Annarita Calogero sposata Bogliotti
Marisa Nocito sposata Droero
Franca Cavallaro sposata Minuto
Santina Paletta sposata Accomasso
Dora Lucà sposata Verderame
Cinque donne per tutte le altre donne che hanno lasciato la terra dove sono nate e hanno sposato uno sconosciuto, altrettanto spaesato, e trascorso intere esistenze, recidendo quasi definitivamente i legami con le famiglie d'origine.
Cinque o moltissime di loro, tolte dall'oblio, che si raccontano e ci raccontano una storia contemporanea, fatta di rassegnazione e di accettazione, di vita in campagne ed in stalle, di destini più o meno fortunati.
martedì 23 giugno 2015
lunedì 22 giugno 2015
Fernando Muraca- Siamo fratelli nella Terra dei Santi
Fernando
Muraca: prima di tutto l'uomo
Nazim Hikmet - Prima di tutto l'Uomo
Non vivere su questa terra
come un estraneo
o come un turista della natura:
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre;
Credi al grano, alla terra, all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza
del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.
come un estraneo
o come un turista della natura:
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre;
Credi al grano, alla terra, all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza
del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.
Da poco rientrato dal festival internazionale
del cinema a Shanghai, dove ha presentato “ La Terra dei Santi” suo
primo film, uscito nel 2015, nel Focus Italy, gli otto film scelti dai cinesi
fra ottanta film italiani per far conoscere ogni anno il nostro mondo, Fernando
Muraca, regista, trascorre con noi, spettatrici e scribanti per testata web,
ore di felicità.
Prima di
tutto l'uomo. Con i versi di Nazim Hikmet su cosa debba dare la gioia, sto
ancora nell'intervista, chiacchierata amichevole, che io, Giovanna Villella e sua sorella Francesca, abbiamo stasera fatto
con Fernando.
Peregrinando dal Chiostro di San Domenico, fin sul palco della piazzetta adiacente, e con alle spalle le mani di Trame, rassegna di libri contro le mafia, io scrivo, Giovanna domanda, Francesca fotografa e lui parla arrotolando minuscole sigarette che hanno l'inconsistenza del foglio. Lo guardiamo attente per non perdere momenti, spezzoni di un film che si fermerà nelle nostre menti, insieme alla musica che prima ci fece colonna sonora e che chiuderà stasera il festival Trame.
Peregrinando dal Chiostro di San Domenico, fin sul palco della piazzetta adiacente, e con alle spalle le mani di Trame, rassegna di libri contro le mafia, io scrivo, Giovanna domanda, Francesca fotografa e lui parla arrotolando minuscole sigarette che hanno l'inconsistenza del foglio. Lo guardiamo attente per non perdere momenti, spezzoni di un film che si fermerà nelle nostre menti, insieme alla musica che prima ci fece colonna sonora e che chiuderà stasera il festival Trame.
Giovanna vuole sapere tutto del film, e chiede
il come, il perché, e le sequenze diventano quasi una persona fra noi.
Il film
narra l'incontro fra una giudice,
Vittoria, Valeria Solarino, e una madre -Assunta, Daniela Marra- due sistemi antitetici di vita.
Assunta è costretta a sposare il fratello del marito
morto e madre di un giovane 'ndranghetista, è divisa fra i due mondi di Vittoria, la legge, e della cognata Caterina -Lorenza Indovina,
questa una versione cattiva della
persona totalmente amorale.
Come sono
state scelte le donne protagoniste?
“Per trovare
Assunta ho fatto più di cento provini,
volevo una donna che ricordasse il sud, che fosse del sud, che lo facesse
vedere sulla pelle, perché è la pelle che fa la differenza.
Caterina
doveva essere il male assoluto, quindi avevo bisogno di una attrice come Lorenza,
ed il magistrato, Valeria Solarino, essere elegante. Insieme umana e
rappresentante istituzioni certe. In cui credere. “
Come mai il
film è ambientato in Puglia e non in Calabria, a Lamezia?
