL 1600
IL RACCONTO SULLA VICENDA VERA, UN FATTO TRISTE, TRAGICO SULLA SCOMPARSA DI TANTI BAMBINI IN UNA CITTÀ TEDESCA.
FORSE UNA MALATTIA, UNA RITORSIONE,
UNA CATTIVERIA PURA?
NELLA FIABA IL PIFFERAIO DOPO AVER LIBERATO LA CITTÀ DAI TOPI ASPETTA IL COMPENSO PATTUITO. NEGATOGLI DALLE AUTORITÀ COSTITUITE, LUI SI VENDICA, INCANTANDO COL SUO SUONO I PICCOLI E PORTANDOLI LONTANO, LONTANO, NEL VENTRE DI UNA ROCCIA.
LA PORTA SI CHIUDERÀ PER SEMPRE DIETRO DI LORO E RESTERÀ FUORI SOLO UN BIMBO ZOPPICANTE CHE RACCONTERÀ AGLI ADULTI GIUNTI IN RITARDO IL BELLISSIMO MONDO CHE LUI NON POTRÀ VEDERE."
UNA VARIANTE ANCHE STAMATTINA PER I TANTI LUOGHI DELL’IMMAGINARIO DANDO RESPIRO A FIABE TRUCI CHE DOVEVANO PREPARARE I BIMBETTI ALLE ATROCITÀ FUTURE.
NEL DARE UN INCASTRO FRA POSTI DIVERSI SI TENTA DI SFORARE UN VISSUTO DENSO DI NUVOLE NERE, UN FUTURO PERCEPITO POCO O NIENTE IN ADESIONE AL NOSTRO SENTIRE DA ADULTI, E DA ADULTI IMPAURITI VORREMMO METTERE AL RIPARO I RAGAZZINI.
« NELL'ANNO 1284, IL GIORNO DI GIOVANNI E PAOLO
IL 26 DI GIUGNO DA UN PIFFERAIO, VESTITO DI OGNI COLORE,
FURONO SEDOTTI 130 BAMBINI NATI AD HAMELN
E FURONO PERSI NEL LUOGO DELL'ESECUZIONE VICINO ALLE COLLINE. ».
giovedì 3 novembre 2016
Ascoltatemi su RadioLibri
http://www.radiolibri.it/categorie/il-mondo-che-ci-gira-intorno/blog-e-circoli-letterari/ippolita-la-regina-della-litweb/
mercoledì 2 novembre 2016
Morti a Lamezia
Dopo "Morte a Venezia", il libro di cui non potrete fare a meno sta in biblioteca, in libreria, nelle strade e nelle edicole, in vendita,
"Morti a Lamezia"
Nella giornata dedicata ai morti sfogliamolo dunque, anche se non ci sarebbe alcun bisogno, già si legge ogni giorno.
"Morti a Lamezia" è un romanzo corale, scritto a più mani, da un collettivo, dalle anime belle con bella scrittura.
"Morti a Lamezia" la storia che si fa ogni giorno, ogni giorno ti alzi, e ogni sera vai a letto, ogni giorno aspetti quel raggio di sole ed è subito sera.
Un noir, un giallo, un grigio fumo, una tragedia o una commedia, un romanzo completo con tutti i generi musicali e letterari.
Moltissimi i personaggi, nascosti sotto mentite spoglie, le spoglie eterne della diffidenza.
Moltissime le vicende, eppure nessuna vicenda vi è.
La storia si snoda e restano i nodi, gli sguardi diventano sempre più fiochi man mano che si sgrana la fotografia degli anni e dei giorni trascorsi, ovvero non trascorsi, fra gente perbene.
E cantando la canzone sulla "gente perbene che pace cercate, la pace per fare quello che voi volete" cantandola alla maniera del"la Pace sia con voi", si racconta di un luogo dove i rapporti umani sono la panacea di tutti i mali, dove ognuno si prodiga per lenire solitudini e delusioni, dove tutti tendono, più che una mano, orecchio all'ascolto e affetto imperituro.
Dalle caselle dei social poi un fiorire di saluti, e nel romanzo, che è un romanzo post moderno, appaiono i post, gli abbracci, i sorrisi, i viaggi ed il mare, le gite e le birre, il "Noi che ci vogliamo tanto bene" di Marcela Serrano.
Molti i riferimenti, dunque, alla narrativa del novecento e di questi primi sedici anni del secolo.
