giovedì 22 ottobre 2015

Lamezia Summertine 2015 Teatroltre Vetrina Teatro Ragazzi

Giovanna Villella, responsabile dell'Ufficio stampa, illustra stamane alle autorità preposte allo spettacolo ed alla cultura, ed ai giornalisti della stampa ufficiale e non, il programma di Teatroltre che inizierà domani mattina, ore 10 al teatro comunale "Grandinetti"
Lamezia Summertine è il contenitore di una serie di progetti che, presentati alla regione Calabria, hanno avuto il via e la fattibilità sul territorio. 
La rassegna che inizierà domani riguarda il teatro ragazzi ed è un momento di grande partecipazione per famiglie allargate, con pubblico numerose e fanciulli festanti. Da oltre trenta anni io seguo queste giornate che,  nel tempo, si svolgevano per una settimana di fila, una immersione nel teatro e  mi auguro possa risuccedere. 
Ascolto perciò con grande attenzione le parole di Giovanna e desidererei che  fossero recepite dai due amministratori della cosa pubblica che, catapultati dai loro mille problemi in un mondo oltre, un mondo non loro, dovranno far collegare le richieste ad iter burocratici farraginosi.



Intanto ci auguriamo tutti, sta dicendo Pierpaolo Bonaccurso, che entro il 4 Novembre, giorno dell'unità nazionale e delle forze armate e giorno della scadenza del bando, possa essere già inoltrata dal Comune la domanda  per far in modo che Lamezia Terme abbia un teatro ragazzi abitato, affidato ad una compagnia teatrale già consolidata  da oltre 15 laboratori teatrali nelle scuole.
Domani inizierà la rassegna la compagnia Dracma e Andrea Naso, responsabile e attore, ci parla di re Artù, di come sia importante educare i ragazzi, i bimbi ed insieme gli adulti, alla semplicità del cibo genuino, alla semplicità dei giochi e dei racconti su quella tavola rotonda della compagnia uccisa e annegata nei Centri Commerciali, dove vengono liberati i piccoli a pascolare compleanni e domeniche. 
Liberiamo il teatro, per strade vicoli e palazzi, sta dicendo Piero Bonaccurso, il capocomico, colui che crede, da una vita, possibile far vivere centri storici con piroette e grancasse, con rappresentazioni di strada e musica, colori. Da quaranta anni lui vive il teatro e non ha nessuna intenzione di vivere altro. Una bellissima opportunità quindi ha Lamezia, luogo fertile di idee e suggestioni, già residenza teatrale e nella storia che continua Evviva  il teatro che potrà farci conoscere come Lamezia Teatro Abitato da "tout le monde"!

