mercoledì 6 luglio 2016

Panorama Italiano al Museo delle Arti e dei Mestieri a Cosenza

Una collettiva di artisti in una mostra curata da Gianfranco Labrosciano ieri sera al Museo delle Arti e dei Mestieri a Cosenza.
Il tema è il Panorama italiano e nelle parole iniziali viene illustrato il progetto di far conoscere il Pollino agli artisti e far produrre opere artistiche che vengano ispirate dal luogo. Morano e il Pollino, la maestosità della natura. Il tempo della natura.
Su l'uomo "Essere e tempo" di Heidegger al tempo di un fotogramma, al video di Orazio Garofalo
che smonta le immagini dei film, le ricompone andando indietro, le ripropone lentamente, nella danza del tempo onnipresente. La mostra ha un omaggio a Luigi Cipparone ed io ripropongo uno stralcio di un  mio pezzo del 2014

"Da Barthes una frase « La società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda »
Dalla follia del quotidiano fotografare, fotografarsi, postare piatti, torte, bimbi,  costumi, seni, cosce, mare, cielo, dalla follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite, dalla follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui, di occhio che scatta,
ne usciremo mai?
nell'unicità che dilata, impressiona e prolunga il tempo dell’apprendimento.
Si impara e si vede se tempo tu hai, il tempo dell’attesa.
L’artista Luigi Cipparrone, con la fotografia stenopeica, tecnica che utilizza uno stretto foro come obiettivo, riprende il principio della camera oscura.
Le camere oscure, chiare, le camere che delimitano, scelgono, profondità o superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o immobile, tutte le camere della nostra percezione che poi ci fanno credere quello che ci appare vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo foro, stretto o un obiettivo con zoom.
Così la fotografia di Luigi al ristorante con gli amici ha tempi lunghissimi, più di un’ora di esposizione, ed in quest’ora sola ti vorrei, gli amici hanno mangiato, fumato, chiacchierato e sono andati via, lasciando soltanto una nuvola, una impronta nella pellicola o in digitale, Come nella canzone Albergo ad ore i due corpi lasciati nel letto, immobili.
Solo una nuvola resterà del movimento, e le nuvole vagano, e noi guardiamo gli oggetti fermi e capaci ancora di essere usati di essere testimoni di un mondo che esiste nella rappresentazione di un interiore che un solo foro ha, quello della pazienza di saper aspettare."

La mostra mi riserva piacevoli incontri con Armida e Raffaele Scalamogna, lei artista che miniaturizza, non era presente con una sua opera però, e lui con i fili che tessevano il tempo della serata, la sua opera  come una grande clessidra al centro della sala.
Saluto Enzo Palazzo, che non conoscevo, e mentre parliamo di un suo lavoro, esposto tempo prima al Limen, opera che, fotografata da me, ora ci permette il riconoscerci, ecco il tempo che salta nell'incontro di lui con le sue compagne di scuole del liceo artistico di Cosenza. Non si vedevano da moltissimi anni, si ritrovano ad annullare il tempo, a ridurlo un frammento fra il prima e il dopo, creando l'opera d'arte dal titolo "felicità".
 La mostra continua con la  direttrice al lavoro, nel tempo della lettura, con i libri da riporre,
e l'aria diventa tempo. Franco Paternostro,  "sventoliando" cartolina della mostra, cerca refrigerio e con simpatia, ottenuto il sollievo del movimento aereo, mi regala il Panorama Italiano dopo l'azzurro della sua opera in mare. Intanto io rimango ad ammirare un tempo che non esiste se non per gli umani. Essere e tempo. In una.
 
Ph Monica Gigliotti per le foto delle opere di Alberto Badolato,
Gianni Curto
e Pino Pingitore 



domenica 3 luglio 2016

Premio Berto e libertà

"Si vince con la diuturna fatica di vivere come uomini liberi" queste le parole di Don Pasquale Russo, amico di Giuseppe Berto  e sostenitore del Premio, ieri sera alla premiazione del libro "La steppa" scritto da Sergio Baratto. 