"Morti a Lamezia" vi piacerà.
Un romanzo che auguro a tutti di leggere, di viverlo intero, col suo colore.
"Morti a Lamezia"
Nella giornata dedicata ai morti sfogliamolo dunque, anche se non ci sarebbe alcun bisogno, già si legge ogni giorno.
"Morti a Lamezia" è un romanzo corale, scritto a più mani, da un collettivo, dalle anime belle con bella scrittura.
"Morti a Lamezia" la storia che si fa ogni giorno, ogni giorno ti alzi, e ogni sera vai a letto, ogni giorno aspetti quel raggio di sole ed è subito sera.
Un noir, un giallo, un grigio fumo, una tragedia o una commedia, un romanzo completo con tutti i generi musicali e letterari.
Moltissimi i personaggi, nascosti sotto mentite spoglie, le spoglie eterne della diffidenza.
Moltissime le vicende, eppure nessuna vicenda vi è.
La storia si snoda e restano i nodi, gli sguardi diventano sempre più fiochi man mano che si sgrana la fotografia degli anni e dei giorni trascorsi, ovvero non trascorsi, fra gente perbene.
E cantando la canzone sulla "gente perbene che pace cercate, la pace per fare quello che voi volete" cantandola alla maniera del"la Pace sia con voi", si racconta di un luogo dove i rapporti umani sono la panacea di tutti i mali, dove ognuno si prodiga per lenire solitudini e delusioni, dove tutti tendono, più che una mano, orecchio all'ascolto e affetto imperituro.
Dalle caselle dei social poi un fiorire di saluti, e nel romanzo, che è un romanzo post moderno, appaiono i post, gli abbracci, i sorrisi, i viaggi ed il mare, le gite e le birre, il "Noi che ci vogliamo tanto bene" di Marcela Serrano.
Molti i riferimenti, dunque, alla narrativa del novecento e di questi primi sedici anni del secolo.
"Morti a Lamezia" vi piacerà.
Un romanzo che auguro a tutti di leggere, di viverlo intero, col suo colore.
lunedì 31 ottobre 2016
Sono Dio
Chi sono io per parlar di Sono Dio?
Caro Giacomo
Sono Dio: Lʼesistenza degli uomini
Il tono colloquiale e parlato di una lingua social
Con chi sta parlando il Dio di Sartori?
Ho letto Sartori, in tempi lontani, su Nazione Indiana, e ricordo scritti che mi piacquero molto. Bravissimo scrittore. Credo quindi che lo stile scelto in questo romanzo sia voluto. Un modo di scrivere come se parlasse rivolto a chi non ha mai letto e veda pur sempre televisione, uno stile costellato da frasi incidentali, modi di dire a bizzeffe e punteggiatura da reinterpretare.
C'è il Dio che pensa, malgrado abbia affermato che lui non pensa, ed il Dio che scrive, malgrado si veda chiaramente che Giacomo Sartori stia ridendo al vederlo scrivere uguale e preciso a tanti
altri scribanti. Quindi il Dio Scrittore può piacere e non piacere, racconta quel che vede o si illude di vedere e capire, con la sua ubris da onnipotente. Scherzo anche io, e scherzando continuo a leggere, preferendo per ora il Dio Pensatore, e cioè tutti i passi scritti da Giacomo e non quelli in cui Dio gli prese il Computer.
Io immagino come se Giacomo parlasse con Dio scrittore e lo rimproverasse così:"Questo esercizio di arlecchinesca sartoria dà luogo a vaneggianti costruzioni, pessimi romanzi o fiabesche imposture utili solo per capire le fissazioni e le tare di chi ne è autore."
Ed ancora “Ammesso e non concesso” fa dire Giacomo al suo Dio e un Dio che argomenta ammesso e non concesso sarebbe già da mandare a ripetizioni." Scrivere una frase è come versare il primo secchio di benzina, subito si levano altissime le fiamme delle iperboli e degli struggimenti, e più si va avanti più ci si imballa, più ci si convince di pensare davvero le cose che si scrivono, più si va verso il delirio puro, covando azioni nefaste. Se uno non pensa, e tanto meno scrive, non ha stati d’animo, e può starsene tranquillo e beato per miliardi di anni. Senza rischiare di fare cavolate. I problemi sorgono in realtà già al primo pensiero”
Sono il significato di tutto
Si cerca un Dio più misterioso, impersonale, che sfugge all'intelletto umano. (Frédéric Lenoir)
"Un dio non pensa, ci mancherebbe altro… Un dio non guarda, non aspetta, non ascolta.