“ La regione
Calabria si è sempre disinteressata al progetto. Infatti ci sono voluti sei anni
per realizzarlo. La Puglia ha favorito il lavoro, contribuendo a che si realizzasse. Ho spostato l’ambientazione a Manfredonia e
dintorni perché luoghi più somiglianti al mare di Lamezia, all'anfiteatro del
Parco Mitoio di Caronte, dove avrei voluto svolgere la scena dell’uccisione del
figlio di Assunta, una scena da tragedia greca.”
Il film, ci
sorprende Fernando, non è sulla ‘ndrangheta, in senso stretto, ma sul
dolore. Sulla scelta fra credere
possibile alleviarlo ed avere speranza,
oppure non credere e vivere nel buio, nel vuoto. Lui ci ricorda infatti che noi viviamo nella terra
dei santi ed antropologicamente siamo
strutturati per amare, per essere generosi , non solo cose da riempire,
ma esseri che vogliono donare. Non possediamo nulla, malgrado ciò tutti vorremmo riempire
questo nulla con cose, dimenticando che possediamo
l’umanità.
Tutto questo
modo di pensare precede il Cristianesimo, non appartiene ad un credo religioso,
benché il regista sia cristiano. Questo pensiero risale ai filosofi che si
interrogarono su chi e cosa fosse l’uomo, da Socrate in poi, su come bisognasse
educare, dando fiducia a ciascuno, cercando di vedere al di là di ogni atto
e situazione contingente l’uomo.
Nel darci lo
scoop della serata, ci rivela in anteprima per Lameziaterme.it il titolo del suo nuovo film “ Siamo Fratelli”
scritto con Angela Iantosca, questa volta sugli uomini della ‘ndrangheta e nello
stesso tempo un film su un popolo che non può essere capito solo con processi
cognitivi e applicazioni di leggi, ma ha bisogno di essere compreso con l’intelligenza
emotiva. Un popolo, quello della ‘ndrangheta,
che può essere disarmato se togliamo l’oggetto del gioco, i fucili, ed al
loro posto regaliamo le bolle di sapone. Un popolo che deve essere accolto dai rappresentanti della legge non solo con pene
detentive e carcere ma applicando quei
meravigliosi articoli della Costituzione Italiana, articolo 13 e articolo 27 in cui le pene tendono alla rieducazione.
Il giudice,
continua ora Fernando, di fronte a tre avvocate, che si sono fermate per
salutare, deve avere altezza di intendimento, trovare l’uomo nello spirito
della legge e così devono fare gli avvocati penalisti, non relegarsi a semplici
passacarte ma uno specchio in cui l’altro possa riflettersi. Specchio di
umanità.
Con le
parole alte di una società civile che debba camminare dando la mano a chi sta
in difficoltà, accogliendo e a fermarsi se qualcuno sbaglia, con gli esempi della Fazenda appena inaugurata a Lamezia, veniamo trasportati nel regno di una idealità fattiva. Ciascuno di noi, ci
chiede Fernando, può, nel suo campo, portare la buona novella, evangelica, mai
tramontata.
Prima di
tutto l’uomo e Fernando ci raccomanda di non lasciare soli coloro che danno
vita al progetto della "Fazenda da Esperança", che ha
aperto in Italia la sua prima sede in località Lenza Viscardi a Lamezia Terme, in una struttura confiscata
alla criminalità organizzata e affidata dal Comune di Lamezia alla Caritas
Diocesana nel dicembre 2014.
"opere
segno", progetti che esprimano il
riscatto morale e sociale attraverso la promozione della giustizia e della
solidarietà, dicono tanti giornalisti.
"Quattro fondatori – Nelson Giovanelli, Frate
Hans Steppel, Lucylene Rosendo e Iraci Leite – che all'inizio degli anni '80
diedero vita in Brasile alla prima comunità per il recupero di giovani tossicodipendenti,
con un metodo fondato sulla vita
evangelica e sulla riscoperta della dignità della persona
12 giovani
saranno accolti nella comunità lametina, che sarà guidata da Marden Svicero,
Clayton Ribeiru e Padre Joseph Citumba." da un articolo del Dispaccio.