La Testimonianza di Lorenzo Raffaini

"Amo troppo la vita per riuscire a viverla" In televisione 15 Dicembre 2013 Masterpiece: ore 23.28.
 Lorenzo ha scritto 'Amo troppo la vita per riuscire a viverla'. Legge un piccolo pezzo del suo libro che parla e racconta il dramma della droga. E dichiara: "Questa è la mia storia". Promosso a pieni voti da tutti e tre... poi continuo.
Io non ho mai visto Masterpiece, non vedo la televisione da oltre venti anni. Intanto Lorenzo va  dalla televisione alla carta stampata.
"Questo romanzo è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e
avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale."
Così sta scritto nella pagina bianca dei Tascabili Bompiani prima edizione di aprile 2015 ma già Andrea De Carlo, scrittore che firma la prefazione del libro, sconfessa quella dicitura "Amo troppo la vita per riuscire a viverla è troppo vero per essere un romanzo, troppo ricco di implicazioni per essere una memoria personale. È una testimonianza diretta, bruciante, che in certe parti si può leggere come una confessione, in altre come un’avventura." E poi anche l'autore sconfessa e dedica la testimonianza "Ai miei figli, con l’augurio di essere felici e di non vivere mai le mie disavventure"
Quindi anche se qualcosa viene inventato per rendere più narrazione un continuo di fatti, sappiamo che questi sono gli avvenimenti accaduti a chi scrive, a Lorenzo cioè.
Lorenzo che ha deciso di raccontare spinto da una necessità interiore e ora può dire " Cercherò di vivere tutto con molta semplicità, di godere al meglio quello che ho. La mia speranza è un po’ come l’orizzonte: una linea lontana e vaga che non ti illude più di tanto ma che ti invoglia ad andare avanti, passo dopo passo"
Lorenzo che ora va nelle scuole a testimoniare quanto sia facile cadere nella trappola delle droghe, quanto siano facili i luoghi dove procurare o vendere droghe, come sia facile imparare tutti i meccanismi per non essere puniti... Una facilità pazzesca che ci preoccupa. Preoccupa anche lui, ora miracolato da una serie di incontri, da una serie di situazioni che lo hanno sollevato dall'inferno e lo hanno redento dalla droga e dai suoi meccanismi perversi. Una necessità che Lorenzo ha sentito e raccontato e che continuerà a raccontare agli studenti, nei luoghi dello sport, e perché no, negli istituti di rieducazione, nelle aule del parlamento italiano,  per  questo bel senso civico che gli fa onore. Così come gli fa onore quel confessare ad inizio del suo scrivere come in effetti non sia facile scrivere. 
"Scrivere un libro per uno come me, abbastanza ignorante
dell’italiano, ho studiato solo fino alla terza media, non è
stato certamente facile. Come in molte cose della vita, serve
costanza e buona volontà. Il mio non vuole essere un saperne
più degli altri, è un percorso interiore che ho vissuto,
una crescita che mi ha permesso di sbarazzarmi dei grossi
problemi in cui si era invischiata la mia vita. Una crescita
che spero continuerà, dato che l’entusiasmo e la fame di
apprendere aumentano con l’andare avanti degli anni, e almeno
fino a quando il cervello mi sosterrà avrò qualcosa da
imparare, perché anche da vecchi e da saggi si continua a
sbagliare. I miei errori sono stati gli insegnanti migliori, e
ora mi permettono di provare a commetterne il meno possibile,
o almeno a non ripeterli."