Non digerisce, non agogna, non rutta. Un dio è impegnato in qualcosa che il linguaggio umano non può esprimere,
A dispetto di quanto si dice in giro io non sono affatto uno che vuole decidere sempre tutto, e sono anzi aperto a qualsiasi proposta
di cambiamento. Però non mi va nemmeno che stravolgano
sistematicamente ogni cosa che ho fatto.
Sono Dio, e sono avvolto dal silenzio. Un silenzio consono al mio ruolo divino. Un silenzio che è però anche fracasso assordante: una cacofonia di fragori e sfrigolii che a volte si sciolgono in celestiali sinfonie, a volte si annullano vicendevolmente. Un silenzio che è luce accecante, vale a dire tripudio di eccesso di colori, o anche buio infinito."
Chi sono io se non sono Dio? A Giacomo l'ardua risposta
Caro Giacomo
Sono Dio: Lʼesistenza degli uomini
Il tono colloquiale e parlato di una lingua social
Con chi sta parlando il Dio di Sartori?
Ho letto Sartori, in tempi lontani, su Nazione Indiana, e ricordo scritti che mi piacquero molto. Bravissimo scrittore. Credo quindi che lo stile scelto in questo romanzo sia voluto. Un modo di scrivere come se parlasse rivolto a chi non ha mai letto e veda pur sempre televisione, uno stile costellato da frasi incidentali, modi di dire a bizzeffe e punteggiatura da reinterpretare.
C'è il Dio che pensa, malgrado abbia affermato che lui non pensa, ed il Dio che scrive, malgrado si veda chiaramente che Giacomo Sartori stia ridendo al vederlo scrivere uguale e preciso a tanti
altri scribanti. Quindi il Dio Scrittore può piacere e non piacere, racconta quel che vede o si illude di vedere e capire, con la sua ubris da onnipotente. Scherzo anche io, e scherzando continuo a leggere, preferendo per ora il Dio Pensatore, e cioè tutti i passi scritti da Giacomo e non quelli in cui Dio gli prese il Computer.
Io immagino come se Giacomo parlasse con Dio scrittore e lo rimproverasse così:"Questo esercizio di arlecchinesca sartoria dà luogo a vaneggianti costruzioni, pessimi romanzi o fiabesche imposture utili solo per capire le fissazioni e le tare di chi ne è autore."
Ed ancora “Ammesso e non concesso” fa dire Giacomo al suo Dio e un Dio che argomenta ammesso e non concesso sarebbe già da mandare a ripetizioni." Scrivere una frase è come versare il primo secchio di benzina, subito si levano altissime le fiamme delle iperboli e degli struggimenti, e più si va avanti più ci si imballa, più ci si convince di pensare davvero le cose che si scrivono, più si va verso il delirio puro, covando azioni nefaste. Se uno non pensa, e tanto meno scrive, non ha stati d’animo, e può starsene tranquillo e beato per miliardi di anni. Senza rischiare di fare cavolate. I problemi sorgono in realtà già al primo pensiero”
Sono il significato di tutto
Si cerca un Dio più misterioso, impersonale, che sfugge all'intelletto umano. (Frédéric Lenoir)
"Un dio non pensa, ci mancherebbe altro… Un dio non guarda, non aspetta, non ascolta.
Non digerisce, non agogna, non rutta. Un dio è impegnato in qualcosa che il linguaggio umano non può esprimere,
A dispetto di quanto si dice in giro io non sono affatto uno che vuole decidere sempre tutto, e sono anzi aperto a qualsiasi proposta
di cambiamento. Però non mi va nemmeno che stravolgano
sistematicamente ogni cosa che ho fatto.
Sono Dio, e sono avvolto dal silenzio. Un silenzio consono al mio ruolo divino. Un silenzio che è però anche fracasso assordante: una cacofonia di fragori e sfrigolii che a volte si sciolgono in celestiali sinfonie, a volte si annullano vicendevolmente. Un silenzio che è luce accecante, vale a dire tripudio di eccesso di colori, o anche buio infinito."
Chi sono io se non sono Dio? A Giacomo l'ardua risposta
domenica 30 ottobre 2016
Ti Leggo con Gaetano Savatteri
Il salto temporale al Liceo Classico
Loredana Lucchetti, responsabile della Treccani, saluta gli alunni e i docenti presenti nella Biblioteca intitolata ad Oreste Borrello, amatissimo preside del Liceo.