Nuvole in una gabbia è l'ossimoro di Forestieri, il cantante che, dopo venti anni a Padova, ritorna in Calabria per proporci il teatro canzone. Suoi gli intermezzi musicali della serata che termina con cipulla e pani, un inno al padre, un inno alla libertà. Meglio pane e cipolla che servi, era il refrain di un tempo dignitoso.

Siamo a casa di Giuseppe Berto, scrittore libero, siamo ospiti della figlia Antonia nella casa accanto al faro di Capo Vaticano a Ricadi. 
Il Premio Berto riprende dopo una sosta, riprende unendo il suo paese natale, Mogliano Veneto, a Ricadi dove è vissuto ed è sepolto.
Sono in tanti stasera venuti da Mogliano Veneto, in un incastro, Treviso Vibo, perfetto. Veneto e Calabria vicini ed uniti nel premio che va oltre il pregiudizio dei confini.
Dal Sistema Bibliotecario Vibonese all'associazione culturale Giuseppe Berto, dal presidente Cesare De Michelis, professore universitario,  l’obiettivo è riportare in auge il Premio Letterario Giuseppe Berto, dedicato ad un’opera prima di narrativa italiana edita, interrotto nel 2011 dopo 23 edizioni.
Il presidente della giuria, Antonio D'Orrico, vola, di associazioni in associazioni, in un libero costrutto di immagini mentali che dal night di Giuseppe Berto, luogo mitico negli anni sessanta, giunge alla notte appena trascorsa, al suo essere accompagnato dalla padrona di casa a dormire nel night, adiacente alla casa. 

Ed eccolo D'Orrico, nella notte tropeana, a guardare il faro e la scogliera, a ricordare il faro e la grandezza.
Ora siamo con D'Orrico su un volo reale, in aereo, lui sfoglia una rivista e legge l'intervista ad Aznavour. 
Qual è il segreto della grandezza? fu chiesto ad Aznavour
I fari. Sono i fari la grandezza.
Nella notte appena trascorsa D'Orrico comprende l'affermazione di Aznavour, lo sente cantare Com'è triste Venezia e, forse, in un night che ritorna a vivere, sente la voce di Tony Musante e Florinda Bolkan, mentre Giuseppe Berto scrive Anonimo Veneziano. Trascinati dalle immagini ora andiamo.
La grandezza del faro  illumina la striscia dei pensieri. Una via sottile.
Un grande mare inesplorato è La Steppa, il libro che vince il premio.
Una statale che taglia in due i campi erbosi, dice Sergio descrivendo i luoghi del racconto.
 " La steppa masticava l'asfalto che le fa da scogliera"
Sul banco dei libri i cinque finalisti e le opere di Berto. 
Ho comprato La Gloria, Nicola mi regala La Steppa e tutto torna nei ringraziamenti finali. 
Nella presentazione del libro La Gloria colgo le parole di Antonio Di Grado, riportate da Cesare de Michelis nella prefazione,  sul Crepuscolo epocale che ci è toccato di attraversare per andare verso un futuro che rimane oscuro e sconosciuto.
Alla fine della serata scendendo verso la macchina vediamo il faro.
Il faro è acceso e illumina capo Vaticano e ogni capo pensante.
Da uomini liberi, Nella diuturna fatica del vivere.

Alcune immagini della serata: Nicola Fiorita con Antonio D'Orrico
     


Dai giornali " A RICADI, IN CALABRIA LA FINALE DELL’EDIZIONE 2016
Quest’anno si è svolta in Calabria, a Capo Vaticano-Ricadi, la finale del Premio Berto, con la proclamazione e la premiazione del vincitore sabato 2 luglio.
Giuseppe Berto, nato a Mogliano Veneto, visse gran parte degli ultimi anni della sua vita proprio in Calabria, dov’è tuttora sepolto. 
La macchina organizzativa vede in prima fila il Sistema Territoriale Bibliotecario Vibonese, istituito dalla Regione Calabria in forma di Associazione tra enti locali della provincia di Vibo Valentia, in collaborazione con l'Associazione culturale Giuseppe Berto, con il Patrocinio del Comune di Mogliano Veneto e il contributo della CGIA di Mestre, main sponsor, e del Colorificio San Marco.