Prima di
tutto l’uomo.
"Intanto escono le nomination dei Globi
d'oro: Siamo nella cinquina per il premio Miglior Opera Prima" leggo sulla bacheca di facebook
Fernando Muraca con noi. Da Il Visconte di Bragelonne di Dumas, libro che stava per andare al macero, fra i tanti dello scaffale, e che invece la zia portò a lui, a Divisione Cancro di Solženicyn, libro comprato, a nove anni, dopo aver letto il Visconte, con la richiesta fatta al libraio di dargli il libro più difficile che ci fosse, Fernando ha aperto il suo mondo nello stesso modo in cui la lettura ha aperto a lui un mondo. Sono passate le ore e dobbiamo salutarci
convinte che questo modo di fare cinema, di fare scuola, di fare informazione
sia il migliore dei modi e dei mondi possibili.
con Hikmet nella chiusa della sua poesia un augurio felice di realtà condivise
Ti dian gioia
tutti i beni della terra.
L'ombra e la luce ti dian gioia,
le quattro stagioni ti dian gioia
ma soprattutto, a piene mani
ti dia gioia l'uomo.
con Hikmet nella chiusa della sua poesia un augurio felice di realtà condivise
Ti dian gioia
tutti i beni della terra.
L'ombra e la luce ti dian gioia,
le quattro stagioni ti dian gioia
ma soprattutto, a piene mani
ti dia gioia l'uomo.
Ippolita Luzzo
Nazim- sua poesia
Nazim Hikmet - Prima di tutto l'Uomo
Non vivere su questa terra
come un estraneo
o come un turista della natura:
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre;
Credi al grano, alla terra, all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza
del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.
Ti dian gioia
tutti i beni della terra.
L'ombra e la luce ti dian gioia,
le quattro stagioni ti dian gioia
ma soprattutto, a piene mani
ti dia gioia l'uomo.
come un estraneo
o come un turista della natura:
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre;
Credi al grano, alla terra, all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza
del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.
Ti dian gioia
tutti i beni della terra.
L'ombra e la luce ti dian gioia,
le quattro stagioni ti dian gioia
ma soprattutto, a piene mani
ti dia gioia l'uomo.
Fernando Muraca: Prima di tutto L'uomo.
venerdì 19 giugno 2015
Franco La Torre- La scelta criminale
Franco La Torre parla al festival dei libri delle mafie a Lamezia Terme. Presenta suo libro e io prendo appunti sui quali dovrò scrivere.
Giovedì ore 20.00 in piazzetta San Domenico la giornalista Raffaella Calandra fa una domanda a Franco La Torre e riesce a condurre la serata ripetendo la stessa per tutto il tempo a disposizione.
La domanda è già di per sé una distorsione. Infatti Franco La Torre non risponde e ottiene mio plauso silenzioso e attestato di stima.
Unica cosa che sembra interessare la giornalista è sapere come mai si dimenticarono di Pio La Torre i suoi colleghi di partito ( non pronuncia la parola compagni, come se si chiamassero colleghi nel partito, allora )
Franco La Torre conduce a suo modo la serata, con tensione e con rabbia trattenuta da grande equilibrio. Risponde ricordando la legge Rognoni-La Torre applicata dopo l'uccisione di suo padre, ma lo fa riprendendo tutto un cammino di vita, di scelta di vita, di scuola. Pio La Torre, fu ucciso il 30 Aprile del 1982. Nato in una famiglia contadina nel 1927, va a scuola, quando la scuola era divisa in scuola per poveri e scuola per ricchi, esattamente come ora.
Incontra un professore di filosofia che sarà quasi il suo Virgilio, colui che indica una strada verso la dignità ed il rispetto, dopo aver attraversato inferno e purgatorio. Per sostenere rivendicazioni di trattamento salariale e giustizia sociale partecipa a lotte con la Confederterra e con la Cgil come segretario regionale della Sicilia, infine nella segreteria nazionale del partito comunista, partito per il quale fu eletto deputato nel 1972. Sua la legge proposta con Rognoni e votata dopo la sua morte, dopo la morte di Dalla Chiesa e di tutti gli uomini veri dello Stato. Una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa Art 416 Bis C.P. ed una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi.