L’Istituto della Enciclopedia Italiana sta realizzando il progetto Ti Leggo. Viaggio con Treccani nelle forme della lettura, mediante il finanziamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e di Arcus S.p.A.
Aderisce all'iniziativa Trame, Festival dei libri sulle mafie.
Stare nell'istituto dove si è stati alunni e poi docente, anche per pochissimo, procura sempre uno scarto temporale, per cui io mi rivedo in una ragazza fra gli allievi, che, nel mio immaginario, sembra me, al tempo che fu. Vivendo, con due tempi sovrapponibili a piacere, seguo gli interventi dei ragazzi, le loro recensioni sul libro di Savatteri, le loro domande, come se ad intervenire fossi anche io. Ma allora io non ricordo mai simili opportunità, non si usava incontrare autori, purtroppo!
"Scusate il discorso moralista" conclude Gaetano Savatteri, il primo di uno dei suoi tanti interventi nella mattinata.
Ci ha appena parlato della scrittura, dell'uso della scrittura per riuscire a parlare con chi non ha i mezzi, con chi in effetti non incontreresti, se nasci nel quartiere giusto, nella famiglia giusta, se frequenti la sezione giusta. Nella separazione che si perpetua e che vorremmo annullare vi stanno da una parte i fortunati, per censo, per opportunità, dall'altra gli sfortunati, coloro che non appartengono a nessuna parrocchia. E sul limite della scrittura si sofferma Savattieri invitando gli alunni a non nutrirsi solo di una conoscenza libresca.
"Non alimentiamo i luoghi comuni", altro importante momento della mattinata, quello in cui l'autore fa e disfà con semplicità i luoghi comuni su un sud che è di volta in volta silenzioso e loquace, diffidente e accogliente.
Il libro di Savatteri I ragazzi di Regalpetra, in realtà Racalmuto, è stato anche un atto teatrale nel 2011, e noi salutando Gaetano Savatteri ci auguriamo di vederlo al nostro Teatro Comunale.
Il Teatro Stabile di Catania il 15 giugno 2011 mette in scena "Quei ragazzi di Regalpetra" dal libro di Gaetano Savattieri "Un paese della Sicilia, un luogo letterario: la Regalpetra di Leonardo Sciascia. Un posto tranquillo, con una vecchia mafia dormiente. Una città segnata dalla presenza del grande scrittore, nella quale tutti finiscono per essere personaggi disegnati dal proprio autore.
Credere nella parola, nella scrittura. Un gruppo di ragazzi fonda un piccolo giornale. Lo intitola Malgrado tutto. Un giornale per raccontare la propria realtà, per specchiarsi nella cronaca delle proprie vite."
" Regalpetra-Racalmuto, luogo reale e letterario insieme, dove diventare adulti significa scegliere tra legalità e mafia, far propria la lezione morale del genius loci o imboccare i sentieri della criminalità."
Loredana Lucchetti, responsabile della Treccani, saluta gli alunni e i docenti presenti nella Biblioteca intitolata ad Oreste Borrello, amatissimo preside del Liceo.
L’Istituto della Enciclopedia Italiana sta realizzando il progetto Ti Leggo. Viaggio con Treccani nelle forme della lettura, mediante il finanziamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e di Arcus S.p.A.
Aderisce all'iniziativa Trame, Festival dei libri sulle mafie.
Stare nell'istituto dove si è stati alunni e poi docente, anche per pochissimo, procura sempre uno scarto temporale, per cui io mi rivedo in una ragazza fra gli allievi, che, nel mio immaginario, sembra me, al tempo che fu. Vivendo, con due tempi sovrapponibili a piacere, seguo gli interventi dei ragazzi, le loro recensioni sul libro di Savatteri, le loro domande, come se ad intervenire fossi anche io. Ma allora io non ricordo mai simili opportunità, non si usava incontrare autori, purtroppo!
"Scusate il discorso moralista" conclude Gaetano Savatteri, il primo di uno dei suoi tanti interventi nella mattinata.