martedì 20 ottobre 2015

Favola e fiaba ne Il Saltozoppo di Gioacchino Criaco

C'era una volta un castello fatato, un grande mago l'aveva creato per noi, comincia così il canto "La nostra favola" di Jimmy Fontana e comincia così Il saltozoppo, favola e fiaba di Criaco, narrata affinché noi possiamo trarne una morale, un insegnamento. Narrata con l'artificio della fiaba per offrire quella luce e quel futuro che ognuno si augura lieto anche dopo aver sgominato mostri e truppe sanguinarie, affrontato ostacoli e subito prepotenze. Il bene vince, così nelle fiabe come nella scrittura, come consolazione, come desiderio e seme che germoglierà.
Leggo Il Saltozoppo e guardo il mare Ionio  steso su un litorale lunghissimo, ora tappezzato di case su case.
Leggo e vado  da Pietragrande a Riace e poi giù Locri, Siderno...
La Locride e le sue faglie, i suoi calanchi che scendono giù, le fiumare. La fiumara  Allaro. Tra il 1951 e il 1953 la fiumara esonda creando enormi disastri al comune di Caulonia. Una terra che cambia e  balla con una gamba sola, nella storia degli uomini che se la contendono.
In questo luogo tessono le Parche i destini di noi uomini in cerca di spazio. Qui come antiche figure mitologiche stanno ai loro telai le nonne, ed insieme una matriarca, zia Tuzza, quasi mummificata viene issata su un trono per la festa di san Silvestro. Qui si tesse con colori sgargianti il corredo, il tovagliato con cui allietare banchetti, asciugamani e damaschi da esporre al balcone al passare della sera nella festa del santo. Qui ci stanno famiglie che si odiano per un pezzo di terra che sparisce in una sola spazzata del torrente. Terra difficile. Alluvionata, sia morfologicamente che nell'anima dei suoi abitanti sempre in costante all'erta contro un nemico a cui piantare uno sparo uno sputo una maledizione. 
Eppure come nella fiaba di Propp i suoi elementi si mescolano ed il bene ha un volto  consegnato ad Agnese dalle donne che intrecciano i fili  "Lana, seta, canapa, ginestra... la stanza dei telai era un composto di profumi: filati e colori che si mischiavano nell'aria per dare a quel posto un sentore che era solo il nostro. Di donna. Lì dentro avevo saputo e capito tante cose. Lì, le parole delle donne si intrecciavano, costruendo una scala di corda che si arrampicava attraverso gli anni passati, risaliva il tempo di decenni e poi di secoli." e la nonna le dice " Il tempo si ingrigisce e io uso colori sgargianti. E più fuori diventa nero, più qua dentro noi uniamo trame colorate, vive, a orditi pallidi."
C'era una volta in un paese fatato, c'era una volta un bambino dal nome straniero, Julien, e tutti i Julien della letteratura ci sorridono affettuosi, e questo bimbo va alla festa del paese "Durante il ballo si rompevano le convenzioni, cadevano i divieti. Io mi misi in coda, dietro a tanti ragazzini, per toccare l'ernia  di don Nino Codispoti, di cui si diceva che la suonasse come una zampogna"
Julien che si rifiuta di sparare ad una bottiglia di vetro, Julien che confessa " vidi le cose per come erano: avevo sempre saputo cos'era la peste, e dopo un po' avevo intuito che mio padre era uno degli untori" Julien che era un campione del saltozoppo  "piego la gamba destra dietro la schiena e saltello fino all'uscita sulla sinistra"  
"Quattro salti, è la lunghezza del mio passaggio. Me ne bastano tre per coprirne la larghezza. Mentre ce ne vorrebbero più di dieci per scalarlo, ma non servirebbe a nulla, il cielo non potrei toccarlo..." 
Qui e lì gli avverbi di luogo più usati da me per collocare luoghi e spazi che vanno poi dirigendosi verso Milano alla fermata di Porta Vittoria e la fiaba diventa un thriller per poi ritornare al funerale di zia Tuzza.
 "Per sapere i fatti è necessario ascoltare le donne, unici testi attendibili delle storie familiari per come davvero si sono svolte. Presenze mute che interpretano le assenze, lavano i panni sporchi di sangue e riescono ad ascoltare e interrogare persino i morti. La verità e il cambiamento sono affidati a loro."
Agnese dolce Agnese con la musica di Ivan Graziani
Io penso ad un barcone 
rovesciato al sole 
in un giorno in pieno agosto 
le biciclette in riva al mare 
Agnese mi parlava 
della sabbia infuocata 
ed io non so perché 
non l'ho dimenticata. 
e poi Agnese Therrime e la sua passione per la tessitura ci riporta alla storia. Una coltivazione di gelsi bianchi 

 "La Calabria è una terra strana, sospesa tra passato e presente. La sua lingua non contiene il futuro dei verbi, il domani è affidato al destino." E io riprendo il racconto delle nonne. L'elastico che ci tiene in vita. 

sabato 17 ottobre 2015

Massimo Cacciari a Vibo. " Perché Leggere?"

Perché leggere? Risposta: Per capire.
Capio-prendere-comprendere.
Comincio dalla fine una lezione iniziata con la doppia etimologia della parola leggere, nel suo significato greco e latino. Dalla radice leg,  è Logos parola, linguaggio, in greco, in latino leg lego raccolgo, metto insieme. 
E nel primo frammento di Eraclito questo logos è armonia, ciò che armonizza facendo in modo che abbiano un senso ed un significato le parole.
Come in un prato raccogliamo e scegliamo i fiori armonizzandoli secondo colore e forma e profumo per ottenere piacere e bellezza così chi legge raccoglie la lettura, il mazzo di fiori, parole, per il piacere di capire. 
Nel VII e VI secolo si ha il passaggio dall'oralità alla scrittura. Omero. Nella trasformazione del linguaggio in segni, dalla parola viva alla lettura, la parola scritta.
Ci furono molte resistenze, allora, verso la scrittura, considerata la causa della perdita della memoria.
Fino a quel tempo tutto veniva tramandato oralmente ed imparato a memoria. Si veneravano le Muse e Mnemosine.
Ma nel passaggio dalla fase orale dell'umanità alla fase scritta la parola era muta, senza suono, senza dialogo.
Vico studiò le fasi del passaggio in cui nella scrittura si deposita il significato della raccolta dei segni razionali, per far capire razionalmente quello che era stato un turbamento del sentire: Ciò che sta a cuore. 
C'è una storia dietro lo scritto, da leggere ad alta voce anche da soli, per ridare voce al testo; Da Eraclito a Parmenide, a Sant'Agostino che leggeva a voce alta da solo, a Cicerone e Quintiliano, la nascita della retorica. 
Uno scritto deve seguire regole sintattiche e grammaticali, deve essere senza errori di forma ma poi bisogna trovare un argomento e svilupparlo con fantasia, con originalità. 
Prima di scrivere bisogna immaginare, in un rapporto intersoggettivo fra chi scrive e chi leggerà. 
Una relazione fra umani.