Di quelle stragi, antecedenti l'applicazione della legge, abbiamo le immagini dei vari telegiornali e giornali assemblati nel poetico film di Pif " La Mafia uccide solo d'estate"
Sono passati più di trenta anni. Franco La Torre ha ora 59 anni, suo padre fu ucciso che di anni ne aveva 54. Si fa la conta degli anni rubati agli affetti, all'impegno, anni rubati dalla violenza di un potere criminale.
La politica ha delegato, in questi anni, alla magistratura il compito di fare scelte, di fermare i corrotti, di impedire che slealtà e compravendite delle indulgenze divenissero comportamento corrente. Il mondo della politica chiede, da allora, alla magistratura di fermare il comportamento non politico dei suoi abitanti. Abitanti impauriti, ci dice Franco La Torre
Un conto è essere coerenti nel ricordare un sacrificio di qualcuno che è morto, un conto è fare scelte sulla base di una legge Rognoni- La Torre.
E chiedendo la coerenza, parola quanto mai fuori moda, Franco La Torre continua a stare sulle ginocchia di Pio La Torre, raccontando una storia vera di libertà.
Giovedì ore 20.00 in piazzetta San Domenico la giornalista Raffaella Calandra fa una domanda a Franco La Torre e riesce a condurre la serata ripetendo la stessa per tutto il tempo a disposizione.
La domanda è già di per sé una distorsione. Infatti Franco La Torre non risponde e ottiene mio plauso silenzioso e attestato di stima.
Unica cosa che sembra interessare la giornalista è sapere come mai si dimenticarono di Pio La Torre i suoi colleghi di partito ( non pronuncia la parola compagni, come se si chiamassero colleghi nel partito, allora )
Franco La Torre conduce a suo modo la serata, con tensione e con rabbia trattenuta da grande equilibrio. Risponde ricordando la legge Rognoni-La Torre applicata dopo l'uccisione di suo padre, ma lo fa riprendendo tutto un cammino di vita, di scelta di vita, di scuola. Pio La Torre, fu ucciso il 30 Aprile del 1982. Nato in una famiglia contadina nel 1927, va a scuola, quando la scuola era divisa in scuola per poveri e scuola per ricchi, esattamente come ora.
Incontra un professore di filosofia che sarà quasi il suo Virgilio, colui che indica una strada verso la dignità ed il rispetto, dopo aver attraversato inferno e purgatorio. Per sostenere rivendicazioni di trattamento salariale e giustizia sociale partecipa a lotte con la Confederterra e con la Cgil come segretario regionale della Sicilia, infine nella segreteria nazionale del partito comunista, partito per il quale fu eletto deputato nel 1972. Sua la legge proposta con Rognoni e votata dopo la sua morte, dopo la morte di Dalla Chiesa e di tutti gli uomini veri dello Stato. Una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa Art 416 Bis C.P. ed una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi.
Di quelle stragi, antecedenti l'applicazione della legge, abbiamo le immagini dei vari telegiornali e giornali assemblati nel poetico film di Pif " La Mafia uccide solo d'estate"
Sono passati più di trenta anni. Franco La Torre ha ora 59 anni, suo padre fu ucciso che di anni ne aveva 54. Si fa la conta degli anni rubati agli affetti, all'impegno, anni rubati dalla violenza di un potere criminale.
La politica ha delegato, in questi anni, alla magistratura il compito di fare scelte, di fermare i corrotti, di impedire che slealtà e compravendite delle indulgenze divenissero comportamento corrente. Il mondo della politica chiede, da allora, alla magistratura di fermare il comportamento non politico dei suoi abitanti. Abitanti impauriti, ci dice Franco La Torre
Un conto è essere coerenti nel ricordare un sacrificio di qualcuno che è morto, un conto è fare scelte sulla base di una legge Rognoni- La Torre.