IL PREMIO LETTERARIO GIUSEPPE BERTO
Il Premio Letterario Giuseppe Berto per un'opera prima di narrativa è sorto nel 1988, su iniziativa di un gruppo di amici ed estimatori, critici illustri come Giancarlo Vigorelli, Michel David, Cesare De Michelis, scrittori come Dante Troisi e Gaetano Tumiati. 
Scopo del Premio era ricordare e riproporre il nome e l'opera di uno scrittore che, nonostante i suoi grandi successi, è stato troppo spesso trascurato da una certa critica ufficiale a causa del suo straordinario anticonformismo.
Il Premio era riservato ad opere prime.
Il Premio è stato gestito per 22 edizioni dal 1988 al 2010, con una pausa nel 1994, dalle amministrazioni comunali di Mogliano Veneto, dove Berto era nato, e di Ricadi, in Calabria, dove lo scrittore aveva eletto la sua residenza e dove è sepolto. Le due cittadine ospitavano ad anni alterni la cerimonia di premiazione.
Nel 2011 a fronte di difficoltà economiche e organizzative il Premio ha subito una sospensione."

domenica 26 giugno 2016

Trame Festival a Lamezia

Da Emanuele Fittipaldi e suo libro "Avarizia" a Gioacchino Criaco " Il salto zoppo", dal film W la libertà a Slurp di Travaglio, segno gli appuntamenti che sono riuscita a seguire nella edizione con sei dita di questo duemilasedici. Sei dita, dice l'artista, perché è la sesta edizione e, siccome immagino tante altre edizioni, il pensiero di una mano a dieci dita mi incuriosisce un po', ma credo che, a quel punto, si ritornerà alla mano tradizionale e due mani insieme basteranno.
Trame porta a Lamezia in prima serata, il 15 giugno, Roberto Andò, con una scelta di suoi film da vedere quasi allo scoccar della mezzanotte. Riesco a vederne due soli, W La Libertà, tratto dal suo libro"Il trono vuoto" vincitore del Campiello 2012, che consiglio da leggere, e Le Confessioni, che voglio rivedere, in orario plausibile. 
Giovedì 16 giugno è la volta di Emanuele Trevi con "Il popolo di legno", di Ignazio Marino con "Un marziano a Roma"
e dopo Otello Profazio e Mimmo Modugno, omaggiati da Peppe Voltarelli nel chiostro di San Domenico, siamo già a Sabato 18 con Giacomo di Girolamo " Contro l'antimafia"  presentato con Franco La Torre e Attilio Bolzoni. Unico libro che compro anche se avrei comprato molto volentieri quello di Salvatore Striano " Mi ha salvato Shakespeare". 
 L'isola del giorno dopo" testimonianza del sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini e siamo già all'ultimo giorno a domenica 19. 
Riesco a seguire Giorgio Glaviano " Sbirritudine" Storia vera di un poliziotto, e Gioacchino Criaco con Il Saltozoppo, la Calabria magica.
Il festival finisce con Slurp, lecchini, cortigiani e penne alla bava... lo spettacolo di Travaglio che mise in scena sé stesso, nel senso che stava lui sul palco a far da autore regista e maestro, mentre la lettrice aveva solo da leggere quello che il maestro le suggeriva di leggere, da brava allieva. Lo spettacolo ha avuto un grande successo di botteghino. Tutto esaurito. Eppure eppure... Slurp.
Intanto che riassumo, da semplice fruitrice, continuo a pensare a quella libertà che è la paura della democrazia, a quella libertà che è partecipazione, a quella libertà negata che sarebbe dignità.
W la libertà con Roberto Andò, e nel cercare gli appunti persi, continuo domani 