La lingua è anche un corpo che parla, è fatta di gesti, di suoni, di musica, di ritmo.
La scrittura è metrica. Poesia.
Ogni lingua ha la sua poesia che fonda, ricorda e riconosce. Dobbiamo capire. 
La ricerca del nostro leggere e scrivere è capire.
Capire la complessità in cui viviamo, i processi storici e l'idea che ci sostiene.
Il linguaggio e l'idea sono indiscindibili per domandarci sempre noi davanti ad un nostro interlocutore: chi sei? come ti chiami? quale linguaggio adoperi?
La domanda è già una risposta.
Il chiedersi. 
Ecco perché leggere e, aggiungerei io, studiare
Ippolita Luzzo   

venerdì 16 ottobre 2015

Antonio Bux- Un Luogo Neutrale

Ho conosciuto Antonio Bux, in un social, che lui chiama Un Luogo Neutrale, fra i commenti ad altri libri lui mi era simpaticissimo. Mi ha mandato subito le sue poesie ed io, stronza, ho risposto:-Eh, No. Scriverò di Sannelli, è bravissimo-
Invece di mandarmi a quel paese, confermò che Sannelli molto bravo è conquistandomi. Da allora presi a leggere tutte le sue poesie ed i suoi post sorridendo oppure riflettendo e mi sono comprata Un Luogo Neutrale di Antonio con convinzione. Eccolo qui con me questo luogo, che nessun luogo neutrale è, caro Antonio, anche qui nella virtualità siamo sempre tali e quali alla realtà. Forse ancora più nudi.
Ti leggo dal mio "Limite Urbano" quando usciamo siamo costretti 
e la casa che diventa ago, La dura terra è tutta la vita che hai, la via d'entrata/ è riconoscersi pietra... Scrivo i tuoi versi in corsivo ricordando la tua insistenza su facebook affinché vengano comprati i tuoi libri, affinché vengano comprati i libri dei poeti che meritano, come la goccia che scava la pietra tu, esattamente come diceva a me mio nonno quando volevo duecento lire per comprarmi un burattino di legno, il mio Pinocchio. Insistevamo certi delle nostre necessità come quel poeta Emilio Villa che scriveva con il becco sui sassi. 
 Come trappola usavamo/un libro smangiucchiato/di un certo Emilio Villa;/mio nonno diceva fosse/un poeta,e spesso ripeteva:/è uno di quelli già morti/ in vita,che scrivono sui sassi con il becco. 
Il sasso ritorna da Sciascia a noi, non si può cavar sangue dalle pietre, eppure noi possiamo lanciarlo questo sasso 
Pochi sanno come sia prossimo l'alto significato. guardare, non toccare, l'artificio del dubbio, e finalmente spegnersi sempre.

Le Tue parole sono migliori di te

Le tasche piene d'incoscienza, l'oro sono venuti a rubarti nelle tasche/
Sono venuti a rubarci il sereno, sono/ gli stessi che ti tendono la mano, a dirti/ ora nessuno si salva da solo, e a darti/ poi qualunque veleno, la stessa sostanza così/ simile all'oro, crescila in te più lontano dove/ è l'azzurro del cielo che ti apre la mano.