E chiedendo la coerenza, parola quanto mai fuori moda, Franco La Torre continua a stare sulle ginocchia di Pio La Torre, raccontando una storia vera di libertà.
giovedì 18 giugno 2015
Luigi Lo Cascio a Trame
"La Forza della parola" Lettura di Luigi Lo Cascio al Chiostro San Domenico.
"Leggerò i testi di Giuseppe Fava, ricorderò il suo
impegno per la ricerca della verità". #trame5
Legge infatti i testi di Fava e per ultimo l’ultimo articolo
di Giancarlo Siani, scritto prima che i
colpi lo uccidessero e fermassero lui e la sua Méhari, verde allegria.
In Piazzetta San Domenico Luigi Lo Cascio a bordo della 'Méhari" di
Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” simbolo di questa edizione del
festival. Da Siani « Quella pioggia poteva
fare pulizia, ma anche la pioggia a Torre Annunziata diventava subito
fango. »
Esempi e simboli, segni e significato di un modo di fare, di
voler esser padroni di dire.
La forza delle parole, dai riti antichi ai riti moderni, ai
festival che dovrebbero esorcizzare un male che toglie la parola.
Luigi Lo Cascio legge articoli di Pippo Fava da I Siciliani,
rivista fondata da lui nel 1983. Due sue romanzi. Negli anni ’70 Fava era noto
forse più come scrittore e drammaturgo che come giornalista. Due suoi romanzi, Gente
di rispetto e Prima che vi uccidano. Titoli profetici.
Luigi Lo Cascio legge, superlativo della voce del verbo,
atto del leggere davvero, la storia di Palma di Montechiaro: La salvezza dell’uomo qui è anche la sua
condanna; il destino di nascere a Palma di Montechiaro, patire febbri, stenti,
malattia, ignoranza, umiliazione, si può spezzare soltanto cercando altrove per
il modo la maniera di sopravvivere.(da “Processo alla Sicilia”, 1967)
Legge, sempre voce
del verbo leggere, voce e anima, legge Fantastica intervista col presidente
della regione D’Acquisto, presidente della regione Sicilia dal primo Maggio
1980,e poi insignito dal governo Berlusconi
della carica di presidente di Italia Lavoro Sicilia, carica che terrà fino al
2009.
Dopo tre giorni di
anticamera Pippo Fava sale nei saloni stuccati della regione Sicilia e inizia
una storia clownesca, di equivoci plautini, una atellana, una storia di rimandi
storici e di dipinti alla vucciria. Come Guttuso. Rido e rido dell’intelligenza di questo uomo,
giornalista, scrittore, un eclettico,
non incasellabile nelle scatole del mondo letterario.
Rido tanto che mia
compagna di scuola mi riconosce dalla risata e da dietro mi saluta. Avrò
esagerato nel ridere? Riprendo a ridere con il riso della consonanza alle
parole di Fava, ai gesti di Luigi Lo Cascio, al terribile sberleffo che Fava fa
del potere, dei soldi chiusi in cristallerie, in banche, ai soldi, polvere
bianca che serve al potere.
I siciliani sono
ricchi- D’Acquisto docet
Ritorno a casa e
rileggo una favola raccontata da Fava. C’era una volta nel paese di Camporeale
Pasquale Almerico, un sindaco che rifiuta le tessere di quattrocento mafiosi. Una favola siciliana. Come tutte le favole
siciliane il sindaco, onesto, verrà fatto passare per pazzo, denigrato e
irriso, lasciato solo e poi ucciso dopo averne ucciso la temerarietà. Fava
verrà ucciso come Siani, come il sindaco.
La forza delle parole rimane nell'ammirazione. Non ci sarebbe bisogno di eroi se tutti fossimo come loro.
Ieri sera un grande
Luigi Lo Cascio ci ha dato vivi Fava e Siani, semplicemente leggendo per davvero.