giovedì 23 giugno 2016

La via dell'agave Francesco Scopelliti

Imperia sembra Lamezia Terme, stamattina, mentre leggo i racconti di Francesco Scopelliti, lasciati dal corriere al cancello della cooperativa.
"Imperia. La città facile del conosco un amico, che conosce un amico che è amico di... gente distrutta da tutto il possibile di questi anni"
...e descrive Lamezia come Imperia, entrambe le città con il mare, senza che questo mare diventi turismo e vita, diventi opportunità, anzi quasi un impiccio, da usare come pattumiera.
Un mare da noi oramai perduto, inquinato irrimediabilmente.
Voglio far conoscere la mia città proprio da un'agave, da me fotografata su una collinetta, nella periferia verso la frazione di Bella. Un balcone sul mare Tirreno, nel golfo di Sant'Eufemia e mentre leggo Francesco vedo proprio il fiore alto e fiero nel cielo azzurro di un paesaggio e scrivo le sue parole "Non si è capito che quello dell'agave non è un gesto individuale, ma una semplice affermazione di volontà. Volontà senza secondi fini.Volontà che si muove oltre vita e morte. Volontà che non vuole interpretare la trasformazione, ma essere la trasformazione"
Fiorire per il gusto di esserci. Di far colore nell'azzurro del cielo. 
Mi trovo a parlare con i suoi racconti e mi fermo su "Guerre" il gioco della guerra fra bambini, quando erano le strade il parco giochi e mi riporta lo stesso visivo di I ragazzi della via Pal, senza le conseguenze del libro ora da me citato.
Attraverso i suoi racconti impariamo a conoscere Francesco  e a conoscere luoghi e situazioni che il lettore sentirà simili e vicini al suo vivere. 
"Lo stato ideale" dà una filosofia di vita che ci appartiene quando" perdi il confine fra pianura e prateria" In ogni futura dimensione parallela    
Racconti, ci dice l'autore, che non insegnano nulla, se non la loro stessa memoria. 
Ed invece io sento una carica affettuosa, una bella attenzione, non solo alle persone attorno ed agli ideali per cui ci si muove, ma anche verso la parola scritta, quel rispetto verso il foglio, verso la carta dove si è deciso che noi eravamo, chi eravamo e come eravamo come una pelle tatuata, nel racconto Carta, Forbice, Sasso.
Continuo a sfogliare e leggere e, dal mio luogo non luogo oggi abitato da lui, incontro Opiemme, che non conoscevo. Leggo la sua postfazione e mi affianco al suo scritto sul disagio che accomuna una terra: Scorbutica, scontrosa, inospitale, precaria. Una terra schiacciata fra acqua e monti, dove salutare è una fatica. A queste terre dove viviamo Francesco chiede con noi il diritto di esistere e il riconoscimento per tutti, non solo per i privilegiati, chiede nell'Ultimo stato di fondo, in fondo il coraggio di  mangiare i fichi d'India, che sono frutti  con spine dolorose e gustosi all'interno. 
Bello anche il titolo del racconto, "Ultimo stato di fondo", che vedrei come romanzo unico in una prossima pubblicazione.
Il  Ponente Ligure è la via dell'Agave, mentre le lettere del  disagio sono le radici che, in copertina, delimitano il golfo Ligure e come nel  Golfo di Sant'Eufemia danno il nutrimento a generazioni di individui che continuano a fiorire per affermare una volontà senza secondi fini. Voler essere trasformazione.    

mercoledì 22 giugno 2016

Dalla Pop art alla post art


Venti post/umi per voi, era una prima raccolta di venti pezzi dal mio blog, Ippolita la regina della Litweb, nel 2014. Il titolo scelto da Bruno Corino, inventore della Litweb, rimandava ad una mia poesiola in prosa dal titolo Io Pubblicherò Postuma. Post/umi infatti. La raccolta dei pezzi dal blog  continua con La favola della gabbietta, scritta a puntate, nell'estate del 2012 e raccolta per il Maggio dei libri del 2015 e prosegue  con Litweb Marchio Depositato, pezzi sui libri letti nel 2015, presentato al Tropea Festival Leggere e Scrivere, con grande felicità. 
Ora assemblo l'arte, le occasioni che mi hanno vista presente, il fruire e discorrere sulla bellezza, sulle forme artistiche più varie. Unisco tutti i pezzi sotto questo post, il ventesimo, che sta in alto e riassume un po' tutto uno svolazzare che nella carta, vediamo, era già presente.
Carta vetro francese per poter inglobare le particelle del pigmento



Scaccia mostri delle crisalidi, intitola questa carta del settembre 2014 Caterina Luciano inventando per me il personaggio alato che vedete in mantello coccinella pronta a combattere e a far linguaccia ai mostri. 