Leggere le poesie di Antonio Bux è salire una scaletta e poi guardare il mondo poetico dal piolo che ognuno di noi riesce a guadagnarsi. Il piolo della quotidianità, con la sua lavatrice dove con  lui nel sogno nuotavamo, il piolo della logica di certi discorsi, il piolo delle stagioni, del vento e della neve che mutano a secondo di quello che sentiva l'orecchio.
Un dialogo fatto con geometrica continuità, con insistenza caparbia, per far ben intendere che poi non è facilità, non è comodità ma una spinta interiore che ti costringe a usare parole per dire che è molto tempo che non riesco più a vivere.
Con uno stile irriverente e suo, lui ci invoglia a sapere. 
"Non resta che sapere. Scrivere poesie fa solitudine. Sapere che la solitudine col tempo diventa una mano e prende a schiaffi il silenzio e poi" Leggetelo. Ho volutamente messo in prosa i suoi versi che divagano nella metrica non seguendo nessun schema se non un periodare spezzato per sottolineare la sdrucciolevole strada del pensiero. Una strada segnata dai tanti sassolini che si uniranno per formare la via, la verità ed il verbo.
Con grande piacevolezza ed affetto auguro ad Antonio una occasione. Dall'autografo bianco 


giovedì 15 ottobre 2015

Umberto Galimberti a Palazzo Gagliardi

Accovacciata ad ascoltare Umberto Galimberti

“L’uomo nell'età della tecnica” la lectio magistralis che tiene il professore Umberto Galimberti al Tropea Festival Leggere&Scrivere questa sera di mercoledì comincia nella corsa ai posti già occupati dalla precedente conferenza. Come possano ascoltare una lezione dietro l’altra rimarrà per me un mistero rimanendo io sempre imbevuta tanto da qualsivoglia unica lezione da non poter aver spazio per altra.
Comunque i posti non ci sono ed io benché avrei due o tre requisiti per aver diritto al posto mi siedo per terra, beatamente. Nell'era della tecnica è la nuda terra, il pavimento, l’unica certezza del futuro. Penna e foglio dunque e canticchiando Baglioni” accoccolata ad ascoltar l’Umberto” dunque e dunque comincia con un dunque  la presentatrice in azzurro polvere e tacchi 35 sottilissimi e domanda all'ospite se “riusciremo ad abbracciare la nostra fisionomia”.
La risposta soffia nel vento e seguiamo la storia del pensiero filosofico fin dal suo primo domandarsi chi noi siamo. Intanto quello che non siamo. L’uomo non è un animale perché non ha istinti. L’animale si muove per istinti, l’uomo ha differito la soddisfazione degli istinti, li controlla e li sublima. Rispetto all'animale, nel suo rapporto con la natura, è un essere mancante, scoordinato, ha quindi bisogno di inventare nuovi strumenti per soddisfare i suoi bisogni e dominare la natura. Nella categoria della necessità deve coprirsi per proteggersi dal freddo, deve procurarsi  i cibi per nutrirsi e conservarli per i periodi di carestia, deve occuparsi di una prole per molto tempo non autonoma.
Nel Prometeo incatenato di Eschilo la lotta degli uomini per affrancarsi dalla necessità, il dono del fuoco per illuminare le notti buie è stato  pagato da Prometeo con la punizione divina. Ho sempre iniziato così le mie lezioni di storia facendo imparare ai ragazzi i versi di questa tragedia. L’uomo che lotta, il preveggente che dona la vista, e poi la storia, la scrittura che racconta.
Natura e tecnica continua Galimberti passando per Socrate e Platone, e dalla Bibbia dove la natura viene consegnata da Dio all'uomo.
Bacone e poi la nascita della scienza moderna con il metodo di Galileo, una ipotesi, faccio un esperimento e poi verifico. La rivoluzione copernicana. “L’uomo non è più uno scolaretto della natura ma la obbliga e diventa padrone e protettore del mondo. Dopo due secoli avremo l’universo tecnico di Hegel e il pieno possesso degli strumenti con una modifica sostanziale del paesaggio perché quando un fenomeno aumenta troppo il paesaggio cambia. Cambiano i rapporti e nel mondo umano il denaro da mezzo diventa un dio. Il denaro come fine dice Marx e la tecnica da mezzo diventa fine.
Se il mezzo diventa fine tutti gli scopi diventano nulli e se oggi l’economia ed il mercato sembrano che siano il fine e se la tecnica sia il fine tutto finisce, argomenta amaro Galimberti ricordando che la democrazia, parola dimenticata e utopica, non è andare a votare ma creare per tutti le stesse opportunità.