Giuseppe Fava
nacque a Palazzolo Acreide (SR) il 15 settembre del 1925. Del segno della
vergine dunque. Come Rita Atria.
martedì 16 giugno 2015
Conferenza stampa Trame
Conferenza stampa Trame web. Appunti scherzosi ed ironici, puro divertimento. Mi trovo a spiegare l'approccio ironico e mi accorgo che dovrei cominciare dalla parola ironia e dalla parola gioco. Così se scrivo " Insieme ai riflettori del New York Times e del The Economist gli appunti riflettenti del sito web www.lameziaterme.it" è ovvio che sto amplificando, sorridendo, una comparazione di termini presi dal giornale La Gazzetta del sud.
Trame, Festival dei libri sulle mafie, a Lamezia Terme, dal 17 al 21 giugno. Quinto anno di vita.
Pronto quindi, il festival ed i suoi volontari, a frequentare la scuola primaria e a continuare gli studi.
Esercito di volontari, e mi riferisco al titolo dell'articolo appena letto, mi sembra stessa amplificazione che io avevo applicato a me medesima paragonando il portale web al New York Times.
Festival vuol dire manifestazione, di festa, non una guerra, ed infatti qui nessuno ha equipaggio da lottatore, da guerriero.
Solo un bel momento, questi giorni, in cui Lamezia Terme ospiterà spettacoli e vedrà film, insieme a letture di brani di qualcuno che per davvero rischiò sua vita. In nome di dignità.
I festival servono alla cultura? Sarà la domanda che si farà Massimo Bray a chiusura delle cinque giornate, ricordando altre famose cinque giornate del quadrilatero.
Associazione scherzosa per dire che un festival permette incontri, giornate piacevoli e scambi di idee, di storia, di conoscenze e che tutti parteciperemo con felicità. Guardo e ascolto il programma nella lingua dei segni,
da Mery Maiolino, per Ente nazionale sordi di Lamezia, guardo e fotografo sognante ragazza accanto,
ed intanto interviene il sindaco, sindaco da appena due ore, nella sua prima uscita pubblica. E nel parlare lui non cita, ma ricorda le tematiche del film di Fernando Muraca " La terra dei santi", affidando alla comprensione, caso per caso, dei probabili collusi con criminalità. Comprensione ed apertura verso qualunque familiare voglia allontanarsi dalla malavita, senza condanne totalizzanti su interi gruppi familiari di appartenenza.
Bisogna dare la mano, dice lui, a chi, pur parente di criminale, se ne discosti, non ne faccia parte, senza condannare a priori.
Nel palazzo Nicotera ora la redazione si riunisce per ultimi ritocchi di rassegna ed io saluto la stampa vera che scriverà davvero.
Trame, Festival dei libri sulle mafie, a Lamezia Terme, dal 17 al 21 giugno. Quinto anno di vita.
Pronto quindi, il festival ed i suoi volontari, a frequentare la scuola primaria e a continuare gli studi.
Esercito di volontari, e mi riferisco al titolo dell'articolo appena letto, mi sembra stessa amplificazione che io avevo applicato a me medesima paragonando il portale web al New York Times.
Festival vuol dire manifestazione, di festa, non una guerra, ed infatti qui nessuno ha equipaggio da lottatore, da guerriero.
Solo un bel momento, questi giorni, in cui Lamezia Terme ospiterà spettacoli e vedrà film, insieme a letture di brani di qualcuno che per davvero rischiò sua vita. In nome di dignità.
I festival servono alla cultura? Sarà la domanda che si farà Massimo Bray a chiusura delle cinque giornate, ricordando altre famose cinque giornate del quadrilatero.
Associazione scherzosa per dire che un festival permette incontri, giornate piacevoli e scambi di idee, di storia, di conoscenze e che tutti parteciperemo con felicità. Guardo e ascolto il programma nella lingua dei segni,
da Mery Maiolino, per Ente nazionale sordi di Lamezia, guardo e fotografo sognante ragazza accanto,
ed intanto interviene il sindaco, sindaco da appena due ore, nella sua prima uscita pubblica. E nel parlare lui non cita, ma ricorda le tematiche del film di Fernando Muraca " La terra dei santi", affidando alla comprensione, caso per caso, dei probabili collusi con criminalità. Comprensione ed apertura verso qualunque familiare voglia allontanarsi dalla malavita, senza condanne totalizzanti su interi gruppi familiari di appartenenza.