Ci ha appena parlato della scrittura, dell'uso della scrittura per riuscire a parlare con chi non ha i mezzi, con chi in effetti non incontreresti, se nasci nel quartiere giusto, nella famiglia giusta, se frequenti la sezione giusta. Nella separazione che si perpetua e che vorremmo annullare vi stanno da una parte i fortunati, per censo, per opportunità, dall'altra gli sfortunati, coloro che non appartengono a nessuna parrocchia. E sul limite della scrittura si sofferma Savattieri invitando gli alunni a non nutrirsi solo di una conoscenza libresca.
"Non alimentiamo i luoghi comuni", altro importante momento della mattinata, quello in cui l'autore fa e disfà con semplicità i luoghi comuni su un sud che è di volta in volta silenzioso e loquace, diffidente e accogliente.
Il libro di Savatteri I ragazzi di Regalpetra, in realtà Racalmuto, è stato anche un atto teatrale nel 2011, e noi salutando Gaetano Savatteri ci auguriamo di vederlo al nostro Teatro Comunale.
Il Teatro Stabile di Catania il 15 giugno 2011 mette in scena "Quei ragazzi di Regalpetra" dal libro di Gaetano Savattieri "Un paese della Sicilia, un luogo letterario: la Regalpetra di Leonardo Sciascia. Un posto tranquillo, con una vecchia mafia dormiente. Una città segnata dalla presenza del grande scrittore, nella quale tutti finiscono per essere personaggi disegnati dal proprio autore.
Credere nella parola, nella scrittura. Un gruppo di ragazzi fonda un piccolo giornale. Lo intitola Malgrado tutto. Un giornale per raccontare la propria realtà, per specchiarsi nella cronaca delle proprie vite."
" Regalpetra-Racalmuto, luogo reale e letterario insieme, dove diventare adulti significa scegliere tra legalità e mafia, far propria la lezione morale del genius loci o imboccare i sentieri della criminalità."
venerdì 28 ottobre 2016
Medea di Andrés Pociña dal Teatro Bertolt Brecht
Medea è ormai invecchiata a Camariñas, nella Galicia.
Sulla scena del Teatro Grandinetti a Lamezia la Compagnia Bertolt Brecht di Formia propone una Medea che riscrive
le storie del vello d’oro e del suo amore per Giasone. Dal testo di Andrés Pociña, un monologo accompagnato da suoni e danza per gli studenti degli istituti superiori che partecipano ai laboratori teatrali tenuti da TeatroP.
Inizia Medea della Compagnia di Formia, diretta da Maurizio Stammati, il monologo recitato da Margherita Vicario, la stagione Teatro Ragazzi 2016/2017
Partiamo dunque dove si trova Medea ora, nella Galicia, nel Nordovest della Spagna, la regione di Santiago di Compostela. Siamo sulle rive di un fiume con le donne intente a lavare i panni e lei ricorda quando, da ragazza, abitava nella Colchide, sull'attuale costa georgiana del Mar Nero insieme a suo padre, il re Eeta. Un'altra Medea.
Immagina l'autore che Medea non sia ascesa al cielo, come vediamo in Euripide, ma si sia rifugiata in un villaggio con la sua vecchia serva, Benita, ormai bisognosa, lei, di cure.
Il punto di vista di una Medea, osteggiata dalle stesse donne al lavatoio. Donne che guardano di lato quando la vedono arrivare, donne che la fanno sentire ancora una volta straniera, come a Corinto. Donne che danno adito alle mezze parole, alle voci sul suo conto, e credute vere le calunnie diffuse sulle azioni malvagie che avrebbe fatto.
Una sola punizione le è stata risparmiata, quella di dover elemosinare.
Medea prova a raccontare la sua verità ed io insinuo che la verità non esiste e nemmeno ciò che stiamo ad ascoltare può essere la sua verità. L'unico momento vero sta in quella voglia di avventura, di sfuggire al luogo chiuso dove viveva per "una gran voglia d'amare" e dicendo così immagino io, non esiste sulla scena, Modugno cantare " Com'è bella l'avventura" ed un'avventura fu il viaggio nella Colchide di Giasone per prendere il vello d'oro, il montone e le pecore di una lana così pregiata, ed un'avventura fu per lei seguire Giasone, irretita dalle parole, fiumi di parole, promesse di mondi diversi.
"Il furto di una pecora e di un montone"così fu, secondo le sue parole l'avventura degli Argonauti. Riduzionista fino all'eccesso, Medea scredita ancora Giasone, come ogni donna scredita il marito che la tradisce, e racconta, come fanno (Ahimè!) molte mogli, particolari di una sfera che dovrebbe restare intima, e che nessuno può verificarne la verità. D'altronde la verità sta nel fondo di un pozzo, scrisse Sciascia, ed ognuno racconta quel che reputa lo sia, come strumento per far vendetta, per ritorsione.