“L’età della tecnica è iniziata col nazismo, quando importante era saper fare il compito che era stato assegnato senza badare al contenuto. La tecnica ti chiede solo di ubbidire all'apparato, ti fa servo.”  Servi io ho sempre pensato dei  tecnici e di chi si fa schermo di questa parola per non avere responsabilità, per rigettare le responsabilità che abbiamo.  La tecnica uccide il pensiero alternativo, vorrebbe. La scienza invece ricerca in continuazione, lo scienziato non sa lo scopo che ha la sua ricerca, e lui ci racconta di sua moglie, morta nel 2008, che ricercò per anni una molecola e poi confessò che non sapeva a cosa sarebbe servita ma la conoscenza servirà sicuramente, perché conoscere ci rende liberi, liberi di cercare.  Ora siamo tutti con un cellulare in mano, conclude Galimberti, non si percepisce la distanza e la prospettiva, ed anche l’arte è asservita ad un mercato che ingloba il pensiero creativo distorcendolo a pura fruizione. Oggi funziona solo l’utilità. Conclusione amarissima e pur nella sua verità procura in noi la ribellione ad un mondo che vorremmo ancora a misura d’uomo e non di tecnica. 

Il secchio e l'acqua al Marca- Michele Tarzia

Sabato 10 Ottobre al Marca di Catanzaro per la Giornata del Contemporaneo Rassegna di Video Arte con opere di Bianco-Valente, Coniglioviola, Con.Tatto, Corpicrudi, Mocellin-Pellegrini, movimentomilc
L'arte concentrata in pochi attimi e ti ho detto tutto, avrebbe esclamato Totò.  In pochi filmati un concetto che  arriva con fotogrammi contati. Scendiamo a vedere il video dopo essere stati ai piani superiori dove i quadri appesi alle pareti stavano. Fermi. E il gioco consisteva  nell'interpretazione diversa che alcuni allievi dell'accademia avevano riprodotto ed in una improbabile installazione di un albero della cuccagna desolante e da pilone autostradale più che da fruizione estetica.  
Intanto  incontro  un caro amico  e nella felicità del rivederci  conosco Michele, coautore di movimentomilc, uno dei video che vedremo.  Scambiamo poche frasi e 

Le prime immagini che ci vengono incontro, camminano imbavagliata lei e cieco lui, fino a scomparire dopo essersi tolti, l'un l'altro, il bavaglio e la fascia  sugli occhi
 lei  mima un urlo.
Gli appunti mi riportano a momenti di grande commozione. Lui e Lei che strappano uno la pelle dal viso dell'altro, la tirano e la tolgono dal viso, e delicatamente tolgono i residui della sovrastruttura lasciando il viso pulito.
La medusa con nel suo corpo trasparente la forma di un uomo ed un mare che risuona straziato i rumori dei tanti lamenti di corpi annegati. Nel terribile mondo della migrazione. Il dramma.
Appena fuori di casa mi misi a correre... comincia a scrivere così dal diario a Mario e continua a scrivere parole e parole sulle parole quella penna che va sullo stesso foglio, sulla stessa pagina "Il mare non bagna Napoli" di Anna Maria Ortese, "Figli di un Dio Minore"di Massimo De Cataldo  e via via fino a che il foglio diventa nero.
Poi appare lei, la nuvola di Michele. Non sappiamo se è una nuvola oppure un secchio. Se lo domandano i due filosofi Locke e Leibniz. per Leibniz è un secchio.  Il secchio è la sostanza? domanda Locke e Leibniz afferma che esiste. E qual è la sostanza del secchio? L'acqua, risponde Leibniz... un domandarsi su forma e contenuto che riporta Locke a dire" potremmo ricominciare daccapo il dialogo...
così come io vorrei ricominciare daccapo il dialogo con Michele, medium di un'arte che invade il campo e chiede il sacrificio della scontentezza... per continuare a domandarsi e a conoscere la bellezza della comunicazione pur nella difficoltà dei corpi. 
"Ritratti e Méduses" che dal Marca sono andati  al Tropea Festival Leggere&Scrivere il 13 Ottobre