Bisogna dare la mano, dice lui, a chi, pur parente di criminale, se ne discosti, non ne faccia parte, senza condannare a priori.
Nel palazzo Nicotera ora la redazione si riunisce per ultimi ritocchi di rassegna ed io saluto la stampa vera che scriverà davvero.
lunedì 15 giugno 2015
XXX APRILE Massimo Sannelli e Maurizio Carnevali: Un mio omaggio
Massimo Sannelli e Maurizio Carnevali
XXX APRILE
Ricevo in mail poesie e diario di Massimo Sannelli e nello
stesso giorno sono invitata alla mostra di Alberto Badolato e Maurizio
Carnevali nel giardino dell’ Altrove a Lamezia.
Appesi alla pietra viva con fili di acciaio i grandi quadri
dei due artisti sono emanazione della pietra stessa. Ne parlerò in un altro mio post, ora voglio
lanciarvi le immagini che si rincorrono nella mia testa e giocano quasi: Il
fauno di Maurizio ed il fauno di Sannelli, poeta ed attore, due grandi
sensibilità insieme.
Massimo Sannelli, nato ad Albenga, vive a Genova. Maurizio Carnevali conosce luoghi e storie di Genova, lui che ha dipinto le canzoni di De Andrè. Dipingerà le poesie di Massimo?
Poesie di Sannelli con dipinti di Maurizio
“se ride il fauno, il fauno si diverte
da sé; e come gioca? coi corpi gioca, con
gli animaletti morti, con le teste
di plastica trovate ed una donna,
viva e vera”
“Il fauno è all'ospedale: tra i malati è opaco
e senza film, è qui chi cammina.
in questo spazio pelo e peso, uso
di mano ma la preda vive ancora
e questo non è cibo, non è cibo. e il nido vano
è della bestia e ha dieci dita in terra
nei giardini di plastica e ora è mimo,
il mimo umano in via Madre di Dio.”
Alcuni versi di Sannelli che possiamo leggere nel seguente
sito https://lottadiclassico.files.wordpress.com/2015/06/xxx-aprile.pdf
Intanto io con questi
versi in testa giungo al giardino. Un pittore, Maurizio, che ama i colori, il rosso, soprattutto.
Maurizio aveva preparato le sue tele sul fauno e su Pan per
una mostra tenuta a Roma: Pan, amore e violenza. Guardo.
Il fauno, creatura dei boschi, uomo con piede di capra, che
venne poi identificato con Pan
Ed io con in mente un mio antico pezzo La cicala ed il satiro-5
settembre 2011
Cantava tutta l’estate, sui tigli fioriti la cicala cantava,
cantava: che bello, che bello, il sole, le stelle, la vita, il calore.
Suonava per boschi,
per valli incantati, suonava felice il
satiro Pan.
La cicala cantava dalla coda, si nutriva di rugiada, si
perdeva nei suoi suoni.
Cantava una sola estate. Poi moriva.
Pan, il tutto, pas, pasa pan, ricordi? il molteplice, il
duplice, era uomo e donna.
Unione di desiderio-uomo-ed incanto-donna.
Suonava, suonava e bloccava le ninfe, trasformandole in
oggetti inanimati, perché il tutto dissolve l’individualità.
Era il diabolico, perché poi divide e separa. Umano
bestiale.
La parte inferiore nella materia, quella superiore luminosa.
Pan, una sessualità solitaria, due falli.
Le ninfe diventavano altro
e nelle valli incantate della
nuova tecnologia ripetevano smarrite le ninfe della mitologia.
La cicala cantava e guardava, cececè, cececè, cantava cantava
Settembre è già qui
Massimo Sannelli, poeta e attore: gloria al molto rosso, che copre/ gli occhi. gloria toglie il silenzio:/ piegato, una volta, in spine, poi luce/ vera. Non brutta luce, ancora;/ invasione.
Da L'Aria poesie di Massimo Sannelli
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