Accompagnata dalle immagini lievi di un bianco lenzuolo ondeggiante e dal canto, Medea in scena dona corpo alle parole, si alza, si allunga, mostra il corpo come per voler ancora assicurarsi di esser piacente, di poter esser voluta, e poi deve fare i conti con il suo atto ultimo che non potrà negare, l'uccisione dei figli.
Qui mentre le protagoniste parlano alla fine con il pubblico.
Gli alunni del Liceo Classico, del Liceo Scientifico, dell'Istituto Tecnico Valentino De Fazio, Del Professionale per il Commercio, faranno tesoro di questa opportunità teatrale che regalerà loro punti di vista sempre diversi. Una nuova avventura.
Sulla scena del Teatro Grandinetti a Lamezia la Compagnia Bertolt Brecht di Formia propone una Medea che riscrive
le storie del vello d’oro e del suo amore per Giasone. Dal testo di Andrés Pociña, un monologo accompagnato da suoni e danza per gli studenti degli istituti superiori che partecipano ai laboratori teatrali tenuti da TeatroP.
Inizia Medea della Compagnia di Formia, diretta da Maurizio Stammati, il monologo recitato da Margherita Vicario, la stagione Teatro Ragazzi 2016/2017
Partiamo dunque dove si trova Medea ora, nella Galicia, nel Nordovest della Spagna, la regione di Santiago di Compostela. Siamo sulle rive di un fiume con le donne intente a lavare i panni e lei ricorda quando, da ragazza, abitava nella Colchide, sull'attuale costa georgiana del Mar Nero insieme a suo padre, il re Eeta. Un'altra Medea.
Immagina l'autore che Medea non sia ascesa al cielo, come vediamo in Euripide, ma si sia rifugiata in un villaggio con la sua vecchia serva, Benita, ormai bisognosa, lei, di cure.
Il punto di vista di una Medea, osteggiata dalle stesse donne al lavatoio. Donne che guardano di lato quando la vedono arrivare, donne che la fanno sentire ancora una volta straniera, come a Corinto. Donne che danno adito alle mezze parole, alle voci sul suo conto, e credute vere le calunnie diffuse sulle azioni malvagie che avrebbe fatto.
Una sola punizione le è stata risparmiata, quella di dover elemosinare.
Medea prova a raccontare la sua verità ed io insinuo che la verità non esiste e nemmeno ciò che stiamo ad ascoltare può essere la sua verità. L'unico momento vero sta in quella voglia di avventura, di sfuggire al luogo chiuso dove viveva per "una gran voglia d'amare" e dicendo così immagino io, non esiste sulla scena, Modugno cantare " Com'è bella l'avventura" ed un'avventura fu il viaggio nella Colchide di Giasone per prendere il vello d'oro, il montone e le pecore di una lana così pregiata, ed un'avventura fu per lei seguire Giasone, irretita dalle parole, fiumi di parole, promesse di mondi diversi.
"Il furto di una pecora e di un montone"così fu, secondo le sue parole l'avventura degli Argonauti. Riduzionista fino all'eccesso, Medea scredita ancora Giasone, come ogni donna scredita il marito che la tradisce, e racconta, come fanno (Ahimè!) molte mogli, particolari di una sfera che dovrebbe restare intima, e che nessuno può verificarne la verità. D'altronde la verità sta nel fondo di un pozzo, scrisse Sciascia, ed ognuno racconta quel che reputa lo sia, come strumento per far vendetta, per ritorsione.
Accompagnata dalle immagini lievi di un bianco lenzuolo ondeggiante e dal canto, Medea in scena dona corpo alle parole, si alza, si allunga, mostra il corpo come per voler ancora assicurarsi di esser piacente, di poter esser voluta, e poi deve fare i conti con il suo atto ultimo che non potrà negare, l'uccisione dei figli.
Qui mentre le protagoniste parlano alla fine con il pubblico.
Gli alunni del Liceo Classico, del Liceo Scientifico, dell'Istituto Tecnico Valentino De Fazio, Del Professionale per il Commercio, faranno tesoro di questa opportunità teatrale che regalerà loro punti di vista sempre diversi. Una nuova avventura.
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