Ma i mostri sono le zanzare? Quindi le scaccio affinché non attacchino le crisalidi? Chiedo a Caterina 
e lei mi risponde:- Certo, sono succhiatori o succhiatrici di sangue  di tutti gli esseri viventi. Il tuo ruolo è di trovare e aiutare le crisalidi, per me erano artisti  di vario genere:scrittori, pittori, crisalidi che diventeranno farfalle grazie a te.- 
Beh, faccio io, grazie della stima. Evviva Evviva, certo che vorrei fosse così, ma non esageriamo sui miei compiti. Gli artisti sono già grandi artisti ed io mi limito a dirlo al mondo della Litweb con un megafono, con lo stile e nel regno che ci ospita.
... poi continuo 

martedì 21 giugno 2016

Emanuele Trevi a Trame

Voglio incontrare Emanuele Trevi per parlare di Rocco Carbone. Ed è così che mi presento e dico a lui che ho letto tutti i libri di Rocco, dopo Padre Americano, pubblicato postumo con prefazione proprio di Emanuele Trevi. Una prefazione che ho imparato a memoria. 
Lui mi conferma che anche altri hanno sentito il bisogno di ricordargli  quella prefazione: una prefazione che testimonia il valore dell'amicizia. 
La frase stupenda che poi Emanuele mi regala è confidarmi di quanto sia stato sollevato di aver ricomposto una distanza fra lui e l'amico e di essersi riavvicinati proprio poco prima dell'incidente mortale. Suo compito fu quindi, come testimonianza, occuparsi del romanzo di Rocco, intervenire su qualche parola, pensando su come sarebbe intervenuto lui e 
E meno male che ci eravamo riavvicinati... mi dice più volte. Se vi capita comprate e leggete Padre Americano di Rocco Carbone, vi piacerà, così come vi piacerà moltissimo la prefazione di Emanuele Trevi. . 
Emanuele Trevi, Critico letterario e editor, viene presentato dal giornalista Luigi Saitta, nel chiostro del Palazzo Nicotera per Trame, Rassegna di libri sulle mafie. 
Il popolo di legno è il libro di Emanuele, un libro su un luogo e un popolo che gli appartiene:La Calabria. 
La mamma di Scalea, in provincia di Cosenza, è quasi presente nel libro, così come sono presenti Salgari e Sandokan, Cuore e i Teletubbies, L'isola del tesoro e il genio di Pinocchio.
Lui crede che Pinocchio sia un libro geniale, così pensa che il suo bagaglio culturale sia una sacca di carbone che a volte impedisce il cammino, col suo peso,  a volte lo rende più spedito.
E ci racconta un sud letto sui viaggi di Norman Douglas, Old Calabria, ci racconta l'origine della parola Paparazzi dal libro di George Gessing che si intitola "Sulle rive dello Jonio" dove troviamo un nome prestigioso: "Paparazzo" che era il  suo albergatore catanzarese. 
E dalla famiglia di Trevi, originaria di Nicotera, risaliamo alla Calabria degli scrittori. Dal privato al mondo narrato In Anime Nere, di Gioacchino Criaco, a Corrado Alvaro e alle mappe seguendo le sorgenti delle acque.e poi Goethe, Stendhal, come l'esperienza si trasforma nella forma narrata.
Un sud raccontato attraverso Il Topo, un personaggio surreale, come i personaggi di Beckett,  che vanno dal buffo all'amaro, dal dramma al riso, al ridicolo della vita con una forma di disprezzo. 
"Leggete al contrario Le avventure di Pinocchio", ci dice Trevi, la letteratura è il luogo dell'individuo, del particolare, del dettaglio, della visione, della fantasia. 
Nella singolarità di ognuno vediamo le cose, lui, per esempio, cerca i difetti nelle persone che ama e in ogni situazione è portato a dire: sì, però, e a mettere in luce quello che stava in ombra.
Così, lui e noi,  con Il Carbone sulle spalle, con quel sacco di letture amate, riprendiamo  tutti quel cammino chiamato letteratura